Technipes in Francia in cerca della scintilla che accenda la stagione

21.05.2025
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«Siamo arrivati in Francia martedì dopo un viaggio abbastanza lunghino, nulla a che vedere con quello che ci aveva portato in Algeria a inizio stagione». A parlare è Francesco Chicchi, diesse del Team Technipes #InEmiliaRomagna, il team continental resterà in Francia dal 19 maggio all’1 giugno.

«Correremo la Ronde de l’Isard, che parte domani (oggi per chi legge, ndr) e l’Alpes Isère Tour – prosegue il toscano – avevamo messo in programma di venire in Francia prima di sapere se avremmo partecipato al Giro Next Gen. Conferma arrivata nei giorni scorsi da RCS Sport & Events. Vista la situazione di incertezza sugli inviti avevamo deciso di cambiare un po’ i piani d’azione andando in altura nelle scorse settimane per arrivare pronti a queste due corse. Tanto il lavoro fatto si ripercuoterà fino al Giro Next Gen».

Il Team Technipes #InEmiliaRomagna arriva alle corse in Francia forte di un buon lavoro svolto in altura (foto Instagram/Ivan Toselli)
Il Team Technipes #InEmiliaRomagna arriva alle corse in Francia forte di un buon lavoro svolto in altura (foto Instagram/Ivan Toselli)

Alla ricerca di risposte

I rallentamenti che il Giro Next Gen ha vissuto per questa edizione hanno portato le squadre a lavorare in maniera diversa. C’è chi ha mantenuto l’impostazione degli anni scorsi andando in altura proprio in questo periodo, alla ricerca della condizione giusta. Altre squadre, come la Technipes, hanno optato per un piano diverso. Se i team hanno ricevuto la conferma della partecipazione solamente una settimana fa ancora è da svelare il percorso del Giro dedicato agli under 23. 

«Noi siamo venuti alla Ronde de l’Isard anche nel 2024 – racconta Chicchi – ed è stata una bella gara in preparazione al Giro. Forti del quarto posto di Crescioli della passata edizione abbiamo fatto richiesta anche quest’anno e l’hanno accettata subito. Poi è successo che ci è arrivato l’invito anche dall’Isere Tour e quindi ho pensato sarebbe stato giusto cogliere l’occasione. Forse in vista del Giro Next Gen è un po’ troppo, infatti faremo alcuni cambi tra una gara e l’altra. Ad esempio Alessandro Cattani, che correrà in questi giorni, poi riposerà. Anche Alunni non correrà entrambe le prove. Al loro posto verranno Dapporto e Scarpelli».

Uno dei giovani promettenti del team di Chicchi è Marco Martini, classe 2005 (foto Instgram/Technipes #InEmiliaRomagna)
Uno dei giovani promettenti del team di Chicchi è Marco Martini, classe 2005 (foto Instgram/Technipes #InEmiliaRomagna)
Cattani viene tenuto a riposo perché sarà l’uomo di riferimento per il Giro Next Gen? 

Allora sulla carta la nostra prima punta sarà Bagnara. E’ l’anno giusto per sfruttare queste occasioni al 100 per cento visto che è al quarto anno da under 23. Poi vedremo la strada cosa dirà, Cattani al Giro d’Abruzzo è andato forte, quindi tuteliamo anche lui, nonostante sia solamente un secondo anno. 

Questa deve essere la stagione di Bagnara?

Si tratta di una stagione fondamentale per lui dato che era già nell’orbita della Polti, con la quale ha corso da under 23 e ha fatto anche un’esperienza da stagista. 

Andare in altura prima è stata una conseguenza delle incertezze per il Giro Next Gen?

In realtà siamo andati in altura per arrivare pronti a queste due gare qui in Francia, poi il lavoro fatto si ripercuoterà anche sul Giro. Poi sapendo quali squadre ci potrebbero essere al Giro Next Gen diventa più facile per noi fare una buona prestazione in classifica in questi due appuntamenti d’oltralpe. Si vocifera possano venire praticamente tutti i devo team. Dovessero esserci Finn, Widar (il vincitore dello scorso anno, ndr) o anche il francesino che ha fatto un grandissimo Tour of the Alps (Paul Seixas, ndr) diventa difficile competere per la generale. 

In vista dei prossimi impegni Chicchi punta tanto su Bagnara, il 2025 deve essere il suo anno (foto Instagram/Luca Bagnara)
In vista dei prossimi impegni Chicchi punta tanto su Bagnara, il 2025 deve essere il suo anno (foto Instagram/Luca Bagnara)
Avete già un’idea di squadra da portare?

Sicuramente Bagnara ma anche qualche giovane. Vogliamo dare la possibilità ai ragazzi che rappresentano il nostro futuro di mettersi già alla prova. Anche se non arriveranno al 100 per cento visto l’impegno di queste due gare in Francia

Hai parlato tanto di Bagnara è al suo quarto anno da under ma al primo con voi, come state lavorando?

L’ho visto diverso in queste ultime settimane rispetto all’inizio di stagione. Credo che lui debba trovare il risultato, la scintilla in grado di accenderlo. Atleticamente è forte, ha buoni numeri, manca lo scatto a livello mentale. Un risultato positivo può dargli quel qualcosa in più che stiamo cercando. Fidatevi, ci parlo spesso. Anche durante il ritiro appena fatto tutti i giorni parlavo con lui e gli rompevo le scatole.

Per Chicchi e il suo staff è importante trovare il giusto equilibrio tra giovani e ragazzi più esperti (foto Instagram Technipes #InEmiliaRomagna)
Per Chicchi e il suo staff è importante trovare il giusto equilibrio tra giovani e ragazzi più esperti (foto Instagram Technipes #InEmiliaRomagna)
E cosa gli dici?

Che per passare professionista non deve accontentarsi di essere davanti nei finali e poi arrivare al traguardo. L’obiettivo è provare a vincere, mettersi in gioco e correre da protagonista. Da leader. Bagnara prima di prendere una decisione e far tirare la squadra ci pensa su delle mezz’ore e nel frattempo la corsa va via. 

Ma come si insegna anche questa parte? 

E’ Difficile. Gliene parlo tanto, gli dico che deve farsi rispettare di più in corsa deve avere quella volontà di dire «Voglio vincere». Sì, ma non è semplice cambiare la mentalità di un ragazzo, ma un passettino alla volta ci si può riuscire. Bagnara è arrivato quest’anno, non conosceva nessuno, me compreso. Non è facile fidarsi subito, ma con il tempo ci riusciremo. E’ un buono, ma è forte. Lo abbiamo anche portato in gare dove potesse correre da protagonista per sbloccarsi.

Ricorda un po’ Crescioli da questo punto di vista?

Per certi versi sì. Ormai il diesse oltre a fare i programmi deve essere anche un po’ psicologo. Anche a Pontedera sabato scorso era davanti e ha preso la volata finale troppo dietro. Poi torna da noi e dice «Ho sbagliato perché ho dormito». Da un lato spiace, dall’altro questa affermazione ci fa capire che piano piano gli stanno entrando quei meccanismi, quella mentalità di cui parliamo. 

In queste corse siete alla ricerca di un altro step?

Sarebbe bello averlo prima del Giro Next Gen. Bagnara sarà il nostro leader anche qui e cercheremo di tutelarlo fino in fondo. Vedremo. Io ci credo tanto nelle sue qualità.

La Technipes al Tour d’Algerie: storia di un viaggio

20.02.2025
7 min
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I ragazzi del team Technipes #InEmiliaRomagna sono tra i pochi atleti delle squadre continental italiane ad aver già messo il numero sulla schiena. Lo hanno fatto nel Nord del continente africano, più precisamente in Algeria. Una scelta fatta per trovare ritmo e mettere chilometri nelle gambe, ma anche per lavorare in maniera diversa rispetto a quello che si fa di solito nei training camp in Spagna. Un viaggio, iniziato l’8 febbraio con una prima corsa in linea e passato attraverso il Tour d’Algerie, ma non ancora terminato. Il tutto finirà sabato con il Grand Prix de la Ville d’Alger. Il diesse di riferimento per i ragazzi del Team Technipes #InEmiliaRomagna è Francesco Chicchi che nel giorno di pausa alla fine del Tour d’Algerie ci racconta le motivazioni di questa avventura (in apertura Luca Bagnara miglior attaccante della corsa, foto Facebook/Tour d’Algerie). 

«Siamo quasi in dirittura d’arrivo – spiega il toscano – mancano due gare e si torna in Italia. Siamo partiti a inizio mese e torniamo quasi venti giorni dopo: un periodo lungo, ma formativo per i ragazzi e anche per me. Vedere, scoprire e respirare un ambiente nuovo e una cultura diversa fa bene a tutti».

A sinistra Francesco Chicchi insieme ai cinque ragazzi che hanno preso parte al Tour d’Algerie (foto Facebook/Tour d’Algerie)
A sinistra Francesco Chicchi insieme ai cinque ragazzi che hanno preso parte al Tour d’Algerie (foto Facebook/Tour d’Algerie)

Viaggi divisi

Per arrivare alla partenza del Tour d’Algerie i ragazzi e il diesse della formazione continental hanno viaggiato in maniera differente. La prima gara, in realtà, è stato il Grand Prix Sakiat Sidi Youcef. Partito poco fuori dal confine algerino, dalla Tunisia. 

«Arrivare in Algeria – racconta ancora Chicchi – ci ha messo davanti a un lungo viaggio. I ragazzi sono venuti in aereo e hanno dovuto fare tre scali. Mentre io e un meccanico siamo partiti da Faenza con un pulmino per arrivare ad Alicante, poi un traghetto ci ha portato ad Algeri e da lì altre sei ore di guida per arrivare alla partenza della prima gara. Al ritorno faremo la stessa cosa. Infatti i ragazzi tornano a casa sabato, io e il meccanico mercoledì».

Come mai avete deciso di andare a correre in Algeria?

La gara ce l’ha consigliata Daniele Nieri, lui era venuto qui a correre con i ragazzi della Q36.5 Continental. Gli organizzatori delle gare in Spagna non avevano accettato la nostra richiesta e così abbiamo fatto domanda per il Tour d’Algerie. Ci hanno detto che potevamo venire, ma avremmo dovuto partecipare a tutte le corse previste, ed eccoci qui.

Il furgone era necessario?

La corsa è organizzata molto bene, ci hanno dato tutto: ammiraglie e tanti altri supporti. Era la prima volta che venivamo qui e per non rischiare abbiamo deciso di prendere un furgone per portare tanto materiale di scorta. Non sapevamo neanche com’erano le strade, invece sono perfette. Abbiamo forato una volta sola in dodici giorni di corsa. 

Cosa vuol dire correre in Algeria?

Che le strade sono dritte e con poche curve. Ci sono rettilinei per chilometri e chilometri, poi una svolta e ancora lingue infinite d’asfalto. Nelle città e nei paesini di partenza e arrivo ci sono tantissimi curiosi, poi lungo il percorso non troviamo tanta gente. Però quando si passa da un centro abitato la gente a bordo strada arriva. 

Paesaggisticamente cosa ti ha colpito?

La bellezza delle città e dei paesini, tanti luoghi sono davvero unici. Poi il deserto è simile a quello del Medio Oriente, dove ho corso anni fa, non c’è tanta vita (ride, ndr)! Però penso che per i ragazzi sia un’esperienza unica, perché stanno via da casa per tre settimane abbondanti in un Paese che non ha nulla di simile a quello che sono abituati a vivere e vedere. 

Cosa vi siete detti?

Prima di partire ho consigliato loro di iniziare questo viaggio con il giusto spirito di adattamento. Non dovevano di certo aspettarsi pasti di primo livello o le solite condizioni. La gara è bella, organizzata bene e anche per il cibo ci siamo trovati bene, però serve essere predisposti e i miei ragazzi da questo punto di vista sono stati bravi. 

Com’è stato per loro vivere così tanto tempo fuori casa?

L’esperienza è particolare, ma formativa. L’organizzazione è super efficiente. Per fare ogni cosa si è sempre scortati dalla polizia, per arrivare alla partenza, per andare in hotel dopo la gara e per allenarsi. Ieri i ragazzi sono usciti per una sgambata e avevano la macchina della polizia e il medico dietro. Anche io se voglio andare a fare benzina vengo scortato. Tanto che ho chiesto loro se fosse così pericoloso muoversi in Algeria. Mi hanno risposto che non lo è, ma l’organizzazione è responsabile per ognuno di noi e hanno voluto fare tutto al meglio

Che ciclismo avete trovato?

Un livello medio, abbastanza buono. Dei novanta corridori alla partenza la metà di loro ha delle belle qualità. Ci sono delle continental forti come China Glory e Team Storck, che è una formazione tedesca. Poi le squadre algerine che sono sei, compresa la nazionale, sono abbastanza forti. Una di queste, la Madar Pro Cycling Team ha fatto il bello e cattivo tempo. L’Algeria mi dà l’impressione di un Paese dove si sta puntando tanto sul ciclismo. Ogni giorno alla partenza delle tappe c’erano il Ministro dello Sport e il presidente della Federazione ciclistica nazionale. 

Compreso il tanto pubblico, caloroso?

Sembrava di essere tra i professionisti. I ragazzi dovevano essere scortati al podio perché venivano presi d’assalto dai tifosi per una foto o un autografo. Luca Bagnara, che ha vinto anche una corsa a tappe in Portogallo e qui è salito sul podio qualche volta, mi ha detto: «Mi sembra di essere al Tour de France». Penso sia bello per i ragazzi vedere che il ciclismo può muovere tanto interesse.

Arrivate alle prime gare del calendario italiano con tanti chilometri nelle gambe…

L’obiettivo era proprio questo. Presentarsi alle corse di fine febbraio e inizio marzo con una condizione importante. Non nascondo che venire qui e portare Bagnara è stata una scelta volta a far crescere la sua condizione in vista della Coppi e Bartali. Se avessimo fatto il solito calendario, sarebbe arrivato con quattro o cinque giorni di corsa, invece ora ne ha messi insieme già tredici. 

Restare per più di tre settimane in Algeria è un’esperienza che permette anche di conoscere un Paese diverso (foto Facebook/Tour d’Algerie)
Restare per più di tre settimane in Algeria è un’esperienza che permette anche di conoscere un Paese diverso (foto Facebook/Tour d’Algerie)
I percorsi erano impegnativi?

Di per sé no. C’era tanto vento che faceva comunque aumentare il tasso tecnico e la fatica in corsa. Le medie poi erano elevate, si parla di 43 chilometri orari mediamente nelle varie tappe. La gara è partita dalla zona nord dell’Algeria per poi scendere a zig zag e arrivare al confine con il deserto. Dal punto di vista altimetrico non era una corsa impegnativa, quello che doveva essere un arrivo in salita si è dimostrato uno strappo di poco meno di un chilometro. 

Tornerete?

Non è da escludere, chiaro che se si vuole fare bene si deve portare una squadra di passisti veloci. Però è un bell’appuntamento anche per mettere tanti chilometri alle spalle. Sono curioso di vedere con quale condizione arriveranno i ragazzi che hanno corso qui alle prime gare in Italia. 

Bagnara alla Technipes, ma resta nell’orbita di Basso

29.11.2024
5 min
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Luca Bagnara prosegue il suo cammino verso il ciclismo professionistico, la prossima tappa sarà al Team Technipes, ma il suo passaggio ha risvolti interessanti perché per certi versi ricorda la formula del prestito. Nel calcio è uso comune, nel ciclismo non potrebbe avere asilo con le stesse regole, ma è acclarato che il faentino resta nell’orbita della Polti-Kometa, da cui proveniva.

La vittoria di Bagnara a Sao Pedro do Dul, nella seconda tappa della Volta a Portugal do Futuro
La vittoria di Bagnara a Sao Pedro do Dul, nella seconda tappa della Volta a Portugal do Futuro

Una decisione condivisa

Per spiegare il tutto bisogna partire dalla stagione appena conclusa, nella quale il faentino ha vissuto la sua seconda annata nelle file della Polti Kometa U23: «A inizio anno, dopo i buoni risultati dello scorso anno mi avevano prospettato la possibilità di correre in prima squadra. Tra luglio e agosto è arrivata però la notizia che dal 2025 la squadra U23 non ci sarebbe più stata e non tutti potevamo passare subito. A me è stato proposto di fare intanto uno stage in prima squadra, dal 1° agosto e intanto di cercare un nuovo approdo».

Proprio su questo aspetto si diversifica la scelta di Bagnara: «Abbiamo deciso tutti insieme, ma soprattutto mi sono consultato con Ivan Basso che mi ha consigliato alcuni team caldeggiando però il mio passaggio al Team Technipes, con cui ha molti contatti, in modo che sia sempre sotto controllo. Non esco dal mondo Polti Kometa, Ivan è dell’opinione che un altro anno nella categoria, ma salendo di livello come impegni, mi farà bene, poi è possibile che torni alla casa madre, ma dalla porta principale».

Il faentino sul podio della corsa a tappe lusitana, vinta con 1’42” sul costaricense Dylan Jimenez
Il faentino sul podio della corsa a tappe lusitana, vinta con 1’42” sul costaricense Dylan Jimenez

Un ambiente famigliare, quasi di casa

Proprio Basso a quel punto ha coinvolto il team emiliano: «Mi hanno avvicinato a ottobre e non ci è voluto molto perché accettassi, sia per le prospettive future, sia perché ho la possibilità di fare attività di alto livello rimanendo a casa. Conosco molti sia dello staff che dei nuovi compagni di squadra, è veramente un ambiente familiare, ideale per me».

Luca è un ragazzo che ha idee chiare su come indirizzare il futuro e la sua scelta è stata improntata verso la sua volontà di specializzarsi sempre più in un ruolo forse diventato un po’ desueto: quello dello scalatore.

Bagnara al Matteotti, dove ha esordito nelle file della prima squadra della Polti Kometa
Bagnara al Matteotti, dove ha esordito nelle file della prima squadra della Polti Kometa

Scalatore puro, senza paura

«Mi sto evolvendo verso la figura dello scalatore puro e non ho paura di definirmi così, anche se molti miei coetanei in questo mondo preferiscono definirsi corridori completi. Io vado bene in salita, soprattutto su quelle lunghe, il mio unico handicap è che non ho la botta secca, ma vado bene sul ritmo e sulle salite di 30-50 minuti mi trovo sempre più a mio agio man mano che si sale».

Nella passata stagione il faentino ha ottenuto i suoi risultati migliori in Portogallo, eppure la sua gara preferita, che ricorda con maggiore piacere è prettamente nostrana: «Il Giro Next Gen mi ha preso il cuore. Lo guardavo sempre quand’ero piccolo, sognavo di poterlo fare e avevo grandi aspettative. E’ una gran bella corsa, davvero al massimo livello di partecipazione e organizzativa, mi sono divertito molto».

Il romagnolo si è mostrato molto adatto alle corse a tappe, ma deve crescere a cronometro (foto Mabyle/DicectVelo)
Il romagnolo si è mostrato molto adatto alle corse a tappe, ma deve crescere a cronometro (foto Mabyle/DicectVelo)

Le sue doti di resistenza

Bagnara ha chiuso la corsa rosa al 18° posto, risultando il migliore dei suoi: «Non avevo mai affrontato una gara così lunga, che supera la settimana e non sapevo come l’avrei presa, se mi sarei dimostrato abbastanza resistente. Così è stato, anzi sentivo che le gambe andavano meglio ogni giorno che passava e questo è un lato che mi ha molto soddisfatto».

Per il romagnolo si tratta di un ritorno a casa importante: stando nella squadra U23 Bagnara aveva base in Spagna: «E’ stato un repentino cambio di vita per me che prima non ero praticamente mai uscito dalle mura di Faenza. Ho trovato in Spagna un ambiente molto professionale, impostato già come una squadra professionistica. Ho imparato molto e so già che cosa aspettarmi un domani entrando nel mondo dei grandi. So ad esempio quanto sia importante imparare le lingue e poter comunicare: per me all’inizio era un po’ complicato, ma poi ho imparato bene lo spagnolo e già dopo qualche mese era tutto molto più facile».

Il futuro del romagnolo sarà al Team Technipes, poi a fine 2025 si deciderà se tornare alla Polti
Il futuro del romagnolo sarà al Team Technipes, poi a fine 2025 si deciderà se tornare alla Polti

L’anno in cui ci si gioca tutto

Passando al Team Technipes, il livello delle sue competizioni salirà, soprattutto gareggiando all’estero: «Ne sono cosciente e anzi è quello che chiedo. Sarà un anno decisivo per il mio futuro e le mie aspettative sono le più alte possibili. Spero di andare bene e di poter affrontare le più importanti gare del calendario internazionale di categoria, ma anche di potermi confrontare con i pro’, poi a fine anno si vedrà se sarò riuscito a meritarmi il passaporto per le stelle».

Ivan Basso su Luca Bagnara: «Una storia all’italiana»

18.11.2022
6 min
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Quando le cose funzionano è bene raccontarle. Il momento di autocritica che sta vivendo il settore giovanile italiano vede anche eccezioni. I talenti emergenti e le storie che si nascondono tra Alpi e Appennini sono vive e scovarle non è poi così semplice. Una di queste è quella di Luca Bagnara. Classe 2003, faentino doc, ha gli occhi puntati addosso da molti addetti ai lavori SIN dalla categoria juniores. 

La sua storia è singolare per quanto comune, la definizione perfetta ce l’ha data chi ha deciso di dargli fiducia: Ivan Basso: «E’ una storia all’italiana». Esatto perché Luca è un talento figlio del ciclismo popolare, quello che cresce i ragazzi dagli inizi, li educa e li porta a correre con i grandi. A timonare la sua crescita infatti c’è sempre stato Roberto Drei, storico diesse della S.C. Reda Mokador che lo ha accompagnato dagli allievi fino alla categoria U23, creando una squadra per lui e i suoi amici nonché compagni. Dall’anno prossimo Ivan ha deciso di portarlo a bordo della Fundacion Contador U23 con l’intento di traghettarlo al professionismo quando sarà pronto. 

La squadra under 23 di Bagnara è un team di amici e compagni che va avanti da anni
La squadra under 23 di Bagnara è un team di amici e compagni che va avanti da anni

Un diesse, un ragazzo e gli amici

Con la generazione degli anni ’90 sempre più vicina agli “enta”, il ciclismo giovanile è in mano ai 2000. Procuratori, sponsor e la corsa sfrenata delle squadre alla ricerca del talento fanno sì che ogni decisione presa in queste età diventi sempre più delicata. La storia di Luca Bagnara a cui è andato incontro Ivan è la narrazione di un ciclismo italiano senza tempo. Seduti al bar Mokador di Faenza, nonché sponsor della squadra, Basso ha ascoltato la storia di un diesse, un corridore promettente e suoi i compagni di squadra. 

«Nel nostro scouting giovanile – dice Ivan Basso – Luca era uno dei corridori che ci era stato più volte segnalato fin dalla categoria juniores. Qualche giorno fa il suo direttore sportivo Roberto Drei mi ha detto che avrebbe avuto il piacere di incontrarmi per raccontarmi la sua storia. Mi hanno colpito molto le sue potenzialità e com’è cresciuto negli anni. Sono rimasto stupito anche dal suo direttore sportivo, con quanto amore ha seguito questo ragazzo e tutti gli altri compagni nel percorso allievi, juniores e under 23, in un viaggio durato cinque anni. Ma sono rimasto sorpreso anche di come il corridore provasse lo stesso sentimento nei confronti del diesse. E così anche la sua famiglia»

Luca Bagnara classe 2003 ha sempre praticato ciclismo
Luca Bagnara classe 2003 ha sempre praticato ciclismo

Valori e volontà

«E’ così che dovrebbe essere, il giovane e la famiglia che crescono per anni con un direttore sportivo che li accompagna e li consiglia». Da queste parole si percepisce come Basso sottolinei un percorso di crescita sano e tranquillo, una sorta di eccezione dalle storie con cui è tornato a confrontarsi da quando ha costruito la Eolo-Kometa. 

«Nel caso di Luca – afferma Basso – è stata una situazione unica. Di solito sono io che cerco di convincerli a correre con noi, in questo caso invece la situazione era inversa: la loro volontà era ben chiara. Mi ha colpito ed è stata una trattativa che ho seguito in prima persona. I parametri sono quelli di un atleta che ha dei margini enormi, con delle qualità che si sono viste negli anni precedenti anche per merito di come sia stato cresciuto sportivamente. E’ un ragazzo che ha voglia di diventare un corridore professionista. Gli ho detto: “hai voglia di vestire la nostra maglia per diventarlo?“ Dicendogli questo gli ho consigliato di prendersi qualche giorno di tempo. Lui non ha esitato e mi ha risposto subito che la sua decisione l’aveva già presa».

Bagnara nel 2021 è stato campione regionale juniores
Bagnara nel 2021 è stato campione regionale juniores

Il paradosso della normalità

Durante la chiamata con Ivan le parole di sorpresa e stupore vengono ripetute a tal punto che la nostra domanda fosse diventata necessaria. Ivan cosa rende la storia di Bagnara, speciale?

 «Era un ragazzo – racconta Basso – che cadeva spesso nelle categorie giovanili, così il suo diesse gli disse: “Cambiamo modo di correre, vai in testa e prova ad aggredire le corse.” Era una tattica un po’ allo sfinimento però il ragazzo rispondeva bene e inanellava piazzamenti importanti. Un altro aspetto curioso è come questi allievi si prendessero un turno di riposo, ma non per riposare bensì per la gara juniores che organizzava la società. Invece che andare a correre, prestavano servizio per andare a vedere dove avrebbero corso l’anno successivo.

«L’altra cosa che mi ha colpito è che i sei ragazzi, hanno fatto tutto questo percorso insieme. E’ una storia molto particolare, molto all’italiana, in cui il diesse riprende il suo valore che spesso viene delegittimato ingiustamente. A volte trovi dei corridori che sono stati seguiti per tanti anni dai direttori sportivi delle categorie giovanili. Quando però questi gli danno consigli su che cosa fare, per esempio nella categoria U23, invece di seguire i loro consigli, ascoltano tutt’altro. Più uno cresce, più le influenze esterne aumentano e alla fine poi ci si allontana.

«Qui ho ritrovato – spiega – quello spirito che c’era una volta. Il corridore si fida, la famiglia si fida e mi è piaciuto molto. Sento il dovere assieme ai miei collaboratori di portare avanti questa storia e di valorizzarla. E attenzione che questo pesta duro. I corridori con caratteristiche che gli permettono di andare molto forte in salita e forte a crono sono pochi. Luca è un corridore che cercheremo di sviluppare su questi due aspetti».

Qui vediamo Roberto Drei con Bettini, che ha corso con la Reda-Monsummanese nel 1994, al 1° anno da dilettante
Qui vediamo Roberto Drei con Bettini, che ha corso con la Reda-Monsummanese nel 1994, al 1° anno da dilettante

Basso a Faenza

Faenza si sa, dai lontani Ortelli e Ronconi, è una città romagnola che vive di ciclismo. Con Cassani oggi ospita la sede della squadra Technipes-InEmiliaRomagna che dal 2023 si rifà il vestito per lanciarsi nella mischia delle continental con un progetto ambizioso. Una “rivale” per Basso e Contador.

La squadra di Coppolillo ha deciso di puntare su talenti che già aveva, allargando la rosa con Andrea Innocenti. Così, dopo lo scippo (sportivamente parlando) di Bagnara dalla sua città natale, abbiamo chiesto a Basso di concedere un favore sotto forma di consiglio ad Innocenti che come lui ha vissuto un lungo e forzato periodo di inattività.

«Coppolillo – dice Ivan – fa questo mestiere da anni. Conosce il sacrificio e saprà come si gestiscono queste situazioni. Ho sentito la storia di questo ragazzo e non voglio entrare nel merito, ma un corridore che per quattro anni si allena e torna a correre, si merita tutta la fiducia e tutto il sostegno.

«Non conosco personalmente Andrea – conclude – faccio fatica a dargli un consiglio preciso. Quello che posso dire è che provo ammirazione per la dedizione che ha avuto in questi anni. Da fuori vedo il desiderio sfrenato di voler tornare a correre. Hanno parlato anche a me dei valori eccezionali che ha questo atleta. I diesse avranno un compito facile, perché Andrea sapendo quello che ha passato, conosce benissimo la sofferenza e tutto quello che si troverà davanti sarà più facile rispetto a quello che ha affrontato».