Francesco Baruzzi: l’esplosione del pupillo di Loda

10.05.2025
6 min
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Il Giro d’Abruzzo juniores ha incoronato Francesco Baruzzi e a ben guardare non è neanche una grande sorpresa perché di segnali ce n’erano stati nel corso della stagione, con 3 vittorie e il podio in classiche come la Piccola Liegi e il Liberazione. Il portacolori dell’Aspiratori Otelli è sicuramente fra quei 3-4 junior che si sono messi maggiormente in luce quest’anno, ma molti si sono chiesti da dove salti fuori, considerando che è un secondo anno e che non era mai assurto a questi livelli.

Podio di lusso al Giro d’Abruzzo, con Baruzzi primo davanti a Magagnotti e Turconi (foto Fci)
Podio di lusso al Giro d’Abruzzo, con Baruzzi primo davanti a Magagnotti e Turconi (foto Fci)

A garantire sulle sue qualità c’è però un padrino piuttosto rinomato nell’ambiente ciclistico, sia per i suoi trascorsi da pro’ che per il suo seguito come tecnico e uomo rimasto nell’ambiente: Nicola Loda. La loro amicizia è profonda e Nicola è quasi un secondo padre per il lombardo, che anche grazie ai suoi consigli è arrivato a fare il salto di qualità.

Per capire che cosa è successo, in senso positivo, solo Francesco poteva dare la risposta: «Partivo da una base molto bassa perché il 2024 è stato davvero terribile, fra mononucleosi e la rottura del piede destro sono stato fermo 4 mesi. Ho perso praticamente tutta la stagione, sono riuscito appena a riassaggiare l’agonismo nel finale dopo aver ripreso la bici a settembre, con un paio di giorni buoni che si alternavano a due giorni assolutamente pessimi. Chiusa la stagione ho pensato solo a riprendermi, mentalmente prima di tutto, ho lavorato tanto d’inverno perché volevo riscattarmi subito».

In 9 corse disputate quest’anno, Barussi ha mancato la top 10 solo due volte. Nel 2024 solo 6 gare all’attivo
In 9 corse disputate quest’anno, Barussi ha mancato la top 10 solo due volte. Nel 2024 solo 6 gare all’attivo
Come sei arrivato al ciclismo?

Nella mia zona, la Valle Sabbia, la bici è quasi un culto, io ad esempio abito vicino a Sonny Colbrelli. Mio padre è un grande appassionato e seguendolo mi sono subito gettato in questo mondo iniziando a gareggiare da G2. Già da esordiente poi ho trovato casa al Gs Aspiratori Otelli.

E con Loda com’è nato il vostro rapporto?

E’ stato abbastanza casuale. Continuando nella mia attività, avevo bisogno di qualcuno competente che mi seguisse. Mio padre che aveva corso da giovane conosceva Nicola e sapendo che continua la sua attività fra amatori e giovani gli ha chiesto se poteva iniziare a guidarmi. Il rapporto si è costruito pian piano andando anche al di là di quello allenatore-corridore. Ci sentiamo tutti i giorni e parliamo di tutto, anche al di fuori del ciclismo.

Il bresciano insieme a Nicola Loda, diventato per lui un autentico riferimento nel ciclismo e non solo
Il bresciano insieme a Nicola Loda, diventato per lui un autentico riferimento nel ciclismo e non solo
Hai avuto modo di vedere quel che Nicola ha fatto da corridore?

Lo so, mi ha raccontato tantissimi episodi dei suoi 14 anni di carriera, attraverso le sue parole ho rivissuto quei momenti e mi sono fatto un’idea di che cos’è il mondo professionistico. Spero un giorno di poter fare almeno qualcosa di quel che ha fatto lui e rivivere quelle emozioni direttamente sulla mia pelle.

Cerchiamo di capire che corridore sei…

Credo abbastanza completo, perché vado bene in salita ma mi difendo nelle volate, anche in quelle lunghe. La grande incognita sono le cronometro: da poco mi è arrivata la bici specifica e ho cominciato a lavorarci, voglio fare bene anche lì per completarmi, credo che sarà un passo importante nella mia maturazione.

Il lombardo sta emergendo come corridore completo, che tiene in salita ma ha anche una bella volata
Il lombardo sta emergendo come corridore completo, che tiene in salita ma ha anche una bella volata
Anche perché le cronometro sono un passaggio importante per completare la tua figura di corridore per gare a tappe…

Esatto. Il Giro d’Abruzzo era la mia prima esperienza in assoluto in questo tipo di corse e a dir la verità è stato entusiasmante al di là del risultato. Avevo visto in allenamento di avere non solo una certa tenuta, ma anche buone doti di recupero, andando sempre meglio assommando giornate in sequenza di allenamenti pesanti. Ma si sa che in gara è diverso e per questo tenevo a scoprire le mie reazioni in corsa.

Hai vinto la classifica senza aggiudicarti tappe. Da che cosa nasce questa costanza di rendimento?

All’inizio non pensavo a curare la classifica, ma dopo la prima tappa chiusa al secondo posto alle spalle di Manion mi sono ritrovato con 2” di vantaggio sugli altri e con la squadra abbiamo pensato che potevamo capitalizzarli. Abbiamo quindi cambiato la nostra strategia di corsa puntando alla difesa di quel piccolo gruzzolo. Il secondo giorno avrei anche potuto puntare alla vittoria, ma a 700 metri dall’arrivo ho rotto 4 raggi della ruota e per fortuna sono riuscito a finire davanti, 6° ma senza la possibilità di fare una vera volata. Abbiamo cercato nelle altre due tappe di tenere la corsa chiusa, controllando la situazione. Mi sono difeso attaccando, seguendo i consigli del mio allenatore Giambattista Bardelloni.

L’australiano Manion si aggiudica la prima tappa, ma dietro Baruzzi allunga. Quei 2″ di vantaggio saranno decisivi (foto Fci)
L’australiano Manion si aggiudica la prima tappa, ma dietro Baruzzi allunga. Quei 2″ di vantaggio saranno decisivi (foto Fci)
Pensi di essere adatto alle corse a tappe, dopo questa tua fortunata esperienza?

Io credo di sì, chiaramente non posso sapere quali, di quale durata, ma intanto per quelle medio-brevi sono a mio agio perché gestisco le situazioni con sangue freddo. L’importante è saper leggere la corsa in ogni suo sviluppo. Poi molto dipenderà dalla mia crescita, tra qualche anno si vedrà se posso anche sperare di far bene in un grande giro.

Questo cambia le tue prospettive a breve termine?

Per certi versi sì. Ora mi prendo un breve periodo di riposo e recupero per poi puntare alla seconda parte di stagione, dove proverò a ripetermi al Giro del Friuli e al Baron, ma per me come per il team l’obiettivo vero sono le gare titolate, quelle per i titoli regionali e quelle nazionali, sia in linea che a cronometro.

La vittoria di Baruzzi al GP Fioritura, con una volata imperiosa su Dentelli e Ferrari (foto Rodella)
La vittoria di Baruzzi al GP Fioritura, con una volata imperiosa su Dentelli e Ferrari (foto Rodella)
Hai difficoltà a conciliare la tua attività con la scuola?

Domanda delicata… Fino allo scorso anno no, andavo anche bene, quest’anno faccio molta fatica anche perché non ho agevolazioni da parte della scuola (frequento l’Itis d’informatica a Vobarno), le gare mi costringono a saltare giorni di lezione e i professori non sono contenti, men che meno la mamma che vuole giustamente che la scuola sia al primo posto e che solo ora si sta abituando all’idea di un figlio ciclista, avrebbe preferito uno sport meno pericoloso. L’anno prossimo avrò la maturità, ma devo capire come arrivarci. Il discorso scolastico e quello ciclistico sono strettamente collegati.

Nel senso che influirà anche sulla tua scelta di fine stagione? Ti aspetta il cambio di categoria e dopo questi risultati, ci sarà la fila di squadre alla tua porta…

Ce n’erano già prima ma so che sono aumentate. Mi segue Mazzanti come procuratore, ma la scelta che dovrò fare entro giugno verte anche su come concludere il mio cammino scolastico. Anche perché ho possibilità sia di rimanere in Italia che di andare all’estero. A me non dispiacerebbe quest’ultima opportunità, ma dobbiamo valutare bene insieme alla mia famiglia. Nel caso stiamo pensando anche di fare l’ultimo anno online con un tutor che mi segua. Quel che è certo è che non voglio farmi sfuggire l’occasione di poter fare il grande salto.

Papà Zaina, mamma De Negri e il figlio Luca

02.12.2022
8 min
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«Non vi nascondo – dice Enrico Zaina mentre si parla di suo figlio Luca, nei giorni ancora freschi del dolore per la morte di Davide Rebellin – che con Nadia il pensiero va più volte alla pericolosità sulle strade. La decisione di aprire una Academy MTB è stata dettata anche da questo. Insegniamo ai nostri ragazzi l’educazione stradale, li aiutiamo ogni giorno ad imparare questo sport che non è solo salti e impennate!!! Sono giovani, spensierati e con la voglia di conquistare il mondo, ma basta una piccola distrazione da parte di tutti per far succedere l’irreparabile. Ho paura e tanta, ma la vita ti porta ad affrontare anche questo, anche se devo dire che nel nostro Bel Paese si è fatto poco anzi niente per la sicurezza dei ciclisti».

Oggi non parliamo di risultati o ambizioni. Raccontiamo la storia di un papà che con un post su Facebook ha dichiarato il suo amore verso un figlio che gli sta facendo rivivere le sensazioni dello sport, che ha vissuto sulla propria pelle insieme alla moglie e mamma. A condire il tutto con un pizzico di destino che sembra già scritto, c’è la squadra che accompagna Luca nella sua stagione di ciclocross, il Team Piton. Nonché la formazione guidata da Nicola Loda ex compagno di gruppo di Enrico. Un fil rouge che accompagna la nuova generazione e la lega romanticamente a quella che ha scritto qualche pagina di storia del ciclismo italiano. 

Figlio d’arte

Essere figli d’arte non è mai semplice. Enrico Zaina è stato un interprete del ciclismo degli anni ’90 e scudiero di Pantani nei suoi anni migliori. Suo figlio Luca è un allievo di 2° anno a cui sta iniziando a piacere il ciclismo con la sana grinta agonistica che gli scorre nelle vene, tramandata oltre che dal papà stradista, anche da mamma Nadia De Negri, campionessa della Mtb. 

Enrico, partiamo dal post su Facebook dove esprimi l’emozione nel vedere tuo figlio metterci voglia e passione in uno sport che conosci molto bene…

Chi ha vissuto come me e mia moglie il ciclismo capisce tutte le emozioni e percepisce tutti gli stati d’animo che si possono vivere dal punto di vista dell’atleta. E’ logorante seguire gli eventi sportivi per questo motivo. Moralmente e mentalmente viviamo quello che abbiamo rivissuto noi in quegli anni. 

Siete contenti che abbia scelto il ciclismo come sport pur conoscendone i sacrifici?

Mio figlio Michele, il primo, ha optato dopo due gare di ciclismo per il rugby. Luca invece ha trovato la sua dimensione o sta cercando di trovarla nel ciclismo. E’ fortunato. A differenza dei tempi miei e di mia moglie, salta un po’ tra la strada, la mountain bike e il ciclocross. Facendo così ci si diverte di più, pur facendo fatica. 

Chi lo ha messo in bici?

Devo dire che lui aveva iniziato a giocare a pallone. Dopo i primi sentori che ci fosse un ambiente così esasperato per questi bambini che avevano 6 o 7 anni, io e mia moglie ci siamo guardati e ci siamo detti: «Perché non apriamo una scuola di Mtb?». Da lì è partito tutto e di conseguenza ci è venuto dietro. Non l’abbiamo spinto, è stata una cosa naturale. Da piccolino era sempre in bicicletta dalla mattina alla sera. Prima con la bicicletta a spinta, poi con quella a pedali saltando il passaggio delle rotelle. Abbiamo intuito che probabilmente gli piaceva questo sport. Sentendo parlare in famiglia sempre di ciclismo logicamente si è appassionato. 

Ti piace vederlo così appassionato?

Adesso sento che ci crede. Al di là dei risultati. Per me è un piacere vederlo felice, sereno e impegnato. 

In che squadra corre Luca?

Con il Team Piton, è allenato da Nicola Loda. Ha trovato questa squadra che li prende in prestito per il periodo che praticano ciclocross e poi da febbraio tornano tutti nei loro team. 

Con Loda hai condiviso parte della tua carriera, com’è vedere tuo figlio allenato da lui?

Devo dire che con Nicola ha trovato la sua dimensione. Ha trovato in lui una persona che riesce a spronarlo. A dirla tutta, Nicola sull’aspetto emozionale e motivazionale riesce a prendere i tempi giusti, perché avendoli vissuti in prima persona sa di cosa si tratta. Questo è un aspetto che fa la differenza quando si devono aiutare i ragazzi moralmente e mentalmente in un’età delicata come questa. 

E a livello di prestazioni, come lo vedi?

Dal 30° posto della prima gara fino a qualche piazzamento più recente ha fatto un salto di qualità notevole. Ma l’aspetto che più abbiamo notato è che ha una grinta pazzesca che va oltre il risultato. Ha trovato la voglia di soffrire. Prima un inconveniente come un salto di catena lo demoralizzava e gli faceva buttare via la gara. Adesso invece gli può scendere la catena tre volte e riparte tre volte più cattivo di prima

Nicola Loda insieme a Luca Zaina in una prova di ciclocross
Nicola Loda insieme a Luca Zaina in una prova di ciclocross
Corre anche su strada?

E’ nato sulla Mtb, poi ha fatto una parentesi sulla strada dove però ha riscontrato il grande ostacolo di stare in gruppo. Nelle discipline fuoristrada dopo cinque minuti sei da solo o in fila a menare, in strada si hanno altri ritmi e dinamiche differenti. Da quel punto di vista ha sofferto un po’. Adesso con il ciclocross ha ritrovato quella voglia di battagliare. Mi ha già detto che qualche gara su strada la vuole fare. Nella mountain bike qualche piazzamento sul podio l’ha raccolto e si trova bene. 

Secondo Scotti mancano crossisti puri. Pensi che Luca possa scegliere di fare solo ciclocross?

Quando correvo io eravamo a senso unico mentalmente. Si guardava solo alla strada. Era talmente monotono, specialmente in giovane età, che ad un certo punto te la facevano quasi odiare la bicicletta. Devo dire che invece adesso la multidisciplina fa tanto. Oltre che il solito discorso rivolto al miglioramento della performance per me è un’arma in più per avvicinare sempre più ragazzi. Negli ultimi anni i campioni presi in prestito come Van der Poel, Van Aert o che arrivano da altri sport come Evenepoel o Roglic ne sono l’esempio. 

Che ciclismo vedi per la generazione di tuo figlio?

L’aspetto che ha cambiato il ciclismo negli ultimi anni, facendo riferimento ai nomi che ho citato prima, è quello delle prestazioni che si sono abbassate di categoria. Oggi gli allievi sono gli junior di qualche anno fa. Io vedo le medie che fa mio figlio e vedo anche le medie che fanno i primi tre a livello nazionale sono medie da junior. Sono ben lontane dalle prestazioni che facevamo io e Nicola quando eravamo giovani. Sono atleti di 14 e 15 anni. Il ragazzo che è nato a gennaio fa ancora differenza contro quello che è nato a dicembre. Da questo punto di vista è cambiato tanto spero solo che sappiamo quello che stiamo facendo. 

Nadia De Negri è stata una campionessa della Mtb
Nadia De Negri è stata una campionessa della Mtb
Torniamo al tuo post. Scrivi che ti commuovi ancora a vedere le gare di ciclismo in Tv…

Devo dire che quest’anno il Tour de France, dopo Pantani, l’azione che ha fatto la Jumbo Visma con quell’attacco, quel modo di correre, ha riacceso in me la speranza di vedere quel ciclismo che c’era prima della Sky. Abbiamo vissuto un campione come Froome che sinceramente aveva appiattito quello che era l’entusiasmo e la sregolatezza che Marco aveva di natura. Dal nulla partiva, faceva un attacco mitico e portava a casa una corsa a tappe.

Oggi invece?

Purtroppo è tutto molto organizzato e scientificamente studiato e il ciclismo ha perso quell’alone di improvvisazione che poteva fare la differenza tra un campione e l’altro. Devo dire che la Jumbo quest’anno al Tour ha fatto un grande spettacolo. Il ciclismo deve essere così. Non può passare solo dalla direzione dei tecnici in ammiraglia. Deve dare la possibilità di interpretazione a chi è in bicicletta. Sennò si parla non di ragazzi, ma di robot che non hanno personalità

Le nuove generazioni stanno uscendo ora. La generazione dei 2000 sembra di buone prospettive. Che idea ti sei fatto della situazione attuale in Italia?

Il problema è che tutto questo dovrebbe passare attraverso dei vivai. Perché purtroppo perdiamo degli atleti validi in giovane età, perché li stressiamo troppo, riprendendo il discorso delle categorie che si sono spostate più in basso. Questa situazione va a mettere più pressione in giovane età. Bisogna creare dei vivai seri, e qui la Federazione deve mettere sul tavolo un progetto valido e solido per gettare le basi per il futuro. Sennò si hanno grandi atleti che al momento del passaggio tra i pro’ li troviamo già appiattiti. Questo è quello che abbiamo vissuto in questi anni. A Nibali bisognerebbe fargli un monumento grande come una casa, perché fino a due anni fa speravamo ancora in lui. E questo sinceramente è uno specchio della situazione. Con gli altri creiamo finti campioni che poi risultano piatti. Non possiamo non ammetterlo. 

Gli attacchi di Pantani scrivevano un altro ciclismo: qui al Giro 1998, Zaina a ruota e Bartoli verso l’Argentario
Gli attacchi di Pantani scrivevano un altro ciclismo: qui al Giro 1998, Zaina a ruota e Bartoli verso l’Argentario
Non avete paura che l’esasperazione delle categorie giovanili tocchi anche vostro figlio?

Io e Nadia come genitori stiamo cerchiamo di salvaguardarlo sotto queso aspetto. Siamo due genitori scomodi perché siamo stati entrambi ad alti livelli. Siamo però noi i primi a frenarlo anche su certi aspetti della preparazione. Al giorno d’oggi però abbiamo capito che certi standard si sono alzati ed è giusto che si allinei e faccia quello che gli dice l’allenatore, seguendo tabelle e mettendosi il cardiofrequenzimetro. 

Cosa si può dire della tragedia di Davide Rebellin?

Davide oltre a un collega, era un amico. L’ho intravisto quest’anno alle Canarie ci siamo incrociati in bicicletta e salutati velocemente. Un ragazzo gentile, serio, bravo, troppo bravo. Un grande uomo di sport. Quando ho saputo della notizia mi sono sentito piccolo piccolo. E guardando Nadia, abbiamo pianto.

Loda, quanto costa gestire un team di ciclocross?

27.11.2022
5 min
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Ogni domenica un impegno in giro per l’Italia, ogni domenica un agglomerato di emozioni come neanche quando correva fra i pro’ gli era dato vivere. I weekend di Nicola Loda sono vissuti sempre sul filo del rasoio, trepidando per i suoi ragazzi. Il Team Piton sta affrontando la lunga stagione del ciclocross con 7 ragazzi, fra esordienti e allievi, che regalano in ogni occasione tanta passione.

Ma quanto costa gestire una simile società e che cosa comporta? Loda si è sottoposto volentieri alla disamina dell’attività della sua squadra come vero e proprio “exemplum” di quel che significa gestire un team nel ciclismo odierno. Spese che toccano il portafoglio, ma anche impegni che riguardano un vasto numero di persone.

Nella sua analisi, Loda parte da una premessa doverosa: «La nostra attività è cambiata da un anno a questa parte. La stagione scorsa era ancora all’insegna della pandemia, c’erano molte meno gare per le categorie giovanili e quando capitavano, dovevamo affrontarle anche a costo di lunghi viaggi. Ad esempio nella passata stagione abbiamo seguito in maniera quasi continuativa il calendario del Giro d’Italia, quest’anno invece abbiamo privilegiato trasferte più vicine ma più frequenti, sempre però di un alto livello, seguendo principalmente il calendario del Mastercross e le prove nazionali di Lombardia ed Emilia».

La messa a punto delle bici occupa le mattine prima della gara. Tutti danno una mano
La messa a punto delle bici occupa le mattine prima della gara. Tutti danno una mano
Come avete strutturato dal punto di vista economico la vostra stagione?

A inizio anno il nostro presidente Paolo Zanesi fa i suoi conti e mette da parte un budget che possiamo quantificare, in cifre, tra i 21 e i 24 mila euro, ma bisogna considerare che ogni atleta ha a disposizione due bici, una da gara e una da allenamento, poi tutti gli accessori e l’abbigliamento che sono forniti direttamente da Piton. La cifra coinvolge principalmente tutte le trasferte della nostra attività.

Proviamo a dividerle…

Quando partiamo, ci sono tre mezzi: due furgoncini dove viaggiamo con i 7 ragazzi e il furgone grande che porta tutte le bici, perché ogni atleta deve avere il ricambio, quindi le bici da allenamento vengono impiegate in gara soprattutto se c’è fango e bisogna provvedere al cambio ogni giro per lavare la bici lasciata. Ci sono sempre almeno 5 genitori che vengono in ogni trasferta. Quando le località sono vicine è abbastanza semplice, si parte la mattina prestissimo e si torna in giornata. Altrimenti bisogna anche provvedere all’hotel e pur cercando di risparmiare sono sempre quei 60-70 euro a persona da considerare. Poi c’è il cibo, quindi a conti fatti si fa presto a raggiungere quelle cifre in un’attività di 4 mesi.

Il grande spazio che il Team Piton mette in piedi a ogni evento. Per questo serve arrivare in anticipo…
Il grande spazio che il Team Piton mette in piedi a ogni evento. Per questo serve arrivare in anticipo…
Nella tua analisi non hai contemplato presenze di meccanici e simili…

Perché facciamo da soli: siamo tutti abbastanza esperti per provvedere a quelle minime operazioni che sono le regolazioni del cambio e della sella, il gonfiaggio delle ruote e così via. Ogni settimana poi le bici vengono portate alla sede della Piton per la messa a punto. Io e un altro facciamo al mattino la gara dei master, poi ci mettiamo a disposizione dei ragazzi: chi al cambio bici, chi al lavaggio, chi a preparare i rifornimenti…

Quando inizia il vostro lavoro?

Sicuramente quando partiamo la mattina stessa dobbiamo arrivare molto prima. Bisogna innanzitutto montare il gazebo e attaccare il generatore di corrente, attaccare la bombola del gas, tirar giù le bici e rimetterle a posto. C’è tantissimo da fare prima di una gara. Noi diciamo sempre che appena arrivati c’è da “montare il circo”… E’ una fatica, ma è anche molto divertente.

Al Mastercross di Fanano doppietta fra le allieve 1° anno con Bianchi e Arzetti
Al Mastercross di Fanano doppietta fra le allieve 1° anno con Bianchi e Arzetti
La stagione com’è iniziata?

Alla grande, i ragazzi ci stanno dando grandi soddisfazioni. Abbiamo due esordienti come Anna Bonassi, già campionessa italiana su strada e Carlotta Longhi, anche lei tra le prime in Italia. Sono alle loro prime armi nel ciclocross ma ogni volta vanno meglio e imparano. Poi abbiamo due allieve primo anno, Elisa Bianchi e Nicole Arzetti entrambe provenienti dalla mtb dove hanno vinto un titolo italiano nella scorsa estate. Infine tre allievi 2° anno: Francesco Baruzzi che è sempre tra i primi, Massimo Salvodini che viene anche lui dalla mtb e Luca Zaina, il figlio di Enrico mio compagno di avventure per tanti anni su strada e di Nadia De Negri, viceiridata nella mtb nel 1997.

Come ti trovi ad allenare il figlio di Zaina?

Devo dire innanzitutto che sia Enrico che Nadia lasciano fare a me, non sono di quei genitori che mettono bocca, anzi Luca praticamente mi chiama ogni due giorni per relazionarmi su quanto fatto. Qualche giorno fa gli ho fatto comprare il bilanciere, per fargli fare gli esercizi per la muscolatura. Enrico mi fa «Eh, mi hai fatto spendere tutti quei soldi…». «Enrico, non ti ricordi quand’eravamo noi ad allenarci in palestra? Spiegagli quali esercizi fare». «No, sei tu l’allenatore, fai tu…». Luca ci tiene tantissimo anche perché vuole liberarsi da questa nomea di “figlio d’arte” che gli speaker gli affibbiano ogni santa volta che scende in gara. La responsabilità del cognome gli pesa, ma pian piano sta uscendo fuori, migliora sempre.

Loda con Luca Zaina, figlio di Enrico pro’ fino al 2000 e di Nadia De Negri, stella della mtb
Loda con Luca Zaina, figlio di Enrico pro’ fino al 2000 e di Nadia De Negri, stella della mtb

I costi per lo sponsor

Fin qui Loda, ma per saperne di più sulle spese di un team abbiamo contattato anche Sara Pitozzi, amministratore delegato della Piton: «Se comprendiamo anche le nostre spese raggiungiamo i 50 mila euro e questa è una base minima per fare attività. Molti vorrebbero costituire un team, ma io dico sempre che se non hai almeno una cifra simile di base è meglio non provarci neanche.

«Ai corridori vengono fornite due bici, una in carbonio con Shimano Grx per la gara e una in alluminio con cambio Sram per l’allenamento. La manutenzione è tutta a nostro carico. Il rapporto è nato 6 anni fa e a conti fatti le soddisfazioni che stiamo portando a casa, non solo in termini di risultati, ripagano ampiamente l’investimento».

Il mondo Piton, tra passione e professionalità

04.10.2022
5 min
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L’appuntamento con Sara Pitozzi di Piton è fissato per il primo pomeriggio di un giovedì di fine settembre presso lo showroom aziendale di Travagliato, in provincia di Brescia. E’ lei stessa ad accoglierci, ma prima di accomodarci nel suo ufficio, abbiamo il tempo di osservarla mentre si intrattiene con i clienti presenti in quel momento in negozio.

Il rapporto con la clientela, il saperla ascoltare, è un aspetto al quale tengono molto in Piton. Ne avremo conferma nel corso della nostra chiacchierata, interrotta più volte dalle tante telefonate di clienti che chiedono informazioni sulle loro bici, nuove o in riparazione. Ad un certo punto chiamerà anche un olandese in vacanza sul Lago di Garda interessato ad acquistare una Piton.

Sara Pitozzi, titolare di Piton insieme al fratello Simone ed al cugino Marco (foto Rodella)
Sara Pitozzi, titolare di Piton insieme al fratello Simone ed al cugino Marco (foto Rodella)
Partiamo dalla domanda più semplice. Quando nasce Piton? 

Come negozio nasciamo nel 1975 grazie a mio zio Guido. I primi telai realizzati da lui erano firmati Pitozzi. Dopo qualche tempo siamo passati a firmarli Piton. Dal 2010 a gestire l’intera attività siamo subentrati io, mio fratello Simone e mio cugino Marco. Mio zio Guido, insieme a mio papà Aldo, è comunque una presenza ancora attiva. Capita spesso di vederli qui insieme in negozio a dare qualche consiglio. La loro presenza è sempre molto preziosa.

Guardandovi lavorare, emerge la sensazione che siate molto affiatati fra voi…

E’ verissimo. Ognuno di noi ha un ruolo ben preciso in negozio. Mio fratello Simone si occupa dell’officina, mentre mio cugino Marco del magazzino. Quanto a me, oltre a ricoprire il ruolo di amministratore delegato, mi occupo dello showroom e più in generale della clientela.

Qual è il vero punto di forza di Piton?

Sicuramente la personalizzazione del prodotto, dalla scelta del telaio, al suo colore e alla relativa componentistica. E’ un aspetto del lavoro di cui mi occupo io. Mi piace ascoltare il cliente, capire le sue esigenze, “costruire” insieme a lui la bicicletta dei suoi sogni. Un altro aspetto da non dimenticare è la rapidità nel consegnare la bici. Dall’ordine alla consegna passano solo 30 giorni. Tutto questo è reso possibile dal fatto di avere un magazzino sempre fornito che ci ha permesso di lavorare benissimo quest’estate, quando altri erano invece in difficoltà per la penuria di componenti.

Lavorate tantissimo con i team, dai professionisti ai più piccoli. Da quale squadra vogliamo iniziare?

Sicuramente dalla Gallina Ecoteck Lucchini Colosio con la quale collaboriamo da ben 15 anni. Con Cesare Turchetti, team manager della squadra, si è instaurato ormai un rapporto di fiducia reciproca. Il fatto che il team sia diventato continental ha dato poi un grande prestigio al nostro marchio. Anche per questo motivo cerchiamo di assecondare al meglio tutte le richieste che ci arrivano dalla squadra. E’ un grande impegno, anche economico, visto che forniamo loro complessivamente 50 bici tra strada e crono, ma siamo davvero soddisfatti della visibilità che riceviamo in cambio.

Accanto ai corridori della continental, troviamo i ragazzini del ciclocross. Vi stanno molto a cuore?

Direi proprio di sì. Sei anni fa abbiamo creato un team giovanile al quale siamo particolarmente legati. Per la nuova stagione avremo sette atleti guidati da Paolo Zanesi e Nicola Loda, rispettivamente manager e tecnico. Sono piccoli, ma sono delle vere “bombe” (sorride nell’usare questa espressione, ndr). Basti pensare che abbiamo in squadra la campionessa italiana Elisa Bianchi, il neo tricolore di Short Track Nicole Azzetti e la campionessa su strada esordienti primo anno Anna Bonassi, al debutto nel ciclocross. Grazie anche agli altri sponsor che ci sostengono, non gli facciamo mancare proprio nulla, come se fossero in un team di professionisti… dei piccoli professionisti naturalmente.

Quali sono gli altri team con i quali collaborate?

Siamo molto attivi nel triathlon. Collaboriamo infatti con l’Invictus Team che conta ben 100 tesserati dai 6 ai 20 anni di età. Abbiamo realizzato una bici speciale con i colori del team e a tutti i membri della squadra abbiamo riservato uno sconto davvero importante nel caso in cui volessero acquistare una bici firmata Piton. E c’è dell’altro…

Piton sostiene tutte le attività legate alla bici e sei anni fa ha creato il loro team di ciclocross (foto Rodella)
Piton sostiene tutte le attività legate alla bici e sei anni fa ha creato il loro team di ciclocross (foto Rodella)
Che cosa?

Sempre nel triathlon collaboriamo con le Fiamme Oro settore giovanile. Da quest’anno poi i più forti atleti della nazionale italiana di sci alpinismo si allenano d’estate pedalando sulle nostre bici. Parlo di campioni come Matteo Eydallin, Michele Boscacci, Federico Nicolini, Damiano Lenzi e Rocco Baldini. Abbiamo anche un ambassador. Si tratta di Hervè Barmasse, famoso alpinista originario della Valle d’Aosta. Tramite i social ho casualmente scoperto che pedalava su un modello Piton in acciaio. L’ho contattato ed oggi si allena pedalando sul top di gamma di casa Piton, la nuova RF.

Chiudiamo il nostro incontro con una curiosità. Da dove arriva la vostra clientela?

Fino a dieci anni fa il 90% dei nostri clienti era lombardo. Oggi, grazie anche all’immagine che ci dà il team continental, abbiamo clienti in buona parte d’Italia e siamo in continua crescita. Chi acquista una Piton si trova così bene da trasformarsi indirettamente in un ambasciatore del nostro marchio.

Piton

Loda 2022

Da pro’ ai ragazzi, le mille vite di Nicola Loda

28.02.2022
5 min
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Dopo ben 12 anni fra i professionisti, una carriera da prezioso gregario conclusa nel 2006, Nicola Loda si è rimesso in gioco senza mai lasciare la bici. Anzi, le sue attività sono andate moltiplicandosi, fino all’ultima, per alcuni versi la più importante perché gli dà modo di trasmettere la sua eredità, le sue esperienze ai più giovani. Da qualche tempo infatti il cinquantenne bresciano lo vediamo in giro per i campi da ciclocross, a trasmettere la sua passione ai più giovani.

Potrebbe sembrare strano, ma Loda è stato uno dei tanti stradisti che è venuto fuori proprio dall’attività sui prati. «Mi è sempre piaciuto – dice – lo facevo da ragazzo e ho ricominciato a farlo dopo come semplice appassionato, ma a dir la verità quando ho smesso mi sono dedicato al motocross e me la cavavo più che bene. Ho vinto due titoli regionali e sono stato terzo agli italiani, sempre fra gli amatori».

Poi hai smesso?

Non avrei voluto, ma quando ho fatto il conto delle fratture riportate, fra cui 4 costole e due volte al bacino per un totale di 11 ho capito che era arrivato il momento di dire basta e mettere la moto in garage… Ma mi è costato perché mi divertivo tanto. Io sono preparatore atletico e lavoravo con gente come Alessandro Botturi, Manuel Mondi, tutti corridori ai vertici del motocross italiano nell’enduro, mi divertivo con loro e spesso si sgassava per i circuiti.

Loda Motori 2005
La passione per i motori è di vecchia data: Loda ha anche vinto titoli regionali di motocross amatoriale
Loda Motori 2005
La passione per i motori è di vecchia data: Loda ha anche vinto titoli regionali di motocross amatoriale
Com’è nata la tua attività con i ragazzi?

Messa da parte la moto sono tornato a fare ciclocross, un paio di anni fa Paolo Zanesi del Team Piton mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto lavorare con i suoi ragazzi. Ho accettato volentieri perché mi è sempre piaciuto rimanere a contatto con i più giovani, provare a insegnare qualcosa di quello che ho imparato. Il rapporto con loro è stupendo, va ben al di là delle vittorie.

Perché?

Perché li vedo crescere piano piano, vedo che si temprano, che affrontano le gare con grinta come facevo io alla loro età. Quando c’è brutto tempo non si spaventano minimamente, anzi si mettono in gioco con ancora più entusiasmo. Poi, parallelamente, si instaura quel rapporto che li porta a confidarsi, a parlare di ciclismo ma anche di altro, a chiedermi consigli. Mi fanno tornare giovane…

Loda Fassa 2000
Nicola Loda è nato a Brescia il 27 luglio ’71. Pro’ dal ’94 al 2006, ha vinto 7 corse
Loda Fassa 2000
Nicola Loda è nato a Brescia il 27 luglio ’71. Pro’ dal ’94 al 2006, ha vinto 7 corse
Ti rivedi in loro?

Tantissimo, rivedo quello spirito che mi portò a gettarmi in questa attività. Spesso parlando cerco loro di far capire che cos’è il ciclismo, quanti sacrifici comporta, ma dico sempre loro che se uno scarso come me ha fatto 14 anni di professionismo, significa che davvero la strada è percorribile, se hai carattere.

Come vanno i tuoi ragazzi?

Direi che le nostre soddisfazioni ce le siamo prese. Arianna ed Elisa Bianchi (con lui nella foto d’apertura) hanno fatto prima e terza di categoria agli Assoluti, Baruzzi è giunto terzo, nel complesso quando conquisti 3 podi con 6 elementi a disposizione significa che hai lavorato bene e hai ottimo materiale fra le mani. Fra questi ragazzi ci sono i possibili atleti di domani, ma perché ciò avvenga non dipende solo dai risultati, è qualcosa che deve nascere da dentro.

Fanno solo ciclocross?

No, Baruzzi già corre su strada, io gli do qualche consiglio ma non voglio invadere il campo, ha una sua squadra e un suo preparatore per quello, però sa che ci sono. Elisa va in mtb. Rispetto ai miei tempi comunque riscontro che è vero che l’età per emergere si è abbassata, ma io vorrei che per loro il ciclismo mantenesse ancora quell’aspetto di gioco, di divertimento che è giusto per la loro età.

Loda Giovani 2022
Insegnare ai più giovani e nel frattempo divertirsi nelle Granfondo. La bici resta il trait union della sua vita
Loda Giovani 2022
Insegnare ai più giovani e nel frattempo divertirsi nelle Granfondo. La bici resta il trait union della sua vita
E’ diverso rispetto ai tempi tuoi?

Enormemente. Io a 16 anni uscivo e mi allenavo, sapevo se fare distanza o qualche lavoro specifico, ma andavamo a sensazione, ci si incontrava davanti al bar, si faceva sosta per un caffè… Ed era un bel gruppo: Velo, Zaina, Bontempi, tutta gente che ha vinto tanto. Oggi a 16 anni li vedi con il cardio al polso, senti che escono per fare tot minuti così e tot in quell’altra maniera, concentrati sugli allenamenti, dipendenti da tabelle, computer, numeri. Il divertimento dov’è?

Intanto la tua squadra di Granfondo va avanti…

Già, ecco un’altra passione. Quando ho smesso sono stato lontano anni dalla bici, poi però, lavorando alla Palestra Millennium, in tanti venivano da me sapendo il mio passato e mi chiedevano di allenarli. Il gruppo è andato aumentando e pedalando con loro mi è rivenuta la voglia. Alla fine il numero di tesserati per il Team Loda Millennium ha superato i 200… Di loro una trentina fanno le Granfondo agonisticamente, la maggior parte per divertirsi e visitare i posti.

Loda Belgrado 2021
In una gelida giornata a Sarajevo (BIH) Loda ha conquistato nel 2021 il titolo mondiale di Granfondo amatori
Loda Belgrado 2021
In una gelida giornata a Sarajevo (BIH) Loda ha conquistato nel 2021 il titolo mondiale di Granfondo amatori
E tu?

Non posso farci niente, io nella bici ho sempre visto qualcosa di agonistico. Non è che faccia nulla di particolare, mi tengo solo in forma e quando corro cerco di fare il meglio. Così sono arrivate vittorie e addirittura un titolo mondiale di categoria, a Sarajevo. Ma ve lo immaginate Nicola Loda campione del mondo?

Raccontaci…

Era stata una gara mica da ridere, 2.500 metri di dislivello, pioggia e freddo e il bello è che vedevo tanta gente in gara con pantaloncini…. Per fortuna tolsero un giro per il maltempo, a un certo punto si è messo anche a nevicare.

E ora?

Si va avanti, qualche gara alla domenica, dove spesso capita di incontrare i vecchi amici. Poi ci sono i ragazzi. Spesso mi chiedono di quando correvo, del mio passato e io spiego loro che, prima ancora che le tabelle, conta la vita sociale, il fare gruppo, i successi ho imparato che nascono da lì. Ma sapete quand’è che li vedo davvero sorridere? Quando dico loro che dopo le gare, tornando a casa, ci fermiamo da McDonald’s…