Galati, pace fatta col ciclismo. Ora lo insegna ai giovani

20.01.2023
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Vincenzo Galati ha vissuto il ciclismo in modo intenso, conoscendone suo malgrado anche le pieghe più brutte. Ora ci è rientrato solo dopo averci fatto pace per prestare la sua esperienza al servizio dei giovani dell’Onec Team di Parma.

Il 54enne palermitano era uno scalatore pimpante e non è stato uno qualunque a cavallo degli anni Novanta. Da junior nel 1987 conquista il secondo posto al Lunigiana dietro Zanini, nel 1992 stesso piazzamento dietro il grande Pantani nella generale del Giro d’Italia Dilettanti, categoria nella quale Galati ottiene otto vittorie e dodici secondi posti. Tutti risultati che gli valgono un contratto tra i pro’ con la Amore&Vita. Poi però nel ’94 qualcosa non va per il verso giusto e la sua carriera si interrompe, vivendo difficili momenti sul piano psicologico e personale. Partiamo da qui per capire quale sia stata la molla che lo ha fatto tornare nel mondo del pedale dopo tanti anni e come lo ha ritrovato.

Vincenzo come mai ha smesso di correre?

Mi sono trovato di fronte a un bivio. Già a fine ’92 avevo perso gli stimoli però Giorgio Vannucci, l’allora diesse dell’Amore&Vita, voleva prendermi perché credeva in me. Accettai volentieri perché alla fine era il mio sogno. Ripresi morale, stavo bene e nel ’93 disputai il Giro d’Italia. Nonostante non fossero arrivati i risultati, fu una buona stagione. L’anno successivo mi dissero di prepararmi che avrei corso nuovamente il Giro per farmi trovare pronto soprattutto dalla seconda settimana in avanti. L’avvicinamento fu buono. Andai bene all’Appennino e al Trentino (attuale Tour of the Alps, ndr). Poi arrivò la mazzata…

Cosa successe?

Vannucci se ne era andato dalla squadra e per me si complicarono le cose. Infatti a poche settimane dall’inizio del Giro, mi dissero che ero già troppo avanti con la condizione, che la squadra aveva puntato sui velocisti e che quindi serviva gente che andasse forte in pianura. In pratica non gli servivo più. Per me fu la goccia che fece traboccare il vaso. La presi molto male. Conclusi la stagione, ma non ne volevo più sapere del ciclismo. Mi dava fastidio anche solo vedere girare una ruota. Da quel momento non mi vergogno a dire che ho passato circa otto anni di depressione. E capisco gli stati d’animo vissuti dal povero Marco. Che corridore che era, quello andava forte davvero in salita. Ho avuto la fortuna di duellare con lui e quel secondo posto per me vale una vittoria (sospirando e riferendosi a Pantani, ndr)…

Lungo corso: il diesse dell’Onec Team è Olivano Locatelli
Lungo corso: il diesse dell’Onec Team è Olivano Locatelli
Adesso però la ritroviamo in una formazione di U23. Come ci è arrivato?

La vita mi ha portato a vivere a Salsomaggiore Terme. E contemporaneamente a riallacciare il rapporto col ciclismo. Un po’ di anni fa ho conosciuto Allegri, il presidente dell’Onec Team, che mi chiedeva dei consigli. Aveva suo figlio che correva, ma non aveva riferimenti. Così abbiamo iniziato a frequentarci, finché lui a metà 2022 ha rilevato la società che aveva diverse difficoltà e mi ha chiesto di entrare nello staff. Non posso fare il diesse, perché non ho la tessera e perché col lavoro non riuscirei a garantire una certa presenza, però sono ottimamente coperti con Olivano Locatelli. In ogni caso mi sono reso subito disponibile per aiutare il presidente e i suoi ragazzi.

Perché ha accettato questa proposta?

Non voglio entrare troppo nello specifico della precedente gestione della squadra, ma il motivo è semplice. All’inizio del 2022 avevo visto alcuni ragazzi che, da fuori, sembravano abbandonati a se stessi. E che ad un certo punto si sono ritrovati senza un alloggio. Sono stati tutti ospitati dal presidente Allegri e questa cosa mi ha toccato l’anima. Perché non si può giocare col sogno di un ragazzo. In loro mi ci sono rivisto io quando da addirittura esordiente e allievo emigrai dalla Sicilia al Lazio per correre. Per fortuna che in quel periodo trovai brave persone che mi insegnarono anche un lavoro, quello del meccanico, che faccio tutt’ora.

Che squadra è l’Onec Team?

Abbiamo tanti ragazzi giovani che, per un motivo o l’altro, non voleva più nessuno. Siamo contenti di poterli formare e farli crescere. La nostra punta è Andrea Colnaghi (fratello di Luca della Green Project Bardiani, ndr) che è già elite. Abbiamo anche Nikita Tur, un ragazzo bielorusso con un buon talento e che è andato lontano da casa per correre e diventare un corridore. Infine mi fa piacere ricordare che tesserata con noi c’è anche Veronica Frosi, già campionessa italiana di handbike.

Si ritrova a lavorare con Locatelli. E’ uguale ai suoi tempi o si è ammorbidito?

Con Olivano c’è una buona amicizia. Con lui da dilettante alla Domus 87 ho fatto i miei migliori risultati con 175 punti internazionali che valevano tanto all’epoca. So che è sia amato che odiato, ma per me rimane uno dei migliori tecnici e preparatori in circolazione. Ha dovuto certamente rivedere i suoi metodi perché sa anche lui che non vanno più bene per i corridori di oggi. Ma secondo me sa ancora tirare fuori il meglio dai corridori.

Che tipo di ciclismo ha ritrovato Vincenzo Galati a distanza di tanto tempo?

E’ cambiato parecchio naturalmente. Stanno bruciando le tappe col rischio che alla fine si brucia soltanto il ragazzo. Adesso c’è troppo stress attorno a questi ragazzi. Ho sposato il progetto del nuovo Onec Team perché vogliamo insegnare un ciclismo vecchio stampo, con dei valori. E’ un programma a medio-lungo termine. Abbiamo gettato le basi. Ci vorrà pazienza però siamo convinti di raccogliere risultati e soddisfazioni.

Riunione tecnica e pranzo. Locatelli con i suoi ragazzi durante un pre-gara
Riunione tecnica e pranzo. Locatelli con i suoi ragazzi durante un pre-gara
E’ una scelta anacronistica visto il ciclismo giovanile attuale. In cosa consiste?

Sì, è vero, ma siamo una squadra piccola. Ad oggi il nostro budget non ci permette di avvalerci di figure specifiche fisse come nutrizionista o biomeccanici o altre ancora. Non è detto che non possa succedere in futuro, però vogliamo far capire ai ragazzi che si può fare ciclismo anche in questo modo. Quantomeno nella nostra zona. Poi vogliamo che i nostri atleti crescano sotto il profilo umano. Per noi è importante che vadano bene con lo studio perché gli tornerà utile nella vita. Ci teniamo che sappiano fare aggregazione fra loro. Il ciclismo ha anche un valore sociale. Ti tiene lontano dalle cattive compagnie e ti fa crescere nelle relazioni con le altre persone.

Test e corridori: Locatelli ha ragione? Risponde Tacchino

19.05.2022
5 min
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«Il messaggio che vorrei far passare ai miei colleghi preparatori – dice Fabrizio Tacchino – è che bisogna rispettare le regole dei vecchi direttori. Poi magari ci costruisci sopra un metodo diverso, prendendone il buono. Forse quello di oggi non è più il loro ciclismo, ma meritano di essere ascoltati. Ho lavorato con Garbelli. E lui ogni due settimane andava a casa dei suoi corridori. Voleva vedere dove si allenassero, che famiglia avessero alle spalle, la fidanzata, se avessero dei fratelli. Perché va bene la parte scientifica, ma esiste anche la dimensione sociale. E un atleta non si può prendere per comparti separati».

Fabrizio Tacchino lavora per la Federazione: qui durante l’incontro di ogni anno con i neopro’
Fabrizio Tacchino lavora per la Federazione: qui durante l’incontro di ogni anno con i neopro’

La svolta di internet

L’intervista con Locatelli di lunedì ha provocato reazioni di vario genere, spingendoci a riprendere il discorso. Fabrizio Tacchino, citato nel discorso dallo stesso Olivano, si è fatto avanti per alcune precisazioni.

«Sono del 1970 e quando ero dilettante – racconta – mi sono trovato a correre contro le sue squadre. Io non ero un granché, ma ricordo bene quanto andassero forte. Una volta per fare la differenza dovevi trovare un tecnico come lui che ti prendesse con sé. Ovviamente i corridori dei Paesi più lontani non vi avevano accesso e restavano indietro. Oggi grazie a internet, basta pagare e puoi avere le tabelle degli allenatori dei grandi campioni. Anche per questo si è sviluppato un ciclismo così globalizzato, in cui tutti possono entrare in contatto con chiunque. Basta pagare, pur rinunciando alla componente del rapporto personale. Quando fui mandato a tenere i primi corsi ai vecchi diesse, Locatelli era in prima fila, ha sempre cercato il confronto. Come pure Roberto Damiani. L’espressione occhiometro risale a quella fase».

Tiberi ha mostrato valori eccellenti sin da junior, abbinati a risultati su strada
Tiberi ha mostrato valori eccellenti sin da junior, abbinati a risultati su strada
Il tema interessante sollevato da Locatelli riguarda la selezione dei talenti…

Il Coni ha lanciato per tutte le federazioni un Progetto Talenti, grazie al quale ogni anno facciamo uno screening. Prendiamo i primi 4-5 classificati di ogni corsa e alla fine eseguiamo 600-700 test in cui prendiamo in considerazione le varie qualità, compreso l’RX dell’età ossea, in cui verifichiamo se l’età anagrafica coincida con lo sviluppo effettivo. I vincenti sono tutti lì e se qualcuno sfugge, non si chiudono le porte. Se un tecnico propone un ragazzo, lo valutiamo sicuramente.

Locatelli invita a non fermarsi ai test.

Ha ragione, ma nella maggior parte dei casi ci sono rispondenze fra i test in laboratorio (in apertura una foto Enervit) e quelli su strada. Faccio l’esempio di Tiberi, che aveva degli ottimi numeri, ma al primo anno da junior fece un test in Liguria in cui andò meglio degli under 23. In ogni caso, il risultato di un test è limitato al momento in cui si svolge, per cui la cosa migliore sarebbe costruirsi una banca dati attraverso cui valutare l’atleta. Con il lavoro iniziato negli anni da Cassani, tanti ragazzi sono arrivati al giro della nazionale. Probabilmente se ci si fosse limitati agli ordini di arrivo, non sarebbe successo.

I test descrivono una parte, ma l’atleta è un mondo ben più complesso: Tacchino in sintonia con Locatelli
I test descrivono una parte, ma l’atleta è un mondo ben più complesso
Infatti spesso si viene valutati per un paio di risultati o per un test…

Ci sono squadre che non si accontentao di un test ben fatto, ma chiedono di caricare su una piattaforma gli allenamenti di tutto l’anno. So per certo che la Ineos fa così. Se vuoi essere valutato, ti chiedono di caricare quotidianamente gli allenamenti di tutto l’anno. Poi ci saranno dei laureati in Scienze Motorie che valutano e capiscono se l’atleta vale davvero la pena.

Se invece l’interlocutore è un procuratore?

Allora le cose cambiano, perché c’è un filtro in partenza. Al procuratore interessa piazzare i corridori che vincono subito, anche se per fortuna ci sono direttori sportivi che parlano fra loro e lavorano sulla fiducia. Faccio l’esempio di Omar El Gouzi, passato alla Bardiani grazie alla buona parola di Mario Chiesa e senza procuratore. Ci sono passaggi sulla fiducia e lui ora è lì a fare fatica sperando di trovare la sua strada.

Avrà il tempo per farlo? Prima hai parlato di Tiberi, che alla Trek è al centro di un progetto: altri non hanno questa fortuna.

Concordo. Se Tiberi fosse passato in una squadra con l’esigenza del risultato immediato, forse lo avrebbero fatto correre molto di più e, se avesse alzato la mano dicendo di essere stanco, gli avrebbero risposto che è un professionista e di tirare dritto. Poi è vero che tanti arrivano al professionismo ancora impreparati…

El Gouzi è passato alla Bardiani-CSF senza avere un procuratore
El Gouzi è passato alla Bardiani-CSF senza avere un procuratore
Come dice spesso anche Amadori.

Qui si corre sabato, domenica e martedì, non si ha il tempo di allenarsi. All’estero hanno altre modalità. I migliori si sfidano sempre fra loro nelle corse a tappe e, fra una e l’altra, prevedono dei bei blocchi di lavoro. Gli stranieri vengono a correre qua perché siamo pieni di corse, ma non è così facile per noi andare a correre all’estero. La situazione italiana è anomala.

Così anomala che a fronte di un quantitativo sempre importante di neoprofessionisti, spicca anche il numero di coloro che ogni anno restano senza squadra. In questo contesto, nel quadro di atleti che si legano a procuratori sin da minorenni, aver tolto il vincolo regionale agli juniores parla sicuramente di libertà, ma amplia il bacino nel quale i procacciatori di talenti possono pescare per offrirli poi alle squadre di riferimento. Manca il senso della costruzione: si ha riguardo per i migliori e si va all’ingrosso con gli altri. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. E come dice Locatelli, il serbatoio resta vuoto.

Italiani e corse a tappe: la spiegazione (dura) di Locatelli

16.05.2022
7 min
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Olivano Locatelli è tornato sull’ammiraglia. La squadra si chiama Onec Cycling e ha base a Parma. Con lui sale a volte Salvatore Commesso, suo allievo da dilettante. Locatelli ha vissuto vicende che quanto a qualità e quantità basterebbero per tre vite. In un titolo di tanti anni fa, lo definimmo “Lo stregone dei dilettanti”. Non sono stati sempre rose e fiori. I suoi metodi sono stati spesso discussi e hanno portato a inchieste e archiviazioni. Diversi corridori hanno puntato il dito, come altri continuano a ringraziarlo, ma nessuno può negare che la sua esperienza sia qualcosa di raro. Per questo e conoscendo bene le sue convinzioni tecniche, abbiamo fatto con lui una fotografia del dilettantismo di oggi (nell’immagine photors.it in apertura, il bergamasco è con Aru al Val d’Aosta del 2012).

Alcune delle sue affermazioni renderanno la sedia scomoda. Però forse questa volta vale la pena accettare la posizione disagevole, ragionare sui singoli punti senza bocciarli a priori e chiedersi se valga la pena accettare tutto come viene o non varrebbe la pena chiedere qualche cambiamento.

Quest’anno Locatelli guida la squadra emiliana della Onec Cycling (foto Facebook)
Quest’anno Locatelli guida la squadra emiliana della Onec Cycling (foto Facebook)
Ce ne hai messo per rispondere…

Avevo lasciato il telefono a casa, ero a potare gli alberi. Me lo ha insegnato mio padre. Ho gli ulivi, ma questa volta ho potato quattro betulle. A inizio settimana scorsa invece ero in Norvegia da mia figlia, a Stavanger.

La città di Kristoff…

Davvero ? Non lo sapevo.

Che cosa ti pare di questo ciclismo dilettantistico?

Non voglio fare critiche, Vicennati, ma il bel ciclismo lo abbiamo visto noi. Il blocco olimpico non era un danno, al contrario (il divieto per i dilettanti di passare professionisti dall’anno pre-olimpico, rimasto in voga fino al 1992, ndr). Riempiva il serbatoio e il livello si alzava, perché i migliori si confrontavano fra loro. In più c’erano gli stranieri che ci aiutavano. I corridori restavano di più fra i dilettanti, non come adesso. Parlo di Belli, Casartelli, Bartoli e Pantani. Guardo Pozzovivo, che fece tre anni con me e il quarto alla Zalf, ed è ancora là.

L’ultimo blocco olimpico nel 1992: Casartelli (corridore di Locatelli) vinse a Barcellona, poi arrivarono tra i pro’ i ragazzi del 1990: da Bartoli a Pantani
L’ultimo blocco olimpico nel 1992: Casartelli (corridore di Locatelli) vinse a Barcellona, poi arrivarono tra i pro’ i ragazzi del 1990: da Bartoli a Pantani
Oggi chi può passa subito.

Non mi sento di condannarli. L’anno scorso ho letto una tesi di laurea, in cui si sosteneva che il maschio di oggi ha 1/5 degli spermatozoi rispetto a quello di 40 anni fa. Il maschio ha bisogno di lavorare per produrre testosterone. Prima da bambino ti davano il secchiello e la paletta, adesso ti danno il cellulare. Faccio un altro esempio. Fino a 10 anni fa, parlavo con i padri dei corridori, adesso vengono le mamme. E ogni tanto mollo loro una battuta. «Voi siete creatrici di maschi che non sposereste mai», gli dico. Dopo un po’ sapete che mi danno ragione? Ma la colpa non è dei ragazzi, vorrei che fosse chiaro.

E di chi è?

Una decina di giorni fa a Castiglion Fiorentino, un direttore sportivo ha detto che ormai non ci sono più corridori. Io gli ho risposto ad alta voce che invece non ci sono più direttori con gli attributi (la parola usata non è esattamente questa, ndr) e tutti i ragazzi intorno si sono messi a ridere.

Che cosa dovrebbero fare i direttori sportivi?

Smetterla di affidarsi soltanto ai test sui watt, che non sono fedeli per tutti. Se ci fossimo basati su quelli, Pozzovivo, Gotti e Aru avrebbero smesso subito. Ne avevano sui 260, ma avevano anche fibra rossa che matura più lentamente. Se fai questi test sugli allievi in cerca dei numeri più alti, di sicuro troverai passisti e velocisti, quelli con le fibre bianche. Gli altri, che hanno bisogno di più tempo per maturare, neanche li guardi. E li perdi. Ricordo bene quando il presidente della mia società disse che non capivo molto di ciclismo e di far smettere Aru al primo anno, perché non valeva nulla. I corridori li abbiamo, ma li abbiamo fatti accelerare troppo nel cervello.

Pozzovivo ha corso con Locatelli per tre anni, poi è andato alla Zalf, quindi è passato pro’
Pozzovivo ha corso con Locatelli per tre anni, poi è andato alla Zalf, quindi è passato pro’
In che senso?

Li senti parlare che se non hanno il procuratore non passeranno. Si è innescata una dinamica da cui non si torna più indietro. Tutto e subito.

E’ irreversibile?

La Federazione avrà il coraggio di bloccare tutto? Dieci anni fa, una sera a cena con Di Rocco (presidente uscente della FCI, ndr), mi disse che stava tenendo duro, ma che l’UCI vuole ridurre il numero di corse e di squadre in Italia. Favorendo semmai la nascita di una squadra WorldTour e un massimo di 250 corridori. Va così da 7-8 anni, senza che i ragazzi ne abbiano colpa.

Hai parlato dei direttori sportivi.

Una volta mi scontrai con Fabrizio Tacchino (responsabile della formazione FCI, ndr) in uno dei suoi corsi di aggiornamento. Dicevo che i watt non sono reali a 18 anni e che non si poteva ridurre tutto a questo. Venne fuori una discussione dopo la quale rimanemmo a lungo senza parlare. Finché due anni dopo, mi vide e disse che voleva dirmi qualcosa. Pensai che volesse tornare su quel discorso, invece mi chiese se nel corso che stava per cominciare, avrebbe potuto usare le mie parole. Gli chiesi quali…

Ivan Gotti corse nei dilettanti con Locatelli nel triennio 1988-1990
Ivan Gotti corse nei dilettanti con Locatelli nel triennio 1988-1990
E lui?

Mi disse che era rimasto colpito dal mio consiglio di non valutare i corridori al chiuso di quattro mura, che la posizione in sella di gennaio è diversa da quella di luglio e di settembre e insomma… i miei argomenti. Gli era piaciuta soprattutto la mia espressione sul fatto che per fare il tecnico serve… l’occhiometro.

Non tutti sanno valutare i corridori guardandoli.

Infatti i corridori se ne rendono conto e finiscono tra le braccia di chi fa i test. Attenti bene, io sono stato fra i primi a farli all’Università di Torino, ma non c’erano solo quelli. Aggiungete poi che i direttori sportivi di oggi sono stati corridori pochi anni fa, sono abituati a quel sistema, senza vedere la necessità di cambiarlo. Bisognerebbe ripartire dai corridori, consapevoli che da anni abbiamo svuotato il serbatoio.

Cosa dovrebbe fare la FCI?

Prendere determinate persone, mandarle in giro a individuare i talenti e poi trovare il modo di trattenerli, affinché maturino nel tempo che serve. Ho un elenco di oltre 20 corridori fatti smettere a 24 anni dopo che erano passati a 20

Cicone ha corso alla Maiet di Locatelli nel 2013, poi è stato per due anni al Team Colpack
Cicone ha corso alla Maiet di Locatelli nel 2013, poi è stato per due anni al Team Colpack
Torni per un attimo al discorso delle fibre rosse e le bianche?

Prendete Ciccone, che era con me poi è andato via. Non hanno capito che lui non era uno da buttare nelle classiche, ma da far crescere gradualmente nelle gare a tappe. Prendete Aru. Gli dissi che aveva fibre rosse, che doveva avere pazienza e sarebbe arrivato. Lui ha ascoltato e al terzo anno ha cominciato a fare i suoi risultati. Mi piacerebbe dare una mano per trovare corridori da corse a tappe, quelli che ci mancano. Ce ne sono tanti che dovrebbero aspettare, ma se glielo proponi, ti guardano come fossi matto, con tutti questi discorsi che ci sono. Allora bisognerebbe trovare una squadra che investa e li convinca a rispettare i loro tempi, liberandoli da tanti condizionamenti.

Di cosa parli?

Pagando di tasca mia, ho mandato quattro ragazzi da sei biomeccanici diversi. Ebbene, sono tornati con 24 posizioni differenti. La geometria non dovrebbe essere una scienza esatta? Anche questo li condiziona. A volte mi trovo con i miei ex e parliamo. Negli anni capisci. E così parlando con Gotti, gli ho detto che su certi allenamenti avevamo sbagliato tutto. Lui mi ha risposto che ci credeva e quindi andava bene. Ma se togli di mezzo un po’ di queste figure, a chi li dai in mano?

Olivano Locatelli è nato a Bergamo nel 1956, ha corso nei dilettanti (foto Facebook)
Olivano Locatelli è nato a Bergamo nel 1956, ha corso nei dilettanti (foto Facebook)
Cosa pensi del ruolo dei procuratori?

Hanno le loro responsabilità, al pari dei genitori dei ragazzi. Purtroppo quello dei giovani corridori è un commercio, con squadre che negli anni ne hanno fatti passare e smettere decine. Non condanno nessuno, è il sistema che è così. Ma datemi retta, il ciclismo migliore lo abbiamo visto tanti anni fa.