L’ultimo sprint di Cavendish, che alla fine ci mette il cuore

16.07.2024
6 min
Salva

NIMES (Francia) – Jasper Philipsen ha vinto l’ultima volata del Tour, la terza per lui. Questa volta Van der Poel è stato una forza, con quel guizzo che tradisce la forma in arrivo per Parigi. Una caduta ha tagliato fuori Girmay dalla possibilità di vincere la quarta tappa, perciò i due ora sono tre a tre e così sarà fino a Nizza. La differenza la farà la voglia di arrivare in fondo. Di solito quando non ci sono più volate e tante montagne, i velocisti tendono a squagliarsi, ma questo è il Tour e Girmay comunque a Nizza ha da portare la maglia verde. Chi cercherà di tenere duro ad ogni costo è invece Mark Cavendish.

Oggi “Manxman” ha preso parte alla sua ultima volata al Tour de France, anche se il finale non è stato quello che si aspettava. Eppure, come quando Manzoni vinse la tappa di Cava dei Tirreni ma nessuno se ne accorse (perché tutti guardavano Pantani), ai piedi del pullman dell’Astana c’è mezza sala stampa per raccogliere la voce di colui che ha fatto la storia e oggi non ha vinto. Cavendish si è fatto voler bene. Raramente si è aperto raccontando le sue fragilità e quando lo ha fatto è nato un capolavoro disponibile su Netflix, la cui visione è illuminante.

La commozione di Renshaw

Mark Renshaw, il direttore sportivo richiamato proprio per la missione impossibile, è sceso a fatica dall’ammiraglia. Sembrava commosso, è bastato sentirlo parlare per capire che lo fosse davvero. Il caldo è pesante e umido, l’australiano e le sue lentiggini tendevano vivacemente al rosso. Insieme hanno vissuto decine di volate e poi i momenti più duri di questa risalita.

«Abbiamo raggiunto ciò per cui siamo venuti – ha detto prima di sparire sul bus – e questo è stato davvero l’ultimo sprint di Mark Cavendish. Non so come sia andata, parlerò con i ragazzi, ma siamo felici di aver raggiunto il nostro obiettivo. Nel team tutti credevano che sarebbe stato possibile, è per questo che abbiamo costruito il progetto. Se lo conosco, Mark sarà arrabbiato per oggi e per un paio di altri giorni in cui non siamo riusciti a farcela. Però ha fatto uno sprint magico nella quinta tappa ed è diventato l’uomo che ha vinto più tappe nella storia del Tour.

«Non mi ha sorpreso, lui in questa corsa si trasforma. Se vince una tappa alla Tirreno-Adriatico o al Giro d’Ungheria, non cambia molto. Solo al Tour de France cambia davvero. Quanto a me, è stato diverso. Sono partito in un Tour in qualità di direttore sportivo. Mi piace molto come lavoro, c’è molta pressione, ma è una pressione da parte mia per fornire loro quante più informazioni possibili. Tutti i ragazzi e tutti coloro che hanno fatto parte di questa vittoria ne sono davvero orgogliosi. E adesso daremo il 110 per cento per arrivare al traguardo di Nizza».

Nonostante la volata sfumata, Cavendish ha parlato con grande calma e alla fine si è aperto
Nonostante la volata sfumata, Cavendish ha parlato con grande calma e alla fine si è aperto

Il pullman di Borselli

Sotto al pullman dell’Astana già da qualche minuto è tutto uno sgomitare di telecamere che vogliono accaparrarsi la prima fila. Poi si trova un’intesa, fra quello che si abbassa, quello che tira fuori l’asta del microfono e chi chiede a un bambino, beato in prima fila, di tenere per lui il telefono con il registratore acceso. Borselli sale, sbircia e poi scende, l’attesa continua. E poi Mark viene giù, con il sorriso sul volto e il saluto per la gente che al suo apparire esplode in un applauso.

Ci racconti gli ultimi chilometri dal tuo punto di vista?

Eravamo abbastanza ben posizionati. Arrivando al finale, c’erano molte squadre tutte insieme, potete vederlo da qualunque immagine. Poi è spuntata una rotatoria nel posto sbagliato e nel momento sbagliato ed è successo un pasticcio. Alcuni ragazzi sono riusciti a passare, altri no. Alcuni sono scesi di bici, Girmay è caduto. Forse a questo punto, la cosa più importante è che stiano bene e siano arrivati sani e salvi. Non ho visto molto, appena un piccolo filmato. Negli ultimi tre chilometri potevamo andare solo da un lato di ciascuna rotatoria, per cui tutti avevano la stessa idea. C’è solo un pezzo di corda, a volte capisci bene e a volte no. Ecco cosa è successo…

A Plateau de Beille, Cavendish è arrivato quasi trasfigurato. Da domani e fino a Nizza sarà così quasi ogni giorno
A Plateau de Beille, Cavendish è arrivato quasi trasfigurato. Da domani e fino a Nizza sarà così quasi ogni giorno
E’ la fine di un’era, in qualche modo…

Abbiamo fatto ciò che ci eravamo prefissati di ottenere e lo abbiamo fatto presto, quasi all’inizio. Poi io ho provato a fare altre volate e la squadra a fare qualcosa con Harold (Tejada, ndr) in montagna. Non ci resta che tenere duro fino all’ultimo traguardo.

Che tipo di spirito cercherai di portare in questi ultimi giorni?

Sulle Alpi la corsa sarà difficile, mi sono allenato un bel po’ da quelle parti. Resteremo sempre insieme e cercheremo di farcela. Speriamo che Tejada e Lutsenko possano fare qualcosa. Domenica abbiamo visto Harold restare a lungo con i migliori, così almeno noi velocisti non avremo più pressione addosso. Ora si tratta solo di percorrere il resto dei chilometri e provare a restare nel tempo massimo, sperando che Pogacar ce lo permetta (ride, ndr).

Tutti qui hanno passato l’intera giornata a essere nostalgici, hai un momento per ammettere se è così anche per te?

E’ incredibile vedere il supporto qui al Tour. E’ stato fantastico vederlo all’inizio e alla fine di ogni tappa e anche durante la corsa. Sono molto fortunato ad avere persone così incredibili che mi seguono e che vivono la mia carriera con me. Non so da quanti anni sento tutto e apprezzo tutto questo. Vedete questo bambino? Forse tra dieci anni correrà il Tour de France e magari sentire queste cose lo ispirerà. Lo farai?

Autografi alla sua gente prima di salire sul pullman: ora l’obiettivo è arrivare a Nizza
Autografi alla sua gente prima di salire sul pullman: ora l’obiettivo è arrivare a Nizza

Cavendish si è rivolto al bambino in prima fila, quello col telefono in mano. Ma il bimbo è francese e dell’idioma smozzicato di Cav probabilmente non ha capito un bel niente. Però lo guarda rapito e forse l’effetto sarà lo stesso. E Mark ricomincia: «Tra qualche anno farai uno sprint? Dì solo di sì. Annuisci, dì di sì…». E poi scoppia a ridere…

C’è spazio per l’emozione adesso?

Sono stato in mezzo a loro per quasi due anni negli ultimi venti, sommando i giorni del Tour. Questa è stata la mia famiglia (si sofferma per un istante che dura una vita, ndr). Non ho fatto festeggiamenti da quando ho iniziato il Tour de France. Ho festeggiato correndo il Tour e ho sofferto al Tour. Ho mostrato al Tour il rispetto che merita e ho avuto successo. E adesso verrà il momento di festeggiare. Ho ricordi fenomenali di questa corsa, dalla prima tappa a quella che sarà l’ultima. Sono uno dei tanti corridori di una gara che ogni anno diventa il più grande evento sportivo del mondo. Sarà strano vederlo da casa, ma è stato molto bello farne parte.

La Bora piange, la Bora ride: Sagan va via, Politt vince

08.07.2021
5 min
Salva

Quello che è successo oggi nella dodicesima tappa del Tour de France era più o meno quello che ci si poteva aspettare, tanto più dopo la frazione durissima di ieri. La Grande Boucle entra nel cuore del Sud della Francia. La famigerata “chaleur” inizia a farsi sentire. E così succede che il gruppo dopo la consueta lotta per la fuga proceda tranquillo (ammesso che fare 45 di media sia “tranquillo”, ndr) verso l’arrivo di Nimes. Ma la vera notizia del giorno arriva prima del via: Peter Sagan si ritira. Il campione della Bora – Hansgrohe dall’interno del bus del suo team manda un messaggio ai fans.

Sagan non parte 

Poche parole che però dicono tutto.

«Purtroppo – ha detto il tre volte iridato – sono costretto a lasciare il Tour de France. Il dolore al ginocchio è persistente e troppo forte. Impossibile continuare. Ho fatto di tutto, ma così non si può. Ringrazio tutta la squadra e tutti voi per il supporto».

E poi ha aggiunto: «Ci vediamo alle Olimpiadi».

Una piccola doccia fredda per i tanti tifosi dello slovacco. Per la seconda volta nella sua carriera, Sagan non termina il Tour. Nelle dieci partecipazioni aveva sempre portato la sua bici a Parigi e per ben 7 volte lo aveva fatto indossando la maglia verde. A parte quella volta nel 2017 quando fu escluso dalla giuria per una scorrettezza in volata ai danni proprio dell’attuale maglia verde, Mark Cavendish. Quello di oggi di è fatto è il suo primo ritiro dalla Grande Boucle.

Va detto però che questo Tour non era partito benissimo per Sagan. Era caduto nella prima tappa e soprattutto verso Pontivy era rimasto coinvolto in quella tremenda scivolata con Ewan. I due grattarono a lungo sull’asfalto. Ewan si ritirò subito. Peter invece tenne duro e tutto sommato sembrava stesse meglio. Aveva dolore ad un’anca. Ma quando le cose non girano… non girano. E nei giorni successivi ha urtato il ginocchio (visibilmente gonfio) con il manubrio.

Nel finale tanto nervosismo nella fuga (foto Aso)
Nel finale tanto nervosismo nella fuga (foto Aso)

Dal pianto alle risa

Ma per un Bora che “piange” ce n’è uno che ride, Nils Politt. Il passistone tedesco è fra i 13 attaccanti che prendono il largo al chilometro 15 di gara. Ancora una volta tra i più attivi a portare via la fuga c’è il campione del mondo, Julian Alaphilippe.

Il vento è a favore e questo agevola la “passeggiata” del gruppo e gli attaccanti. La media è folle. Un saliscendi continuo. Ma si sa: in 13 in fuga si è un po’ troppi. E così quando l’intesa svanisce dapprima restano davanti in quattro, poi in tre e poi un uomo solo. Al termine di un lungo falsopiano Politt decide di dare una svolta alla sua carriera.

Il corridore della Bora – Hansgrohe parte con uno scatto bellissimo, da manuale. Ci sono forza, tempismo, rapportone, grinta… persino estetica. Ha le mani basse e la schiena parallela al terreno. E’ partito dalla coda del drappello. Resta spianato con la bocca spalancata per la dozzina di chilometri che mancano a Nimes, sapendo però che quelli decisivi sono i primi 4 di quell’attacco. Quattro chilometri in cui viaggia sul filo dei 10”, quelli presi nello scatto: non perde, non guadagna… o comunque non così tanto. Poi a lui spuntano le ali dell’entusiasmo, per i suoi inseguitori invece, senza quell’entusiasmo, la catena si fa maledettamente più pesante e la gara finisce lì.

L’azione, splendida, di Politt. Per il tedesco (27 anni) è il secondo successo da pro’
L’azione, splendida, di Politt. Per il tedesco (27 anni) è il secondo successo da pro’

Un sogno e un pensiero

«Mi sentivo bene – ha detto Politt dopo l’arrivo mentre continuava ad avere la testa fra le mani – ho provato a distanza e tutto ha funzionato alla perfezione. Il momento dell’attacco è stato perfetto. Sapevo che c’era gente più veloce di me quindi, mi sono detto che avrei fatto un attacco solo, ma in quell’affondo avrei dato tutto».

E da quest’ultima frase si capisce molto. Un ragionamento intelligente. Un fuoriclasse alla Alaphilippe può farne diversi di scatti, il bravo corridore invece ha una cartuccia sola e Nils l’ha sfruttata. E poi se fai secondo alla Roubaix qualcosa di buono devi pur avere.

«E’ il momento più bello della mia carriera – continua Politt – E’ un successo che voglio dedicare alla mia famiglia. Faccio tanti sacrifici, manco da casa per tantissimi giorni l’anno e questa vittoria è tutta per loro. Al via c’era un po’ di tristezza in squadra per il ritiro di Peter, ma questo ci ha anche fatto cambiare tattica e ci ha dato la possibilità di attaccare».

Anche oggi Uae guardinga in testa al gruppo
Anche oggi Uae guardinga in testa al gruppo

Tre voci pensando a domani

Ma prima di terminare, chiudiamo il cerchio e riallacciandoci all’inizio, vale a dire alla “non belligeranza del gruppo”. Come abbiamo detto si veniva da una tappa durissima, ma soprattutto più di qualcuno pensava già a quella di domani.

La frazione numero 13 infatti oltre ad essere lunga (quasi 220 chilometri) e molto mossa, sembra sarà battuta da vento laterale. Le squadre hanno cercato di risparmiare il più possibile. Fa riflettere una frase detta da Davide Formolo a Rai Radio1 Sport: «Adesso che abbiamo tagliato il traguardo sono molto più tranquillo. Ero più nervoso oggi che ieri». In questa zona della Francia infatti il vento non manca e soprattutto domani con la tappa che va da Est verso Ovest, non troppo lontano dalla costa, potrebbero nascondersi delle insidie. E sappiamo quanto la Uae e Pogacar si siano scottati col vento l’anno scorso.

E a rincarare la dose, sempre a RadioRai, anche De Marchi: «Spesso al Tour hanno fatto più danni i ventagli che le salite». E Sagan stesso: «Mi dispiace fermarmi anche pensando a Wilco (Kelderman, uomo di classifica della Bora, ndr). Arrivano tappe nel vento in cui potevo aiutarlo e io non ci sarò».