Campionati del mondo, Kigali 2025, Ben Healy

Il folletto Healy ha messo i piedi sul podio dei giganti

30.09.2025
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KIGALI (Rwanda) – Giusto per strappare il sorriso, quando alla vigilia del mondiale dei professionisti si componeva fra i pochi giornalisti italiani presenti la rosa dei favoriti o dei probabili protagonisti per l’indomani, il nome di Ben Healy entrava e usciva fra certezze assolute e grossi dubbi.

Questo mondiale così atipico, che alla fine ha avuto lo svolgimento di un tappone di montagna proponendone anche i distacchi, deve aver ricordato all’irlandese il giorno di Vire Normandie al Tour de France. Altra tappa di su e giù in cui il folletto della EF Education-EasyPost si esaltò in una guerra allo sfinimento. Tolti Pogacar ed Evenepoel, la sua corsa a Kigali è stata così: un lungo logorio da cui alla fine è uscito meglio di tutti gli altri. «Penso che il podio con Tadej e Remco – ha detto subito dopo – sia una foto davvero speciale. Insieme a uno dei più grandi e un altro che non è poi così lontano da lui».

Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, podio con Remco Evenepoel, Tadej Pogacar e Ben Healy
Terzo al mondiale come alla Liegi: per l’irlandese di 25 anni una crescita costante
Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, podio con Remco Evenepoel, Tadej Pogacar e Ben Healy
Terzo al mondiale come alla Liegi: per l’irlandese di 25 anni una crescita costante

Il tifo più rumoroso

Il dislivello del mondiale misurava 5.210 metri, quello di Zurigo 2024 si fermava a 4.210, la Liegi del 2025 ne aveva 4.365. Se a ciò si aggiungono la media altura e il fatto che si corresse all’Equatore, è intuitivo capire quale impegno pazzesco sia stato per i corridori.

«E’ stata semplicemente una gara folle – ha spiegato Healy – penso che il risultato lo rappresenti piuttosto bene. Sono riuscito a dare il massimo e arrivare al traguardo è stato davvero bello. Quello che abbiamo vissuto è stato incredibile, a dire il vero. Soprattutto sulla strada per il Mount Kigali, il tifo della gente era pazzesco, uno dei più rumorosi che abbia mai visto. Tantissima gente, è stato davvero bello».

Campionati del mondo, Kigali 2025, tifo numeroso sulle strade di Kigali
Tutti i corridori hanno rimarcato quanto sia stato travolgente l’appoggio dei tifosi lungo il percorso
Campionati del mondo, Kigali 2025, tifo numeroso sulle strade di Kigali
Tutti i corridori hanno rimarcato quanto sia stato travolgente l’appoggio dei tifosi lungo il percorso

Meglio senza le radio

Da quel tratto in poi, vale a dire dal momento in cui Pogacar ha attaccato, anche la sua indole di lottatore senza limiti ha vacillato. Da quando Tadej è sparito in cima al tratto in pavé, dietro si è trasformata in una gara da vivere pedalata dopo pedalata, sapendo che nulla è mai finito fino alla linea del traguardo.

«Penso che avere qui la radio – ha commentato – sarebbe stata un’arma a doppio taglio. Poteva andare a tuo favore e anche ritorcersi contro. Ma oggi è stata una gara piuttosto semplice, credo. Si poteva davvero vedere cosa stava succedendo intorno e non ho mai avuto dubbi su dove si trovassero gli altri. Ripeto, forse è bello avere più aggiornamenti sui distacchi, ma penso che in generale crei sicuramente più caos».

Campionati del mondo, Kigali 2025, Ben Healy a ruota di Remco Evenepoel
Healy è stato uno dei più attivi dopo il rientro di Evenepoel, ma nel finale non ha più avuto gambe per seguirlo
Campionati del mondo, Kigali 2025, Ben Healy a ruota di Remco Evenepoel
Healy è stato uno dei più attivi dopo il rientro di Evenepoel, ma nel finale non ha più avuto gambe per seguirlo

I grossi progressi di Healy

Healy racconta e ogni tanto strabuzza gli occhi: difficile dire se sia stupito per il suo risultato. Rileggendo ora i risultati di primavera è facile pensare che sarebbe stato sbagliato non infilare il suo nome nei pronostici. Quarto alla Strade Bianche, quinto alla Freccia Vallone, terzo alla Liegi e con una tappa del Tour, Ben sta facendo passi da gigante.

«Penso di aver fatto progressi anno dopo anno – spiega – anche se solo per qualche punto percentuale qua e là. Ho anche perfezionato il mio modo di correre e sicuramente un Tour come quello dell’estate scorsa mi ha dato una piccola spinta in più. Sapevo cosa dovevo fare oggi e penso che abbia funzionato alla grande».

Il Tour ha dato grande morale a Healy, con la vittoria della sesta tappa a Vire Normandie e due giorni in maglia gialla
10ª tappa Tour de France 2025
Il Tour ha dato grande morale a Healy, con la vittoria della sesta tappa a Vire Normandie e due giorni in maglia gialla

Tutti sulle ginocchia

L’ultima osservazione, Healy la dedica alla durezza della corsa e al fatto che il suo inseguimento con Evenepoel e Skjelmose avesse ormai poco altro da dare.

«Credo che fossimo tutti sulle ginocchia – ha spiegato – era molto difficile dare di più. C’era ancora qualche gamba che potesse fare la differenza? Forse mancava un po’ di convinzione di potercela fare, ma nella mia mente ha prevalso la preoccupazione. Sapevo che c’era ancora molta strada da fare e se avessi ceduto, sarei andato alla deriva. Ho preferito concentrarmi su me stesso, cercando di non scavare troppo a fondo e troppo presto, con il rischio di pagarne davvero le conseguenze».

Dalla pista da ballo al gravel, la nuova vita di Nicolas Roche

28.06.2022
6 min
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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Nicolas Roche subito dopo la Nova Eroica, la “gravelfondo” organizzata a Buonconvento (Siena) dove l’ex pro’ irlandese (ha chiuso la carriera lo scorso anno dopo 17 stagioni) si è divertito non poco tra la polvere degli sterrati toscani.

Tempo di mandare giù una fetta di cocomero dopo l’arrivo e ci sediamo per chiedergli com’è andata.

«Proprio bella! Ho fatto tre-quattro Strade Bianche in carriera – risponde – ma devo dire che farle con le gravel che ora vanno di moda è una nuova sfida. E poi i quattro tratti cronometrati si fanno a tutta come se fossero quattro crono. Molto intensi».

Pensi che il gravel sia una moda?

In realtà no. E’ un nuovo piacere che sta aprendo nuove porte. Non c’è bisogno della tecnica della mtb e secondo me siamo solo all’inizio del mondo gravel.

Da quest’anno sei un ex professionista. Ti manca lo stare in gruppo o era arrivato il momento di dire basta?

Era arrivato il momento di dire basta, non rimpiango la mia decisione, ma se sei uno competitivo questa caratteristica ti rimane nell’anima. Ad esempio quest’inverno ho partecipato alla versione irlandese di Ballando con le Stelle e allenandomi sei-sette ore al giorno.

Da dove è saltata fuori questa opportunità di Dancing with the Stars?

Me lo hanno proposto loro lo scorso ottobre. Ho chiesto: Quando è? A gennaio. Gennaio? Non c’è nulla in gennaio, andiamo! Non sapevo a cosa andavo incontro. Senza saper ballare. Ma avevo bisogno di una sfida fuori dal ciclismo che rappresentasse uno stacco col passato, con l’abitudine di andare ogni giorno in bici, fare la dieta…

Ballando con le Stelle assieme a Karen Byrne è stata una scuola di disciplina e duro lavoro (foto Instagram)
Ballando con le Stelle assieme a Karen Byrne è stata una scuola di disciplina e duro lavoro (foto Instagram)
In qualche filmato si vede che avevi una coach tosta…

Sì, Karen è molto dura e spesso volevamo dare cazzotti al muro tutti e due o urlare dalla finestra. Si arrabbiava con me perché io alle sei di mattina cercavo di ritagliarmi un’ora di rulli, ma lei mi diceva che quest’esperienza era unica e che la bici avrei potuto riprenderla a marzo. Più di una volta mi ha mandato nella stanza accanto per cinque minuti a… farmi due passi. Però ho capito che aveva ragione e per un mese e mezzo non mi sono allenato con la bici. Un’ora al giorno non aveva senso e non volevo avere rimpianti di non allenarmi al top per il ballo.

Da quest’anno sei anche ct della nazionale irlandese. Come la vivi?

E’ una missione finalizzata ad europeo e mondiale. A differenza di quello che succede qui in Italia, noi non corriamo da altre parti.

L’anno scorso ha smesso anche Daniel Martin. Su quali corridori puntate?

Vediamo come va Sam (Bennet, ndr). Nel 2021 ha avuto un anno catastrofico e ora va al Tour sperando di ritrovare la gamba di due anni fa. Poi abbiamo Eddie Dunbar che ha vinto alla Coppi e Bartali e sta crescendo e Ben Healy della EF che è giovane e secondo me ha del talento.

Durante il Giro d’Italia, Nicolas Roche ha raccontato la corsa rosa in Giro Reflections con Bianchi
Nicolas Roche ha raccontato il Giro d’Italia in Giro Reflections con Bianchi
Poi c’è stata la mini serie “Giro Reflections” girata da Bianchi Media House durante l’ultimo Giro d’Italia. Quattro puntate tra Ungheria, Sicilia, Napoli e, infine, le Alpi fino a Verona. Tra gulasch ungherese, arancine siciliane e pizza napoletana cosa ti è piaciuto di più?

Direi la pizza napoletana, ma sul Mortirolo è successo un fatto imcredibile. Abbiamo fatto la scalata in notturna (a parte il fatto che negli ultimi tre chilometri mi si è scaricata la luce e ho dovuto seguire a vista la luce del cameramen che mi precedeva in auto) ed abbiamo finito alle 22,30. Tutti i posti chiusi per mangiare. Alla fine ci siamo salvati chiamando un rifugio due chilometri dopo il valico e la signora ci ha preparato i pizzoccheri alle undici di sera.

E sull’Etna hai pedalato con l’e-bike. Che impressioni hai avuto?

Bellissimo, era la prima volta che la provavo ed ho capito perché sta avendo questo boom. La verità è che puoi scegliere il tuo grado di sofferenza.

Suo padre Stephen Roche vinse Giro, Tour e mondiale nello stesso 1987. Qui sono insieme nel 2020
Suo padre Stephen Roche vinse Giro, Tour e mondiale nello stesso 1987. Qui sono insieme nel 2020
Infine, a Verona hai preso in mano il trofeo del Giro indicando, tra i nomi dei vincitori incisi, quello di tuo papà nel 1987.

Sì, quel trofeo (la sua voce scende di un tono, più rispettosa, ndr) è a casa dei miei nonni in Irlanda ed ha un significato molto profondo per me, da quasi 35 anni. Non esistono nello sport tanti trofei così simbolici come quello. E’ come la Coppa del mondo di calcio. Nemmeno il trofeo del Tour è cosi iconico.

A proposito di Tour, fra pochi giorni si parte. Pogacar è davvero imbattibile?

Fisicamente è molto forte. Ma come si dice in gruppo, il Tour è il Tour, nel senso che è una corsa talmente intensa che ogni curva può rappresentare un pericolo o una sorpresa. Quindi non basta essere il più forte. E poi ci sono gli avversari, primo fra tutti metto Roglic che ha fatto vedere di avere forse la squadra migliore e di essere nella condizione di giocarsela.

Per concludere, progetti futuri?

Ho un’idea un po’ folle che mi gira in testa da un paio di settimane: l’anno prossimo potrei allenarmi un po’ di più e fare sei-sette gare della Coppa del mondo di gravel. Un po’ perché mi sono innamorato di questa disciplina, un po’ perché sono “addicted”, dipendente, dal viaggiare.

E un po’ perché, aggiungiamo noi, l’agonismo non sparisce dall’oggi al domani.

Dunbar, il testardo irlandese a caccia di gloria

24.05.2022
5 min
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Squilla il telefono di Eddie Dunbar. Dall’altra parte c’è un dirigente della Ineos: «Eddie, fa le valigie. C’è un posto per te in squadra al Giro d’Italia, Bernal si è rotto una clavicola… Eddie, hai sentito?». Eddie Dunbar non riesce neanche a rispondere, chiude la conversazione senza una parola. Si è avverato un sogno, il suo primo grande Giro. Passano davanti agli occhi, in un lampo, tutti i sacrifici di una vita, la rincorsa dopo aver lasciato l’altro suo grande amore (suo e di una gran parte degli irlandesi) il rugby.

Dunbar nazionale
Eddie Dunbar è nato a Banteer il 1° settembre 1996. In nazionale il meglio l’ha dato a cronometro
Dunbar nazionale
Eddie Dunbar è nato a Banteer il 1° settembre 1996. In nazionale il meglio l’ha dato a cronometro

L’erede di una grande epoca

Di Dunbar nel suo Paese si parla da anni come del diretto erede di quell’epoca nella quale, grazie a due soli corridori come Sean Kelly e Stephen Roche, l’Irlanda dominava nel mondo. Per tanto, tanto tempo poi si è detto che era stato un caso e Dunbar è chiamato a smentirlo e a dimostrare che in questo ciclismo globalizzato c’è posto anche per i verdi irlandesi tutti d’un pezzo.

Eddie sin dai primi anni ha messo in mostra le sue caratteristiche: innanzitutto un modo di correre sempre aggressivo, specchio del suo carattere: «Voglio ottenere il massimo da me stesso. Non mi piacciono le corse facili, preferisco quelle dove devi metterti alla prova, inventare qualcosa. Preferisco sempre essere gettato nella mischia, attendere non fa per me».

Che rabbia con Tiberi…

Da junior ha realizzato un’impresa mai compiuta, vincere per due anni di seguito il Giro d’Irlanda e il secondo anno ci ha aggiunto pure il Giro del Galles. Perché la sua specialità sono le brevi corse a tappe, sin dai suoi inizi. Lo ha capito subito che quello doveva essere il suo destino, perché è portato ad andare sempre meglio con i giorni che passano, a tirare fuori il coniglio dal cilindro anche alla fine, mettendo tutti d’accordo.

Come ha fatto all’ultimo Giro d’Ungheria, ribaltando la classifica nell’ultima frazione. Eppure, a ben guardare alla fine era molto più contento Antonio Tiberi per la sua vittoria di tappa che lui. Già perché un’altra sua caratteristica è il fatto che il bicchiere per l’irlandese è sempre mezzo vuoto: «Sono molto esigente con me stesso. Ero felice di vincere la classifica generale, ma io volevo tagliare il traguardo a braccia alzate, per poter ripagare i compagni che avevano lavorato per me. Mi sono mancati 40 metri, mi sono sentito beffato. Comunque è un altro passo nella giusta direzione».

Dunbar Tiberi 2022
La volata persa con Tiberi in Ungheria gli ha lasciato l’amaro in bocca
Dunbar Tiberi 2022
La volata persa con Tiberi in Ungheria gli ha lasciato l’amaro in bocca

NFTO, una scuola di vita

Eddie è sempre rimasto molto legato alle sue radici. I suoi risultati da giovanissimo lo portarono ad approdare al Team NFTO che è un po’ l’accademia del ciclismo irlandese e lì si è fatto le ossa, non solo a livello ciclistico perché quella è stata per lui una scuola di vita. Lo hanno fatto correre con gente più grande, con i ciclisti della massima serie nazionale, lo hanno soprattutto trasformato in un nomade, lui che non stava più di tre giorni lontano da casa. Ha imparato che cosa significa essere un vero irlandese proprio standone lontano, capendo che le radici le hai dentro: «La mia famiglia è a Londra e nei dintorni, ci ero spesso venuto da bambino, mai avrei pensato di viverci, per me è stato un grande cambiamento».

I risultati si sono visti presto: oltre alle vittorie in patria in in terra britannica, arrivarono la seconda piazza nel Trofeo Karlsberg, classica per junior fra le maggiori corse internazionali a tappe e nel 2017 la vittoria al Giro delle Fiandre per Under 23. Una cosa atipica per lui, ma che gli attirò le attenzioni del team britannico per antonomasia, il Team Sky. E da lì la sua carriera prese il volo, fino a quel giorno, quella telefonata dell’inizio.

Dunbar Coppi e Bartali 2022
Vittoria alla Settimana Coppi e Bartali, con 9″ sul compagno di team Ben Tulett
Dunbar Coppi e Bartali 2022
Vittoria alla Settimana Coppi e Bartali, con 9″ sul compagno di team Ben Tulett

E se al Tour…

Quel Giro, inventato di sana pianta per lui che aveva vinto il Tour of Yorkshire e che pensava di rimanere confinato nel suo dorato alveo delle brevi stage race, andò ben oltre le aspettative: nella dodicesima tappa, la famosa Cuneo-Pinerolo, entrò nella fuga bidone che avrebbe portato lo sloveno Polanc in rosa, cedendo in volata al vincitore Cesare Benedetti e a Damiano Caruso. Quel Giro lo avrebbe finito 22°, regalando un sorriso ai responsabili Sky poco ripagati dalle punte.

Avrebbe voluto esserci anche quest’anno e quando ha visto le convocazioni ci è rimasto male. Ha scaricato la delusione sui pedali, come fa sempre, regalandosi il Giro d’Ungheria, secondo centro stagionale dopo la conquista della Settimana Coppi e Bartali. Ora punta al Delfinato e al Giro dell’Occitania, guarda caso altre due brevi corse a tappe, magari per strappare un posto nella squadra del Tour che appare come una corazzata, con Martinez, Pidcock, l’esperienza di Thomas, tanti interpreti da grandi giri senza un vero leader, per una corsa tutta da inventare. Dove magari questo cocciuto irlandese potrebbe anche dire la sua.

Cigala 2021

Da U23 all’Irlanda, le mille vite di Matteo Cigala

24.01.2022
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Parlando con Gianluca Valoti, diesse della Colpack-Ballan, ci aveva accennato di Ronan O’Connor, giovane prospetto irlandese indirizzato verso il team italiano da Matteo Cigala, che vive lì. Ricordandoci di quest’ultimo come buon Under 23 che poi non aveva mai fatto il grande salto, ci è venuta la curiosità di saperne di più e abbiamo scoperto una storia che vale la pena di essere raccontata.

Ventottenne di Nuvolento (BS), Cigala invece di passare professionista, appena superata la boa dei vent’anni ha preso armi e bagagli e si è involato alla volta della verde Irlanda: «E’ stata una scelta di cuore, allora stavo con una ragazza irlandese e decisi di trasferirmi nel suo Paese. Mi sono iscritto alla University Business Management, che con i suoi corsi online mi permetteva di lavorare e al contempo studiare. Pian piano mi sono stabilito e anche quando la storia d’amore è finita sono rimasto».

Cigala U23
Nato nel 1993, Cigala ha corso due anni fra gli U23, nella Viris Maserati
Cigala U23
Nato nel 1993, Cigala ha corso due anni fra gli U23, nella Viris Maserati
Perché lasciasti così presto?

Da Under 23 non me la cavavo male, diciamo che non ho avuto opportunità per passare e al contempo ho visto che dovevo pensare al mio futuro, non inseguire sogni che rischiavano di rimanere tali. Ho deciso di fare un investimento diverso, ma il ciclismo è rimasto il cardine nella mia vita.

In che termini?

Alcuni amici della zona, sapendo del mio passato, mi chiesero di far loro da allenatore e rimasero talmente soddisfatti da fare il mio nome anche ad altri, così pian piano si è sparsa la voce e quello è diventato il mio lavoro, o meglio parte del mio lavoro. Infatti, oltre ad allenare un gruppo di giovani, organizzo vacanze in bici in Italia, dal Lago di Garda alla Toscana, dal Lago di Como alle Dolomiti, cosa che mi permette di venire spesso nel nostro Paese. La nostra organizzazione è anche diventata Tour Official di alcune gare della Rcs come Strade Bianche e Lombardia. Inoltre, visto che molti ragazzi mi chiedevano prodotti specifici per il ciclismo, ho messo su un’impresa di E-commerce. E non basta…

Cigala Holdsworth 2018
Un’esperienza pro’ Cigala l’ha avuta, alla Holdsworth nel 2018, con molte vittorie nel calendario irlandese
Cigala Holdsworth 2018
Cigala l’ha avuta, alla Holdsworth nel 2018, con molte vittorie nel calendario irlandese
Mamma mia, che cos’altro ancora?

Ho messo su un mio brand, con prodotti realizzati in Italia, che da queste parti sono molto richiesti e infine faccio il talent scout. Sono in contatto con i fratelli Carera per portare all’estero i migliori esponenti del ciclismo irlandese e dare loro un’opportunità proprio com’è avvenuto con O’Connor.

Veniamo a quest’ultimo aspetto. Noi eravamo rimasti all’Irlanda di Kelly e di Roche, pochi atleti emergenti ma grandi campioni. Ora qual è la situazione?

L’Irlanda è un’isola piccola, quindi ci sono pochi ciclisti. La Federazione sta lavorando molto bene per incrementare il movimento, tenendo però anche conto che qui comandano altre specialità, soprattutto la pista che dà maggiori chance per emergere anche a livello olimpico. Si sta però lavorando per dare maggiore spazio alla strada, c’è un calendario piuttosto fornito, ma vorrei sottolineare quanto si è fatto durante il lockdown…

Cigala Mondiali 2011
Il bresciano ai Mondiali Juniores 2011, qui alla sinistra di Alberto Bettiol
Cigala Mondiali 2011
Il bresciano ai Mondiali Juniores 2011, qui alla sinistra di Alberto Bettiol
Ossia?

In quel periodo si era fermato tutto lo sport irlandese, anche calcio e rugby e il ciclismo virtuale divenne l’attività principale. Mettemmo su una league di eventi che aveva un seguito di partecipazione, ma anche di seguaci online enorme. E l’attenzione è rimasta viva, basti pensare che a inizio gennaio si è svolto il campionato nazionale di E-sport, primo in Europa nel 2022.

Torniamo ai talenti locali, parlaci di O’Connor.

E’ un buon scalatore e so che la cosa può sembrare strana parlando di un irlandese, visto che qui non ci sono salite lunghe. Ha mostrato numeri importanti, ho fatto vedere i suoi dati ai Carera e si sono subito convinti che aveva delle chance, così ho parlato con la Colpack per farlo provare. Ha bisogno di fare esperienza, imparare a correre in gruppo. Qui le gare sono al massimo per 50-60 corridori, non è lo stesso.

Cigala Lombardia 2021
Cigala è diventato un granfondista di vaglia, vincitore di 6 gare nel 2021 (qui il successo a Il Lombardia)
Cigala Lombardia 2021
Cigala è diventato un granfondista di vaglia, vincitore di 6 gare nel 2021 (qui il successo a Il Lombardia)
Ti sei mai pentito della tua scelta di non insistere nel ciclismo?

Ogni tanto ci penso, quelli della mia classe, con cui lottavo da U23 sono anche approdati in nazionale, qualcuno è andato nel WorldTour, ma poi penso che se le cose sono andate così non ci poteva far nulla. Io non ero al massimo allora, avevo avuto infortuni, anche la mononucleosi, era difficile scegliermi. Alla fine è stata la scelta giusta e poi le mie soddisfazioni agonistiche me le prendo ancora.

Come?

Intanto sono già entrato in nazionale per i Mondiali Zwift del 27 febbraio, avendo fatto terzo nella selezione europea. Poi profitto dei tour in Italia per partecipare a qualche Granfondo. Nel 2021 ne ho vinte ben 6 (è stato terzo nella graduatoria di vittorie, conquistando tra le altre il medio della Strade Bianche del Colnago Cycling Festival, la GF di Casteggio e la GF Perini, ndr) e spero di ripetermi quest’anno. Ci rivediamo sulle strade italiane…