Merida ha presentato la sua bici gravel da gara: la Mission. Pur considerando alcuni moderni canoni di sviluppo, fondamentali per il gravel racing di oggi – ad esempio l’aerodinamica ed il passaggio gomme abbondante – la nuova Missionnon snatura per nulla il design tipico delle bici Merida.
Sloping leggero, non eccessivamente marcato. Tubazione dello sterzo con disegno oversize nella sezione superiore ed un reggisella rotondo con diametro da 27,2 millimetri, sempre comodo e funzionale. Vediamo la nuova bici nel dettaglio.
Forme minimali e quasi essenzialiForme minimali e quasi essenziali
A metà tra la Silex e la Scultura Endurance
Al primo impatto visivo una sorta di accostamento è lampante, così come il DNA Merida. La Mission si posiziona a metà strada tra la Scultura Endurance e la gravel Silex (con la Silex, Mohoric ha vinto il mondiale gravel di Pieve di Soligo nel 2023). Entrando nelle specifiche tecniche della nuova Mission, questa adotta un telaio completamente in carbonio CF4 II, con passaggi pneumatici garantiti fino a 40 millimetri di larghezza. E’ stato inserito e perfettamente integrato il G.U.T (acronimo di Gear Useful Things), un vano porta oggetti posizionato nel profilato obliquo, che collima con le due asole superiori all’orizzontale, specifiche per una piccola bag.
La zona dello sterzo è stata disegnata in modo da configurarsi al meglio con il manubrio integrato Merida SL GR1P, il medesimo che si trova anche sulla gamma di bici road performance. La versione del cockpit GR però, adotta una svasatura più accentuata.
Una bici compatta e agileQuasi una bici da strada performante, adattata e mascherata per il gravelLa zona dello sterzo e la parte superiore dell’orizzontale dove si posiziona anche la bagUna bici compatta e agileQuasi una bici da strada performante, adattata e mascherata per il gravelLa zona dello sterzo e la parte superiore dell’orizzontale dove si posiziona anche la bag
Geometrie aggressive
Non è solo questione di quote geometriche, perché i numeri devono collimare con una ricercaaerodinamica funzionale. Lo stack è ridotto rispetto alla Silex ed anche rispetto alla Scultura Endurance: significa avere a disposizione una bici che porta ad avere una posizione aggressiva e ribassata in avanti. Il reach, ovvero la linea orizzontale è piuttosto equilibrata, taglia dopo taglia, comunque configurando una bici compatta.
Traducendo, si è puntato ad avere, proprio attraverso le geometrie, unabici agile e guidabile. Qui si aggiunge anche una scatola del movimento centrale ribassata, ma con un fodero catena dritto (senza gomito). Il carro posteriore è corto, con i suoi 419 millimetri, un valore parecchio contenuto se contestualizzato al mondo gravel.
L’allestimento 9000Il montaggio 7000 prevede la doppia coronaAlla base del listino la Mission 4000L’allestimento 9000Il montaggio 7000 prevede la doppia coronaAlla base del listino la Mission 4000
Tre allestimenti e prezzi accattivanti
Gli allestimenti Merida Mission presenti in catalogo sono tre: 9000, 7000 e 4000, rispettivamente a 5.790, 4.990 e 2.290 euro di listino. La Mission 9000 è una bici gravel race anche per quanto concerne la componentistica, con le ruote Zipp 303s XPLR e la trasmissione Sram Force XPLR 1×13 con power meter Quarq. La versione 7000 porta in dote il pacchetto Shimano GRX Di2 2×12 (per gli amanti della doppia corona) e le ruote Reynolds ATR. Infine la Mission 4000, con il GRX 2×10 meccanico e sempre Shimano per le ruote con cerchi in alluminio. Le taglie disponibili sono quattro in totale, xs e small, media e large.
Shimano GRX è la piattaforma dedicata al gravel. L’ultima release adotta la soluzione Di2, ovvero la base elettronica per la trasmissione. L’azienda giapponese aggiunge un altro tassello alla famiglia GRX, grazie ai componenti RX717 1×12 (in apertura, a sinistra la leva dual control ST RX715R, a destra la BL RST17 L).
L’obiettivo principale è quello di allargare ulteriormente l’utenza che adotta il sistema Di2 nel gravel ed il core concept dei componenti RX717 è proprio questo. Entriamo nel dettaglio.
Allargare ancora di più l’utenza Di2 in ambito gravelAllargare ancora di più l’utenza Di2 in ambito gravel
Shimano GRX Di2 RX717, i plus tecnici
Prima di tutto: la nuova piattaforma GRX nasce per essere robusta, affidabile e prende spunto dalla famiglia Di2 mtb di Shimano. Diverse soluzioni sono in comune. Come ad esempio il design, la protezione dei componenti più sensibili e anche la funzione di recupero del rapporto dopo un (eventuale) impatto violento.
La gamma RX717 include una leva dual control (sempre idraulica) sul lato destro. Sono invece due le opzioni per la leva sinistra, che non integra l’elettronica e prevede esclusivamente la leva del freno. Si differenziano per la scritta, una con marchio GRX e l’altra con la scritta Shimano.
Si passa alla gabbia posteriore del cambio, proprio della serie GRX RX717. Quest’ultimo è disegnato per supportare una cassetta 12 velocità 10-51 (quindi una gabbia lunga), che allarga il range di utilizzo ed interpretazione (spingendosi anche verso un gravel che sconfina nella mtb). Da non far passare in secondo piano: GRX RX717 1×12 è una trasmissione completamente wireless, in quanto la batteria è integrata nel bilanciere posteriore, proprio come la trasmissione mtb.
La batteria utilizzata è la medesima di XTR, Shimano XT e Deore, ultima versione di GRX RX827. Il suo alloggio è studiato per offrire aumentare la protezione del comparto, mettendo la stessa batteria al riparo da colpi proibiti, danni e anche umidità, senza interferire con la facilità di ricarica. Questa tipologia di batteria e di integrazione conservativa permette di avere un delta di autonomia compreso tra i 700/1000 chilometri, considerando le variabili legate all’utilizzo e all’ambiente esterno. E’ comunque molto e nell’ottica di utilizzare il sistema anche su biciclette adventure, bikipacking e per i viaggi, il plus tecnico è certamente da considerare.
Restando nell’ambito del bilanciere posteriore, questo integra la tecnologia Shadow ES, un vero e proprio stabilizzatore che garantisce sempre la giusta tensione (e stabilità) della catena.
La leva sinistra senza pulsantiLa leva destra con i pulsanti laterali che comandano la trasmissione1×12 ed impatto estetico della trasmissione mutuato dalla mtbIl bilanciere posteriore, mutuato dalla famiglia mtbLa app di atterraggio E-Tube è sempre la medesimaLa leva sinistra senza pulsantiLa leva destra con i pulsanti laterali che comandano la trasmissione1×12 ed impatto estetico della trasmissione mutuato dalla mtbIl bilanciere posteriore, mutuato dalla famiglia mtbLa app di atterraggio E-Tube è sempre la medesima
Design delle leve dal segmento road
Ci piace. Perché avvicina il gravel al settore strada con quell’impatto estetico che è una sorta di family feeling design e sfrutta la bontà tecnica (robustezza ed affidabilità) dell’impianto MTB. Significa anche ergonomia e una confidenza immediata per chi passa dalla bici road a quella gravel. Le leve hanno la regolazione della corsa, sono totalmente compatibili con la app E-tube Shimano. Utilizzano delle batterie CR1632 di facile accesso e sostituzione (con una durata che può arrivare fino ai 4 anni, ma è sempre necessario considerare le variabili legate ad utilizzo, condizioni climatiche ed eventuali aggiornamenti). E’ da considerare anche il cappuccio ergonomico migliorato. Non un semplice dettaglio, ma un componente che influisce proprio sulla comodità e sull’esperienza della pedalata, capace anche di smorzare le vibrazioni negative che arrivano inevitabilmente al manubrio.
Il vantaggio del design è relativo anche alla configurazione con manubri diversi, più votati al segmento gravel, oppure maggiormente tirati ed aerodinamici, pensando ai manubri gravel race mutuati dal road. E’ facile pensare anche ad un abbinamento con leve già esistenti, Dura Ace, Ultegra e Shimano 105 Di2.
Shimano Dura Ace a 12 velocità combina due protocolli, quello wireless e la trasmissione dei dati via cavo. Efficienza e customizzazione, ma anche uno smart concept che porta innumerevoli vantaggi
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Vredestein Aventura Grezzo è lo pneumatico gravel dedicato a chi vuole trazione, aderenza, presa ed un tubeless che morde su quasi tutti i terreni. Lo abbiamo provato nella versione tradizionale, non Stout. E’ una gomma tanto performante, quanto sostanziosa, come vuole il DNA Vredestein.
E’ un tubeless ready che si adatta bene alle differenti interpretazioni gravel. A nostro parere trova il suo ambiente ideale in gara ed i quei contesti dove serve aggredire il terreno e dove la guida a tratti diventa aggressiva. Ecco Aventura Grezzo (sezione da 44) nel dettaglio.
Aventura Grezzo, una sorta di pneumatico totale per il gravel impegnativoAventura Grezzo, una sorta di pneumatico totale per il gravel impegnativo
La mescola TriComp
Il nuovo pneumatico è caratterizzato da una carcassa morbida e malleabile, ben rinforzata nella zona del tallone. Il tessuto lavora insieme ad uno strato di gomma (ed i tasselli) con uno spessore non secondario, complice di uno pneumatico non leggerissimo, ma robusto. Tecnicamente si tratta di un modello ad alte prestazioni, con una buona scorrevolezza al pari di una propensione ad interfacciarsi sui fondi cedevoli e scomposti.
E’ disponibile per le ruote da 29 pollici e per le 27,5. Per le prime le larghezze a catalogo sono due, 44 e 50, per le 650b è disponibile la 50. Infine la carcassa, costruita grazie ad un tessuto sintetico da 120 Tpi. Tramite i diversi portali in rete, il prezzo medio si attesta intorno ai 50/55 euro, molto buono a nostro parere considerare il rapporto qualità/prezzo.
Profilo aggressivo senza mezze misureOgni sezione è caratterizzata da una tipologia specifica di tasselliTasselli laterali a linee differenziate, anche nel disegnoProfilo aggressivo senza mezze misureOgni sezione è caratterizzata da una tipologia specifica di tasselliTasselli laterali a linee differenziate, anche nel disegno
Tasselli differenziati
Diversi per disegno, dimensioni e struttura: ad ognuno il suo compito. La sezione centrale mostra un rampone che è una sorta di freccia, assecondato da tasselli più piccoli ai lati. Questi ultimi sono intervallati, più grandi e più piccoli, più vicini alla parte centrale e più distanti. Si muovono e supportano l’azione dei ramponi al centro, offrendo una maggiore superficie di appoggio sulla roccia e anche sui terreni dove la ruota tende ad affondare.
I lati hanno una tacchettatura separata in due parti, con ramponi mediani e più esterni. I primi sono tagliati in due e hanno un disegno che ricorda un esagono. Si deformano in modo controllato quando si va in appoggio all’esterno. Quelli esterni (più piccoli) sono in coppia e quelli posizionati singolarmente sono più grandi. Il concetto è quello di creare aderenza costante, anche a velocità elevate e proprio sui manti inconsistenti, con il bagnato/umido e con l’asciutto. Vredestein Aventura Grezzo funziona bene anche su una tipologia di terra rossa, non troppo con il fango, dovela sezione centrale tende ad accumulare fango.
TriComp Technology
Anche Aventura Grezzo adotta la mescola TriComp, ovvero un blend di tre densità differenti che portano in dote gli pneumatici top di gamma Vredestein. Ad esempio, anche il tubeless ready Superpasso Pro road è dotato di questa tecnologia. Ogni sezione dello pneumatico e del battistrada in genere adotta una “durezza” specifica e dedicata, il tutto per massimizzare l’adattabilità dello pneumatico, senza mai sacrificare la scorrevolezza. Resta il fatto che Aventura Grezzo è un’artigliatura importante e una volta di più è da tenere ben presente che ha dei tasselli che mordono.
44 da etichetta, 44 misurati al calibroOttimo il mantenimento di forma considerando un canale da 25Vredestein Aventura Grezzo è uno pneumatico direzionaleLiquido sigillante sempre e comunque, quello Vredestein è di buona qualità630 grammi rilevati per singolo pneumatico nella misura 44Rinforzo di qualità sul tallone44 da etichetta, 44 misurati al calibroOttimo il mantenimento di forma considerando un canale da 25Vredestein Aventura Grezzo è uno pneumatico direzionaleLiquido sigillante sempre e comunque, quello Vredestein è di buona qualità630 grammi rilevati per singolo pneumatico nella misura 44Rinforzo di qualità sul tallone
I nostri feedback
Un tuttofare. Vredestein Aventura Grezzo da 44 va bene un po’ ovunque (ben inteso che in condizioni di asfalto e terreni molto duri/compatti il Seta resta un riferimento per il gravel veloce, ma non eccessivamente complicato) e si adatta bene a differenti stili di guida e skills degli utilizzatori. E’ uno di quegli pneumatici che infondono sicurezza, per via della loro robustezza, grazie alla sua capacità di aggredire il terreno anche nelle fasi di cornering più accentuate. Non un dettaglio banale. Aventura Grezzo è un tubeless affidabile, che sacrifica qualche grammo in fatto di leggerezza, a favore della sostanza. Anche per questo motivo, pensando a chi proviene dalla mtb, oppure alterna diverse discipline, Aventura Grezzo può essere un gran bel riferimento. In alcune fasi della performance ricorda proprio una gomma da mtb.
Aventura Grezzo è uno di quei tubeless ready che non scivola, non si deforma neppure quando le pressioni di esercizio sono basse. La sostanza che porta in dote gli permette di essere usato da solo (abbinato al liquido anti-foratura) oppure con un inserto run-flat tra gomma e cerchio. Molto buona è la tenuta della forma e della misura da “etichetta”. Montato su un cerchio hookless con canale interno da 25, ha mantenuto la sua larghezza originale di 44 millimetri.
Corridore, disegnatore di moda, consulente per il Tour of the Alps e ora nostro inviato alla Unbound Gravel. Daniel Oss racconta un'avventura inaspettata
Il cammino di Bianchi è appena iniziato ma l'obiettivo è dichiarato: diventare la migliore azienda di biciclette al mondo che produce le migliori biciclette al mondo
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Sabato 20 giugno 2026 ad Auronzo di Cadore prenderà il via la prima edizione di GT3 Lavaredo, un nuovo evento parte dell’UCI Gravel World Series. Il percorso è un anello di oltre 130 chilometri attorno alle Tre Cime di Lavaredo, forse la montagna più famosa e riconoscibile di tutte le Dolomiti. Una salita che ha fatto la storia del Giro d’Italia che si inerpicò lassù per l’ultima volta nel 2023, con la vittoria di Santiago Buitrago, che staccò Derek Gee. Alle loro spalle Magnus Cort batté in volata Primoz Roglic, che rosicchiò tre secondi alla maglia rosa Thomas, preparandosi per il sorpasso del giorno dopo nella cronoscalata del Monte Lussari.
Ad organizzare l’evento è l’ASD Pedali di Marca, la stessa associazione che ha organizzato la seconda edizione dei Mondiali Gravel di Pieve di Soligo e molti altri appuntamenti nel territorio trevigiano e non solo. Abbiamo contattato Massimo Panighel, presidente di Pedali di Marca, per farci raccontare questa nuova avventura.
Nel 2023 Buitrago conquista le Tre Cime, premiato da Nibali che aveva vinto lassù 10 anni prima, ipotecando il suo primo GiroNel 2023 Buitrago conquista le Tre Cime, premiato da Nibali che aveva vinto lassù 10 anni prima, ipotecando il suo primo Giro
Massimo, com’è nata questa nuova sfida?
L’UCI ci ha chiesto di organizzare una delle due tappe italiane delle Gravel World Series. Una sarà in Sardegna, l’altra la faremo noi nelle Dolomiti. Ce l’avevano già chiesto dopo il mondiale gravel di Pieve di Soligo, organizzato da noi di Pedali di Marca, ma all’epoca non c’erano i tempi tecnici. Questa volta invece abbiamo coinvolto nel progetto il comune di Auronzo, che nel 2026 per la prima volta dopo 16 anni non ospiterà più il ritiro della Lazio. Quindi volevano sviluppare un altro tipo di prodotto turistico e la bici è il mezzo perfetto.
Come avete scelto il percorso?
Di fatto è il giro delle Tre Cime di Lavaredo con partenza e arrivo da Auronzo, infatti GT3 sta per Gran Tour 3 Cime. Si attraversano la Val Comelico, la Val Pusteria e la Conca Ampezzana. In tutto sono 133 chilometri con oltre 3.000 metri di dislivello. Il percorso si snoda quasi sempre per ciclabili sterrate, molte delle quali nei fondovalle, un modo per valorizzare quel tipo di offerta cicloturistica.
Massimo Panighel alle Tre Cime di Lavaredo nel 2023, quando ha fatto parte del comitato di tappa del Giro d’ItaliaMassimo Panighel alle Tre Cime di Lavaredo nel 2023, quando ha fatto parte del comitato di tappa del Giro d’Italia
Abbiamo detto che si tratta di un evento gravel, quanta percentuale di sterrato c’è?
Siamo oltre la percentuale che l’UCI indica per gare di questo genere, che è il 65 per cento. Noi siamo oltre il 70 per cento, di fatto l’unico tratto asfaltato è la prima salita, il passo Sant’Antonio che porta in Comelico. Quello serve anche per allungare il gruppo in partenza quindi va più che bene, ma da lì in avanti sono quasi solo strade forestali.
Hai accennato alla prima salita, qual è la più dura del percorso?
Probabilmente l’ultima, quella che da Cortina porta al Passo Tre Croci, anche perché è divisa in due parti con un breve risciacquo prima della parte finale dura. Le altre due sono più abbordabili. La prima, appunto il Passo Sant’Antonio, è regolare e in asfalto. La seconda è la più lunga, circa 25 chilometri, ma sale a scaloni con anche dei tratti pianeggianti, alterna pezzi duri con altri di recupero. In generale sono comunque tutte pedalabili e mai estreme.
La partenza e l’arrivo saranno ad Auronzo in provincia di Belluno, con il lago e la sua cerchia di boschi e montagneLa partenza e l’arrivo saranno ad Auronzo in provincia di Belluno, con il lago e la sua cerchia di boschi e montagne
Sappiamo che gravel può voler dire molte cose. Com’è il fondo delle strade?
E’ sempre abbastanza scorrevole, sono tutte strade forestali o ciclabili con un bel fondo battuto. Per dare un’idea io l’ho fatta sia con i copertoni da 40 mm che da 36 mm. Il tratto più tecnico è la discesa dopo la seconda salita, che da Malga Klammbach porta a Moso, in Pusteria. Lì in fondo è leggermente più instabile anche per via della pendenza, comunque si fa tranquillamente con degli pneumatici da 40, che secondo me sono la scelta perfetta per questo tipo di percorso.
L’evento principale è agonistico, con le differenti griglie divise per età che partono subito dopo i professionisti. Si può iscrivere chiunque?
Sì certo, è sufficiente avere un certificato medico agonistico ed essere tesserati. In alternativa si può anche fare la tessera giornaliera, la cosa fondamentale è avere il certificato agonistico, trattandosi di una gara.
Il fondo è sempre compatto e pedalabile, privo di grandi difficoltà tecnicheIl fondo è sempre compatto e pedalabile, privo di grandi difficoltà tecniche
Abbiamo visto che però c’è anche una parte non agonistica dell’evento, come funziona?
Esatto, l’abbiamo organizzato in collaborazione con Audax, l’associazione che gestisce le randonnée in Italia. Il percorso è lo stesso e la partenza è sempre sabato mattina, ma il format è appunto quello delle randonnée, cioè un’esperienza unsupported di viaggio più che una competizione. In questo caso i partecipanti hanno tempo fino alle 17 di domenica per arrivare al traguardo, cioè circa un giorno e mezzo. Abbiamo deciso di inserire questo format perché sappiamo che alcune persone non condividono la parte agonistica del gravel, e ci sembrava giusto aprire l’evento anche a loro. E’ anche un modo per pedalare tra quei paesaggi con più calma, godendosi i panorami senza l’assillo del cronometro.
Le iscrizioni sono già aperte, giusto? A che numeri puntate?
Sì è già possibile iscriversi nel nostro sito, e saranno aperte fino al 18 giugno, cioè a due giorni dalla partenza. Fino a fine dicembre il prezzo è agevolato, poi salirà via via che ci sia avvicina all’evento, quindi il consiglio è di approfittarne. Puntiamo alle 1500 presenze totali, ad ora abbiamo già oltre 100 iscritti e questo ci fa bene sperare. Anche perché il nostro è l’unico evento gravel marathon di tutte le Dolomiti, un punto di forza che siamo sicuri ci premierà.
Tutti i 133 chilometri si snodano tra scenari spettacolari, come le Dolomiti che si stagliano dalla Val Comelico in questa fotoTutti i 133 chilometri si snodano tra scenari spettacolari, come le Dolomiti che si stagliano dalla Val Comelico in questa foto
Massimo, ultima domanda. Il territorio attraversato dal GT3 Lavaredo è tutto bellissimo, ma ci sveli un luogo particolare magari meno noto al grande pubblico?
E’ difficile, perché appunto tutto il tracciato passa per panorami straordinari, le malghe del Comelico, Misurina, ogni chilometro ci sono montagne bellissime da ammirare. Se dovessi citare uno spot particolare forse direi le torbiere attorno alle chiesa di Santa Barbara a Danta di Cadore, dopo la prima salita. E’ un posto magico anche se non si chiama Cortina, ed è esattamente per questo che abbiamo creato quest’evento. Per far scoprire agli amanti della bici anche le meraviglie nascoste delle Dolomiti.
La domanda dalla quale in Abus sono partiti per realizzare il nuovo casco gravel Taipan è molto semplice e nasce dal contatto con il pubblico e gli appassionati. Per questo eventi come le fiere, come l’Italian Bike Festival dove è stato presentato il Taipan, ne sono un esempio concreto. Infatti la domanda che ha fatto nascere il tutto era estremamente semplice: “Avete un casco gravel?”. La risposta, tuttavia non è tanto semplice come la domanda, perché ci mette davanti a una questione difficile: capire cos’è il gravel.
Da Abus la risposta non è arrivata semplicemente sedendosi davanti a un computer, ma provando e testando diverse situazioni. Il Taipan è casco che nasce da un foglio bianco, ma cosa c’è prima di mettersi davanti alla scrivania? Esperienze, chilometri in sella e idee.
«Abbiamo fatto molte uscite di sviluppo – racconta Sales and Marketing Director ABUS Mobile Security International – per entrare davvero nel vivo della questione perché, dobbiamo e vogliamo sapere praticamente tutto sui caschi che produciamo. Quindi in questi ultimi due anni mi sono dedicato a capire quale fosse il target di riferimento del gravel. Ci siamo avventurati ovunque: nel freddo invernale della Germania, in un tour su strade sterrate, in pedalate notturne e tanto altro. In Abus non avevamo idea di cosa fosse il gravel, così ci siamo semplicemente messi alla prova».
Abus per realizzare il casco Taipn è partita da una domanda: “Cos’è il gravel?”Il gravel racchiude tante sfaccettature, ma alla sua base c’è la voglia di avventura e di esplorareAbus per realizzare il casco Taipn è partita da una domanda: “Cos’è il gravel?”Il gravel racchiude tante sfaccettature, ma alla sua base c’è la voglia di avventura e di esplorare
Alla ricerca dell’estremo
Taipan è il nome del casco, ma è anche il nome di uno dei serpenti più velenosi al mondo che vive in luoghi estremamente remoti, nei quali l’essere umano difficilmente si avventura. Il senso del gravel è proprio questo: esplorare, pedalare e guardare oltre i confini. Quello che per molti a volte sembra insuperabile per chi ama il gravel diventa semplicemente avventura e divertimento.
Il gravel però è anche competizione, e per avere uno dei migliori prodotti dedicato anche a chi vuole guardare alla ricerca della performance in Abus si sono rivolti a Paul Voss, ex-ciclista professionista e due volte campione nazionale tedesco di gravel (2024 e 2025). Taipan si colloca così nella grande collezione di caschi Abus, non solo prodotti pensati per competere e vincere nel ciclismo su strada come il GameChanger o l’AirBreaker, ora anche il gravel ha il suo casco ad alte performance.
La sicurezza è un elemento chiave, la luce led posteriore è un esempioIl Taipan è pensato per montare una luce frontale Abbiamo avuto modo di testare il Taipan durante la Evening Escape proposta da Abus a IBF 2025La sicurezza è un elemento chiave, la luce led posteriore è un esempioIl Taipan è pensato per montare una luce frontale Abbiamo avuto modo di testare il Taipan durante la Evening Escape proposta da Abus a IBF 2025
Sicurezza e test
Abbiamo avuto modo di testare il nuovo Taipan con una pedalata svolta in parte in notturna, le caratteristiche tecniche scelte da Abus per il suo casco gravel sono le stesse che vengono proposte per i suoi prodotti top di gamma su strada. Quello che fa la differenza è il tema della sicurezza, argomento declinabile in diversi temi: fiducia, comfort e visibilità. All’interno della calotta è stata aggiunta una gabbia per aumentare la resistenza agli urti.
Visibilità e sicurezza, invece, sono state approfondite con l’inserimento di una luce posteriore che si aggancia in maniera facile e veloce. Una soluzione facile ma allo stesso tempo estremamente efficiente, dispone di diversi gradi di illuminazione e aumenta sensibilmente la visibilità del ciclista anche al buio. Inoltre la calotta è progettata per ospitare una luce frontale, nel nostro caso abbiamo optato per la Lezyne 1200+ che offre una fascio potente e ad ampio raggio, perfetto per pedalare fuori da tratti privi di illuminazione artificiale (come spesso accade nel gravel).
Il Taipan, inoltre, ha una forma più larga di un millimetro per lato. Una scelta derivata dal fatto di voler offrire un comfort più elevato, fattore necessario se si aggiunge il peso della luce frontale. Avere una gabbia interna più larga permette, allo stesso tempo, di avere maggior ventilazione e quindi una temperatura interna sempre costante.
Il marchio spagnolo Conor Bikes, brand che nasce negli anni ‘90 nel comune di Egués, nella regione della Navarra, ha da sempre legato il suo nome alla realizzazione di telai performanti e innovativi. Aspetto portato avanti nel ciclismo su strada e ora anche nel gravel, disciplina che sta diventando sempre più legata alla competizione. Per questo in Conor hanno pensato, progettato e sviluppato un nuovo telaio per chi ama pedalare sulle strade bianche: il Selva.
Realizzato in quattro versioni differenti e capace di adattarsi alle esigenze di ogni ciclista che vuole il massimo quando pedala nel gravel. Questa nuova gamma di biciclette, la Selva, fa parte della linea WRC. Stiamo parlando della massima qualità e conoscenze tecniche da parte di Conor.
La Conor Selva è una bici gravel dall’animo racingCon un telaio in carbonio, leggero, agile e scattanteLa Conor Selva è una bici gravel dall’animo racingCon un telaio in carbonio, leggero, agile e scattante
Carbonio
Tutti e quattro i modelli della gamma Selva sono realizzati in carbonio Toray 24T T700. Una fibra di carbonio con un peso specifico che dona leggerezza al telaio, ma allo stesso tempo garantisce la giusta resistenza per affrontare ogni terreno al meglio. Il design del telaio realizzato da Conor permette di montare copertoni con una larghezza massima di 50 millimetri. Una scelta votata alla ricerca di grande scorrevolezza e guidabilità.
Le quattro versioni differiscono per il gruppo montato, infatti è possibile scegliere tra: SRAM Force AXS, SRAM Rival AXS, Shimano GRX 820 e Shimano RX610. Per i primi tre modelli stiamo parlando di gruppi monocorona, mentre per quanto riguarda lo Shimano RX610 è montata una doppia corona.
Conor ha optato per fornire tre gruppi monocorona e uno a doppia coronaLa forcella ospita copertoni di una larghezza massima di 50 millimetriConor ha optato per fornire tre gruppi monocorona e uno a doppia coronaIl passaggio cavi è totalmente integrato
Dettagli tecnici
In Conor si è optato per dotare i modelli Selva con ruote Mavic Allroad SL con perno passante, con misure di 12×142 millimetri al telaio e di 12×100 millimetri alla forcella.
Le taglie del telaio sono quattro: XS, SM, MD e LA. Per quanto riguarda le misure stiamo parlando di una bicicletta votata al racing, che non esclude il comfort e una posizione comoda in sella. Infatti il rapporto tra reach e stack prevede un rapporto elevato, il che porta il ciclista ad avere un posizione più confortevole.
Tutti e quattro i modelli prevedono un manubrio in carbonio e montano copertoni Vittoria Terreno Dry con larghezza di 47 millimetri.
Prezzo: per la Selva Force XPLR è di 4.999 euro; per la Selva Rival XPLR è di 4.199 euro; la Selva GRX 820 è di 3.649 euro, infine per la Selva GRX610 siamo a 2.899 euro.
Jonny Mole è partner di Pozzato nell'organizzazione di gare. L'idea di Serenissima Gravel è nata compilando il calendario di ottobre. Vediamo di cosa si tratta
Per questo autunno-inverno Fizik ha lanciato una nuova versione delle sue scarpe da off road più protettive, le Terra Artica GTX. Sonoscarpe invernali, cioè a mezza altezza, isolanti e impermeabili, per affrontare al meglio il clima e le intemperie della cosiddetta brutta stagione.
Le nuove Fizik Artica GTX si differenziano dal colore, da ora anche in versione Desert-BlackLe nuove Fizik Artica GTX si differenziano dal colore, da ora anche in versione Desert-Black
Gore-Tex e pile, isolamento e comfort
Delle scarpe come le Terra Artica GTX devono fare prima di tutto una cosa: tenere i piedi caldi e anche asciutti. Per questo Fizik ha utilizzato la membrana Gore-Tex, per definizione una garanzia di isolamento e impermeabilità. In particolare la versione Cirrus XT, che oltre alla protezione dalla pioggia è stata studiata appositamente per mantere il calore, pur essendo traspirante come tutte le tecnologie Gore-Tex.
Se questa membrana si occupa delle intemperie, per aumentare la sensazione di comfort, l’interno della scarpa è foderato in morbido pile spazzolato. Questo ulteriore strato garantisce inoltre ancora più isolamento, esattamente quello che si cerca durante le uscite invernali con il brutto tempo.
L’interno è foderato in pile spazzolato, caldo e confortevoleL’interno è foderato in pile spazzolato, caldo e confortevole
Tomaia ad alta densità e suola riprogettata
Per quanto riguarda la parte esterna delle Terra Artica GTX invece, la tomaia è realizzata in PU ad alta densità, un materiale sintetico molto resistente e perfetto per far scorrere via l’acqua, il fango e la neve. Inoltre è particolarmente resistente (pur non avendo un peso eccessivo), cosa che ne garantisce la durata anche per l’utilizzo gravel e mtb.
Un’altra caratteristica molto importante, considerata la tipologia del modello, è la suola. In questo caso si tratta della X5, con indice di rigidità 5 su 10, completamente riprogettata con dei nuovi tacchetti generosi rivestiti in gomma. Quest’ultima caratteristica fa in modo di avere una buona presa anche sui terreni scivolosi tipici dell’inverno.
Infine un accenno al sistema di chiusura. Rispetto alla versione estiva, le Terra Artica GTX sono più alte, per proteggere meglio il collo del piede dalle intemperie. La chiusura nella parte superiore è assicurata da una cinghia di velcro all’altezza della caviglia, mentre più in basso riprende il singolo Boa delle Terra Atlas.
La suola è ricoperta in gomma, per una presa stabile anche sui fondi sdrucciolevoliLa suola è ricoperta in gomma, per una presa stabile anche dyu fondi sdrucciolevoli
Colore (nuovo), peso e prezzo
Se tutto il resta invariato, la novità per questa stagione è data dall’estetica. Le nuove Terra Artica GTX sono ora presentate nella colorazione Desert-Black, con tomaia beige e collo e linguetta nera. Questa si va ad aggiungere alle precedenti verisoni Total Black e Purple-Black.
Il peso dichiarato (in taglia 42) è di 432 grammi e le taglie vanno dal 36 al 48. Il prezzo consigliato nel sito di Fizik è di 259 euro.
Campagnolo Super Record 13, quando è stata lanciata la versione road lo avevamo anticipato, lo stesso sistema aveva tutta l’aria di essere solo un antipasto. Campagnolo non ci smentisce e amplia ulteriormente la piattaforma a 13 rapporti, lancia la versione X che si spinge (in modo specifico) verso il gravel e l’interpretazione all-road.
Super Record 13 X Gravel si aggiunge ai pacchetti road 2×13, 1×13 road ed al Super Record TT 1×13, quest’ultimo specifico per le bici da crono. Ma non finisce qui, perché la trasmissione 13 Gravel fa da trampolino di lancio anche per la 2×13 All-Road e alle ruote Campagnolo Bora X. Entriamo nel dettaglio.
Super Record 13 X, alta gamma anche per il gravel e tutto wirelessSuper Record 13 X, alta gamma anche per il gravel e tutto wireless
Campagnolo Super Record 13
Contestualizzato ad oggi non si tratta solo di un cambio, solo di una trasmissione, ma di una piattaforma vera e propria che strizza l’occhio a differenti categorie di bici ed interpretazioni. Di fatto il nuovo sistema Campagnolo Super Record si avvia ad un completamento dell’offerta, sempre con una matrice wireless.
Super Record X identifica la famiglia sviluppata in modo specifico per il gravel e all-road, che mutua alcune soluzioni del 2×13 lanciato a giugno (lo abbiamo provato a fine estate), che porta in dote alcune soluzioni create ad hoc per il gravel.
Nano Clutch è una frizione integrata nel corpo del cambioBilanciere X, possibilità di pignoni fino a 48 dentiNano Clutch è una frizione integrata nel corpo del cambioBilanciere X, possibilità di pignoni fino a 48 denti
Le peculiarità del Campagnolo X
Super Record X 1×13 è una trasmissione con la monocorona anteriore ed è il primo gruppo wireless Campagnolo per il gravel. Il bilanciere posteriore è con la gabbia lunga (comunque abbinabile ad una configurazione stradale) e adotta il suffisso Nano Clutch, perfettamente stabilizzato e capace di supportare pignoni fino a 48 denti. E’ specifico per la trasmissione monoring, dove ci sono da sottolineare anche le presenze delle scale pignoni 9-42 e 10-48. Queste nuove cassette adottano in ogni caso il disegno N3W della ruota libera.
La guarnitura ha corone aero, con ben otto dentature disponibili, 38 e 40, 42 e 44, 46 e 48, 50 e 52. I denti delle corone hanno un disegno sviluppato ad hoc, anti-caduta e la stessa guarnitura non obbliga l’impiego del dente salva-telaio. Il range di compatibilità del monocorona parte proprio dai 38 denti, per arrivare ai 52.In aggiunta, nell’ottica di un perfetto abbinamento con il sistema monoring, è previsto anche lo shifter senza pulsanti, solo con la leva del freno. Il prezzo di listino di Super Record X 1×13 gravel è di 3.375 euro, ai quali devono essere aggiunti 1.167 euro per l’eventuale power meter.
C’è anche il Super Record 2×13 All Road (4.370 euro di listino, senza power meter), adatto a chi abbina l’utilizzo stradale a quello gravel. Ben sette le combinazioni delle corone e si possono utilizzare le quattro diverse scale pignoni (10-29, 10-33, 11-32 e 11-36) che il nuovo Super Record 13 rende disponibili. Anche in questo caso il bilanciere posteriore è Nano Clutch (una frizione miniaturizzata) che mantiene la stabilità della catena ed evita cadute. Per tecnica, sviluppo e concetto, questo cambio posteriore è perfettamente abbinabile al pacchetto road.
Il pacchetto All Road, un po’ per tutti, tra off-road e roadAll Road si può identificare tramite la doppia corona, stradale e gravel al tempo stessoIl pacchetto All Road, un po’ per tutti, tra off-road e roadAll Road si può identificare tramite la doppia corona, stradale e gravel al tempo stesso
Più di una semplice evoluzione di Ekar
La piattaforma Campagnolo X non ha praticamente nulla in comune con Ekar. Come scritto in precedenza il sistema è completamente wireless, ma anche il disegno delle corone adotta un profilo diverso dei denti, più evoluto e disegnato per offrire un ingaggio ottimale della catena, stabilizzando quest’ultima anche sui terreni più scassati. Inoltre si aggiungono nuove lunghezze alle pedivelle: 165 e 170, 172,5 e 175.
Le guarniture hanno un fattore Q di 152 millimetri ed il perno passante è il tradizionale Ultra-Torque di Campagnolo. Un power meter anche per il gravel e si basa sul sistema HPPM usato in ambito road.
Ufficializzata anche la trasmissione 1×13 stradaleLanciato ufficialmente anche il sistema monoUfficializzata anche la trasmissione 1×13 stradaleLanciato ufficialmente anche il sistema mono
I punti in comune con il Super Record 13 da strada
Anche il bilanciere X con gabbia allungata è caratterizzato dalle pulegge con diametri e dentature differenti. Quella superiore ha 12 denti e lavora in modo eccentrico, quella inferiore ha 16 denti, è disegnata per ottimizzare la tensione della catena e favorire la scorrevolezza.
Il disegno del bilanciere è pensato nell’ottica di adattarsi ai diversi forcellini di supporto, che siano tradizionali, oppure UDH. La batteria è completamente integrata al corpo cambio e può essere rimossa.
Design Ergopower in tutto e per tuttoDesign Ergopower in tutto e per tutto
Comandi sempre Ergopower
Rispetto a quelli del precedente sistema Wireless i comandi sono stati completamente ridisegnati, riprogettati e semplificati. Nella versione X è introdotto anche l’Ergopower sinistro senza elettronica, mentre il destro mutua tutte le soluzioni presenti sulla versione stradale. La app di atterraggio dei dati e gestione della trasmissione è la My Campy di Campagnolo.
Canale largo e altezza da 50, sono le Bora XCanale largo e altezza da 50, sono le Bora X
Ci sono anche le nuove Bora X
Cerchio full carbon a 50 millimetri di altezza ed un canale con uncino interno (tubeless ready e non hookless) da 27 di larghezza. E’ perfettamente ermetico e schermato come vuole la tradizione Campagnolo, senza nastro tubeless. I raggi sono in acciaio (differenziati e diversi da quelli delle Bora in versione strada) con sistema di raggiatura G3 ed i nipples sono esterni al cerchio.
Il design della nuova Bora X è ottimizzato per far alloggiare coperture dai 35 millimetri in avanti. Il valore dichiarato alla bilancia è di 1.430 grammi. I mozzi adottano i cuscinetti USB Ceramic. Il prezzo di listino delle Bora X è di 2.290 euro.
Un pro’ corre sempre per il risultato. E’ vero, è ovvio, è pagato per questo. Ma è anche vero che può correre per divertirsi e quando ci riesce tutto assume un altro aspetto. E’ quel che ci ha raccontato, e che abbiamo visto dal vivo con Matej Mohoric reduce dal campionato del mondo gravel UCI.
Lo sloveno ama il suo mestiere ed ama anche il gravel. E’ la bici che più lo riporta a quando era bambino, ci racconta. E’ la bici con cui spingere, ma avere quelle sensazioni che vanno oltre. Quando ti senti tutt’uno con la bici. Mohoric ci racconta così com’è andato il suo mondiale, che lo ha visto salire sul terzo gradino del podio. Ma anche quel che significa, specie dopo tanti anni, riuscire ancora a divertirsi in bici. Ricorderete la sua discesa del Ventoux filmata da noi questa estate al Tour. Ma anche lo show di Maastricht.
Curve in appoggio, derapate, entrare killer in curva: Mohoric a Maastricht ha dato spettacolo (foto Instagram – Tornanti)Curve in appoggio, derapate, entrare killer in curva: Mohoric a Maastricht ha dato spettacolo (foto Instagram – Tornanti)
Matej, come giudichi questo tuo bronzo? Sei soddisfatto?
Diciamo che se uno me lo chiedeva prima di partire avrei messo la firma. Perché il percorso quest’anno era ancora più facile rispetto all’anno scorso. C’erano meno tratti dove con le gambe potevi fare la differenza. Meno tratti tecnici, dove il gruppo si allunga. Quindi c’era più strategia, più tattica, dal punto di vista delle squadre.
Come è andata?
Dopo un’ora è andata via una fuga abbastanza pericolosa, con 6-7 corridori, dove c’erano anche tanti belgi e tanti compagni di squadra. In realtà sono andato a chiudere io, e poi sono partiti al contropiede quei quattro che hanno poi determinato la corsa, tra cui Florian Vermeersch. Lì ho capito che era il momento chiave. Ma, come ho detto, il percorso non era facile da gestire da quel punto di vista.
E dopo?
E’ successo come quando sono andato via con Tom Pidcock. Lui ha fatto il ritmo e io sono partito in contropiede: è difficile andare a chiudere su tutti. Alla fine, quando ero davanti, ho trovato il mio ritmo e le gambe, che comunque erano buone. Anche se ero tanto stanco dopo la stagione, dopo le ultime settimane davvero impegnative.
Nessun rammarico insomma…
Mi è dispiaciuto un po’ che il mio compagno di fuga, lo svizzero Stelhi, non ne avesse molta. Ma so che ha dato il suo massimo: quando tirava lui si vedeva che era stanco. Poteva anche stare a ruota e non dare i cambi, invece ha contribuito. Magari se al suo posto ci fosse stato Pidcock potevamo anche rientrare, anche se non era per niente facile. Florian è stato fortissimo e secondo me era il favorito numero uno. Se la merita tutta questa maglia. In questa disciplina è veramente forte. Già in Rwanda, ai mondiali, non potete capire che lavoro ha fatto per Remco Evenepoel. Si vedeva che stava davvero bene.
Matej Mohoric ha lottato come un leone. Alla sua ruota lo svizzero StelhiMatej Mohoric ha lottato come un leone
Matej, voi pro’ ormai siete quasi dei robot. I carboidrati all’ora, il casco aerodinamico, il guantino… Però grazie a te abbiamo visto che il professionista sa anche divertirsi. La discesa dal Ventoux questa estate, la guida show al mondiale gravel… Ti diverti?
Guardate, io ho iniziato ad andare in bici per questo. Perché è bello, perché ti diverti, perché mi piace guidare così. Quando uno ha la possibilità di farne il suo lavoro, e di conseguenza ha anche tanto tempo per fare pratica, diventa sempre più bravo. Magari non più veloce, ma più sicuro in quello che fa. In queste corse su gravel è anche più facile sfruttare, far emergere queste doti. Anche su strada è sempre importante sapere guidare la bici, ma nel gravel c’è ancora più differenza.
Quante volte hai usato la bici da gravel durante l’anno o prima del Mondiale?
Purtroppo noi professionisti non abbiamo tantissimo tempo: è uno dei problemi del nostro lavoro, che comincia a essere pesante dopo un po’ di anni. Siamo sempre di fretta. Tra allenamenti, gare e routine da pro’ non è facile trovare il tempo per le uscite con la bici gravel. Uno pensa che ci si potrebbe allenare ogni tanto…
Invece?
C’è sempre la tabella da rispettare ed è più comodo andare su strada: hai i tuoi parametri, i tuoi valori, puoi gestire lo sforzo. L’ho usata qualche volta per fare distanza, perché è un’uscita più semplice, senza lavori specifici. Quindi tornando alla domanda: credo di aver usato la bici gravel una decina di volte quest’anno.
In bici, anzi in gara, col sorriso… in pochi ci riescono (foto Instagram – Tornanti)In bici, anzi in gara, col sorriso… in pochi ci riescono (foto Instagram – Tornanti)
Come concepisce Matej Mohoric la bici gravel?
Mi piace proprio perché non la considero come il mezzo di lavoro, come invece è la bici di allenamento su strada. E’ la bici del divertimento. Mi dà un senso di libertà. Mi fa sentire più connesso con la natura. Magari ci esco e faccio un giro non abituale, qualcosa di diverso per cambiare un po’. E anche per ricordarmi perché ho iniziato ad andare in bici, come quando ero piccolo. In generale vedi posti più belli, più selvaggi.
Con che gomme hai gareggiato al mondiale in Olanda?
Con un prototipo di Continental. Quest’anno devo dire che siamo migliorati tantissimo sotto questo aspetto. Negli scorsi anni devo dire di aver avuto fortuna, specie quando vinsi il mondiale in Italia: andò tutto bene e non eravamo così preparati tecnicamente. Nel gravel gli pneumatici e le ruote sono forse la cosa più importante della bici. Abbiamo studiato tanto e migliorato tanto. Oggi c’è tanta tecnologia e le gomme, anche se sembra assurdo, fanno davvero la differenza.
Beh, vediamo quanto ci investono i marchi…
Chiaro, soprattutto nel gravel devi trovare il giusto equilibrio tra velocità, grip e protezione. Se ti devi fermare per una foratura o perché usavi una pressione troppo bassa e rompi un cerchio su una pietra, è un problema. Ora esistono anche vari tipi di inserti da mettere all’interno del cerchio.
Tu l’avevi l’inserto?
Sì, e l’avevo montato su un cerchio particolare di Vision. La misura era 40, ma alla fine su quel cerchio era come fosse un 43 millimetri. A me piace andare forte nei tratti tecnici, sentire la velocità, controllare la bici che scappa…
Quest’anno la stagione su strada di Matej è stata a dir poco tormentataQuest’anno la stagione su strada di Matej è stata a dir poco tormentata
Usciamo dal discorso gravel, Matej. La tua non è stata una stagione brillante come al solito. Come mai?
Nelle primissime gare stavo molto bene, quasi troppo. Avevo iniziato la preparazione presto e credo di essere andato oltre il limite del mio corpo. Dopo la prima corsa mi sono ammalato una prima volta, prendendo un’infezione batterica. Poi una seconda, una forte otite che mi ha costretto a prendere antibiotici. Subito dopo, il giorno prima della Strade Bianche, ho preso un’altra infezione, stavolta gastrointestinale, che mi ha distrutto. Da lì in poi non mi sono più ripreso.
E sappiamo che non è facile riprendersi in questo ciclismo…
Non andavo più avanti. Ho tenuto duro pensando di riprendermi nel periodo delle classiche, ma col senno di poi mi sarei dovuto fermare subito. Correndo da malato ho compromesso anche la seconda parte di stagione. Ho sbagliato anch’io a non fare uno stop totale e cercare di resettare tutto. Ho chiuso un po’ gli occhi e ho detto: sì dai, ce la faremo, e invece…
L’ultima domanda, Matej: Pidcock ti ha detto qualcosa sul fatto che guidi meglio di lui sul gravel?
Non penso che guidi meglio di lui – ride Matej – credo solo che quel giorno a Maastricht Tom fosse molto stanco dopo il Lombardia del giorno prima. Di certo in MTB non posso andare con lui… nel gravel, magari, me la gioco un po’ meglio.