«Interpretare e inventare». La filosofia di Immanuel D’Aniello

13.03.2023
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Il suo nome di battesimo è quello del filosofo Kant e come sia la sua idea di correre ce lo ha mostrato in questo scorcio di 2023. Immanuel D’Aniello ha aperto la stagione con un importante successo al Gran Premio La Torre che lo rilancia nel suo percorso di crescita, scacciando anche qualche brutto pensiero sopraggiunto dodici mesi fa.

A febbraio dell’anno scorso il 21enne di Sant’Antonio Abate doveva stare attento ad ogni spiffero d’aria per una conseguenza del covid. Invece poche settimane fa ha vinto la gara toscana nel pieno di una mezza bufera invernale che ha accompagnato i corridori per tutto il tempo. Al momento la rinascita di D’Aniello (in apertura foto Pagni) sta avvenendo anche per merito della Trevigiani Energiapura Marchiol in cui è arrivato quest’anno dalla Palazzago. Lui però, che vive con la valigia sotto braccio fin da quando era junior, non si dimentica di tornare a casa dove vuole dare una mano anche all’azienda di famiglia.

D’Aniello ha vinto a Fucecchio con un colpo da finisseur anticipando lo sprint di Milan (foto Pagni)
D’Aniello ha vinto a Fucecchio con un colpo da finisseur anticipando lo sprint di Milan (foto Pagni)
Immanuel cosa ha rappresentato la vittoria di Fucecchio?

E’ stata una grande emozione, una soddisfazione doppia. Ho pensato subito ai problemi di salute che ho avuto. In un anno sono passato dal non potere uscire di casa al vincere con un freddo incredibile, quasi con la neve. In inverno avevo lavorato tanto perché volevo partire forte e per il momento ce la sto facendo. Per questo devo ringraziare il mio preparatore Pino Toni che mi segue dallo scorso dicembre. Questo successo è un punto di partenza che mi dà morale. Mai avrei pensato di esultare sul podio come fa il mio idolo Kvaratskhelia (sorride, lui che è tifoso del Napoli, ndr). La vittoria l’ho dedicata alla mia famiglia e alla squadra. Sono loro che, per motivi diversi, mi hanno aiutato.

Cosa ti era capitato l’anno scorso?

E’ stata una stagione totalmente differente da quella prima. Nel 2021 avevo fatto esperienza, disputando il Giro U23. Ad inizio 2022 però ho preso il covid. Non ho corso per tanti mesi. Ho fatto addirittura 40 giorni completamente fermo per un principio di broncopolmonite. Ho passato un momento veramente difficile. Come accennavo prima, solo poche persone, in primis i miei genitori, sono state al mio fianco. Speravo di avere più supporto psicologico da parte di alcuni amici e da parte della mia vecchia società. Ora va meglio e non ci penso più.

In quel periodo che pensieri avevi?

Non ho avuto paura di smettere di correre in bici, ma ho pensato più di una volta di non poter tornare più quello di prima. Anche a livello cardiaco facevo fatica. Per fortuna che il mio medico di famiglia mi ha seguito durante quelle settimane e mi ha permesso di rimettermi in sesto. Già al Giro del Veneto (tra fine giugno ed inizio luglio, ndr) ho chiuso in undicesima posizione e terzo nella classifica dei giovani, anche se non ero al 100 per cento. Lì ho iniziato a vedere la luce in fondo al tunnel.

Come gestisci ora invece gli spostamenti tra Veneto e casa?

Sono un pochino più distante rispetto al passato, ma ormai ci sono abituato. L’anno scorso viaggiavo da Palazzago. Già da esordiente e allievo correvo sempre fuori regione. Poi da junior sono passato alla LVF a San Paolo d’Argon, in provincia di Bergamo, anche se avevo deciso di finire il liceo scientifico a Sant’Antonio Abate. Adesso viaggio in aereo o in treno e non mi pesa. Basta trovare l’ambiente giusto. Quando devo fare un periodo di stacco, cerco di tornare a casa per aiutare mio padre Paolo con la sua attività. Lui è titolare di un maglificio sportivo (Daniello Sports Wear, ndr), specializzato in abbigliamento ciclistico, ed io sono uno dei soci. Gli testo i materiali, gli do i miei feedback e gli seguo la pubblicità sulle pagine social.

Immanuel è socio dell’azienda di famiglia Daniello Sports Wear per la quale testa i materiali
Immanuel è socio dell’azienda di famiglia Daniello Sports Wear per la quale testa i materiali
Con la Trevigiani come ti stai trovando?

Molto bene. Da circa tre settimane abito a Montebelluna assieme ad altri due compagni e mi trovo davvero a mio agio. Sto imparando a conoscere le zone delle grandi gare internazionali. Mi alleno spesso con i compagni sul Combai, cercando di memorizzare tutte le strade. Quando avevo saputo che la Trevigiani mi aveva cercato, il mio procuratore (Massimiliano Mori, ndr) ed io ne abbiamo parlato subito. Ed ho capito immediatamente che avevo fatto la scelta giusta non appena ho conosciuto tutto lo staff. Luciano Marton, Franco Lampugnani, Mirco Lorenzetto, Francesco Benedet ed anche il presidente Ettore Renato Barzi sono stati tutti disponibili per facilitare il mio inserimento. Considerando anche la storia della squadra, penso che meritiamo l’invito al prossimo Giro U23. Spero possa essere così. Noi intanto, per guadagnarci l’attenzione degli organizzatori, dovremo continuare a vincere e fare risultati.

Gli obiettivi sono quelle gare internazionali di cui parlavi prima o ce ne sono altri?

Correre corse come il Piva, Belvedere o San Vendemiano è un grande stimolo. Così come il Recioto anche se siamo in provincia di Verona o tante altre di quel livello. Vorrei fare bene in tante di queste ma voglio anche mettermi al servizio dei miei compagni in gare che magari sono meno adatte alle mie caratteristiche. Dipenderà dalle situazioni che si creeranno ma l’idea sarebbe quella di restare tra gli U23 anche nel 2024. Questa è una categoria formativa dal punto di vista psicologico e tattico. Continuerei il mio processo di crescita.

D’Aniello ha conquistato il suo primo successo tra gli U23, dedicandolo a famiglia e squadra (foto facebook)
D’Aniello ha conquistato il suo primo successo tra gli U23, dedicandolo a famiglia e squadra (foto facebook)
E la filosofia di corsa di Immanuel D’Aniello qual è?

Non sono un attendista, mi piace andare spesso all’attacco. Infatti mi piacciono i corridori dell’ultima generazione che sanno dare spettacolo anche da lontano. Mi attengo alle indicazioni che mi danno i miei diesse, però per me il corridore deve saper interpretare e leggere la corsa. Anzi, a volte bisogna proprio inventare. Sono un passista-scalatore che non disdegna il colpo da finisseur. A Fucecchio ho vinto partendo in contropiede sulla salita finale dopo che avevamo ripreso il mio compagno Zurlo in fuga. In quel momento ho seguito l’istinto. A volte per vincere una gara devi rischiare di perderla.

Marton, l’Uc Trevigiani e i tanti campanelli suonati…

13.03.2023
5 min
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Ci sono personaggi che nel loro piccolo fanno la storia del ciclismo e Luciano Marton (nella foto di apertura il primo a sinistra) è uno fra questi. Molto più che un dirigente, è un’istituzione nel movimento veneto, quasi un “primo motore” che si è rimesso in funzione proprio per rilanciarlo in una fase di grande difficoltà.

Alla soglia dei 69 anni, Marton si è rimesso in gioco nel cuore dell’Uc Trevigiani Energiapura Marchiol e non è un caso se la formazione veneta è tornata ad essere un riferimento assoluto nel panorama junior. L’ennesimo successo di un uomo che si è fatto coinvolgere già da molto giovane.

«A dir la verità – racconta – ho iniziato a fare il dirigente che non avevo superato da troppo tempo la soglia dei vent’anni. Avevo capito che come corridore non potevo andare da nessuna parte, ma il ciclismo era parte di me, mi piaceva troppo, così iniziai a seguire la squadra. Ero sempre stato vicino al presidente Remo Mosole, anzi ero suo dipendente, ma conoscendo questa passione mi coinvolse».

Il team dell’Uc Trevigiani è composto da una ventina di ragazzi, un numero alto per il settore
Il team dell’Uc Trevigiani è composto da una ventina di ragazzi, un numero alto per il settore
Un coinvolgimento andato avanti nel tempo…

Sì, sono sempre rimasto nel team, il presidente sapendo che sapevo fare un po’ di tutto mi aveva affidato la gestione della squadra. Non nascondo che ero un vero e proprio factotum, ero sempre io che guidavo il pullman verso le varie sedi di gara. Gli anni sono passati veloci, io nel frattempo avevo iniziato a cambiare un po’ di società, dalla Fgm Diadora alla Munaron, all’Mg Boys alla Caneva Record. Alla Trevigiani, Mosole e Barzi, il suo socio, si erano divisi e Mosole aveva deciso di lasciare il team.

Come mai ti ritroviamo coinvolto nel tuo primo amore?

Il Veneto è sempre stato un riferimento assoluto nel ciclismo italiano: una ventina di anni fa c’erano oltre 10 società che erano ai vertici italiani e gli sponsor le appoggiavano con forza. Ma quel patrimonio è andato disperso e gli sponsor sono scappati, andando ad appoggiare altre società fuori dalla regione. Lo stesso facevano i corridori: era mai possibile che i nostri ragazzi per fare attività dovessero rivolgersi alle società lontane? Così ho ripreso a darmi da fare per trovare sponsor che ridessero linfa al nostro movimento e l’ho fatto alla vecchia maniera…

Nel team trevigiano si punta molto sul gruppo e la condivisione delle responsabilità
Nel team trevigiano si punta molto sul gruppo e la condivisione delle responsabilità
Come?

Salivo sulla mia macchina e giravo per le varie aziende, andavo a suonare ai campanelli e parlavo, parlavo, spiegavo quel che volevo fare. Di porte in faccia ne ho prese tante, ma non mi sono dato per vinto e tra più di 100 imprese contattate ne ho trovate tre che hanno creduto nelle nostre idee e non si tratta di imprese da poco. Energiapura ad esempio è un riferimento importante nel campo dell’abbigliamento sportivo invernale, ha sposato il nostro progetto perché noi abbiamo trovato un riferimento anche ideale nel loro.

Quando ti sei rimesso in moto?

Poco prima che iniziasse la pandemia. Avevamo appena ricominciato a far girare la macchina e il Covid ha sospeso tutto per un paio d’anni. Rendendo tutto più difficile, questo è certo. Lo spirito però non è mai venuto meno e ora se ne stanno vedendo i frutti. Rispetto al passato però ho scelto un’altra strada, quella della condivisione delle responsabilità. Non c’è un capo, io condivido con altri i compiti, siamo un gruppo unito e questo si vede anche fra i ragazzi.

I ragazzi in allenamento. Attraverso le mani di Marton sono passati molti campioni, da Piepoli a Sgambelluri
Nella tua lunga carriera quanti campioni sono passati per le tue mani?

Non riesco a tenere il conto, ma ognuno mi ha trasmesso qualcosa, mi ha lasciato ricordi e sensazioni in eredità. Ricordo ad esempio Sgambelluri, vincitore del Giro dilettanti nel 1996: era una forza della natura, uno capace di fare argento ai mondiali sia in linea che a cronometro. Interpretava sin da giovanissimo il ciclismo in maniera professionale, non lasciava nulla al caso, era quasi maniacale. Leonardo Piepoli lo stesso, lui aveva vinto due anni prima, ricordo che uscì dal Giro con una condizione mostruosa: fece 8 gare e le vinse tutte, penso che sia un record assoluto. E ricordate Contri e Colombo?

I due ragazzi campioni del mondo nella 100 Chilometri a Palermo…

In pianura facevano la differenza, ma erano due bei tipi. Contri dava strattonate enormi e prendeva 100 metri sul gruppo, poi partiva Colombo, staccava gli altri e andava a riprenderlo, allora litigavano, ma intanto gli avversari erano sempre più lontani. Sarebbe stato assurdo non avessero vinto il titolo mondiale, erano davvero troppo forti.

Il successo di D’Aniello al GP La Torre di Fucecchio, battendo Matteo Milan (foto Pettinati)
Il successo di D’Aniello al GP La Torre di Fucecchio, battendo Matteo Milan (foto Pettinati)
C’è qualche ragazzo di oggi che ti dà le stesse emozioni?

Devo ammettere che mi sono esaltato per D’Aniello con la vittoria a Fucecchio. E’ un talento vero, sa leggere benissimo la corsa e si allena con tanto spirito di sacrificio. Poi c’è Marco Di Bernardo, il figlio d’arte che si vede quanto ha preso dalla passione di famiglia e Zurlo, fondamentale per il nostro team. Io dico che potrebbe vincere molto di più se si gestisse di più, ma è un generoso, un vero collante per la squadra. Parlavo di lui con Amadori ed era dello stesso avviso. Un elemento prezioso.

Che cosa vorresti ora?

Facile dire tante vittorie, ma quelle verranno. Io voglio che il progetto prenda piede, che attraverso di noi i ragazzi (ora ce ne sono una ventina nel team, è uno dei più ampi) possano amare sempre più questo mestiere e riuscire a farlo diventare davvero tale. E coinvolgere sempre di più gli sponsor, che sono la linfa vitale per il movimento. Devono essere attaccati a noi, alla nostra regione, quel che è successo non deve avvenire più.