Parola agli sconfitti. Le tattiche di UAE e EF Education

31.05.2025
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SESTRIERE – L’epilogo più incredibile (e inaspettato) del Giro d’Italia ha lasciato gioie e dolori. Se Simon Yates conquista il suo secondo grande Giro dopo la Vuelta 2018, facendo scoppiare la festa in casa Visma-Lease a Bike, dall’altra parte c’è chi è deluso e deve incassare la sconfitta: parliamo della UAE Emirates di Isaac Del Toro e della EF Education-EasyPost di Richard Carapaz.

Le ammiraglie sono parcheggiate silenziose un chilometro più a valle rispetto all’arrivo. Si lavora nel silenzio dei meccanici che caricano le bici sui motorhome, mentre i bus viaggiano verso Roma da stamattina. Altri bus messi a disposizione dall’organizzazione porteranno i corridori dal Sestriere all’aeroporto di Torino e da lì a Roma.

A fine tappa, dopo premiazioni ed interviste, ecco tornare un timido sorriso a Del Toro abbracciato dalla stampa e dai tifosi sudamericani
A fine tappa, dopo premiazioni ed interviste, ecco tornare un timido sorriso a Del Toro abbracciato dalla stampa e dai tifosi sudamericani

Baldato e il sogno sfumato

E’ in questo contesto, con il Giro appena concluso e una classifica ribaltata che vede primo Simon Yates con 3’56” su Del Toro e 4’43” su Carapaz, che inizia a parlare Fabio Baldato, diesse della UAE Emirates.

«Tra i due litiganti il terzo gode – inizia Baldato, sinceramente dispiaciuto – I due si sono controllati in modo stretto, le indicazioni erano quelle, solo che ad un certo punto bisognava provare a seguire Yates, ma non era neanche così facile. Il rivale numero uno era Carapaz».

Baldato racconta poi la scalata del Colle delle Finestre del suo atleta. Una scalata impegnativa, ricca anche di grande tensione emotiva, e l’inaspettata azione del corridore della Visma è stato forse l’imprevisto in più. Le squadre oggi conoscono i dati e le caratteristiche degli avversari e, vista la quota, la salita lunga e quanto dimostrato nei giorni precedenti, era comprensibile marcare Carapaz, almeno sino ad un certo punto.

«No, no che dati: in tappe così i dati non contano nulla. Isaac ha sempre saputo tutto sui distacchi e quant’altro succedeva in corsa – riprende il diesse della UAE – tanto è vero che ad un certo momento gli abbiamo detto che stava perdendo la maglia e infatti lui ha anche provato a rimettersi sotto. Quello che doveva fare lo ha fatto, ma alla fine sono mancate le gambe».

Sia UAE che EF hanno preferito restare compatte e non mettere uomini in fuga
Sia UAE che EF hanno preferito restare compatte e non mettere uomini in fuga

Ma l’uomo in fuga?

Ed ecco una questione tattica non secondaria. La Visma ha messo un uomo tra i 39 della fuga, nello specifico Wout Van Aert; la UAE Team Emirates no. Forse un corridore ci stava bene.

Baldato è netto: «Yates non ha vinto il Giro perché aveva il compagno davanti, perché quando lo ha raggiunto noi avevamo già 2’20” di ritardo. Poi è chiaro: sapere che davanti c’è Van Aert aumenta le forze, perché nel fondovalle sapere di avere un uomo così è qualcosa di prezioso e può darti molto di più. E poi per come l’ho visto entrare in fuga, non penso neanche che lo abbiano fatto apposta. Wout è stato bravo ad uscire bene dall’attraversamento di un paesino. C’era un tratto in ciottolato e da lì si è ritrovato nel drappello davanti».

Anche la EF Education ha scelto di non mettere nessun uomo in fuga e chissà se anche per loro, magari con uno Steinhauser, tanto per citare un uomo che va bene in salita e ha fondo, le cose potevano cambiare. Alla fine hanno fatto il forcing violento all’attacco del Finestre, ma per meno di un chilometro. Magari uno sforzo così poteva farlo anche qualcun altro.

Ma non siamo qui a dire quale uomo doveva mettere davanti la EF. La questione, anche per loro, è del compagno in fuga come punto di appoggio. Loro hanno preferito restare compatti.

«La squadra – spiega Garate – ha provato a fare quello che volevamo, restare compatti e fare un’andatura molto forte all’inizio del Finestre per provare a staccare Del Toro. C’era un controllo ovvio su Richard da parte di Del Toro. Richie ha provato a staccarlo, non ci è riuscito. A quel punto è stato come giocare a poker. Yates ha provato a partire due o tre volte e sempre ha chiuso Carapaz, ma ad un certo punto abbiamo detto: “Okay, se non chiudi mai te, adesso non chiudo neanch’io. Io lo perdo, ma può darsi che lo perdi anche tu”».

«Verso fine scalata del Finestre abbiamo deciso così e gli ultimi tre chilometri di salita abbiamo fatto un’andatura per non fare rientrare i compagni di Del Toro, pensando che poi Isaac avrebbe tirato da solo nella valle. Però anche loro alla fine hanno deciso di aspettare. Dietro stavano rinvenendo Majka e McNulty e anche un terzo compagno, però era difficile capire i distacchi da loro. Noi li abbiamo passati in salita con l’ammiraglia e sapevamo che erano abbastanza lontani, anche un paio di minuti. Con Van Aert davanti non puoi avere dubbi e aspettare altri due minuti per cercare di chiuderne quattro. Noi a quel punto non potevamo fare altro che stare a ruota e lasciare la responsabilità a loro».

Juan Manuel Garate ha parlato a fine tappa
Juan Manuel Garate ha parlato a fine tappa

Garate, nessun rimpianto

Oggi Carapaz ha perso il Giro come lo vinse al contrario nel 2019, approfittando della lite fra Nibali e Roglic. Quando lo inquadravano e mancavano ancora una decina di chilometri si vedeva che aveva un muso lungo.

«Se è stata una questione di mancanza di gambe? No, le gambe di Richard – dice Garate – c’erano. E’ stata una questione tattica. Io non ti “faccio la gara” per rimanere secondo, perché secondo al Giro Carapaz ci è già arrivato (nel 2021, ndr). No, noi siamo venuti qui per vincere questo Giro e penso che abbiamo corso per farlo fino alla fine».

Carapaz e Del Toro si sono parlati e punzecchiati spesso. Garate riferisce che Richard ha solo spiegato a Isaac la sua tattica e quindi il perché non tirava. «Ma – aggiunge – non so cosa abbia chiesto Del Toro a Carapaz».

«Se abbiamo rimpianti? No, assolutamente zero. Non ce l’abbiamo fatta perché Del Toro stava bene e chiudeva su Richie sempre. Per il resto è andata così, ma sono molto orgoglioso dei ragazzi e di tutta la squadra».

Champoluc e Sestriere: viaggio con Garate nei piani di Carapaz

29.05.2025
5 min
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MORBEGNO – Garate ricorda che al Giro del 2005 nella scia di Simoni, Di Luca e Rujano dopo il Colle delle Finestre e verso Sestriere c’era anche lui. Lo stesso finale di tappa che i corridori del Giro affronteranno sabato. Per Carapaz, unico attaccante abbastanza cattivo da far tremare Del Toro e già vincitore di una tappa, l’esperienza del suo direttore sportivo sarà molto importante. Sta per arrivare l’ora della partenza della tappa numero 18 e i pullman sono parcheggiati a quasi tre chilometri dal foglio firma. Per cui i corridori si vestono, vanno a firmare e poi tornano per finire di prepararsi.

Nel mattino in cui Carapaz compie 32 anni (in apertura la risposta agli auguri del pubblico), il Giro riparte dal basso e dall’estate. Temperatura oltre i trenta gradi che, pensando alle prossime due giornate di montagna, ricordano i proverbi degli anziani sulle tappe corse con il primo caldo. Richard si è affacciato per un secondo dal pullman, passando i pantaloncini a Stefano Del Cas, massaggiatore italiano della EF Education-EasyPost. Subito dopo dal grosso mezzo rosa è sceso Juan Manuel Garate, direttore sportivo, professionista dal 2000 al 2014 con tre sole squadre: la Lampre, la Quick Step e poi la Rabobank, diventata Belkin quando la banca olandese uscì dal ciclismo. Per questo il basco di Irun, 49 anni compiuti ad aprile, parla così bene l’italiano e può guidarci nel Giro di Carapaz che per molti è l’unica alternativa credibile per la maglia rosa di Del Toro.

Juan Manuel Garate è basco di Irun, ha 49 anni, è il diesse della EF Education-EasyPost al Giro
Juan Manuel Garate è basco di Irun, ha 49 anni, è il diesse della EF Education-EasyPost al Giro
Ti aspettavi di essere a questo punto del Giro con Richard sfidante più accreditato di Del Toro?

A dir la verità è veramente quello che mi aspettavo, quello per cui abbiamo lavorato da lontano. L’obiettivo Giro è cominciato a settembre. Non è una sorpresa che Richard sia lì, ma sappiamo anche che strada facendo può succedere di tutto. Ora siamo nella situazione ideale, alla fine del Giro, ancora con opzioni per vincerlo. E’ quello che volevamo, quello che abbiamo preparato. Abbiamo le gambe e siamo stati fortunati, nonostante un paio di cadute di troppo di cui avremmo fatto a meno.

Le due tappe che arrivano vanno pensate o vanno fatte a testa bassa ogni giorno?

Vanno pensate, ovviamente. Quando hai 5.000 metri di dislivello, non puoi non pensare. In più siamo alla fine di un Giro duro e i ragazzi sono tutti stanchi, non solo i miei. Ci aspettano salite che penso siano adatte a Richard: salite lunghe con pendenze non impossibili. Sono le tappe che volevamo per chiudere il Giro d’Italia. Lui sta bene, è molto motivato, molto brillante.

Però ieri sulle Motte, Del Toro lo ha messo alle corde.

Quell’ultima salita di 3 chilometri non era la più adatta a lui e per fortuna di strappi simili non ce ne sono più. Per cui siamo ottimisti.

Quarta tappa del Giro, quella con San Pellegrino in Alpe e arrivo a Castelnovo ne’ Monti: Carapaz vince e guadagna sicurezza
Quarta tappa del Giro, quella con San Pellegrino in Alpe e arrivo a Castelnovo ne’ Monti: Carapaz vince e guadagna sicurezza
L’altro giorno Bernal ha fatto corsa parallela con voi, pensi ci sia qualcuno che può darvi una mano oppure sarà uno scontro testa a testa?

Alla fine la situazione dalla corsa può cambiare tantissimo. C’è chi vuole fare la top 10, c’è chi ancora deve raggiungere una top 5. C’è chi pensa che magari salteremo noi, quindi ha interessa a fare il forcing. Pellizzari sta venendo su bene e lui sogna di vincere una tappa e di trovare una classifica migliore. Alla fine sono piccole cose che nei momenti importanti della corsa possono far andare le cose dalla tua parte o dalla parte opposta. La situazione è tale per cui alla fine se un corridore si trova al momento giusto nel posto giusto, può cambiare il destino della corsa.

La squadra è in forma per aiutare Richard?

Ne abbiamo sempre uno davanti, i ragazzi stanno correndo bene. Quando sappiamo che siamo un po’ in difficoltà, anticipiamo. Quando sappiamo che la corsa va a rompersi in un determinato punto, proviamo di anticiparlo per avere un corridore più avanti. Finora è stato sempre così e abbiamo mosso la corsa quando veramente contava per noi. Mentre per il resto del tempo, lo tengono protetto e non ci siamo fatti vedere più di tanto.

Quale delle prossime due tappe è più adatta a Carapaz?

Insomma, tutte e due! La strada che porta a Sestriere io l’ho fatta nel 2005, quando sono rimasto dietro Di Luca, Simoni e Rujano, che poi vinse: non finisce mai. Anche se le pendenze non sono alte, quella vallata e quella strada, che sembra che non tiri, in realtà sono come le sabbie mobili: non ne vieni fuori. La tappa di domani invece sono 5.000 metri dislivello e questo richiederà una fatica molto alta che penso sia più adatta a “Richie”. E poi ovviamente il Colle delle Finestre ne metterà uno per parte e ciascuno andrà su praticamente per conto suo.

Carapaz ha fatto delle ricognizioni sul percorso delle due tappe?

No, non abbiamo fatto delle recon. Io le ho fatte, le ricordo e so di cosa stiamo parlando. Bisognerà valutare il nostro momento e il momento degli altri. E soprattutto dovremo correre con intelligenza. Di certo nei prossimi due giorni ci si gioca il Giro d’Italia.

Carapaz corre deciso verso il Giro. Inverno top e grandi stimoli

28.01.2025
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«Ho studiato il percorso del Giro d’Italia e credo che sia particolarmente adatto alle mie caratteristiche». Ha parlato diretto, schietto e senza mezze misure Richard Carapaz. Tutto è successo qualche giorno fa in Ecuador, quando ha indetto una conferenza stampa per presentare di fatto la sua stagione. Poche ore dopo, l’ecuadoriano ha preso un volo ed è arrivato in Europa (in apertura foto di @albertserrataco).

Questa è una stagione decisamente importante per Carapaz. Il suo 2024 si può archiviare con un segno positivo senza dubbio: al Tour de France ha vestito la maglia gialla e si è portato a casa quella a pois. Un risultato più che sufficiente a salvare una stagione, ma il rendimento, almeno nella prima parte europea dell’anno, non è stato alla sua altezza. La “Locomotora del Carchi” ha stravinto a gennaio e febbraio in Sud America, ma poi ha avuto qualche problema fisico. Ora le cose, sembra, stiano andando diversamente.

Primo luglio 2024, a Torino Richard Carapaz si veste di giallo. Venti giorno dopo a Nizza sfoggerà la maglia a pois
Primo luglio 2024, a Torino Carapaz si veste di giallo. Venti giorno dopo a Nizza sfoggerà la maglia a pois

Come nel 2022

Il calendario agonistico di Carapaz avrà inizio con l’Étoile de Bessèges, a partire dalla prossima settimana. Di fatto, si tratta di un programma quasi identico a quello del 2022, esclusi i campionati nazionali, quando fu secondo al Giro d’Italia dietro a Jai Hindley. Quell’anno, un po’ inaspettatamente, Richard crollò nel finale del Fedaia, nonostante le pendenze e l’altitudine fossero teoricamente a lui favorevoli.

Il suo cammino di avvicinamento alla corsa rosa sarà un crescendo di condizione: Bessèges, poi Strade Bianche, Tirreno-Adriatico e Volta a Catalunya. A quel punto seguirà una prima pausa agonistica. Per lui un mese di allenamenti in altura, prima delle Ardenne. Forse…

«Potrei fare anche la Liegi – ha detto il campione olimpico di Tokyo – valuteremo più in là». Al momento, la Doyenne è nella lista delle gare a cui Carapaz dovrebbe partecipare. Assieme alle Strade Bianche, sarebbe l’unica corsa di un giorno in programma prima del Giro.

«Dopo il Catalunya – ha spiegato il suo direttore sportivo, Juan Manuel Garate – andremo in ritiro a Sierra Nevada. Forse Richard potrebbe tornare in Ecuador. Se tutto andrà per il meglio, scendere dall’altura, fare la Liegi e poi il Giro sarebbe il top. Ma se la classica belga dovesse interferire con la preparazione ottimale per il Giro, non avremo problemi a saltarla».

Se le previsioni saranno confermate, Carapaz affronterebbe il Giro con 19 giorni di corsa nelle gambe. Un numero non esagerato rispetto al passato, ma piuttosto alto se confrontato con i suoi rivali per la generale: Roglic dovrebbe arrivare in Albania con una dozzina di giorni, Gee con dieci, Landa con undici.

Nel 2019 Carapaz vinse il Giro: fu uno dei primissimi grandi trionfi sportivi per il suo Paese. Da lì Richard ha avuto una popolarità enorme

Carapaz e il Giro

Il legame tra Carapaz e il Giro è forte, così come è forte il legame tra il Sud America e la nostra corsa. Negli ultimi anni, specialmente la scorsa estate al Tour ma nelle tappe italiane, si è vista una comunità ecuadoriana sempre numerosa e presente. Segno che lo sport, il ciclismo e il Giro sono molto seguiti.

È proprio sulle strade del Giro che la stella di Carapaz è esplosa definitivamente. Era il 2019 quando uscì in maglia rosa dalle Alpi Occidentali e si prese la generale una settimana dopo. Da allora sono passati sei anni, ma in bacheca Richard ha aggiunto altri tre podi nei grandi tre Giri. Ora vuole tornare a vincere. E l’occasione è (quasi) perfetta: il percorso e il parterre sono ideali.

«Mi piace molto il percorso del Giro – ha detto Carapaz – in particolare la terza settimana. È davvero dura, con salite lunghe, e sono convinto che lotteremo per il titolo. Del resto, lì abbiamo già fatto bene! In più, penso che quest’anno la mia EF Education-EasyPost sia una squadra molto solida, e questo è uno dei fattori che può aiutarmi a rivincere il Giro. Sì, rivoglio la maglia rosa. Sogno di riportarla in Ecuador».

Secondo Garate Carapaz ha passato un inverno molto buono e sereno sulle strade di casa (foto @albertserrataco)
Secondo Garate Carapaz ha passato un inverno molto buono e sereno sulle strade di casa (foto @albertserrataco)

Parla Garate

Carapaz si è riposato bene. Lo scorso anno, a causa di un problema di salute della figlia, è tornato in Ecuador subito dopo la Vuelta saltando il mondiale. Questo gli ha permesso di recuperare a fondo, un aspetto sottolineato sia da lui stesso che da Garate.

«Credo – ha ripreso il diesse spagnolo – che Richard abbia passato il miglior inverno da quando è con noi. Non ha mai avuto problemi di salute, si è sempre allenato e la sua condizione è stata un crescendo. Ha fatto un inverno davvero solido.

«Per quanto riguarda il resto del suo cammino, il nostro obiettivo è il Giro. E tutto, anche la Liegi, ruota intorno a questo. Anche la decisione di non fare i sopralluoghi, almeno direttamente con il corridore. Ormai il più delle volte quando vai a vedere una tappa di montagna trovi un passo chiuso. Quindi riscendi in macchina, ti sposti dall’altra parte della valle, risali in bici… Alla fine vedi e non vedi».

Carapaz e lo stesso Garate ci sono sembrati molto motivati. L’operazione Giro è già partita. In questi giorni, Richard si trova nella sua residenza europea a Monaco. Con Garate si sente quasi ogni giorno. «Anche se io – confida Garate – non lo chiamo spessissimo. L’importante è che si senta con il suo coach: so che le cose vanno bene e va bene così».

Il 2025 di Carapaz è chiaro: al Giro per la generale, al Tour per le tappe, e poi il lungo stacco che potrebbe portarlo al mondiale in Rwanda. Un mondiale che lo stuzzica parecchio. Il percorso è duro, simile a quello delle Olimpiadi di Tokyo, ma più impegnativo e ad alta quota. L’occasione è troppo ghiotta anche se di mezzo c’è la querelle ormai annosa con la Federciclismo di Quito. Ma questa è un’altra storia, prima… sotto con il Giro.