Vredestein Aventura Grezzo, il tubeless gravel (anche) da gara

Vredestein Aventura Grezzo, tubeless (anche) da gara

04.12.2025
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Vredestein Aventura Grezzo è lo pneumatico gravel dedicato a chi vuole trazione, aderenza, presa ed un tubeless che morde su quasi tutti i terreni. Lo abbiamo provato nella versione tradizionale, non Stout. E’ una gomma tanto performante, quanto sostanziosa, come vuole il DNA Vredestein.

E’ un tubeless ready che si adatta bene alle differenti interpretazioni gravel. A nostro parere trova il suo ambiente ideale in gara ed i quei contesti dove serve aggredire il terreno e dove la guida a tratti diventa aggressiva. Ecco Aventura Grezzo (sezione da 44) nel dettaglio.

Vredestein Aventura Grezzo, il tubeless gravel (anche) da gara
Aventura Grezzo, una sorta di pneumatico totale per il gravel impegnativo
Vredestein Aventura Grezzo, il tubeless gravel (anche) da gara
Aventura Grezzo, una sorta di pneumatico totale per il gravel impegnativo

La mescola TriComp

Il nuovo pneumatico è caratterizzato da una carcassa morbida e malleabile, ben rinforzata nella zona del tallone. Il tessuto lavora insieme ad uno strato di gomma (ed i tasselli) con uno spessore non secondario, complice di uno pneumatico non leggerissimo, ma robusto. Tecnicamente si tratta di un modello ad alte prestazioni, con una buona scorrevolezza al pari di una propensione ad interfacciarsi sui fondi cedevoli e scomposti.

E’ disponibile per le ruote da 29 pollici e per le 27,5. Per le prime le larghezze a catalogo sono due, 44 e 50, per le 650b è disponibile la 50. Infine la carcassa, costruita grazie ad un tessuto sintetico da 120 Tpi. Tramite i diversi portali in rete, il prezzo medio si attesta intorno ai 50/55 euro, molto buono a nostro parere considerare il rapporto qualità/prezzo.

Tasselli differenziati

Diversi per disegno, dimensioni e struttura: ad ognuno il suo compito. La sezione centrale mostra un rampone che è una sorta di freccia, assecondato da tasselli più piccoli ai lati. Questi ultimi sono intervallati, più grandi e più piccoli, più vicini alla parte centrale e più distanti. Si muovono e supportano l’azione dei ramponi al centro, offrendo una maggiore superficie di appoggio sulla roccia e anche sui terreni dove la ruota tende ad affondare.

I lati hanno una tacchettatura separata in due parti, con ramponi mediani e più esterni. I primi sono tagliati in due e hanno un disegno che ricorda un esagono. Si deformano in modo controllato quando si va in appoggio all’esterno. Quelli esterni (più piccoli) sono in coppia e quelli posizionati singolarmente sono più grandi. Il concetto è quello di creare aderenza costante, anche a velocità elevate e proprio sui manti inconsistenti, con il bagnato/umido e con l’asciutto. Vredestein Aventura Grezzo funziona bene anche su una tipologia di terra rossa, non troppo con il fango, dove la sezione centrale tende ad accumulare fango.

TriComp Technology

Anche Aventura Grezzo adotta la mescola TriComp, ovvero un blend di tre densità differenti che portano in dote gli pneumatici top di gamma Vredestein. Ad esempio, anche il tubeless ready Superpasso Pro road è dotato di questa tecnologia. Ogni sezione dello pneumatico e del battistrada in genere adotta una “durezza” specifica e dedicata, il tutto per massimizzare l’adattabilità dello pneumatico, senza mai sacrificare la scorrevolezza. Resta il fatto che Aventura Grezzo è un’artigliatura importante e una volta di più è da tenere ben presente che ha dei tasselli che mordono.

I nostri feedback

Un tuttofare. Vredestein Aventura Grezzo da 44 va bene un po’ ovunque (ben inteso che in condizioni di asfalto e terreni molto duri/compatti il Seta resta un riferimento per il gravel veloce, ma non eccessivamente complicato) e si adatta bene a differenti stili di guida e skills degli utilizzatori. E’ uno di quegli pneumatici che infondono sicurezza, per via della loro robustezza, grazie alla sua capacità di aggredire il terreno anche nelle fasi di cornering più accentuate. Non un dettaglio banale. Aventura Grezzo è un tubeless affidabile, che sacrifica qualche grammo in fatto di leggerezza, a favore della sostanza. Anche per questo motivo, pensando a chi proviene dalla mtb, oppure alterna diverse discipline, Aventura Grezzo può essere un gran bel riferimento. In alcune fasi della performance ricorda proprio una gomma da mtb.

Aventura Grezzo è uno di quei tubeless ready che non scivola, non si deforma neppure quando le pressioni di esercizio sono basse. La sostanza che porta in dote gli permette di essere usato da solo (abbinato al liquido anti-foratura) oppure con un inserto run-flat tra gomma e cerchio. Molto buona è la tenuta della forma e della misura da “etichetta”. Montato su un cerchio hookless con canale interno da 25, ha mantenuto la sua larghezza originale di 44 millimetri.

Vredestein

GT3 Lavaredo

GT3 Lavaredo, le Gravel World Series sbarcano nelle Dolomiti 

02.12.2025
6 min
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Sabato 20 giugno 2026 ad Auronzo di Cadore prenderà il via la prima edizione di GT3 Lavaredo, un nuovo evento parte dell’UCI Gravel World Series. Il percorso è un anello di oltre 130 chilometri attorno alle Tre Cime di Lavaredo, forse la montagna più famosa e riconoscibile di tutte le Dolomiti. Una salita che ha fatto la storia del Giro d’Italia che si inerpicò lassù per l’ultima volta nel 2023, con la vittoria di Santiago Buitrago, che staccò Derek Gee. Alle loro spalle Magnus Cort batté in volata Primoz Roglic, che rosicchiò tre secondi alla maglia rosa Thomas, preparandosi per il sorpasso del giorno dopo nella cronoscalata del Monte Lussari.

Ad organizzare l’evento è l’ASD Pedali di Marca, la stessa associazione che ha organizzato la seconda edizione dei Mondiali Gravel di Pieve di Soligo e molti altri appuntamenti nel territorio trevigiano e non solo. Abbiamo contattato Massimo Panighel, presidente di Pedali di Marca, per farci raccontare questa nuova avventura. 

Nel 2023 Buitrago conquista le Tre Cime, premiato da Nibali che aveva vinto lassù 10 anni prima, ipotecando il suo primo Giro
Nel 2023 Buitrago conquista le Tre Cime, premiato da Nibali che aveva vinto lassù 10 anni prima, ipotecando il suo primo Giro
Massimo, com’è nata questa nuova sfida?

L’UCI ci ha chiesto di organizzare una delle due tappe italiane delle Gravel World Series. Una sarà in Sardegna, l’altra la faremo noi nelle Dolomiti. Ce l’avevano già chiesto dopo il mondiale gravel di Pieve di Soligo, organizzato da noi di Pedali di Marca, ma all’epoca non c’erano i tempi tecnici. Questa volta invece abbiamo coinvolto nel progetto il comune di Auronzo, che nel 2026 per la prima volta dopo 16 anni non ospiterà più il ritiro della Lazio. Quindi volevano sviluppare un altro tipo di prodotto turistico e la bici è il mezzo perfetto. 

Come avete scelto il percorso?

Di fatto è il giro delle Tre Cime di Lavaredo con partenza e arrivo da Auronzo, infatti GT3 sta per Gran Tour 3 Cime. Si attraversano la Val Comelico, la Val Pusteria e la Conca Ampezzana. In tutto sono 133 chilometri con oltre 3.000 metri di dislivello. Il percorso si snoda quasi sempre per ciclabili sterrate, molte delle quali nei fondovalle, un modo per valorizzare quel tipo di offerta cicloturistica.

Massimo Panighel alle Tre Cime di Lavaredo nel 2023, quando ha fatto parte del comitato di tappa del Giro d’Italia
Massimo Panighel alle Tre Cime di Lavaredo nel 2023, quando ha fatto parte del comitato di tappa del Giro d’Italia
Abbiamo detto che si tratta di un evento gravel, quanta percentuale di sterrato c’è?

Siamo oltre la percentuale che l’UCI indica per gare di questo genere, che è il 65 per cento. Noi siamo oltre il 70 per cento, di fatto l’unico tratto asfaltato è la prima salita, il passo Sant’Antonio che porta in Comelico. Quello serve anche per allungare il gruppo in partenza quindi va più che bene, ma da lì in avanti sono quasi solo strade forestali.

Hai accennato alla prima salita, qual è la più dura del percorso?

Probabilmente l’ultima, quella che da Cortina porta al Passo Tre Croci, anche perché è divisa in due parti con un breve risciacquo prima della parte finale dura. Le altre due sono più abbordabili. La prima, appunto il Passo Sant’Antonio, è regolare e in asfalto. La seconda è la più lunga, circa 25 chilometri, ma sale a scaloni con anche dei tratti pianeggianti, alterna pezzi duri con altri di recupero. In generale sono comunque tutte pedalabili e mai estreme. 

GT3 Lavaredo Auronzo
La partenza e l’arrivo saranno ad Auronzo in provincia di Belluno, con il lago e la sua cerchia di boschi e montagne
GT3 Lavaredo
La partenza e l’arrivo saranno ad Auronzo in provincia di Belluno, con il lago e la sua cerchia di boschi e montagne
Sappiamo che gravel può voler dire molte cose. Com’è il fondo delle strade?

E’ sempre abbastanza scorrevole, sono tutte strade forestali o ciclabili con un bel fondo battuto. Per dare un’idea io l’ho fatta sia con i copertoni da 40 mm che da 36 mm. Il tratto più tecnico è la discesa dopo la seconda salita, che da Malga Klammbach porta a Moso, in Pusteria. Lì in fondo è leggermente più instabile anche per via della pendenza, comunque si fa tranquillamente con degli pneumatici da 40, che secondo me sono la scelta perfetta per questo tipo di percorso.

L’evento principale è agonistico, con le differenti griglie divise per età che partono subito dopo i professionisti. Si può iscrivere chiunque?

Sì certo, è sufficiente avere un certificato medico agonistico ed essere tesserati. In alternativa si può anche fare la tessera giornaliera, la cosa fondamentale è avere il certificato agonistico, trattandosi di una gara.

GT3 Lavaredo
Il fondo è sempre compatto e pedalabile, privo di grandi difficoltà tecniche
GT3 Lavaredo
Il fondo è sempre compatto e pedalabile, privo di grandi difficoltà tecniche
Abbiamo visto che però c’è anche una parte non agonistica dell’evento, come funziona?

Esatto, l’abbiamo organizzato in collaborazione con Audax, l’associazione che gestisce le randonnée in Italia. Il percorso è lo stesso e la partenza è sempre sabato mattina, ma il format è appunto quello delle randonnée, cioè un’esperienza unsupported di viaggio più che una competizione. In questo caso i partecipanti hanno tempo fino alle 17 di domenica per arrivare al traguardo, cioè circa un giorno e mezzo. Abbiamo deciso di inserire questo format perché sappiamo che alcune persone non condividono la parte agonistica del gravel, e ci sembrava giusto aprire l’evento anche a loro. E’ anche un modo per pedalare tra quei paesaggi con più calma, godendosi i panorami senza l’assillo del cronometro.

Le iscrizioni sono già aperte, giusto? A che numeri puntate?

Sì è già possibile iscriversi nel nostro sito, e saranno aperte fino al 18 giugno, cioè a due giorni dalla partenza. Fino a fine dicembre il prezzo è agevolato, poi salirà via via che ci sia avvicina all’evento, quindi il consiglio è di approfittarne. Puntiamo alle 1500 presenze totali, ad ora abbiamo già oltre 100 iscritti e questo ci fa bene sperare. Anche perché il nostro è l’unico evento gravel marathon di tutte le Dolomiti, un punto di forza che siamo sicuri ci premierà.

GT3 Lavaredo
Tutti i 133 chilometri si snodano tra scenari spettacolari, come le Dolomiti che si stagliano dalla Val Comelico in questa foto
GT3 Lavaredo
Tutti i 133 chilometri si snodano tra scenari spettacolari, come le Dolomiti che si stagliano dalla Val Comelico in questa foto
Massimo, ultima domanda. Il territorio attraversato dal GT3 Lavaredo è tutto bellissimo, ma ci sveli un luogo particolare magari meno noto al grande pubblico?

E’ difficile, perché appunto tutto il tracciato passa per panorami straordinari, le malghe del Comelico, Misurina, ogni chilometro ci sono montagne bellissime da ammirare. Se dovessi citare uno spot particolare forse direi le torbiere attorno alle chiesa di Santa Barbara a Danta di Cadore, dopo la prima salita. E’ un posto magico anche se non si chiama Cortina, ed è esattamente per questo che abbiamo creato quest’evento. Per far scoprire agli amanti della bici anche le meraviglie nascoste delle Dolomiti.

Abus, Taipan, Gravel

Taipan: il casco che risponde alle esigenze di chi ama il gravel

29.11.2025
4 min
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La domanda dalla quale in Abus sono partiti per realizzare il nuovo casco gravel Taipan è molto semplice e nasce dal contatto con il pubblico e gli appassionati. Per questo eventi come le fiere, come l’Italian Bike Festival dove è stato presentato il Taipan, ne sono un esempio concreto. Infatti la domanda che ha fatto nascere il tutto era estremamente semplice: “Avete un casco gravel?”. La risposta, tuttavia non è tanto semplice come la domanda, perché ci mette davanti a una questione difficile: capire cos’è il gravel. 

Da Abus la risposta non è arrivata semplicemente sedendosi davanti a un computer, ma provando e testando diverse situazioni. Il Taipan è casco che nasce da un foglio bianco, ma cosa c’è prima di mettersi davanti alla scrivania? Esperienze, chilometri in sella e idee. 

«Abbiamo fatto molte uscite di sviluppo – racconta Sales and Marketing Director ABUS Mobile Security International – per entrare davvero nel vivo della questione perché, dobbiamo e vogliamo sapere praticamente tutto sui caschi che produciamo. Quindi in questi ultimi due anni mi sono dedicato a capire quale fosse il target di riferimento del gravel. Ci siamo avventurati ovunque: nel freddo invernale della Germania, in un tour su strade sterrate, in pedalate notturne e tanto altro. In Abus non avevamo idea di cosa fosse il gravel, così ci siamo semplicemente messi alla prova».

Alla ricerca dell’estremo

Taipan è il nome del casco, ma è anche il nome di uno dei serpenti più velenosi al mondo che vive in luoghi estremamente remoti, nei quali l’essere umano difficilmente si avventura. Il senso del gravel è proprio questo: esplorare, pedalare e guardare oltre i confini. Quello che per molti a volte sembra insuperabile per chi ama il gravel diventa semplicemente avventura e divertimento. 

Il gravel però è anche competizione, e per avere uno dei migliori prodotti dedicato anche a chi vuole guardare alla ricerca della performance in Abus si sono rivolti a Paul Voss, ex-ciclista professionista e due volte campione nazionale tedesco di gravel (2024 e 2025). Taipan si colloca così nella grande collezione di caschi Abus, non solo prodotti pensati per competere e vincere nel ciclismo su strada come il GameChanger o l’AirBreaker, ora anche il gravel ha il suo casco ad alte performance

Sicurezza e test

Abbiamo avuto modo di testare il nuovo Taipan con una pedalata svolta in parte in notturna, le caratteristiche tecniche scelte da Abus per il suo casco gravel sono le stesse che vengono proposte per i suoi prodotti top di gamma su strada. Quello che fa la differenza è il tema della sicurezza, argomento declinabile in diversi temi: fiducia, comfort e visibilità. All’interno della calotta è stata aggiunta una gabbia per aumentare la resistenza agli urti. 

Visibilità e sicurezza, invece, sono state approfondite con l’inserimento di una luce posteriore che si aggancia in maniera facile e veloce. Una soluzione facile ma allo stesso tempo estremamente efficiente, dispone di diversi gradi di illuminazione e aumenta sensibilmente la visibilità del ciclista anche al buio. Inoltre la calotta è progettata per ospitare una luce frontale, nel nostro caso abbiamo optato per la Lezyne 1200+ che offre una fascio potente e ad ampio raggio, perfetto per pedalare fuori da tratti privi di illuminazione artificiale (come spesso accade nel gravel). 

Il Taipan, inoltre, ha una forma più larga di un millimetro per lato. Una scelta derivata dal fatto di voler offrire un comfort più elevato, fattore necessario se si aggiunge il peso della luce frontale. Avere una gabbia interna più larga permette, allo stesso tempo, di avere maggior ventilazione e quindi una temperatura interna sempre costante.

Prezzo: 220 euro.

Abus

Conor Selva, gravel

Conor Selva: il gravel veloce e votato alla performance

31.10.2025
3 min
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Il marchio spagnolo Conor Bikes, brand che nasce negli anni ‘90 nel comune di Egués, nella regione della Navarra, ha da sempre legato il suo nome alla realizzazione di telai performanti e innovativi. Aspetto portato avanti nel ciclismo su strada e ora anche nel gravel, disciplina che sta diventando sempre più legata alla competizione. Per questo in Conor hanno pensato, progettato e sviluppato un nuovo telaio per chi ama pedalare sulle strade bianche: il Selva.

Realizzato in quattro versioni differenti e capace di adattarsi alle esigenze di ogni ciclista che vuole il massimo quando pedala nel gravel. Questa nuova gamma di biciclette, la Selva, fa parte della linea WRC. Stiamo parlando della massima qualità e conoscenze tecniche da parte di Conor.

Carbonio

Tutti e quattro i modelli della gamma Selva sono realizzati in carbonio Toray 24T T700. Una fibra di carbonio con un peso specifico che dona leggerezza al telaio, ma allo stesso tempo garantisce la giusta resistenza per affrontare ogni terreno al meglio. Il design del telaio realizzato da Conor permette di montare copertoni con una larghezza massima di 50 millimetri. Una scelta votata alla ricerca di grande scorrevolezza e guidabilità. 

Le quattro versioni differiscono per il gruppo montato, infatti è possibile scegliere tra: SRAM Force AXS, SRAM Rival AXS, Shimano GRX 820 e Shimano RX610. Per i primi tre modelli stiamo parlando di gruppi monocorona, mentre per quanto riguarda lo Shimano RX610 è montata una doppia corona. 

Dettagli tecnici

In Conor si è optato per dotare i modelli Selva con ruote Mavic Allroad SL con perno passante, con misure di 12×142 millimetri al telaio e di 12×100 millimetri alla forcella.

Le taglie del telaio sono quattro: XS, SM, MD e LA. Per quanto riguarda le misure stiamo parlando di una bicicletta votata al racing, che non esclude il comfort e una posizione comoda in sella. Infatti il rapporto tra reach e stack prevede un rapporto elevato, il che porta il ciclista ad avere un posizione più confortevole. 

Tutti e quattro i modelli prevedono un manubrio in carbonio e montano copertoni Vittoria Terreno Dry con larghezza di 47 millimetri.  

Prezzo: per la Selva Force XPLR è di 4.999 euro; per la Selva Rival XPLR è di 4.199 euro; la Selva GRX 820 è di 3.649 euro, infine per la Selva GRX610 siamo a 2.899 euro.

Conor Bikes

Le Terra Artica GTX 2026

Le Terra Artica GTX 2026: stessa qualità, nuovo colore 

30.10.2025
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Per questo autunno-inverno Fizik ha lanciato una nuova versione delle sue scarpe da off road più protettive, le Terra Artica GTX. Sono scarpe invernali, cioè a mezza altezza, isolanti e impermeabili, per affrontare al meglio il clima e le intemperie della cosiddetta brutta stagione.

Fizik Artica GTX
Le nuove Fizik Artica GTX si differenziano dal colore, da ora anche in versione Desert-Black
Fizik Artica GTX
Le nuove Fizik Artica GTX si differenziano dal colore, da ora anche in versione Desert-Black

Gore-Tex e pile, isolamento e comfort 

Delle scarpe come le Terra Artica GTX devono fare prima di tutto una cosa: tenere i piedi caldi e anche asciutti.  Per questo Fizik ha utilizzato la membrana Gore-Tex, per definizione una garanzia di isolamento e impermeabilità. In particolare la versione Cirrus XT, che oltre alla protezione dalla pioggia è stata studiata appositamente per mantere il calore, pur essendo traspirante come tutte le tecnologie Gore-Tex. 

Se questa membrana si occupa delle intemperie, per aumentare la sensazione di comfort, l’interno della scarpa è foderato in morbido pile spazzolato. Questo ulteriore strato garantisce inoltre ancora più isolamento, esattamente quello che si cerca durante le uscite invernali con il brutto tempo. 

Fizik Artica GTX
L’interno è foderato in pile spazzolato, caldo e confortevole
Fizik Artica GTX
L’interno è foderato in pile spazzolato, caldo e confortevole

Tomaia ad alta densità e suola riprogettata

Per quanto riguarda la parte esterna delle Terra Artica GTX invece, la tomaia è realizzata in PU ad alta densità, un materiale sintetico molto resistente e perfetto per far scorrere via l’acqua, il fango e la neve. Inoltre è particolarmente resistente (pur non avendo un peso eccessivo), cosa che ne garantisce la durata anche per l’utilizzo gravel e mtb.

Un’altra caratteristica molto importante, considerata la tipologia del modello, è la suola. In questo caso si tratta della X5, con indice di rigidità 5 su 10, completamente riprogettata con dei nuovi tacchetti generosi rivestiti in gomma. Quest’ultima caratteristica fa in modo di avere una buona presa anche sui terreni scivolosi tipici dell’inverno. 

Infine un accenno al sistema di chiusura. Rispetto alla versione estiva, le Terra Artica GTX sono più alte, per proteggere meglio il collo del piede dalle intemperie. La chiusura nella parte superiore è assicurata da una cinghia di velcro all’altezza della caviglia, mentre più in basso riprende il singolo Boa delle Terra Atlas.

Fizik Artica GTX suola
La suola è ricoperta in gomma, per una presa stabile anche sui fondi sdrucciolevoli
Fizik Artica GTX suola
La suola è ricoperta in gomma, per una presa stabile anche dyu fondi sdrucciolevoli

Colore (nuovo), peso e prezzo

Se tutto il resta invariato, la novità per questa stagione è data dall’estetica. Le nuove Terra Artica GTX sono ora presentate nella colorazione Desert-Black, con tomaia beige e collo e linguetta nera. Questa si va ad aggiungere alle precedenti verisoni Total Black e Purple-Black.

Il peso dichiarato (in taglia 42) è di 432 grammi e le taglie vanno dal 36 al 48. Il prezzo consigliato nel sito di Fizik è di 259 euro.

Fizik

Campagnolo Super Record 13 cresce ancora, arriva la versione X

Campagnolo Super Record 13 cresce ancora, arriva la versione X

29.10.2025
6 min
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Campagnolo Super Record 13, quando è stata lanciata la versione road lo avevamo anticipato, lo stesso sistema aveva tutta l’aria di essere solo un antipasto. Campagnolo non ci smentisce e amplia ulteriormente la piattaforma a 13 rapporti, lancia la versione X che si spinge (in modo specifico) verso il gravel e l’interpretazione all-road.

Super Record 13 X Gravel si aggiunge ai pacchetti road 2×13, 1×13 road ed al Super Record TT 1×13, quest’ultimo specifico per le bici da crono. Ma non finisce qui, perché la trasmissione 13 Gravel fa da trampolino di lancio anche per la 2×13 All-Road e alle ruote Campagnolo Bora X. Entriamo nel dettaglio.

Campagnolo Super Record 13 cresce ancora, arriva la versione X
Super Record 13 X, alta gamma anche per il gravel e tutto wireless
Campagnolo Super Record 13 cresce ancora, arriva la versione X
Super Record 13 X, alta gamma anche per il gravel e tutto wireless

Campagnolo Super Record 13

Contestualizzato ad oggi non si tratta solo di un cambio, solo di una trasmissione, ma di una piattaforma vera e propria che strizza l’occhio a differenti categorie di bici ed interpretazioni. Di fatto il nuovo sistema Campagnolo Super Record si avvia ad un completamento dell’offerta, sempre con una matrice wireless.

Super Record X identifica la famiglia sviluppata in modo specifico per il gravel e all-road, che mutua alcune soluzioni del 2×13 lanciato a giugno (lo abbiamo provato a fine estate), che porta in dote alcune soluzioni create ad hoc per il gravel.

Le peculiarità del Campagnolo X

Super Record X 1×13 è una trasmissione con la monocorona anteriore ed è il primo gruppo wireless Campagnolo per il gravel. Il bilanciere posteriore è con la gabbia lunga (comunque abbinabile ad una configurazione stradale) e adotta il suffisso Nano Clutch, perfettamente stabilizzato e capace di supportare pignoni fino a 48 denti. E’ specifico per la trasmissione monoring, dove ci sono da sottolineare anche le presenze delle scale pignoni 9-42 e 10-48. Queste nuove cassette adottano in ogni caso il disegno N3W della ruota libera.

La guarnitura ha corone aero, con ben otto dentature disponibili, 38 e 40, 42 e 44, 46 e 48, 50 e 52. I denti delle corone hanno un disegno sviluppato ad hoc, anti-caduta e la stessa guarnitura non obbliga l’impiego del dente salva-telaio. Il range di compatibilità del monocorona parte proprio dai 38 denti, per arrivare ai 52. In aggiunta, nell’ottica di un perfetto abbinamento con il sistema monoring, è previsto anche lo shifter senza pulsanti, solo con la leva del freno. Il prezzo di listino di Super Record X 1×13 gravel è di 3.375 euro, ai quali devono essere aggiunti 1.167 euro per l’eventuale power meter.

C’è anche il Super Record 2×13 All Road (4.370 euro di listino, senza power meter), adatto a chi abbina l’utilizzo stradale a quello gravel. Ben sette le combinazioni delle corone e si possono utilizzare le quattro diverse scale pignoni (10-29, 10-33, 11-32 e 11-36) che il nuovo Super Record 13 rende disponibili. Anche in questo caso il bilanciere posteriore è Nano Clutch (una frizione miniaturizzata) che mantiene la stabilità della catena ed evita cadute. Per tecnica, sviluppo e concetto, questo cambio posteriore è perfettamente abbinabile al pacchetto road.

Più di una semplice evoluzione di Ekar

La piattaforma Campagnolo X non ha praticamente nulla in comune con Ekar. Come scritto in precedenza il sistema è completamente wireless, ma anche il disegno delle corone adotta un profilo diverso dei denti, più evoluto e disegnato per offrire un ingaggio ottimale della catena, stabilizzando quest’ultima anche sui terreni più scassati. Inoltre si aggiungono nuove lunghezze alle pedivelle: 165 e 170, 172,5 e 175.

Le guarniture hanno un fattore Q di 152 millimetri ed il perno passante è il tradizionale Ultra-Torque di Campagnolo. Un power meter anche per il gravel e si basa sul sistema HPPM usato in ambito road.

I punti in comune con il Super Record 13 da strada

Anche il bilanciere X con gabbia allungata è caratterizzato dalle pulegge con diametri e dentature differenti. Quella superiore ha 12 denti e lavora in modo eccentrico, quella inferiore ha 16 denti, è disegnata per ottimizzare la tensione della catena e favorire la scorrevolezza.

Il disegno del bilanciere è pensato nell’ottica di adattarsi ai diversi forcellini di supporto, che siano tradizionali, oppure UDH. La batteria è completamente integrata al corpo cambio e può essere rimossa.

Campagnolo Super Record 13 cresce ancora, arriva la versione X
Design Ergopower in tutto e per tutto
Campagnolo Super Record 13 cresce ancora, arriva la versione X
Design Ergopower in tutto e per tutto

Comandi sempre Ergopower

Rispetto a quelli del precedente sistema Wireless i comandi sono stati completamente ridisegnati, riprogettati e semplificati. Nella versione X è introdotto anche l’Ergopower sinistro senza elettronica, mentre il destro mutua tutte le soluzioni presenti sulla versione stradale. La app di atterraggio dei dati e gestione della trasmissione è la My Campy di Campagnolo.

Campagnolo Super Record 13 cresce ancora, arriva la versione X
Canale largo e altezza da 50, sono le Bora X
Campagnolo Super Record 13 cresce ancora, arriva la versione X
Canale largo e altezza da 50, sono le Bora X

Ci sono anche le nuove Bora X

Cerchio full carbon a 50 millimetri di altezza ed un canale con uncino interno (tubeless ready e non hookless) da 27 di larghezza. E’ perfettamente ermetico e schermato come vuole la tradizione Campagnolo, senza nastro tubeless. I raggi sono in acciaio (differenziati e diversi da quelli delle Bora in versione strada) con sistema di raggiatura G3 ed i nipples sono esterni al cerchio.

Il design della nuova Bora X è ottimizzato per far alloggiare coperture dai 35 millimetri in avanti. Il valore dichiarato alla bilancia è di 1.430 grammi. I mozzi adottano i cuscinetti USB Ceramic. Il prezzo di listino delle Bora X è di 2.290 euro.

Campagnolo

Matej Mohoric, gravel mondiale Maastricht

Un pro’ si diverte quando corre? Lo chiediamo a Mohoric

20.10.2025
6 min
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Un pro’ corre sempre per il risultato. E’ vero, è ovvio, è pagato per questo. Ma è anche vero che può correre per divertirsi e quando ci riesce tutto assume un altro aspetto. E’ quel che ci ha raccontato, e che abbiamo visto dal vivo con Matej Mohoric reduce dal campionato del mondo gravel UCI.

Lo sloveno ama il suo mestiere ed ama anche il gravel. E’ la bici che più lo riporta a quando era bambino, ci racconta. E’ la bici con cui spingere, ma avere quelle sensazioni che vanno oltre. Quando ti senti tutt’uno con la bici. Mohoric ci racconta così com’è andato il suo mondiale, che lo ha visto salire sul terzo gradino del podio. Ma anche quel che significa, specie dopo tanti anni, riuscire ancora a divertirsi in bici. Ricorderete la sua discesa del Ventoux filmata da noi questa estate al Tour. Ma anche lo show di Maastricht.

Curve in appoggio, derapate, entrare killer in curva: Mohoric a Maastricht ha dato spettacolo (foto Instagram – Tornanti)
Curve in appoggio, derapate, entrare killer in curva: Mohoric a Maastricht ha dato spettacolo (foto Instagram – Tornanti)
Matej, come giudichi questo tuo bronzo? Sei soddisfatto?

Diciamo che se uno me lo chiedeva prima di partire avrei messo la firma. Perché il percorso quest’anno era ancora più facile rispetto all’anno scorso. C’erano meno tratti dove con le gambe potevi fare la differenza. Meno tratti tecnici, dove il gruppo si allunga. Quindi c’era più strategia, più tattica, dal punto di vista delle squadre.

Come è andata?

Dopo un’ora è andata via una fuga abbastanza pericolosa, con 6-7 corridori, dove c’erano anche tanti belgi e tanti compagni di squadra. In realtà sono andato a chiudere io, e poi sono partiti al contropiede quei quattro che hanno poi determinato la corsa, tra cui Florian Vermeersch. Lì ho capito che era il momento chiave. Ma, come ho detto, il percorso non era facile da gestire da quel punto di vista.

E dopo?

E’ successo come quando sono andato via con Tom Pidcock. Lui ha fatto il ritmo e io sono partito in contropiede: è difficile andare a chiudere su tutti. Alla fine, quando ero davanti, ho trovato il mio ritmo e le gambe, che comunque erano buone. Anche se ero tanto stanco dopo la stagione, dopo le ultime settimane davvero impegnative.

Nessun rammarico insomma…

Mi è dispiaciuto un po’ che il mio compagno di fuga, lo svizzero Stelhi, non ne avesse molta. Ma so che ha dato il suo massimo: quando tirava lui si vedeva che era stanco. Poteva anche stare a ruota e non dare i cambi, invece ha contribuito. Magari se al suo posto ci fosse stato Pidcock potevamo anche rientrare, anche se non era per niente facile. Florian è stato fortissimo e secondo me era il favorito numero uno. Se la merita tutta questa maglia. In questa disciplina è veramente forte. Già in Rwanda, ai mondiali, non potete capire che lavoro ha fatto per Remco Evenepoel. Si vedeva che stava davvero bene.

Matej Mohoric ha lottato come un leone. Alla sua ruota lo svizzero Stelhi
Matej Mohoric ha lottato come un leone
Matej, voi pro’ ormai siete quasi dei robot. I carboidrati all’ora, il casco aerodinamico, il guantino… Però grazie a te abbiamo visto che il professionista sa anche divertirsi. La discesa dal Ventoux questa estate, la guida show al mondiale gravel… Ti diverti?

Guardate, io ho iniziato ad andare in bici per questo. Perché è bello, perché ti diverti, perché mi piace guidare così. Quando uno ha la possibilità di farne il suo lavoro, e di conseguenza ha anche tanto tempo per fare pratica, diventa sempre più bravo. Magari non più veloce, ma più sicuro in quello che fa. In queste corse su gravel è anche più facile sfruttare, far emergere queste doti. Anche su strada è sempre importante sapere guidare la bici, ma nel gravel c’è ancora più differenza.

Quante volte hai usato la bici da gravel durante l’anno o prima del Mondiale?

Purtroppo noi professionisti non abbiamo tantissimo tempo: è uno dei problemi del nostro lavoro, che comincia a essere pesante dopo un po’ di anni. Siamo sempre di fretta. Tra allenamenti, gare e routine da pro’ non è facile trovare il tempo per le uscite con la bici gravel. Uno pensa che ci si potrebbe allenare ogni tanto…

Invece?

C’è sempre la tabella da rispettare ed è più comodo andare su strada: hai i tuoi parametri, i tuoi valori, puoi gestire lo sforzo. L’ho usata qualche volta per fare distanza, perché è un’uscita più semplice, senza lavori specifici. Quindi tornando alla domanda: credo di aver usato la bici gravel una decina di volte quest’anno.

In bici, anzi in gara, col sorriso… in pochi ci riescono (foto Instagram – Tornanti)
In bici, anzi in gara, col sorriso… in pochi ci riescono (foto Instagram – Tornanti)
Come concepisce Matej Mohoric la bici gravel?

Mi piace proprio perché non la considero come il mezzo di lavoro, come invece è la bici di allenamento su strada. E’ la bici del divertimento. Mi dà un senso di libertà. Mi fa sentire più connesso con la natura. Magari ci esco e faccio un giro non abituale, qualcosa di diverso per cambiare un po’. E anche per ricordarmi perché ho iniziato ad andare in bici, come quando ero piccolo. In generale vedi posti più belli, più selvaggi.

Con che gomme hai gareggiato al mondiale in Olanda?

Con un prototipo di Continental. Quest’anno devo dire che siamo migliorati tantissimo sotto questo aspetto. Negli scorsi anni devo dire di aver avuto fortuna, specie quando vinsi il mondiale in Italia: andò tutto bene e non eravamo così preparati tecnicamente. Nel gravel gli pneumatici e le ruote sono forse la cosa più importante della bici. Abbiamo studiato tanto e migliorato tanto. Oggi c’è tanta tecnologia e le gomme, anche se sembra assurdo, fanno davvero la differenza.

Beh, vediamo quanto ci investono i marchi…

Chiaro, soprattutto nel gravel devi trovare il giusto equilibrio tra velocità, grip e protezione. Se ti devi fermare per una foratura o perché usavi una pressione troppo bassa e rompi un cerchio su una pietra, è un problema. Ora esistono anche vari tipi di inserti da mettere all’interno del cerchio.

Tu l’avevi l’inserto?

Sì, e l’avevo montato su un cerchio particolare di Vision. La misura era 40, ma alla fine su quel cerchio era come fosse un 43 millimetri. A me piace andare forte nei tratti tecnici, sentire la velocità, controllare la bici che scappa…

Quest’anno la stagione su strada di Matej è stata a dir poco tormentata
Quest’anno la stagione su strada di Matej è stata a dir poco tormentata
Usciamo dal discorso gravel, Matej. La tua non è stata una stagione brillante come al solito. Come mai?

Nelle primissime gare stavo molto bene, quasi troppo. Avevo iniziato la preparazione presto e credo di essere andato oltre il limite del mio corpo. Dopo la prima corsa mi sono ammalato una prima volta, prendendo un’infezione batterica. Poi una seconda, una forte otite che mi ha costretto a prendere antibiotici. Subito dopo, il giorno prima della Strade Bianche, ho preso un’altra infezione, stavolta gastrointestinale, che mi ha distrutto. Da lì in poi non mi sono più ripreso.

E sappiamo che non è facile riprendersi in questo ciclismo…

Non andavo più avanti. Ho tenuto duro pensando di riprendermi nel periodo delle classiche, ma col senno di poi mi sarei dovuto fermare subito. Correndo da malato ho compromesso anche la seconda parte di stagione. Ho sbagliato anch’io a non fare uno stop totale e cercare di resettare tutto. Ho chiuso un po’ gli occhi e ho detto: sì dai, ce la faremo, e invece…

L’ultima domanda, Matej: Pidcock ti ha detto qualcosa sul fatto che guidi meglio di lui sul gravel?

Non penso che guidi meglio di lui – ride Matej – credo solo che quel giorno a Maastricht Tom fosse molto stanco dopo il Lombardia del giorno prima. Di certo in MTB non posso andare con lui… nel gravel, magari, me la gioco un po’ meglio.

gravel race, regolamento

Gravel race: quale regolamento? Parola a Mussa della FCI

16.10.2025
5 min
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Gravel World Series, europeo e mondiale, ora la Serenissima Gravel… seguendo questi eventi ci siamo resi conto ancora una volta che il gravel race non ha ancora un regolamento ben definito. Lo stesso Filippo Pozzato ci ha raccontato di aver chiesto chiarimenti in merito a un ordinamento tecnico, lui che organizza proprio una gara gravel.

All’epoca, dopo il primo mondiale, ne parlammo con Massimo Ghirotto, allora referente off-road della FCI. Era il 2022 e in effetti si era davvero a uno stato embrionale per quanto riguardava le gare gravel. A distanza di qualche anno siamo tornati sull’argomento con un’esponente federale: Barbara Mussa, a capo del settore off-road della Federciclismo. La responsabile ci ha aiutato a capire la situazione attuale. E’ vero che il quadro normativo resta in via di definizione, ma gran parte di questo ampio discorso parte dai vertici UCI.

Barbara Mussa, presidentessa della commissione fuoristrada della FCI
Barbara Mussa, presidentessa della commissione fuoristrada della FCI
Dunque, Barbara, qual è lo stato dell’arte del regolamento tecnico del gravel race? Pozzato diceva: “Devo fare riferimento a una gara su strada o a una gara off-road?”

Parliamo di una specialità che, soprattutto nel race, è giovanissima. Per quanto riguarda le competizioni, questa occupa ancora una piccola parte, perché la maggior parte delle manifestazioni gravel è cicloturistica, con un impegno tecnico-organizzativo minore (si dà una traccia, traffico aperto e ognuno è responsabile di sé stesso, ndr). Non è stato semplice, tuttavia negli ultimi mesi ne abbiamo parlato molto, discusso tanto e introdotto alcune modifiche. Modifiche però molto lievi.

Perché?

Perché abbiamo bisogno di tempo per capire e per crescere. Lo stesso campionato europeo ci ha permesso di comprendere determinate criticità. Per esempio, nelle norme attuative c’è scritto che il gravel race può essere disputato con qualsiasi bici di tipo ciclocross, gravel o strada. Tuttavia, ci siamo accorti che alcuni produttori realizzano bici da gravel con manubrio dritto, simili a mountain bike. E questo può comportare dei problemi.

Tipo?

A Lignano, per esempio, durante una gara si è verificato un incidente in partenza. Molti hanno sostenuto che fosse causato dal manubrio dritto di uno dei partecipanti: una misura e una posizione completamente diverse. Come si vede, è ancora tutto un work in progress. Stiamo cercando di capire in che direzione andare, per cui abbiamo introdotto soltanto piccole varianti.

gravel race, regolamento
Essendo un mix fra strada e MTB, in una gravel race servono delle scorte tecniche, ma anche un inizio e un fine corsa
gravel race, regolamento
Essendo un mix fra strada e MTB, in una gravel race servono delle scorte tecniche, ma anche un inizio e un fine corsa
Queste varianti, rispetto alla prima stesura del regolamento (che risale al 2021), in cosa consistono?

Bisogna fare una distinzione. Se parliamo di amatori e cicloturisti, loro vivono il gravel come una randonnée su strada. Noi del settore tecnico, invece, interpretiamo il gravel race più come una Marathon di MTB. Tuttavia abbiamo deciso di liberalizzarlo un po’, perché nelle marathon l’unico vincolo normativo è che la gara deve superare i 60 chilometri. Noi abbiamo tolto limiti e dislivelli, introducendo la regola che il percorso dev’essere superiore ai 50 chilometri, fino a un massimo di 140-150.

Uno dei problemi maggiori del gravel race, soprattutto per chi arriva dalla strada, è quello dell’assistenza e dei rifornimenti. Auto al seguito, punti di assistenza meccanica… come si regolano questi aspetti?

Quello che consigliamo, e che abbiamo inserito nelle norme attuative, è che la gara si svolga su circuito. In un anello di 50 chilometri puoi predisporre due aree tecniche ai 25 chilometri, due punti fissi di ambulanza e altri due per i rifornimenti. Questo rende tutto più gestibile e aiuta l’organizzatore: si riduce il numero dei marshall e aumenta il controllo. Su questo aspetto dei circuiti stiamo insistendo molto.

Chiaro…

Le gare gravel, come quelle in MTB, hanno bisogno sia di un direttore di corsa (come su strada) sia di un DOF, cioè un Direttore Organizzativo Fuoristrada. Due figure dunque, e il circuito agevola questo connubio. Altro aspetto: nelle gare su strada i percorsi vengono chiusi al traffico tra l’auto d’inizio e quella di fine corsa. Nelle competizioni off-road, invece, questo non accade. Nel gravel race, che ha tratti asfaltati, entra dunque in gioco anche il codice della strada, pertanto serve l’apertura e la chiusura della corsa, il presidio dei bivi e quant’altro.

gravel race, regolamento
I rifornimenti e l’assistenza tecnica ricalcano quelli delle marathon
gravel race, regolamento
I rifornimenti e l’assistenza tecnica ricalcano quelli delle marathon
Quindi, Barbara, come hai detto prima, ad oggi il regolamento del gravel race ricalca quello delle Marathon, ma con un inizio e una fine corsa. E’ così?

Sì, e questo perché il gravel race si disputa anche su tratti di strada.

Il discorso dei rifornimenti: stabilito che anche nel gravel race avvengono da terra, chi li decide? L’organizzazione o i team?

Solitamente vengono indicati dall’organizzatore. E’ l’organizzatore che stabilisce e segnala i punti di ristoro e le aree tecniche. Lo stesso vale per le ambulanze: tutto deve essere riportato sulla mappa ufficiale della gara.

Voi della FCI vi state confrontando anche con UEC e UCI: in generale quello del gravel race è un discorso normativo ancora aperto o va bene così?

Dall’alto sono appena arrivate le nuove direttive internazionali, ma non dicono molto. Siamo ancora fermi. Come FCI abbiamo segnalato l’anomalia dei manubri, ma non abbiamo ancora ricevuto risposte e dobbiamo capire come normarla. Nelle nostre norme attuative abbiamo scritto che la forma del manubrio dev’essere curva, per evitare la problematica dei manubri dritti. Tuttavia, dal punto di vista internazionale, le mountain bike tecnicamente possono partecipare a gare gravel. Ad oggi nel gravel race, a livello internazionale, sono bandite solo le e-bike e i tandem.

Florian Vermeersch, vincitore mondiale gravel 2025

Una rincorsa durata due anni. Florian Vermeersch iridato gravel

12.10.2025
6 min
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MAASTRICHT (Olanda) – Probabilmente a fare la differenza è stata la motivazione e oggi Florian Vermeersch ne aveva più degli altri. Tanta più degli altri. Dopo due argenti, il belga è riuscito finalmente a conquistare l’oro iridato nel Mondiale Gravel UCI. Ma aveva anche tanta gamba. Pensate che è scattato quando mancavano quasi 130 chilometri all’arrivo.

In queste gare, così nervose e al tempo stesso veloci e tecniche, portarsi avanti resta sempre una soluzione vincente. Non bisogna credere che dietro si risparmino poi tutte queste energie, specie stando a ruota. Non vogliamo dire che c’è lo stress da Tour de France, ma avere una buona visibilità contribuisce ad avere una guida più sciolta, fluida e sicura. Senza contare che, se qualcuno si muove, risalire non è facile viste le strade strette e spesso sterrate.

Occhi su Pidcock

E a proposito di strade sterrate e veloci, stamattina ha parlato anche il responsabile del percorso, forse per togliersi qualche sassolino circa l’eccessiva scorrevolezza. Si tratta dell’ex pro Bram Tankink.

«Il percorso è anche veloce – ha detto Tankink – ma da febbraio, da quando abbiamo saputo di questo mondiale, ho cercato di studiarlo al meglio. Ci sono moltissime tipologie di terreno e questo costringe tutti a stare attenti. Io non lo sottovaluterei poi così tanto».

E infatti la corsa maschile, seppur tatticamente più ordinata rispetto a quella femminile, è stata durissima. Si è accesa presto e alla fine i corridori erano quasi tutti “incatramati” sul loro passo. Vermeersch a parte, tutti procedevano più o meno alla stessa velocità: Matej Mohoric non guadagnava sulla “mezza sorpresa” Frits Biesterbos e non perdeva sul gruppetto inseguitore di Tom Pidcock.

A proposito, Tom era il grande atteso, specialmente dopo il Giro di Lombardia concluso ieri al sesto posto (come oggi). Tutti gli hanno chiesto come potesse affrontare due eventi tanto impegnativi a distanza di poche ore.

«Fa parte del contratto – ha detto un po’ anonimo a Sporza – era stato deciso sin da inizio stagione che avrei fatto questa gara. Solo che all’epoca non era qui… (era a Nizza, ndr). Ho preso un volo privato ed eccomi. Cosa penso del percorso? La squadra mi ha fatto vedere un video che dura quattro minuti».

Nonostante tutto, Tom ci ha provato. Ma più che per una questione di gambe, è parso non cogliere l’attimo… come spesso gli accade anche su strada.

Mohoric invece si diceva fiducioso ma senza pressioni. «La stagione su strada non è stata super, cerchiamo di riscattarci qui». E in qualche modo ci ha provato. A quanto visto, dopo Vermeersch era quello con maggiore motivazione. E infatti è arrivato terzo. Matej ha dato spettacolo: ha guidato in modo incredibile, ma per lui le gambe non erano al top.

Gara dura

Come spiegavamo, la gara si accende presto. I primi 40-45 chilometri scorrono senza grosse novità apparenti. Anche se poi i corridori ci hanno detto che si è andato subito forte. Al termine del primo giro iniziano le scaramucce e nel mezzo ci sono subito nomi pesanti.

Non piove e fa anche più caldo di ieri. Nel corso della gara esce un timido sole. In questi ampi spazi, quando escono dai paesi, il gruppo è allungato e ogni drappello vede quello che lo precede. Sembrano le immagini della Parigi-Roubaix.

Vermeersch, Biesterbos, Politt (compagno di Vermeersch alla UAE Emirates) e Van Tricht guadagnano una manciata di secondi. E lì restano a lungo. Solo le “trenate” di Mohoric per un po’ riaccendono la corsa. Davanti però Vermeersch va che è un piacere: se li toglie tutti di ruota.

Politt ufficialmente ha un problema meccanico, ma in realtà dirà poi di essere cotto. Gli resta a ruota solo il giovane olandese. Ma non è uno qualunque: E’ il campione nazionale olandese gravel. E’ uno specialista. E’ stato anche un biker. Corre nella continental olandese Beat Cycling e oggi si è davvero messo in mostra. Classe 2002, magari riuscirà a trovare un contratto migliore. La stampa olandese lo ha assalito per conoscerlo meglio… tanto per dire.

Bravo Florian

Vermeersch si gode il chilometro finale. Si prende tutto l’applauso di Maastricht. Inseguiva questo titolo da anni. Passa un dito sul casco ad indicare la testa, poi fa vedere la gran gamba che aveva e infine solleva la sua Colnago. Subito dopo si concede all’abbraccio dello staff e della compagna, quasi più emozionata di lui.

«E’ incredibile – dice Florian con la voce tremolante – Non ci posso ancora credere. Le emozioni che provo non arrivano solo da questa gara, ma da una rincorsa durata anni. E’ fantastico vincere finalmente di nuovo dopo due anni difficili.

«Come è andata? E’ stata una partenza frenetica e ho forato una gomma dopo soli dieci chilometri e ce ne ho messi 20 per rientrare. Poi ho visto una buona opportunità per attaccare e l’ho colta. Sinceramente cosa sia successo dietro non lo so. Io ho fatto la mia corsa: prima dietro per chiudere, e poi davanti per scappare. Però una volta che ce ne siamo andati ho capito che era un’azione buona.

«Non avevo molte informazioni, solo qualche tifoso ogni tanto ci dava i distacchi. Io, negli spazi più ampi, mi voltavo e vedevo che non c’era nessuno. La cosa importante era concentrarmi su me stesso, ed è quello che ho fatto».

Nota di “colore”. Prima di chiudere l’articolo, mentre scorriamo le varie classifiche nella categoria 40-44 anni (il mondiale era aperto anche agli amatori) scopriamo che a vincerlo è stato un certo Nicolas Roche e quinto Philippe Gilbert. Poverini gli appassionati di quella fascia d’età!