Florian Vermeersch, vincitore mondiale gravel 2025

Una rincorsa durata due anni. Florian Vermeersch iridato gravel

12.10.2025
6 min
Salva

MAASTRICHT (Olanda) – Probabilmente a fare la differenza è stata la motivazione e oggi Florian Vermeersch ne aveva più degli altri. Tanta più degli altri. Dopo due argenti, il belga è riuscito finalmente a conquistare l’oro iridato nel Mondiale Gravel UCI. Ma aveva anche tanta gamba. Pensate che è scattato quando mancavano quasi 130 chilometri all’arrivo.

In queste gare, così nervose e al tempo stesso veloci e tecniche, portarsi avanti resta sempre una soluzione vincente. Non bisogna credere che dietro si risparmino poi tutte queste energie, specie stando a ruota. Non vogliamo dire che c’è lo stress da Tour de France, ma avere una buona visibilità contribuisce ad avere una guida più sciolta, fluida e sicura. Senza contare che, se qualcuno si muove, risalire non è facile viste le strade strette e spesso sterrate.

Occhi su Pidcock

E a proposito di strade sterrate e veloci, stamattina ha parlato anche il responsabile del percorso, forse per togliersi qualche sassolino circa l’eccessiva scorrevolezza. Si tratta dell’ex pro Bram Tankink.

«Il percorso è anche veloce – ha detto Tankink – ma da febbraio, da quando abbiamo saputo di questo mondiale, ho cercato di studiarlo al meglio. Ci sono moltissime tipologie di terreno e questo costringe tutti a stare attenti. Io non lo sottovaluterei poi così tanto».

E infatti la corsa maschile, seppur tatticamente più ordinata rispetto a quella femminile, è stata durissima. Si è accesa presto e alla fine i corridori erano quasi tutti “incatramati” sul loro passo. Vermeersch a parte, tutti procedevano più o meno alla stessa velocità: Matej Mohoric non guadagnava sulla “mezza sorpresa” Frits Biesterbos e non perdeva sul gruppetto inseguitore di Tom Pidcock.

A proposito, Tom era il grande atteso, specialmente dopo il Giro di Lombardia concluso ieri al sesto posto (come oggi). Tutti gli hanno chiesto come potesse affrontare due eventi tanto impegnativi a distanza di poche ore.

«Fa parte del contratto – ha detto un po’ anonimo a Sporza – era stato deciso sin da inizio stagione che avrei fatto questa gara. Solo che all’epoca non era qui… (era a Nizza, ndr). Ho preso un volo privato ed eccomi. Cosa penso del percorso? La squadra mi ha fatto vedere un video che dura quattro minuti».

Nonostante tutto, Tom ci ha provato. Ma più che per una questione di gambe, è parso non cogliere l’attimo… come spesso gli accade anche su strada.

Mohoric invece si diceva fiducioso ma senza pressioni. «La stagione su strada non è stata super, cerchiamo di riscattarci qui». E in qualche modo ci ha provato. A quanto visto, dopo Vermeersch era quello con maggiore motivazione. E infatti è arrivato terzo. Matej ha dato spettacolo: ha guidato in modo incredibile, ma per lui le gambe non erano al top.

Gara dura

Come spiegavamo, la gara si accende presto. I primi 40-45 chilometri scorrono senza grosse novità apparenti. Anche se poi i corridori ci hanno detto che si è andato subito forte. Al termine del primo giro iniziano le scaramucce e nel mezzo ci sono subito nomi pesanti.

Non piove e fa anche più caldo di ieri. Nel corso della gara esce un timido sole. In questi ampi spazi, quando escono dai paesi, il gruppo è allungato e ogni drappello vede quello che lo precede. Sembrano le immagini della Parigi-Roubaix.

Vermeersch, Biesterbos, Politt (compagno di Vermeersch alla UAE Emirates) e Van Tricht guadagnano una manciata di secondi. E lì restano a lungo. Solo le “trenate” di Mohoric per un po’ riaccendono la corsa. Davanti però Vermeersch va che è un piacere: se li toglie tutti di ruota.

Politt ufficialmente ha un problema meccanico, ma in realtà dirà poi di essere cotto. Gli resta a ruota solo il giovane olandese. Ma non è uno qualunque: E’ il campione nazionale olandese gravel. E’ uno specialista. E’ stato anche un biker. Corre nella continental olandese Beat Cycling e oggi si è davvero messo in mostra. Classe 2002, magari riuscirà a trovare un contratto migliore. La stampa olandese lo ha assalito per conoscerlo meglio… tanto per dire.

Bravo Florian

Vermeersch si gode il chilometro finale. Si prende tutto l’applauso di Maastricht. Inseguiva questo titolo da anni. Passa un dito sul casco ad indicare la testa, poi fa vedere la gran gamba che aveva e infine solleva la sua Colnago. Subito dopo si concede all’abbraccio dello staff e della compagna, quasi più emozionata di lui.

«E’ incredibile – dice Florian con la voce tremolante – Non ci posso ancora credere. Le emozioni che provo non arrivano solo da questa gara, ma da una rincorsa durata anni. E’ fantastico vincere finalmente di nuovo dopo due anni difficili.

«Come è andata? E’ stata una partenza frenetica e ho forato una gomma dopo soli dieci chilometri e ce ne ho messi 20 per rientrare. Poi ho visto una buona opportunità per attaccare e l’ho colta. Sinceramente cosa sia successo dietro non lo so. Io ho fatto la mia corsa: prima dietro per chiudere, e poi davanti per scappare. Però una volta che ce ne siamo andati ho capito che era un’azione buona.

«Non avevo molte informazioni, solo qualche tifoso ogni tanto ci dava i distacchi. Io, negli spazi più ampi, mi voltavo e vedevo che non c’era nessuno. La cosa importante era concentrarmi su me stesso, ed è quello che ho fatto».

Nota di “colore”. Prima di chiudere l’articolo, mentre scorriamo le varie classifiche nella categoria 40-44 anni (il mondiale era aperto anche agli amatori) scopriamo che a vincerlo è stato un certo Nicolas Roche e quinto Philippe Gilbert. Poverini gli appassionati di quella fascia d’età!

mondiale gravel 2025 donne, Lorena Wiebes, Marainne Vos, Silvia Persico, podio

A Maastricht Wiebes regina, ma sul podio c’è anche Persico

11.10.2025
8 min
Salva

MAASTRICHT (Olanda) – Shirin van Anrooij passa sotto al triangolo rosso dell’ultimo chilometro con 10” di vantaggio. Sembra fatta. Resta uno “zampellotto” di 150 metri e poi lo sterrato, più che altro un ghiaino su fondo in cemento, che scende fino all’arrivo. Il problema per lei è che in quei 150 metri Lorena Wiebes e Marianne Vos volano. Fanno il diavolo a quattro e alla loro ruota, come un francobollo, c’è Silvia Persico.

Quattrocento metri, trecento… Shirin è lì. Duecento metri ancora avanti. Cento metri: la prendono e la saltano a velocità quadrupla. E’ la dura legge del ciclismo. Sul traguardo spesso è tutto o niente. Per “noi”, e quel “noi” sta per Silvia Persico, è bronzo. Per Lorena Wiebes è oro, per Marianne Vos argento. La povera Shirin Van Anrooij è niente. Finisce addirittura quinta, scavalcata dall’altra orange Yara Kastelijn.

Per il Limburgo del Sud è stata una vera cartolina pubblicitaria. La zona si presta ottimamente al gravel (foto SWpix)
Per il Limburgo del Sud è stata una vera cartolina pubblicitaria. La zona si presta ottimamente al gravel (foto SWpix)

Pontoni? L’aveva vista giusta

Il cielo è plumbeo nel Limburgo del Sud. Non piove. Ed già è una notizia. La corsa parte e la selezione, come aveva previsto Daniele Pontoni, non arriva da subito ma da dietro. Per quasi due terzi di gara le ragazze restano compatte. Un paio di volte si muove Vos e Persico la segue. Solo a un certo punto si crea un buco…

«Un buco di 4 secondi», racconta Pontoni. Siamo a circa 50 chilometri dall’arrivo e deve succedere qualcosa., qualcosa che non vediamo bene neanche dai monitor. All’improvviso davanti si ritrovano in cinque. Persico è nel gruppo dietro, a oltre 40 secondi. Il tira e molla va avanti a lungo. Le fuggitive restano lì, ma il buco non si chiude. «La situazione non era facile. Nelle feed zone successive fortunatamente il distacco è sceso e le ho detto di provarci. Ai -15, persa per persa, le ho detto di tirare e chiudere, e Silvia l’ha fatto».

«Questo podio non è una maglia iridata ma vale come un titolo – aggiunge Pontoni – l’ho detto anche ad Amadio. Oggi di più non si poteva fare. Le ragazze sono state brave. Ne avessi avuta qualcuna in più… Alla fine era una corsa su strada, e lo sapevamo. E le olandesi non hanno corso da nazionale, e sapevamo anche quello. Abbiamo giocato benissimo le nostre carte».

Scelte tecniche differenti

Mentre le ragazze salgono sul podio e Van Anrooij, seduta in disparte, si tiene la testa fra le mani – la delusione cocente è comprensibile – abbiamo modo di osservare le bici del podio. Quante scelte diverse.

In particolare la Colnago G4X di Persico montava gomme Continental tassellate da 40 millimetri, mentre Wiebes optava per pneumatici da 45 ma molto lisci. Una via di mezzo per Vos: posteriore da 42 millimetri liscio al centro e tassellato ai lati, e 45 tassellato all’anteriore. Manubrio da strada per Persico e Wiebes, manubrio da gravel per Vos. Monocorona per Wiebes (48 denti) e Vos (46 denti), doppia 50-34 per Persico, che racconta di aver usato più del previsto quel 34. Tutte e tre, invece, con pedali da strada: esattamente come aveva suggerito Pontoni. Il tecnico si era studiato alla grande questo mondiale, curando ogni particolare.

Il grande assente è stato il vento, dato forte alla vigilia ma quasi nullo in corsa. La media oraria di 33 all’ora conferma quanto il tracciato fosse scorrevole. Qui si stima che domani, nella prova maschile, gli uomini potranno arrivare a 42.

Coltelli che volano…

L’arrivo è posto in una zona ampia e periferica della splendida Maastricht. All’inizio non c’è molta gente, ma poi arriva il mondo. Quassù il ciclismo non tradisce mai. Gli olandesi si godono le imprese delle loro “orange”. Sono in netta superiorità numerica e anche in quanto a qualità non scherzano: Vos, Wiebes, Van Anrooij, ma anche Rooijakkers, Bredewold e tante altre.

Tuttavia lo spirito di squadra non è stato ideale, come ha sottolineato Van Anrooij dopo la gara, alquanto contrariata soprattutto con l’allungo di Kastelijn. Wiebes che ringrazia pubblicamente la compagna di squadra, ma non di nazionale, Kopecky. Vos che in mix zona, ma dice e non dice e si limita a commentare che allo sprint Wiebes era troppo più forte di lei. Il segreto di Pulcinella. Lorena è l’incubo delle velociste, figuriamoci di chi sprinter non lo è.

E il tecnico della nazionale olandese, Laurens Ten Dam che a Wielerflits ha detto: «Non dovevamo permettere che la situazione si riducesse a un problema di giochi di squadra. Mi dispiace per Van Anrooij, meritava lei il titolo per come ha condotto la gara. Capisco che 9 delle prime 12 sono tutte olandesi e tutte volevano vincere, ma non hanno corso come una vera squadra. Non hanno fatto domenica scorsa agli europei».

E un bronzo che brilla

Silvia, invece in mezzo a tutto questo tatticismo non si è fatta prendere dalla foga né dal panico. In zona mista la sua medaglia brilla come fosse oro, e quel mazzo di fiori si sposa benissimo con l’azzurro della maglia.

Silvia, per chi sono questi fiori?

Non lo so, per me! Non so neanche se li porterò sull’aereo stasera.

Come è andata? Un finale incredibile…

Ho dato tutto quello che avevo perché volevo davvero una medaglia. A circa 20 dall’arrivo ho chiesto un po’ di collaborazione perché le prime erano a 10-15 secondi. A quel punto ho chiuso io su Wiebes e Vos, poi sono tornate le altre e ha attaccato van Anrooij. Poi si è messa a tirare Julia Kopecký…

In effetti l’unica della Repubblica Ceca si è messa a tirare e guarda caso è compagna di club della Wiebes. Possiamo dire che le olandesi non hanno corso da squadra?

E per fortuna! Erano 26 al via, troppe. Noi in cinque e ho fatto quasi tutto da sola per stare davanti. Mi ha aiutato un po’ all’inizio Maria Giulia Confalonieri. Non abbiamo mai parlato in gruppo, ma nel finale era importante stare attente: dovevo solo rimanere a ruota. Nel finale hanno spinto in modo incredibile.

Ti abbiamo vista molto aggressiva in curva, “cattiva”. E’ così?

Le mie compagne mi dicono sempre che sono troppo buona, ma oggi, su questo tipo di terreno, un terreno sul quale mi trovo a mio agio, ho guidato bene. Insomma, dove potevo limare… ho limato.

Lo splendido bronzo di Silvia Persico, che è anche la medaglia numero 23 conquistata da Pontoni da quando è commissario tecnico
Lo splendido bronzo di Silvia Persico, che è anche la medaglia numero 23 conquistata da Pontoni da quando è commissario tecnico
Cosa è successo quando mancavano circa 50 chilometri all’arrivo e da gruppo pressoché compatto ti abbiamo vista nel gruppetto dietro?

Loro sono andate via. Hanno preso qualche secondo e poi nessuna voleva più collaborare. Ho provato un sacco di volte a rientrare, però alla fine nessuno voleva darmi una mano. Alla fine sono rientrata io sulle prime due, quando mancavano 15 chilometri.

L’altro momento chiave è stato il finale…

Nell’ultimo chilometro e mezzo si andava fortissimo, ma credo che van Anrooij fosse un po’ cotta, perché era fuori da tanto. Il timore di non chiudere c’era stato prima, quando davanti erano in cinque con dentro Wiebes e Vos. Nel finale, quando ho visto che dopo Kopecky che tirava è partita Kastelijn, ho detto: “E’ fatta”. E infatti…

In generale, Silvia, come stai?

Bene direi. Alla fine è stata una stagione lunga, sono molto stanca, non vedo l’ora di recuperare sinceramente. L’off-season è vicina. Prima però vediamo di vin… di fare bene mercoledì al Giro del Veneto Women.

Pogacar gigante all’Amstel, ma i rivali “veri” dove sono?

16.04.2023
5 min
Salva

Chissà che cosa avranno pensato i corridori della Alpecin-Deceuninck sentendo che a Pogacar il punto dell’attacco per vincere l’Amstel Gold Race l’ha suggerito il loro capitano Mathieu Van der Poel. L’olandese oggi non c’era, perché dopo la vittoria alla Roubaix si è preso un turno di riposo, ma ha trovato il modo un paio di giorni fa di mandare un messaggio allo sloveno, che evidentemente a suo giudizio avrebbe avuto bisogno di aiuto per piegare i rivali anche nella corsa dei mastri birrai.

«Mathieu Van der Poel mi ha detto di accelerare sul Keutenberg – racconta Pogacar dopo l’arrivo – quella era davvero la salita più dura e mi si addiceva di più. Quando me l’ha detto? Tre giorni fa, mi ha mandato un messaggio. Lo ringrazierò per il consiglio».

La foto ai fotografi che immortalano il gruppo davanti al mulino a vento, ma intanto la UAE Emirates fa la corsa
La foto ai fotografi che imortalano il gruppo davanti al mulino a vento, ma intanto la UAE Emirates fa la corsa

Una gomma a terra

Dopo il Fiandre, Pogacar centra in Olanda l’undicesima vittoria stagionale, applicando alla lettera quel che Van der Poel gli ha suggerito e aggiungendo del suo alla ricetta vincente. La fuga che ha deciso la corsa infatti è andata via a 90 chilometri dall’arrivo, seguendo una logica cui ormai dovremmo esserci abituati e che ogni volta invece ci lascia di sasso. Poi, quando di chilometri ne mancavano 39, lo sloveno si è ritrovato con una gomma a terra. Ha maledetto l’assenza dell’ammiraglia, restata intrappolata nelle retrovie. Il cambio bici e il ritorno sui primi sono stati tuttavia l’anticamera dell’attacco decisivo.

«Non mi aspettavo che saremmo andati in fuga così presto – commenta – e sono andato avanti con una gomma bucata per molti chilometri. Per fortuna la ruota perdeva pressione molto lentamente, ma lo stesso ho dubitato che sarei stato in grado di arrivare al traguardo. Alla fine ce l’ho fatta. E’ stato frustrante non aver avuto accanto l’ammiraglia per così tanto tempo, ma fortunatamente siamo riusciti a cambiare la bici appena in tempo, prima delle salite finali».

L’Astana ha fatto arrivare Lutsenko, fresco della vittoria in Sicilia. Il kazako qui vinse il mondiale U23 del 2012
L’Astana ha fatto arrivare Lutsenko, fresco della vittoria in Sicilia. Il kazako qui vinse il mondiale U23 del 2012

Solo Remco

Alla vigilia la domanda che circolava fra gli addetti ai lavori riguardava la Jumbo Visma e altri squadroni. Come mai la squadra di Van Aert ha scelto di non portare né RoglicVingegaard, che stanno vivendo un ottimo momento e sono fra i pochi che in passato siano riusciti a opporsi a Pogacar? La riposta fornita dal team olandese è che il primo sta preparando il Giro, mentre il secondo non ha una grande esperienza nelle classiche.

Dato che volenterosi rivali come Cosnefroy, Gaudu e Benoot si sono arresi al primo attacco (quindi a 90 chilometri dall’arrivo), in attesa di saggiare la condizione di altri come ad esempio Mas, Higuita e Vlasov, bisognerà capire chi nei prossimi giorni sarà in grado di opporsi a Pogacar: forse Evenepoel. Anche Remco infatti sta preparando il Giro, ma non rinuncerà alla Liegi. In questo modo diventa evidente lo scontro fra due scuole. Quella più moderna (sul piano delle metodiche) di coloro che puntano sulla specializzazione. E poi quella più spregiudicata di campioni che accettano le sfide senza nascondersi dietro troppi calcoli, forse perché consapevoli di margini più ampi.

Giro d’Onore

Pogacar ha sferrato l’attacco finale a 36 chilometri dall’arrivo sull’Eyserbosweg, la salita delle Antenne, da cui solitamente la corsa prendeva il largo nel ciclismo di ieri. Healy si è gestito bene e ha proseguito col suo ritmo. Pidcock ha provato invece a opporsi, ma è durato 50 metri in più e poi ha dovuto fare i conti con le gambe più pesanti. Salvare il podio dal ritorno di Lutsenko e Kroon non è stato così semplice.

Da quel momento l’Amstel Gold Race si è trasformata in un giro d’onore, come altri già visti in questa primavera. E se il vantaggio su Healy alla fine è stato solo di 38 secondi, è perché Pogacar ha affrontato l’ultima scalata del Cauberg senza andare a fondo nella fatica, pensando magari a salvare le forze per la Freccia Vallone e la Liegi.

L’Amstel non è un monumento, ma vale parecchio. Per Pogacar è la undicesima vittoria stagionale
L’Amstel non è un monumento, ma vale parecchio. Per Pogacar è la undicesima vittoria stagionale

«In questa stagione – dice andando via dall’Amstel con il suo addetto stampa Luke McGuire – sto vivendo un sogno. Non so se sia stato più forte di quando ho vinto il Fiandre, perché è stata una corsa completamente diversa, ma di certo mi sono sentito bene. Stamattina ero piuttosto congelato con il brutto tempo, ma poi ho scoperto di avere delle buone gambe. Ora si va verso Freccia e Liegi. Mi hanno detto che se vincessi anche la Liegi entrerei nella storia, ma credo che sia presto. Ne parleremo semmai mercoledì o domenica».