Narvaez in rosa. Pogacar ha capito che non sarà una passeggiata

04.05.2024
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TORINO – Tadej Pogacar non ha vinto. E questa è già una notizia, se non altro per come la sua UAE Emirates ha impostato la corsa. Nel clan dello sloveno assolutamente non ci sono musi lunghi, però quel pizzico di amarezza aleggia. E ci sta. Jhonatan Narvaez è stato più veloce in volata e scaltro a sfruttare scia e lavoro dello sloveno.

I compagni di Pogacar hanno lavorato sodo per tutta la tappa e perdere per un soffio non fa piacere, tanto più che sul piatto c’era anche la maglia rosa. Segno che non è stato (e non sarà) tutto così facile come ci si poteva attendere da parte di tutti. Tifosi, media, team, atleti.

Il forcing di Pogacar sullo strappo di San Vito. Narvaez, che s’intravede dietro di lui, resiste e poi vince in volata
Il forcing di Pogacar sullo strappo di San Vito. Narvaez, che s’intravede dietro di lui, resiste e poi vince in volata

Un solo gregario

Di bello è che Pogacar e la UAE Emirates hanno fatto divertire. Hanno corso a carte scoperte sin da subito, all’attacco già dalla prima frazione.

«Se sarà tutti i giorni così? Speriamo – ha detto a caldo il Ceo della UAE, Gianetti quando ancora Pogacar doveva sfilare tra i fotografi e i giornalisti dietro il traguardo – Siamo stati davanti, peccato che non abbiamo vinto. Ma il Giro d’Italia è lungo».

Il Giro è lungo. Tadej sta bene perché comunque è arrivato davanti e ha già messo un piccolo gap tra se e gli altri uomini di classifica, però è innegabile che qualcosa non abbia funzionato. Di fatto è rimasto con un solo uomo, Rafal Majka, un po’ troppo presto. E da quel momento ha avuto di fatto l’intero gruppo contro più che mai. Se non è un campanello d’allarme poco ci manca.

Mentre Pogacar, dapprima silenzioso e serio e poi un po’ più sciolto fa defaticamento sui rulli, intercettiamo Fabio Baldato, il direttore sportivo che lo ha guidato in ammiraglia.

Fabio, subito spettacolo…

Sì, spettacolo… l’idea era di correre aggressivi. Il tracciato era tecnico, le discese insidiose e rischiose. Volevamo appunto fare corsa dura per stare davanti, ridurre il “traffico” e appunto evitare rischi e pericoli. E facendo corsa dura sono rimasti in pochi presto.

Corsa dura, ma non si è potuto fare a meno di notare che siete rimasti con un solo uomo, Majka. C’è qualche dinamica che non ha funzionato?

Un paio di ragazzi hanno reso un po’ meno del previsto. Non sono stati all’altezza di quel che ci aspettavamo ma non ne facciamo un dramma. Siamo al primo giorno di corsa e può succedere. In più era una tappa di 140 chilometri, quindi breve, e gente come Novak e Grosschartner hanno fatto un po’ più di fatica. Forse qualcosa è andato storto, ma davvero nulla di particolare.

In molti hanno pagato in effetti…

Tappa corta, esplosiva che qualcuno ha digerito bene e qualcun altro ha pagato. Ma non credo sia oggi che si capiscano i reali valori del Giro. Si può andare a vedere chi è stato più in difficoltà di altri, quello sì. Ma un primo giorno così esplosivo poteva riservare qualche sorpresa. Tanto più dopo tre giorni tra prove, interviste, presentazioni… 

C’era incertezza?

E’ facile trovarsi imballati e con le gambe non a posto. E’ successo ad un paio dei miei, ma anche ad altri. Adesso aggiusteremo il tiro e sono convinto che tra qualche giorno ognuno troverà il suo posto.

La sensazione è che Pogacar sullo strappo fosse il più forte, nonostante Narvaez lo abbia tenuto. Lo sloveno sembrava in pieno controllo, come se avesse avuto l’input di non esagerare con i fuorigiri. E’ così?

Sarebbe stato bello vincere la tappa, ma non era comunque qui che si sarebbe vinto il Giro. Adesso ci devo parlare e vediamo cosa dice. Tadej era lì e questo è l’importante. Gli altri hanno corso sulla sua ruota e su di noi.

Ecco: “Hanno corso su di noi”. Sarà questo il leitmotiv di questo Giro?

Sicuramente. E noi dovremmo essere bravi a non perdere il controllo, la pazienza, la lucidità. Questa tappa ci servirà da monito che non bisogna abbassare la guardia e non si deve sottovalutare nessuno.

Fabio, hai detto che ci devi parlare. Nel ciclismo dei numeri il dialogo resta importante dunque?

Certo, almeno per capire le sue sensazioni e cosa si può fare meglio. E’ il primo giorno di gara, ne abbiamo altri venti davanti ed è importante trovare la giusta armonia.

La UAE Emirates ha preso in mano la tappa, ma nel finale aveva un solo uomo vicino a Pogacar
La UAE Emirates ha preso in mano la tappa, ma nel finale aveva un solo uomo vicino a Pogacar

Fare meglio

Intanto il bus inizia a richiudere i battenti. Anche Molano, l’ultimo della UAE Emirates, al traguardo ha finito di fare il defaticamento sui rulli, come per primo aveva fatto Pogacar.

Si parla di crampi: in tanti ne hanno avuti. Oggi a Torino non era caldo, ma neanche così fresco. All’ombra serviva in giacchino, ma al sole i raggi picchiavano. E in questi casi l’umidità è forte. Questo meteo variabile ha messo in crisi più di qualcuno sul fronte dell’idratazione. 

La UAE Emirates ci dicono è solita fare il debriefing sul bus mentre si ritorna in hotel. «Adesso – dice Matxin – dovremmo parlare. Non è andata male, volevamo correre così, ma sicuramente c’è qualcosa da mettere a punto». 

Carapaz, dopo l’oro arriva la ruggine

30.07.2021
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Il sorriso gentile di Carapaz di colpo lascia il posto a uno sguardo mesto e ad un tono sorprendentemente duro, che non ti aspetti da un ragazzo che ha appena conquistato l’oro. Il campione olimpico parla, l’oro si macchia di ruggine e in Ecuador esplode la polemica.

«Per me è un giorno speciale – dice – per questo me lo godrò da solo. Sono un atleta partito senza l’appoggio del suo Paese. In Ecuador non hanno mai creduto in me, perciò questo oro è mio e di tutti quelli che mi hanno aiutato. So che ora tutti vorranno festeggiare questa medaglia, che però appartiene solo a quelli che mi hanno realmente appoggiato».

Lasciati da soli

Di colpo tornano alla memoria le immagini del suo ritorno a Quito dopo la vittoria del Giro d’Italia e quella commozione si ferma contro questa durezza. Carapaz non indietreggia, anzi rilancia.

«Alla fine – dice – non hanno mai creduto in me, ad eccezione di poche persone. Perciò adesso sono qui che mi godo quest’oro, ma bisogna seguire gli atleti che davvero meritano. Abbiamo dovuto trovare un massaggiatore. Siamo venuti da soli. Abbiamo approfittato del personale di Ineos (la squadra in cui corrono Carapaz e Narvaez, ndr) che era qui con l’Inghilterra e l’Irlanda. Abbiamo chiesto aiuto alla gente per questo e sono loro che ci hanno davvero dato una mano quando ne avevamo bisogno».

Ministro duro

L’Ecuador non è messo bene, fra crisi economica e crisi sanitaria. C’è un nuovo presidente, Guillermo Lasso, eletto lo scorso 24 maggio, ma il cammino è lunghissimo. Così se qualcuno pensava che l’oro del ciclista più amato avrebbe aiutato a non pensarci, avrà presto dovuto rivedere le sue stime. E la ruggine affiora.

Sebastian Palacios, Ministro dello Sport che ha seguito la delegazione a Tokyo, ammette la mancanza di tecnici e personale e risponde con un video.

«Siamo qui per accompagnare gli atleti – dice – e monitorare come si svolgono il coordinamento e la logistica del Comitato Olimpico Nazionale. E purtroppo abbiamo visto cose che hanno catturato la nostra attenzione, che ci preoccupano e ci fanno indignare proprio come si è indignato Carapaz. Nel momento in cui abbiamo vissuto uno dei momenti più incredibili nella storia dello sport ecuadoriano e siamo orgogliosi per la conquista e il trionfo di Richard Carapaz, dopo le sue dichiarazioni di atleta e ciclista, che capisco e condivido, ci sono alcune cose che so e che si dovrebbero chiarire sulla partecipazione dell’Ecuador ai Giochi Olimpici».

Quattro anni fa

La ruggine fra questi atleti e il Comitato olimpico ecuadoriano in realtà è vecchia di 4 anni. Te ne rendi conto seguendo lo scambio di tweet fra Carapaz e Narvaez dopo la vittoria.

Risale tutto ai Giochi Bolivariani del 2017, che si svolgevano a Santa Marta, in Colombia. E’ scritto in un comunicato ufficiale diffuso pubblicamente il 13 novembre di quell’anno.

Vi si legge che i due, più Caicedo (il vincitore dell’Etna 2020) vennero trovati ubriachi in una pizzeria dopo aver lasciato il ritiro della squadra. Il Comitato Olimpico emise appunto quel comunicato, che Narvaez deve aver conservato da allora nel suo telefono. C’è scritto anche che i ciclisti mancarono di rispetto ai delegati che erano andati a cercarli. Che furono riportati a forza in hotel, da cui gli fu impedito di uscire. E che in seguito all’episodio, la Commissione etica del Comitato chiese l’apertura di un procedimento disciplinare a loro carico.

Nel suo tweet, Narvaez ironizza sul fatto che ora avranno una medaglia da aggiungere al procedimento. Mentre Carapaz gli risponde di pensare a qualcosa di meglio e aggiunge tre emoticon con un sorriso, la medaglia d’oro e un boccale di birra.

Il Comitato risponde

Il Comitato olimpico ovviamente risponde. Scrivono di aver provveduto all’emissione dei biglietti aerei e di aver fornito ai due atleti le indicazioni per l’ingresso sicuro in Giappone. Poi spiegano, pubblicando anche le foto, che una delegazione, tra cui un medico e un fisioterapista, ha incontrato i ciclisti. Il dottor Pablo Sarmiento ha emesso un rapporto al riguardo.

«Abbiamo proceduto a valutarli – scrive – sapendo che i loro colleghi europei li aiutavano con i massaggi, ma che richiedevano stivali di decompressione. Richard Carapaz ha ricevuto la terapia per 45 minuti. Abbiamo discusso delle loro condizioni mediche prima della competizione, hanno detto che si sentivano bene, ma che avevano bisogno di una squadra che li aiutasse con l’idratazione…».

Sempre nel referto del medico si legge che dopo la vittoria di Carapaz gli atleti hanno indicato di non avere bisogno di assistenza medica, ma che la struttura medica sarebbe stata comunque a loro disposizione.

Dopo la vittoria, per qualche minuto il sorriso è mutato in un ghigno amaro che ha portato la ruggine in superficie
Dopo la vittoria, il sorriso è mutato in un ghigno che ha portato la ruggine in superficie

L’oro e la Vuelta

Ci sono rancori difficili da smaltire, ma per fortuna la soddisfazione della vittoria ha portato non solo ruggine, ma anche felicità vera.

«E’ incredibile – ha detto Carapaz aspettando la consegna della medaglia – qualcosa ancora difficile da digerire. Sono molto emozionato. Ero convinto di averlo nelle gambe. L’ho provato al Tour, volevo vincere anche là, ma non è stato possibile. Qui era una lotteria e ho cercato di fare del mio meglio. Eravamo in due, abbiamo cercato di sfruttare il lavoro degli altri. Narvaez mi è stato sempre molto vicino, aiutandomi e portandomi l’acqua. Sapevo che McNulty pedalava davvero forte e che potevo trarne vantaggio. E’ stato un attacco intelligente. Abbiamo iniziato a collaborare ed è stato fondamentale. Io in discesa, lui in pianura. Alla fine sapevo che ero il più forte e non era necessario attaccare. Ho solo continuato, ho continuato, ho continuato e al traguardo ero da solo».

Non ci sono immagini del ritorno di Carapaz in Ecuador, ma visto che il campione olimpico è atteso alla Vuelta, probabilmente ha deciso di fermarsi in Europa. Era decisamente inatteso che il momento della vittoria più bella potesse avere un simile strascico di ruggine. Resta da capire dove sia esattamente la verità e se troveranno il modo prima o poi di ricomporla.