Bragato a Caneva: l’importanza della programmazione

28.11.2024
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Stevenà di Caneva ha ospitato una serata speciale dedicata alla programmazione nello sport, con Diego Bragato, head coach della Federciclismo. Invitato dal GS Caneva e dal presidente Michele Biz, Bragato ha condiviso il percorso che porta a trionfare ai massimi livelli, come le Olimpiadi, offrendo spunti utili sia per atleti che per allenatori e appassionati. 

La serata è stata a dir poco corposa. C’erano società, giovani, direttori sportivi e persino una paio di rappresentanti extra settore. «Davvero una bella partecipazione – ha commentato Bragato – il Comune di Caneva realizza questi incontri con una certa costanza, tanto che ho parlato persino con il sindaco per chiarire gli argomenti che avremmo messo sul tavolo. E’ stato un incontro interessante. Pensate che doveva durare un’ora, ne è durato due!».

Diego Bragato (classe 1986) è l’head Performance della FCI. Moderatrice della serata, Giada Borgato
Diego Bragato (classe 1986) è l’head Performance della FCI. Moderatrice della serata, Giada Borgato
Diego, di che cosa si trattava e chi erano gli interlocutori?

Sono stato invitato dal GS Caneva di Michele Biz per parlare a cittadini e società sportive del territorio. La sala era gremita con circa un centinaio di persone, tra cui atleti amatoriali, giovani, tecnici e persone anche di altre discipline come il nuoto e l’atletica. L’idea era affrontare il tema della programmazione in funzione degli obiettivi, con esempi pratici legati al lavoro fatto per le Olimpiadi e i mondiali.

E qual è la tua idea di programmazione?

La prima cosa è avere chiaro l’obiettivo. Parto sempre dall’obiettivo, che sia a breve, medio o lungo termine. Una volta definito, ragiono sul punto di partenza, che significa capire dove si è oggi: nei giovani può essere un test fisico, ma anche una riflessione più ampia. Poi traccio un percorso, usando i mezzi e i metodi a disposizione: multidisciplinarietà, allenamenti specifici, periodi di recupero o attività alternative. L’importante è sapere dove si vuole arrivare, appunto l’obiettivo, e pianificare a ritroso per raggiungerlo.

Pianificare a ritroso…

Sì, so dove devo arrivare, percorro le tappe che mi servono, partendo da zero.

Come si adatta questo approccio a un giovane atleta? Prendiamo come riferimento la categoria allievi, dove i ragazzi sono ancora giovanissimi, ma più strutturati…

Un allievo è già in grado di iniziare a capire cosa gli piace. È fondamentale continuare a fare esperienze diverse per svilupparsi, ma iniziare anche a definire una priorità, che sia la strada, la mountain bike o la pista. Ad esempio, se la priorità è la strada, può sfruttare la pista o il ciclocross come completamento, ma concentrare la stagione principale sulla strada. L’importante è avere una visione chiara e lavorare per tappe, senza correre solo per la gara della domenica.

Kelsey Mitchell (classe 1993) prima passare al ciclismo era stata una ginnasta, aveva giocato ad hokey su ghiaccio, basket e calcio fino al 2017. Nel 2021 ha vinto le Olimpiadi
Kelsey Mitchell prima passare al ciclismo era stata una ginnasta, aveva giocato ad hokey su ghiaccio, basket e calcio fino al 2017. Nel 2021 ha vinto le Olimpiadi
Che non è programmazione…

Sì, oggi non funziona più. A livello assoluto, gli atleti arrivano pronti alla prima gara della stagione, ma per farlo hanno già intrapreso un programma ben definito. Le gare di allenamento non esistono più. Bisogna abituare i ragazzi a fare le cose in allenamento e arrivare alle gare pronti, con obiettivi specifici. Anche i giovani devono iniziare a ragionare così: non tutte le gare hanno lo stesso peso.

Che domande ti sono state fatte durante l’evento?

C’è stata una domanda che mi ha colpito, fatta da un direttore sportivo: mi chiedeva come gestire un ragazzo che arriva tardi al ciclismo, magari a 17 o 18 anni. Ho risposto con un esempio provocatorio: «Ho un ragazzo junior che ha giocato a calcio fino alla scorsa settimana e ora vuole iniziare con la bici. Lo prendereste?». Nessuno ha risposto.

Il caso Evenepoel!

Appunto. Questo è un limite culturale: altri Paesi accolgono atleti da altri sport, anche tardi. Noi diciamo di no e questo ci penalizza. Pensiamo alla vicina e piccola Slovenia. Quanto è forte nello sport? Loro hanno dato la possibilità concreta di pedalare ad un saltatore con gli sci (Roglic, ndr) e guardiamo dove è arrivato.

Ma secondo te perché le società non prederebbero quell’atleta? È solo una questione economica, perché in Italia sotto questo punto di vista è sempre più difficile. O c’è altro?

Io penso sia una cultura sportiva generale. Non è colpa né della Federazione, né della singola società, ma di una cultura sportiva più generale che dovrebbe essere più trasversale. Non so, penso alla sprinter canadese che si è ritrovata alle Olimpiadi quando fino a pochissimi anni prima giocava a calcio. Le hanno fatto dei test fisico/sportivi e hanno visto che poteva essere adatta alla velocità su pista nel ciclismo.

I giovani del Caneva in allenamento
I giovani del Caneva in allenamento
Chiaro…

È vero, ci sono meno bambini e molti più sport tra cui scegliere. È normale avere meno atleti disponibili rispetto a prima. Ma proprio per questo dobbiamo essere pronti a intercettare chi vuole provare il ciclismo, anche più avanti. In questo, serve una cultura sportiva trasversale, che parta dalle scuole e coinvolga tutti gli sport, come accade in paesi come la Slovenia appunto.

Una ragazza ti ha posto una domanda: era indecisa se fare l’intera stagione del cross in quanto aveva paura di arrivare stanca alla stagione su strada. Cosa le hai detto?

A occhio e croce poteva essere un’allieva. Le ho chiesto cosa le piacesse fare. Mi ha detto che ama il cross, e allora le ho detto di continuare a farlo. Dopo la stagione invernale, però, può fermarsi, recuperare, e iniziare la stagione su strada con calma, senza fretta, semplicemente entrando in gara qualche settimana dopo. Non bisogna avere paura di fermarsi per costruire una stagione con criterio.

Qual è stato alla fine il messaggio che volevi lasciare?

Sapere dove si vuole arrivare è fondamentale. È un concetto che vale nello sport e nella vita. Bisogna partire dall’obiettivo, analizzare il punto di partenza e costruire un percorso chiaro, usando tutti i mezzi a disposizione. Solo così si possono raggiungere traguardi importanti. Non bisogna guardare al breve termine… alla corsa della domenica.

Caneva in Sicilia: un’esperienza di vita, non solo allenamenti

18.02.2024
7 min
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Dalla pianura di Pordenone alle coste agrigentine di Licata, il Gottardo Giochi Caneva ha attraversato tutto lo Stivale italiano per svolgere il proprio ritiro. Una trasferta in Sicilia per la formazione juniores che non è servita solo per incamerare centinaia di chilometri nelle gambe in vista dell’imminente inizio di stagione, ma anche per far vivere ai propri ragazzi una esperienza di vita.

La scelta della destinazione, il viaggio fatto in due gruppi ed in due modi differenti, la giornata tra bici, studio ed escursioni. Il Caneva ha sfruttato appieno la settimana di Carnevale per scoprire qualcosa in più del proprio gruppo ed anche farsi conoscere. Ne abbiamo parlato con Michele Biz, presidente del team giallonero e figlio dello storico patron Gianni, ed Ivan Ravaioli, nuovo diesse ed ex pro’ di Mercatone Uno, Barloworld e Saunier Duval.

Il Caneva è stato ricevuto dall’amministrazione comunale di Licata. Qui l’assessore allo sport Maria Sitibondo e il diesse Ivan Ravaioli alla sua sinistra
Il Caneva è stato ricevuto dall’amministrazione comunale di Licata. Qui l’assessore allo sport Maria Sitibondo e il diesse Ivan Ravaioli alla sua sinistra

“Gemellaggio” siciliano

Dopo la morte del padre nel 2012, Michele ha assunto la guida della società mantenendo la stessa filosofia che aveva accompagnato i trionfi del Caneva negli anni Novanta e Duemila. L’anno scorso hanno celebrato i sessant’anni di attività e quest’anno si sono concessi un ritiro “stellato” in Sicilia (e capirete perché), quasi fosse un gemellaggio tra il loro Comune e quello che li ha ospitati.

«Avevamo già messo in programma di fare un ritiro durante il periodo di Carnevale – racconta Michele Biz – visto che le scuole osservavano diversi giorni di chiusura. Siamo stati via da venerdì 9 a mercoledì 14 febbraio, quindi i nostri ragazzi alla fine hanno fatto solo due giorni di assenza. E’ stato un ritiro a metà tra il turistico e l’agonistico, se così possiamo dire. Abbiamo trovato un’ospitalità che solo in Sicilia si può trovare, venendo ricevuti addirittura dall’Amministrazione locale. Per noi è stato un motivo di orgoglio e chissà che non sia nato qualcosa per il futuro».

I tredici juniores del Caneva ogni giorno facevano tra le tre e le cinque ore di allenamento
I tredici juniores del Caneva ogni giorno facevano tra le tre e le cinque ore di allenamento

«La scelta di andare a Licata – prosegue – è stata quasi un caso. Il nostro vicepresidente ha un collega di lavoro di quella zona che gli aveva suggerito che una struttura alberghiera con prezzi davvero vantaggiosi, dato anche il periodo di bassa stagione. Ci abbiamo riflettuto e così abbiamo prenotato quasi tutti gli appartamenti che avevano a disposizione.

«Una volta laggiù – continua – abbiamo poi voluto godere della loro cultura al di fuori degli allenamenti. Non siamo solo andati alla scoperta della zona, ma abbiamo voluto anche assaggiare la loro cucina. E chi meglio di Pino Cuttaia, chef stellato, poteva farcela provare? Lui ci ha preparato la tipica colazione siciliana, raccontandocene la tradizione. E pensate che Pino è un grande appassionato di ciclismo. Ci raccontava che quando lavorava negli hotel in Piemonte negli anni Novanta, durante i Giri d’Italia aveva avuto come clienti Bugno, Indurain ed altri corridori di quel periodo. Infatti le domande che ha fatto ai ragazzi o sulle nostre bici erano molto mirate. E’ stato davvero un piacere conoscerlo e i ragazzi si sono divertiti».

Il Caneva è stato ospite per colazione all’Uovo di Seppia, il locale gestito dallo chef stellato Pino Cuttaia, appassionato di ciclismo
Il Caneva è stato ospite per colazione all’Uovo di Seppia, il locale gestito dallo chef stellato Pino Cuttaia, appassionato di ciclismo

Caneva-Licata andata e ritorno

Uno degli aspetti più belli e curiosi di una trasferta è il viaggio. Per abbattere la distanza tra Friuli e Sicilia c’è l’aereo, però non è l’unico modo per farlo. La squadra giallonera si è attrezzata con dovizia di particolari.

«Tra Caneva e Licata – va avanti Michele Biz – ci sono 1.600 chilometri e quindici ore di auto. Ci siamo organizzati bene per fare tutta una tirata in giornata. Due furgoni con tre persone a bordo, che si davano il cambio alla guida, hanno raggiunto i tredici ragazzi e i tre diesse che avevano preso il volo Bologna-Catania. All’andata hanno rischiato di non partire per uno sciopero del personale di terra. Poi grazie alla nostra agente viaggi e ad una serie di telefonate per sincerarci che tutto fosse sicuro, la squadra è partita. Questo episodio fa parte della tradizione Caneva e l’ho preso da esempio per insegnare ai ragazzi che bisogna lavorare perché le cose vadano bene. Proprio come si deve fare in bici».

Il Caneva in Sicilia a parte il primo giorno di pioggia, ha sempre trovato una clima buono per allenarsi
Il Caneva in Sicilia a parte il primo giorno di pioggia, ha sempre trovato una clima buono per allenarsi

«Questo viaggio – aggiunge Ivan Ravaioli – è stato davvero un’esperienza di vita per i ragazzi. Alcuni di loro non avevano mai preso l’aereo e farlo con i propri amici e compagni è stato ancora più bello. Ma non è finita lì. Una volta atterrati a Catania, abbiamo preso un mezzo pubblico per arrivare a destinazione. All’uscita dell’aeroporto c’è proprio un pullman di linea che va diretto a Licata. E’ stato un modo per immergerci già nel clima siciliano e vedere fuori dal finestrino dove saremmo stati per sei giorni».

La giornata dei gialloneri

Le gare sono all’orizzonte e il Caneva ha macinato chilometri attorno a Licata. Quest’anno a guidare la squadra è arrivato Ivan Ravaioli, che ha preso il patentino da diesse proprio negli ultimi mesi. Per sua stessa ammissione, lui vuole improntare sul dialogo il rapporto con i suoi ragazzi. Parlare con ognuno di loro sugli obiettivi da raggiungere e poi studiare la strategia per centrarlo. Certo, poi c’è il passato da pro’ che tornerà utile da trasmettere.

«Abbiamo fatto una buona settimana di bici – spiega Ravaioli – grazie al clima. Solo il primo giorno abbiamo preso la pioggia, rientrando un po’ sporchi perché avevamo scelto strade sconosciute. Nei giorni successivi invece abbiamo programmato percorsi più precisi. A seconda dei lavori, facevamo sempre dalle tre alle cinque ore di allenamento a cavallo del mezzogiorno. Questo ritiro lo abbiamo dedicato all’intensità per cercare il ritmo-gara. Quando tornavamo nei nostri appartamenti, i ragazzi avevano qualche ora libera per studiare e poi di nuovo tutti assieme per andare a visitare la città. Altri due passi dopo cena e tutti a dormire. Questa era la nostra giornata tipo».

Il ritiro siciliano è servito al Caneva per fare intensità e trovare il ritmo gara in vista dell’inizio della stagione
Il ritiro siciliano è servito al Caneva per fare intensità e trovare il ritmo gara in vista dell’inizio della stagione

Gli obiettivi

Il soggiorno del Caneva in Sicilia è servito anche per mettere nel mirino qualche obiettivo, sia individuale sia come filosofia di squadra. La qualità per essere protagonisti non manca. De Longhi, azzurro ed argento ai tricolori di ciclocross, e Stella, quattro medaglie in pista tra europei e mondiali, sono i nomi più in vista.

«Abbiamo assemblato un gruppo – conclude Michele Biz – in modo eterogeneo, tra primi e secondi anni, tra velocisti, scalatori e passisti. Amalgameremo tutto contando anche sulla voglia di riscatto di alcuni ragazzi. Abbiamo il vantaggio che il gruppo, tra nuovi e confermati, si conosce comunque da tanto tempo, quindi sarà più facile far capire le nostre direttive. Il ritiro in Sicilia ha avuto sicuramente più aspetti positivi che negativi. Ho visto che ha fatto bene al gruppo e penso che lo ripeteremo l’anno prossimo».

«Personalmente – chiude la sua analisi Ivan Ravaioli – vorrei preparare mentalmente questi ragazzi a ciò che li attende. Metodo e programmazione dell’obiettivo sono alla base del ciclismo, specialmente quello attuale. La categoria juniores è l’anticamera del professionismo e loro devono essere pronti con la testa a fare un eventuale salto in una devo team, come succede ormai per tantissimi ragazzi.

«Naturalmente c’è anche l’aspetto tecnico da curare. Vorrei far migliorare le caratteristiche in cui sono carenti. Uno scalatore ad esempio lo porterei in pista per insegnargli come affrontare una volata ristretta. Un’altra mia idea è quella di pianificare il calendario delle gare con un mese d’anticipo tenendo conto delle prerogative fisiche dei ragazzi. Siamo tutti fiduciosi di fare bene».

G.S. Caneva e Miche: la collaborazione è ok!

29.07.2021
3 min
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Continua spedito l’impegno di Miche a supporto del ciclismo giovanile. Come procede veloce e soddisfacente la collaborazione che lo stesso, storico marchio veneto produttore di componenti ed accessori, ha in essere con una delle società sportive più celebri del nostro paese: il G.S. Caneva.

Miche è al fianco dei ragazzi del G.S. Caneva
Miche è al fianco dei ragazzi del G.S. Caneva

Giochi e il Caneva di domani

Oggi la Gottardo Giochi Caneva è una società che opera con allievi e juniores. Dall’anno scorso ha rivolto lo sguardo anche ai giovanissimi, non ancora con finalità agonistiche, ma per il gusto di mettere in bici anche i più piccoli. A coordinare il progetto c’è Michele Biz, il figlio del grande Gianni, storico dirigente della compagne friulana.

«Siamo davvero molto contenti del nostro progetto – ha dichiarato a bici.PRO Michele Biz – e per questo andiamo avanti a costruire. Posso felicemente ammettere che abbiamo degli amici, più che dei partner, come sponsor. Brand che credono nel progetto e senza i quali non si potrebbe fare molto. Tra questi mi piace citare Miche, il cui supporto per noi è davvero essenziale: un’azienda dove si respira ciclismo e dove la storia e la tradizione per le corse ha un significato ben preciso. Speriamo di essere bravi a ricostruire quella grandezza che abbiamo vissuto qualche anno fa. Noi ce la mettiamo davvero tutta, così che anche domani i ragazzi di oggi abbiamo il senso di appartenenza dei ragazzi della Caneva di ieri».

Ogni componente del brand veneto supera severi test di qualità
Non solo grandi prodotti, ma anche grande passione. Per questo Miche è vicina al ciclismo giovanile grazie alla collaborazione con il Caneva
Ogni componente del brand veneto supera severi test di qualità

Qualità e affidabilità Miche

Da più di cent’anni la Miche e la famiglia Michelin giocano un ruolo importante nella grande tradizione ciclistica italiana, avendo iniziato la propria produzione di biciclette nel lontano 1919, per poi passare negli anni a quella di moto e componenti per biciclette. La storia di Miche è dunque legata a quella tradizione.

E’ una storia fatta di passione alla quale sono state ben associate nel tempo le più recenti tecnologie produttive e un forte desiderio di rinnovamento per rendere omaggio a chi, quotidianamente, condivide la passione per il ciclismo. «Persone – affermano in Miche – alle quali siamo orgogliosi di mostrare l’efficienza del nostro processo produttivo, la nostra attenzione per l’innovazione e a cui ci rivolgiamo attraverso un’accurata gestione del cliente».

Miche è sempre presente anche sul territorio, con fiere ed expo nei vari eventi di settore
Miche è sempre presente anche sul territorio, con fiere ed expo nei vari eventi di settore

“We Race Together”

“We Race Together” (corriamo insieme): è questo lo slogan, la bella motivazione che spinge l’attività quotidiana di Miche nel settore della produzione di componenti alta gamma. Realizzare prodotti di qualità rappresenta la mission aziendale di Miche, un obiettivo certificato dai test dei laboratori interni all’azienda e nel pieno rispetto dei rigorosi standard che il sistema qualità Miche stesso prescrive.

Tutti i componenti Miche, che siano ruote, guarniture, ingranaggi oppure accessori, vengono sviluppati utilizzando evoluti programmi CAD, per poi prendere forma su stampanti 3D e – una volta realizzati – devono superare ripetuti test di collaudo nelle più gravose condizioni di utilizzo. E questo a totale garanzia anche dei più attenti consumatori.

miche