Tra bici e nazionale, è iniziato l’affollato 2025 di Valverde

15.04.2025
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Raggiungiamo Alejandro Valverde dopo una partita di calcio di suo figlio. Il campione di Murcia, che continua a vincere in gravel con la maglia Movistar (in apertura il successo per distacco alla Castellon Gravel Race, prova di UCI World Series) e che per soddisfare uno sponsor sarà presente alla Nove Colli, è diventato il tecnico della nazionale spagnola. Il passaggio non è stato proprio lineare, ma adesso che tutto si è posato sul fondo, siamo al suo cospetto per capire come gestirà la squadra e gli ultimi scampoli della sua carriera.

Perché il passaggio non è stato lineare? L’avvento di José Vicioso alla guida della spagnola RFEC (Real Federacion Española de Ciclismo) ha visto la chiusura del rapporto con Pascual Momparler e l’offerta del suo incarico a Oscar Freire. La ricostruzione fatta dal due volte iridato cantabro parla di una stretta di mano e della decisione di dare l’annuncio al suo ritorno dalle vacanze a Dubai. Solo che, rientrato in Spagna dopo una decina di giorni, Freire ha appreso dai media che il nuovo tecnico federale sarebbe stato Valverde e non ha gradito la sorpresa e le spiegazioni ricevute.

Valverde da tutto questo sta alla larga. E trovato l’accordo tra il Movistar Team e la RFEC, è arrivata anche la firma dell’ultimo spagnolo campione del mondo. Era il 2018, Alejandro diventò campione del mondo a Innsbruck.

Con questa foto il 19 marzo la Federazione spagnola ha annunciato l’incarico di Valverde (foto RFEC)
Con questa foto il 19 marzo la Federazione spagnola ha annunciato l’incarico di Valverde (foto RFEC)
Corridore, selezionatore della nazionale: com’è la tua vita in questa fase?

Continuo ad allenarmi praticamente ogni giorno. Fra due giorni sarò alla Vuelta a Ibiza di MTB e poi faccio anche strada e gravel. Un po’ di tutto. Nel frattempo seguo tutte le corse in televisione. La Volta a Cataluña, la Vuelta País Vasco, le Classiche. E quando saremo più vicini al campionato di Spagna, andrò a seguirlo. Non sarò in giro tutto l’anno.

Hai già iniziato a parlare con i corridori spagnoli?

Ho parlato con qualcuno, ma ancora non molto. La nazionale spagnola non corre nelle gare del calendario, partecipa solo a mondiale ed europeo. Non è come la vostra, che a volte partecipa alle corse. Per cui posso seguirli in televisione, ma sarò al Tour e alla Vuelta per vedere i corridori più da vicino.

Ti alleni ancora come prima?

No, meno. Continuo a farlo, ma non ho più le esigenze di un professionista. Mi piace ancora vincere, ma ogni volta è più difficile. Ogni volta costa più lavoro, perché per esempio il gravel si è professionalizzato molto. Anche per questo preferisco, le gare come The Traka. Solo che non scelgo le distanze estreme, vanno bene quelle da 200 chilometri, anche 150. I percorsi di 360 chilometri non fanno al caso mio. Non mi piacciono, sono troppo lente. Io preferisco fare 5 ore a tutta.

Valverde, classe 1980, è stato l’ultimo spagnolo a vincere un mondiale: accadde a Innsbruck 2018
Valverde, classe 1980, è stato l’ultimo spagnolo a vincere un mondiale: accadde a Innsbruck 2018
E continui anche a mangiare da corridore?

No, un pochino meno, anche se come corridore mangiavo cose che mi piacevano. Mi concedo qualche capriccio più di prima. Insomma, anche a me piace vivere.

Che cosa ti pare di queste classiche e dei campioni che stiamo vedendo?

Mi piace, è uno spettacolo seguirli. Ci sono rivalità molto belle e tra loro si motivano. Credo che per gli spettatori sia molto buono. Mi è piaciuto vedere Pogacar alla Roubaix. Io ho fatto una sola volta il Fiandre e ricordo che mi piacque molto. Per questo pensai che sarebbe stato bello fare una Roubaix, anche solo per l’esperienza, ma non erano anni in cui ci lasciavano rischiare. Tadej è andato forte, ma se anche fosse arrivato in volata con Van der Poel, penso che avrebbe perso lo stesso. 

Tadej è un fenomeno, ma forse per lui è stato più facile perché le bici di adesso hanno ruote che rendono il pavé meno doloroso?

Non voglio dire che siano come le gravel, però è certo che il tema degli pneumatici fa la grande differenza. Prima si correva con tubolari da 28, mentre ora con il tubeless si usano i 32 e con meno pressione. Qualche anno fa ti avrebbero preso per matto, invece adesso hanno scoperto che la prestazione non diminuisce, anzi. In più il tubolare più grande ha una migliore presa sul terreno e si rischiano meno cadute. Il rischio resta, ma la bici è più comoda e sicura.

Nel 2023, Valverde è stato quarto ai mondiali gravel vinti da Mohoric
Tornando alla nazionale, il percorso del mondiale in Rwanda è molto duro: cosa te ne pare?

L’ho guardato e confermo che è un percorso tremendamente duro. Sono 5.400 metri di dislivello e poi si corre per tutto il tempo tra 1.300 e 1.500 metri di altitudine. Non siamo a 1.800, ma a 1.500 il corpo soffre ugualmente. In più aggiungiamo che la salita più impegnativa è in pavé.

Quasi l’ideale per voi?

Con i corridori che abbiamo, un percorso esigente è sempre meglio di uno veloce. Abbiamo atleti che vanno molto bene in montagna e media montagna, come Ayuso. Il problema è che ci sono 5 o 6 rivali molto buoni.

E’ duro anche l’europeo, no?

Esatto, si corre a Drome-Ardeche, nel posto in cui Ayuso ha già vinto all’inizio dell’anno e lo conosce bene. In pratica mondiale ed europeo sono molto vicini, appena una settimana. Si torna da Kigali e si riparte per la Francia, per cui dovremo fare due squadre, non credo che tanti dal mondiale faranno l’europeo.

La prima sfida iridata di Valverde come cittì sarà quella di Kigali, poi verrà l’europeo in Francia (foto KT Press Rwanda)
La prima sfida iridata di Valverde come cittì sarà quella di Kigali, poi verrà l’europeo in Francia (foto KT Press Rwanda)
Ayuso può essere capitano?

Sì, può essere capitano. E’ un corridore che ha la mentalità di leader e di vincitore, almeno nelle corse di un giorno. Per il Giro d’Italia di quest’anno forse è ancora presto, c’è da capire. Ma è chiaro che in un futuro molto prossimo sarà un corridore capace di vincere anche i Grandi Giri.

Come prosegue la tua stagione?

Dopo Ibiza, andrò alla Mallorca 312, poi The Traka e a seguire la Nove Colli. Sarà una festa della bicicletta e Gobik, che è nostro sponsor, lo è anche per la gara. Vedremo come correrò, ma lo sapete che sono competitivo, per cui se posso vincere, tanto meglio.

Ricordate Joseba Beloki? Parliamo con lui di suo figlio Markel

06.09.2022
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Dopo Freire, è la volta di Joseba Beloki. Anche il basco che divenne grande al Tour e che sempre al Tour, a causa della caduta nella discesa su Gap nel 2003, chiuse di fatto la carriera (tornò in gruppo però mai ai migliori livelli), ha un figlio che corre. Ma se il figlio di Freire in qualcosa ricorda suo padre, Markel Beloki di Joseba non ha neppure l’aspetto. La storia invece sì, quella ce l’ha cucita addosso, essendo cresciuto vedendo passare per la sua casa tutti i campioni con cui suo padre ha avuto a che fare.

Il Tour del 2003 si conclude così, con la caduta nella discesa di Gap e Armstrong salvo per miracolo (immagine tv)
Il Tour del 2003 si conclude così, con la caduta nella discesa di Gap e Armstrong salvo per miracolo (immagine tv)

Tre podi al Tour

Joseba ha 49 anni e nel palmares alcune fra le corse a tappe più belle di Spagna, dalla Volta Catalunya alla Vuelta Asturias, ma è più noto per il secondo posto al Tour de France del 2002 e i due terzi del 2000 e 2001. Suo figlio Markel è del 2005, primo anno da junior, e corre nella squadra di Samuel Sanchez, in cui milita anche il figlio di Carlos Sastre. Quest’anno ha avuto buoni risultati, tanto che si parla di lui come uno dei talenti spagnoli in arrivo. Ma cosa dice suo padre? E che rapporti ha con il ciclismo di oggi?

«Seguo il professionismo da quando ho smesso di correre -dice – non ho mai smesso di farlo. Ho visto le immagini della crono della Vuelta già quattro volte. Mi piace studiare i dettagli, ragionare sull’aerodinamica, sui rapporti fra corridori e direttori sportivi. Mi piace come si sta sviluppando il ciclismo. In più ho visto passare tanti ragazzini che ora sono nel pieno e mi piace osservarli».

Come mai non fai il direttore sportivo?

Non mi piacerebbe. Preferirei semmai lavorare nella formazione. Ci sono cose che non cambiano. Come si sta in gruppo. Cosa si fa quando ci sono i ventagli. Come si aiuta un leader. Ci sono corridori che passano professionisti e non sanno ancora come si prende una borraccia. Non mi piacerebbe fare il direttore sportivo, perché solo pochi possono farlo bene. Il progresso lo impedisce. In tutto questo diventare tecnici, si è persa la parte romantica del ciclismo. Solo al Tour l’abbiamo finalmente rivista.

In cosa?

Negli attacchi senza paura, nei corridori coraggiosi e quelli in crisi. Il Tour mi è piaciuto molto.

Atleticamente Markel è molto più alto di quanto fosse suo padre: condividono però la passione per la crono
Atleticamente Markel è molto più alto di quanto fosse suo padre: condividono però la passione per la crono
Che cosa dici di tuo figlio Markel?

Mi trovo a pensare a lui come padre e come tecnico. Come padre, ha molti sogni, gli piace andare in bici e allenarsi come me. Sogna di passare professionista.

Come tecnico?

E’ un atleta che si sta facendo. E’ alto 1,84 e pesa 69 chili. E’ sottile. E’ cresciuto molto rapidamente e altrettanto rapidamente sta migliorando. Il prossimo anno e il primo da U23 saranno importantissimi.

Così alto… non vi somigliate molto come atleti.

Neanche un po’ (Joseba è alto 1,78 e pesava 68 chili). Forse il solo punto in comune è la passione per le crono.

Padre e figlio sono molto uniti: è quello che traspare dalle parole di Beloki
Atleticamente Markel è molto più alto di quanto fosse suo padre: condividono però la passione per la crono
Markel ti chiede mai del tuo ciclismo?

Mi chiede e io gli dico che ha sempre avuto il destino segnato. Nella nostra casa c’erano spesso Indurain, Freire, Contador. Conosce Basso. Markel non ha bisogno di guardare riviste e video, perché di quel ciclismo ha conoscenza diretta. Parliamo spesso di come stia cambiando. Mi alleno molto con lui, quando posso e quando ce la faccio, perché in salita è più forte di me. Ci piace molto lavorare insieme sulla posizione da crono.

Gli dai mai consigli?

Corre con Samuel Sanchez, do pochi consigli perché è in ottime mani.

Due figli d’arte nella stessa squadra e nella stessa corsa. Davanti Yeray Sastre, a ruota Markel Beloki
Due figli d’arte nella stessa squadra e nella stessa corsa. Davanti Yeray Sastre, a ruota Markel Beloki
Incontri mai Sastre alle corse?

Ogni volta che andiamo. Siamo amici. Prima siamo stati compagni alla Once, poi lui andò con Riis. Fra noi c’è un rapporto speciale, siamo davvero molto amici (sottolinea con enfasi, ndr).

Sei più tornato a Gap?

E’ un po’ che non vado, ma ci penso sempre. Rifletto sul fatto che potrebbe succedere ad altri, anche a mio figlio. Evenepoel ha avuto un incidente simile e ora vince. Froome non è più stato lo stesso, però è tornato. E’ importante che ce l’abbia fatta. Le cadute fanno parte del ciclismo, anche se sono una parte dolorosa.

«Esco spesso in bici con Markel – dice Beloki – ma ormai in salita fatico a stargli dietro…»
«Esco spesso in bici con Markel – dice Beloki – ma ormai in salita fatico a stargli dietro…»
Vai ancora molto in bici?

Cerco di uscire 3-4 volte a settimana. Ho anche corso a piedi. Ho fatto le maratone di New York e anche Berlino, ma correre mi faceva male e alla fine sono tornato alla bici. Va bene anche per la mia attività (Joseba gestisce la K6 Joseba Beloki Academy, molto rinomata e frequentata, ndr). Non vado forte come Contador e Flecha, però giro l’Europa. Partecipo alle gran fondo in Italia e in Belgio. Me la passo bene, insomma. E guardo mio figlio crescere.

Papà Freire ci presenta Marcos, velocista come lui…

30.08.2022
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«Marcos ha deciso di seguire le mie orme, eppure solo il cielo sa quanto io e mia moglie Laura abbiamo pregato che ciò non avvenisse». Nel raccontare il presente e il futuro di suo figlio Marcos, in predicato di entrare in una squadra junior spagnola, il tre volte iridato Oscar Freire ci coglie un po’ alla sprovvista. Sapevamo che seguiva da vicino il suo ragazzo di 16 anni, del quale si dice un gran bene, ma certamente non ci aspettavamo una simile presa di posizione.

Freire famiglia
Marcos fra i suoi genitori, il tre volte iridato Oscar e la madre Laura
Freire famiglia
Marcos fra i suoi genitori, il tre volte iridato Oscar e la madre Laura

«Inizialmente – racconta Freire, ritiratosi nel 2012 forte di 73 vittorie tra cui, oltre i mondiali, tre Sanremo e una Gand-Wevelgem – quand’era ancora bambino, si dedicava a calcio e tennis. Le mie gare dal vivo non le ricordava, quando ho chiuso la mia carriera nel 2012 aveva appena 6 anni. Poi però si è appassionato sempre di più. Il bello è che se prima non voleva sapere nulla del mio passato, della mia carriera, poi ha cominciato a chiedere, a guardare vecchi filmati. Devo dire che il ciclismo ci ha avvicinati molto».

Perché non volevi che seguisse il tuo esempio?

Troppi rischi. Mia moglie Laura soprattutto non ne vuole sapere, già non veniva a vedere le mie corse e lo stesso fa con suo figlio. E’ molto apprensiva, aspetta sempre la chiamata per sapere che tutto è andato bene. Non guardava neanche le mie corse in Tv, se poi sapeva di una caduta… A Marcos dicevo che il ciclismo è fatica, è sacrificio, è uno sport durissimo, ma poi col tempo sono stato contento. A me interessava che facesse sport perché alla sua età è fondamentale abbinarlo alla scuola, tiene lontani i ragazzi da brutte strade.

Freire Cantabria
Da allievo 2° anno Marcos Freire si è laureato campione di Cantabria, la sua regione
Freire Cantabria
Da allievo 2° anno Marcos Freire si è laureato campione di Cantabria, la sua regione
Fisicamente è diverso da te?

E’ alto 1,82, io 1,70… Già lo scorso anno era più alto di me. Le nuove generazioni sono così, fisicamente sono un’altra cosa, vedo che i suoi coetanei sono alti almeno quanto lui.

Considerando che stiamo parlando di un ragazzo di 16 anni, come corridore ricorda te?

Ragazzo? Per me è ancora un bambino… E’ presto per dirlo, per quel che si è visto anche lui va forte in volata. Da esordiente il primo anno ha vinto 8 gare in varie regioni, io ne vinsi 16 alla sua età ma tutte nella mia regione. In salita invece è tutto da scoprire.

Freire sprint
Sprint fulminante ma capacità anche di andare in fuga: i cromosomi del padre sono evidenti…
Freire sprint
Sprint fulminante ma capacità anche di andare in fuga: i cromosomi del padre sono evidenti…
Fa solo ciclismo su strada?

Nell’ultimo anno sì, anche se ha detto che vuole riprendere a fare un po’ di ciclocross d’inverno. Inizialmente però aveva cominciato con la mtb, poi a 13 anni ha deciso di dedicarsi alla strada.

Ti chiede del tuo passato?

Ora sì, è molto curioso, cerca sempre i filmati dei mondiali, delle Sanremo, delle altre gare che ho vinto. Mi chiede molto, ma soprattutto vuole consigli, cerca di rapportare la mia esperienza alla sua e questo mi fa piacere. Io però gli dico sempre che sono due periodi molto differenti: il ciclismo è cambiato tantissimo. Gli piace tanto quello attuale e quando vede le corse dei miei tempi le reputa un po’ noiose. Io comunque voglio che per ora prenda il ciclismo ancora come un gioco, per questo non insisto molto su allenamenti e altro, lascio che faccia da solo, si sperimenti, avrà tempo per fare sul serio.

Freire salita
Secondo Oscar, al giovanissimo Marcos serve tempo per capire che ciclista potrà essere
Freire salita
Secondo Oscar, al giovanissimo Marcos serve tempo per capire che ciclista potrà essere
E’ pur vero però che il ciclismo attuale è molto più anticipato rispetto ai tuoi tempi, gli junior sono già nel mirino delle squadre pro’…

Lo so bene, ma questo è anche abbastanza normale considerando che al giorno d’oggi grazie alla rete, di un ragazzo di 17 anni sai già tutto, che corse ha fatto e ha vinto, come è fatto, ecc. Quando correvo io sapevo già da ragazzino che avrei voluto fare il professionista e che avevo tutto per riuscirci, ma affermarsi non era facile, bisognava farsi conoscere. Ora guardo Ayuso a 19 anni già a lottare per il podio alla Vuelta e rimango sbalordito. Bisognerà poi vedere se un ciclismo simile non ti consuma anzitempo, ma è impossibile saperlo ora.

Freire Sanremo 2010
L’ultima grande vittoria di Oscar Freire, la Milano-Sanremo 2010, la sua terza Classicissima
Freire Sanremo 2010
L’ultima grande vittoria di Oscar Freire, la Milano-Sanremo 2010, la sua terza Classicissima
Si era parlato del passaggio di Marcos nel team curato da Samuel Sanchez, il campione olimpico 2008. Perché poi non se n’è fatto più niente?

Preferisco che Marcos corra per una squadra vicino casa, della nostra regione. In questo modo è più semplice portarlo alle gare, altrimenti dovrebbe stare sempre in viaggio. E’ ancora molto giovane, voglio che cresca per gradi anche in queste cose, senza dimenticare che c’è la scuola. Avrà ugualmente modo di correre e mettersi in mostra e così potrò seguirlo anche meglio.