Scopriamo il team Hess, la nuova casa (su strada) di Casasola

24.11.2023
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Grazie al passaggio nelle sue file di Sara Casasola, l’Hess Cycling Team è diventato famoso anche dalle nostre parti. Molti sono rimasti sorpresi dalla scelta del bronzo europeo di ciclocross, approdato nelle file di un team continental poco rinomato e soprattutto poco presente in Italia. Eppure dietro a quella scelta c’è la storia di una squadra che ha grandi ambizioni e che, in un ciclismo femminile in velocissima evoluzione, vuole trovare un suo spazio.

Pirmin Lang, 38 anni, dopo una lunga carriera fra strada e ciclocross ha costruito il team con Rolf Hess (foto Ronan Merot)
Pirmin Lang, 38 anni, dopo una lunga carriera fra strada e ciclocross ha costruito il team con Rolf Hess (foto Ronan Merot)

Abbiamo quindi deciso di saperne di più attraverso il suo direttore sportivo, lo svizzero Pirmin Lang, che riveste i compiti di direttore sportivo del team: «Il patron è Rolf Hess, che ho incontrato nel 2020 e che è un ricco imprenditore e appassionato sportivo che vive a Londra e che prima si dedicava alle arti marziali e al calcio. D’inverno veniva a Sankt Moritz dove vive sua sorella e lì abbiamo iniziato a parlare di qualcosa a favore dello sport femminile. Io vengo dal ciclismo e sono riuscito a indirizzarlo verso la creazione di un team femminile su due ruote. Era il settembre 2022, volevamo farlo prima da soli, poi abbiamo fatto uno scambio con un’altra squadra per fonderci, infine abbiamo comprato la licenza, iniziando nel 2023 con una squadra femminile continentale».

Perché la squadra quest’anno ha avuto licenza lussemburghese e nel prossimo britannica?

Volevamo farlo nel Regno Unito, ma eravamo un po’ in ritardo con tutto. Dovevamo comunque iniziare se volevamo rientrare nell’evoluzione dell’Uci con i team professional, così abbiamo avuto la licenza lussemburghese. Ma è un team britannico a tutti gli effetti, collaboriamo con un’agenzia di marketing a Londra, quindi nel 2024 saremmo affiliati in Gran Bretagna.

Il team è britannico, per ora ha 14 elementi, ma potrebbero arrivarne ancora un paio (foto team)
Il team è britannico, per ora ha 14 elementi, ma potrebbero arrivarne ancora un paio (foto team)
La vostra è una vera multinazionale con ben 12 Paesi rappresentati: è una vostra scelta precisa?

Per certi versi sì, perché Hess ha attività di vario genere un po’ in tutto il mondo e il team rispecchia la sua globalità. Ovviamente, quando si tratta di vendite, è importante che tu sia presente in tutti i Paesi d’Europa, quindi devi avere un’immagine attraverso ciclisti da tutta Europa e oltre. Non è un sistema diverso da quello delle squadre WorldTour, basti pensare alla Lidl-Trek. Vogliamo avere corridori in tutta Europa, ma guardiamo anche oltre, infatti abbiamo preso anche l’ex campionessa nazionale australiana Nicole Frain.

Che ambizioni avete per la prossima stagione e perché state cambiando così profondamente il roster della squadra?

Al momento abbiamo 14 corridori, di cui 6 sono della passata stagione. L’obiettivo è, ovviamente, crescere, migliorare, farci notare. Dando alle cicliste la possibilità di svilupparsi anche in modo da sentirsi a proprio agio. Punteremo soprattutto alle classiche, alle corse d’un giorno dove abbiamo un parco atlete qualificato, come anche per le gare brevi a tappe. Ad esempio l’irlandese Imogen Cotter sarà una delle nostre punte. Essendo adatta alle prove abbastanza impegnative, con salite selettive. Noi vogliamo partecipare a gare di categoria 1.1 Pro e cerchiamo inviti prestigiosi.

Nel 2023 non sono arrivati grandissimi risultati. Qui il team alla Picto Charentaise (foto team)
Nel 2023 non sono arrivati grandissimi risultati. Qui il team alla Picto Charentaise (foto team)
Come mai avete scelto Sara Casasola e siete favorevoli alla sua doppia attività fra strada e ciclocross?

Personalmente sì, io ho le mie radici nel ciclocross, sono dello stesso borgo di Dieter Runkel, campione del mondo nel 1998. Quindi ne sono sempre stato interessato. Credo che se è possibile che Van Aert, VDP e Pidcock facciano la doppia attività, non vedo perché non possa avvenire anche fra le donne. E se vedi come si è sviluppata Sara negli ultimi due, tre anni, è davvero la strada da percorrere. Quando vedi ciò che sta ottenendo ora, è davvero fantastico. Io dico che ha tutte le potenzialità per diventare qualcosa come Silvia Persico o anche di più. Nel ciclocross ha un marchio come Guerciotti a supportarla che è una garanzia, poi subentreremo noi e proveremo a farla migliorare ancora.

Che obiettivo vi siete posti per il prossimo anno?

Sì, migliorare anche a livello di squadra. Ora siamo molto indietro ma è normale, vogliamo diventare una delle squadre migliori nella classifica delle continental, almeno fra le prime 8. Per farlo dovremo conquistare qualche podio nelle gare 1.1. Abbiamo una squadra costruita per questo.

Nicole Frain, australiana, ultimo acquisto del team, è stata campionessa nazionale
Nicole Frain, australiana, ultimo acquisto del team, è stata campionessa nazionale

Prima l’accordo, poi il bronzo europeo

Resta però una domanda: come si sono congiunte le strade dell’Hess Cycling Team e della Casasola? E’ la stessa azzurra a spiegarlo: «Sinceramente non conoscevo questo team prima, ma tramite un amico in un’agenzia di procuratori mi è arrivata voce che cercavano un profilo simile al mio, così siamo entrati in contatto e mi hanno fatto subito una buona impressione. Ho visto che hanno iniziato quest’anno, hanno effettuato molte gare, si sono ben inseriti. Abbiamo parlato dei programmi, delle prospettive e ho intravisto un futuro».

Il contatto è precedente il tuo bronzo europeo?

Sì, avevamo già stabilito tutto prima. Non nego che mi ha favorevolmente colpito anche la loro volontà di favorire la mia doppia attività, era quello di cui avevo bisogno, chiaramente stabilendo i giusti periodi di riposo e recupero. Sanno che cosa significa abbinare le due specialità e questo è molto importante nella programmazione del giusto calendario.

La Casasola sul podio continentale. Sarà la punta della squadra nelle corse a tappe
La Casasola sul podio continentale. Sarà la punta della squadra nelle corse a tappe
Dicono che puntano molto su di te soprattutto per le brevi corse a tappe…

Anch’io penso che sia la mia dimensione giusta su strada perché ho buone doti di recupero e vado più forte negli ultimi giorni di una gara a tappe. Spero che mi permettano di migliorare, tengo molto alla prossima stagione su strada, voglio vedere arrivare risultati all’altezza di quelli che ottengo d’inverno.

Hai metabolizzato la grande gioia di Pontchateau?

C’è voluto un po’ di tempo a dir la verità… Mi sono presa un po’ di riposo, soprattutto a livello mentale, ora punto fortemente sulle prossime prove di Coppa del Mondo per confermare il mio valore ed essere sempre più vicina alle big.

Cavalli, Tour finito. Papà Alberto: «E’ una roccia!»

25.07.2022
6 min
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Venticinque chilometri dal traguardo. Il nervosismo si tocca con mano. Anzi lo si tocca andando a terra con una serie di cadute ravvicinate. Margaux Vigie della Valcar-Travel&Service sul lato sinistro della strada e a metà del gruppo finisce da sola in mezzo all’erba alta di un fossato. Quasi ci fosse un’onda d’urto, altre atlete cadono al centro della carreggiata. Marta Cavalli le ha schivate tutte ed è in piedi, ma mentre sta per dribblare lentamente l’ultima bici a terra viene travolta letteralmente da Nicole Frain, campionessa australiana della Parkhotel Valkenburg (in apertura, la caduta ripresa dalle immagini Tv). Una che, guarda il destino, alla Cadel Evans Road Race del 2020 era rimasta vittima di una bruttissima caduta riportando diversi traumi.

L’impatto fra la Cavalli e la Frain è violento, le immagini piuttosto forti. La cremonese della Fdj-Suez-Futuroscope fa quasi un giro su se stessa come se fosse un manichino, la 29enne della formazione olandese invece termina il suo volo sull’asfalto decine di metri più in là. Non sarà l’ultimo capitombolo di giornata.

Perché che sia maschile o femminile, le prime tappe del Tour de France sono sempre frenetiche, piene di cadute e basta un nulla per farle esplodere. La seconda frazione, da Meaux a Provins di 136,4 chilometri, è indicata sulla carta come rivincita per le velociste ma invece si rivela un terreno minato per tante protagoniste per effetto del vento.

Se a 20 chilometri dalla fine sul primo passaggio sotto il traguardo in leggera salita si scatena la bagarre ed evade la fuga decisiva (vincerà l’immensa Marianne Vos davanti ad una strepitosa Silvia Persico che ha rischiato di farsi il più bel regalo per il suo 25° compleanno), lì finisce il Tour Femmes della Cavalli. La ventiquattrenne scalatrice paga un conto salato dovendo abbandonare subito la corsa per le conseguenti botte della caduta.

Sollievo per la famiglia

«Per fortuna mi ha mandato subito una nota audio mentre era già sull’ambulanza per tranquillizzarci e dicendomi che stava bene – ci confida al telefono Alberto Cavalli, padre di Marta, al termine della tappa che stava guardando in tv – Stava andando in ospedale per fare accertamenti perché ha preso una botta alla testa. Pensate che le si è spezzato il casco e i suoi tecnici appena l’hanno vista l’hanno fermata subito. E poi perché non si può proseguire a correre col casco rotto. Non si scherza con queste cose. Era chiaramente intontita, tuttavia però l’importante che non si sia fatta nulla di grave. Avvertiva subito anche un dolore al bacino ma le stava già passando quando ci siamo sentiti. In ogni caso è tutto a posto. E’ stata dimessa alle 20 senza nulla di rotto. E’ una roccia!»

Marta Cavalli si è schierata al via del Tour Femmes come gregaria di Cecile Ludwig Uttrup
Marta Cavalli si è schierata al via del Tour Femmes come gregaria di Cecile Ludwig Uttrup

«Onestamente ho preso paura quando ho visto come era stata centrata – conclude – mi sono chiesto come avesse fatto la ragazza australiana a non vedere che c’era già gente a terra ed andare lo stesso così forte. Però sono cose che capitano, era a ruota di altre ragazze e probabilmente erano a tutta già da prima per rientrare dal buco creato dalla caduta precedente. Perché Marta era così indietro? Non saprei dirvi. Magari erano dietro per fare gli ultimi rifornimenti. Oppure avevano deciso di restare un po’ più indietro per stare fuori dalle cadute della prima metà del gruppo. Così facendo però la Ludwig si è trovata poi ad inseguire fino alla fine (arriverà con 1’38” dalla Vos ed ora è a quasi due minuti nella generale staccata dalle dirette rivali, ndr)».

Le scuse di Nicole

Ogni corsa ormai è come un frullatore. Ci sono momenti in cui si va a mille all’ora dopo che eri andata regolare poco prima. Le accelerazioni di velocità sono figlie del nervosismo, o viceversa, e questo può creare qualche problema. La disattenzione è sempre dietro l’angolo, figuriamoci una caduta in una tappa del Tour Femmes. Proviamo a contattare Nicole Frain per cercare di capire il suo stato d’animo. Ci dà la sua disponibilità a parlare. E’ una cosa da apprezzare considerando il momento. E lei ci ringrazia per averla fatta parlare senza puntare il dito. La linea non è perfetta ma sentiamo che la sua voce è dimessa e dispiaciuta.

«Ovviamente – ci spiega la ragazza nata il 24 agosto 1992 – non avevo intenzione di cadere ed è successo molto velocemente. Stavamo rientrando sulla coda del gruppo principale a ruota di alcune mie compagne di squadra. Andavamo molto forte, eravamo rimaste attardate da una caduta prima. Però quando proprio ci siamo avvicinate al gruppo si è verificata una ulteriore caduta per la quale non abbiamo avuto il tempo di reagire (la atleta davanti a lei è caduta anch’essa nel fosso in cui era finita la Vigie, ndr). In gruppo c’era molta frenesia tant’è che sia prima che dopo ci sono state altre cadute. E’ stato un finale molto movimentato».

«So cosa si prova a restare coinvolte in brutte cadute – prosegue Nicole Frain – e così a fine tappa ho parlato col direttore sportivo della Fdj-Suez-Futuroscope e poi ho chiamato personalmente Marta. Non vi dico cosa ci siamo dette, preferisco che resti riservato ma naturalmente mi sono scusata con loro e con lei. Mi dispiace molto di ciò che è successo. Devo però cercare di scrollarmi di dosso le cose negative di questa giornata. Una buona idea sarebbe andare in fuga nella terza tappa per rilasciare un po’ di tensione».

Domani si riparte con la terza frazione, da Reims ad Epernay, di 133,6 chilometri ed un profilo altimetrico piuttosto mosso. Ora che la paura per Marta Cavalli è passata, concentriamoci sulle altre italiane, a cominciare da Elisa Longo Borghini, quarta nella generale e, a differenza delle dirette rivali, brava e fortunata a restare fuori dai pericoli.

Frain 2021

Nicole Frain: storia di una caduta e di una rinascita…

28.01.2022
4 min
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La stagione delle donne deve ancora cominciare, ma a ben guardare non è così dappertutto, perché sull’altro emisfero già si corre, anzi si assegnano titoli e quello australiano è andato a Nicole Frain, tasmaniana di 29 anni con una storia particolare e che segue con interesse anche il ciclismo italiano e una gara in particolare: il Gran Premio Liberazione del prossimo 25 aprile. Ecco così che un semplice post pubblicato sulla pagina Facebook della gara romana per ricordare la sua vittoria, visto che il suo team aveva già annunciato la sua presenza in Italia, ha fatto registrare il suo “like” e ne è nato un contatto dal quale si è sviluppata non solo un’intervista, ma un racconto importante.

Per la Frain la vittoria di Buninyong (ottenuta con un bel colpo di mano finale a precedere di 4” Grace Brown, una tra le poche riuscite a scalfire il dominio olandese nell’ultimo WorldTour) ha messo la parola fine a un periodo difficile, che durava da troppo tempo: «Ho iniziato a correre poco meno di 4 anni fa. E’ una scelta che ho fatto perché amo davvero essere in grado di spingere i miei limiti fisici in questo sport e ogni anno poter spostare quei limiti sempre più avanti».

Frain titolo australiano 2022
L’arrivo solitario della Frain a Buninyong. Seconda è giunta la Brown, due volte prima nel WorldTour (foto Getty Con Chronis)
Frain titolo australiano 2022
L’arrivo solitario della Frain a Buninyong. Seconda è giunta la Brown, due volte prima nel WorldTour (foto Getty Con Chronis)
Come mai un inizio così tardivo?

Ho sempre fatto sport. Avevo iniziato con la ginnastica, con il taekwondo (quante botte sul naso…), con il tennis, poi con il nuoto e la corsa campestre e visto che lì andavo meglio ho iniziato a praticare il triathlon. Io sono sempre stata un’atleta competitiva, fare sport solo per il mio benessere fisico o l’estetica non lo contemplo nelle mie priorità. Proprio con lo sport ho imparato ad allargare i miei orizzonti e a capire meglio me stessa attraverso, più che le gioie, il dolore, quello derivato dagli infortuni.

Spiegati meglio…

Il mio incidente più grave è stato alla Cadel Evans Road Race del 2020. Un volo pauroso: andavamo a 75 all’ora, di botto mi sono ritrovata ferma sull’asfalto. In ospedale mi sono fatta il conto dei miei infortuni dovuti al ciclismo: fratture a un piede, all’anca, a entrambe le clavicole, un dito, poi la commozione cerebrale. Ho iniziato a ragionare, a chiedermi perché lo faccio: ogni infortunio richiede una rimonta, ogni rimonta richiede un po’ più di energia mentale e terapia e ti chiedi se ne vale la pena

Frain podio 2022
Nata nel 1992 in Tasmania, la Frain è stata seconda ai campionati continentali a cronometro nel 2019 (foto DHB)
Frain podio 2022
Nata nel 1992 in Tasmania, la Frain è stata seconda ai campionati continentali a cronometro nel 2019 (foto DHB)
Evidentemente sì, visti i tuoi risultati.

Mi alleno ponendo grande attenzione sull’aspetto mentale, ogni atto non è solo legato al fisico, alla pedalata, ai numeri. Sono convinta che bisogna avere sempre la necessaria concentrazione per capire i tuoi obiettivi e lavorare per quelli. Io non mi sono mai fermata, anche durante il periodo del lockdown avevo bisogno di mettermi alla prova, di assaporare il gusto della sfida, così ho gareggiato nelle gare virtuali e ho subito vinto. Col passare del tempo mi sono data una risposta a quelle domande.

Quale?

Quando ti trovi in una difficoltà così profonda devi capire perché vuoi rialzarti, quanto in alto vuoi salire e i sacrifici che sei disposto a fare. Io lo ero, ma non solo per rimettermi in piedi, volevo essere ancora più forte e indirizzata verso i miei target e così sono uscita fuori da quel tunnel.

Frain risalita 2021
Dopo un grave infortunio nel 2020, l’australiana ha esordito in Europa al Women’s Tour dello scorso anno (foto DHB)
Frain risalita 2021
Dopo un grave infortunio nel 2020, l’australiana ha esordito in Europa al Women’s Tour dello scorso anno (foto DHB)
Sei mai stata in Italia?

No, ma non vedo l’ora che questo accada, so che è un Paese bellissimo e soprattutto Roma è davvero spettacolare. Mi sono studiata con attenzione il percorso di gara del GP Liberazione e da quel che ho visto è abbastanza tecnico, con molti cambi di direzione e curve strette. Questo rende la gara dinamica, nella quale bisogna essere sempre concentrati, tutto ciò lo trovo molto eccitante e mi fa accrescere la voglia di esserci.

Da quel che dici non verrai solo per fare presenza.

E’ un percorso esplosivo ed è proprio quello che si addice alle mie caratteristiche. Con il mio team, dopo un giro a tappe in Thailandia gareggeremo nel calendario nazionale per preparare al meglio la trasferta europea. Alcune compagne faranno anche qualche gara offroad, io invece resto concentrata sulla strada. Ci vediamo il 25 aprile…».