Frattura del gomito, la caduta di Realini e i tempi del recupero

21.01.2025
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La stagione di Gaia Realini non è sicuramente iniziata nel migliore dei modi vista la frattura al gomito di qualche giorno che l’ha costretta a fermarsi. Per la scalatrice della Lidl-Trek si tratta di uno stop nella rincorsa agli obiettivi stagionali. Un rallentamento che però non spaventa visto che siamo a gennaio. Un infortunio che deve lasciare lontani eventuali allarmismi ma che comunque è da non sottovalutare. In un post sui social Realini ha scritto: “Qualche giorno fa sono caduta in allenamento, una piccola frattura al gomito che sicuramente non ci voleva… La stagione non è ancora iniziata e il meglio deve ancora venire”.

Per capire cosa comporta una frattura al gomito e come si gestisce siamo andati da Maurizio Radi, fisioterapista e responsabile del Fisioradi Medical Center

«Il gomito – ci spiega subito – è un’articolazione tra omero, ulna e radio, e in base alla frattura viene impostato un percorso terapeutico riabilitativo mirato. Nel caso di Realini bisogna capire che tipo di frattura ha avuto».

Abbiamo chiesto chiarimenti sulla frattura al gomito a Maurizio Radi, titolare del Fisioradi Medical Center
Abbiamo chiesto chiarimenti sulla frattura al gomito a Maurizio Radi, titolare del Fisioradi Medical Center
Sui suoi canali social Realini ha scritto che ha riportato una piccola frattura al gomito destro, non scomposta.

Se ci si trova davanti a una frattura composta il gomito viene immobilizzato con un tutore. Si preferisce quest’ultimo al gesso perché permette di avere una gestione migliore della riabilitazione. Infatti inizialmente l’articolazione viene immobilizzata a novanta gradi. Poi dopo una settimana o una decina di giorni può essere parzialmente sbloccata a quarantacinque o sessanta gradi e si può iniziare la riabilitazione.

Non bloccare subito il gomito cosa comporta?

Il tutore è da considerare al pari di un gesso, per questo bisogna parlare bene con l’atleta e spiegare che comunque c’è da fare attenzione. Tuttavia questo metodo permette di iniziare al più presto con le terapie che servono per ridurre la rigidità che altrimenti si creerebbe con il gesso. 

Di quali terapie parliamo?

La prima che si può fare grazie all’uso del tutore è la magneto terapia che stimola la creazione del callo osseo. Può essere associata alla fisioterapia strumentale, tipo tecar o laser, per ridurre infiammazione e gonfiore. Si può anche iniziare un’elettrostimolazione per tenere attivi i muscoli e i tendini

Il gomito quindi non è una frattura complessa?

In realtà sì perché ci sono diverse ossa che compongono questa articolazione, a seconda di quella che riporta la frattura si deve agire in una determinata maniera. La prima cosa da fare è andare da un ortopedico specialista che è in grado di definire quale trattamento adoperare. Una radiografia è il primo passo per avere una corretta diagnosi, in alcuni casi serve completamento diagnostico tramite RMN o TAC. 

La riabilitazione attraverso la fisioterapia può iniziare dopo una settimana o dieci giorni
La riabilitazione attraverso la fisioterapia può iniziare dopo una settimana o dieci giorni
Per un ciclista quanto è invasivo come infortunio?

Non molto se si considera che il gomito non è la prima articolazione di carico in questo sport. Chiaramente con l’immobilizzazione c’è una perdita del tono muscolare ma non è così importante come se avvenisse sugli arti inferiori. In bici l’utilizzo del gomito è molto limitato. 

Nonostante le mani siano uno dei punti di contatto con la bici e quindi di sostegno del peso?

Le braccia sostengono il peso del busto ma questo si divide tra mano, polso, gomito e spalla. Se una di queste parti viene meno a causa di un infortunio le altre vanno a compensare. Anche se il recupero a livello dell’articolazione del gomito non dovesse essere totale questo non andrebbe a intaccare la guida della bici. Poi va detto che su un infortunio come quello della Realini il recupero totale è praticamente certo

E’ possibile tornare ad allenarsi e correre anche con una mobilità parziale del gomito, ne è un esempio Pozzovivo
E’ possibile tornare ad allenarsi e correre anche con una mobilità parziale del gomito, ne è un esempio Pozzovivo
Dopo quanto tempo si può tornare in bici?

Grazie ai rulli quasi subito. Una settimana si deve stare fermi però poi con accortezza si può già tornare a pedalare. Il ritorno su strada dipende dagli obiettivi e da quanto si vuole aspettare, ma una volta recuperato almeno il 50 per cento della mobilità del gomito si può guidare serenamente la bici.

Bastianelli: gomito a posto, grazie a medici e infermieri

11.11.2022
5 min
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Il 28 luglio scorso, al Tour Femmes si correva la quinta tappa, quando in un punto non particolarmente insidioso a 45 chilometri dall’arrivo, una caduta di massa ha fermato il gruppo. Ad averne la peggio è stata Emma Norsgaard della Movistar, ritirata. Ma fra le tantissime ragazze cadute, anche Marta Bastianelli ha picchiato violentemente il gomito destro.

I corridori si alzano e ripartono. Così anche la romana è ripartita, ha tagliato il traguardo 34ª nel gruppo compatto alle spalle di Lorena Wiebes. E il giorno dopo è arrivata seconda, questa volta alle spalle di Marianne Vos.

La caduta ha coinvolto tutto il gruppo a 45 chilometri dall’arrivo della 5ª tappa
La caduta ha coinvolto tutto il gruppo a 45 chilometri dall’arrivo della 5ª tappa

La ferita sul gomito

Eppure la ferita sul gomito continuava ad essere brutta e a darle fastidio. Però anche in questo caso, la soglia del dolore molto alta, ha avuto la meglio e Marta ha continuato a correre sino a fine stagione.

«Ho sottovalutato la caduta», racconta, mentre guardiamo la foto che la ritrae all’uscita dall’ospedale, circondata da infermieri e dottori (immagine di apertura).

«Con noi al UAE Team Adq c’era la dottoressa Mossali – prosegue – e da casa anche il dottor Sprenger diceva giustamente di andare a fare un controllo. Dicevano che anche se non avevo dolore, sarebbe stato il caso di andare…».

Dopo le varie medicazioni, Bastianelli riparte: qui con il meccanico Longhi
Dopo le varie medicazioni, Bastianelli riparte: qui con il meccanico Longhi
Ci sei andata?

No, la mia testardaggine… Il gomito secondo me non era rotto, anche se due giorni fa il dottore in ospedale ha tolto delle piccole schegge di osso. In pratica si è creata una borsite che col tempo si è andata calcificando. E alla fine è servito un intervento per rimettere a posto il gomito.

Hai anche aspettato parecchio…

Prima ho fatto delle terapie dal nostro fisioterapista di fiducia Bartolacci che, poveretto, ha fatto quello che poteva. Lui è sempre molto ottimista, però questa volta mi ha detto: «Guarda Marta, la situazione è che la borsite si è calcificata. Quindi forse le onde d’urto non bastano e va fatta una visita più approfondita».

Questa volta gli hai dato ascolto?

Questa volta sì. Abbiamo deciso di andare da un amico e grande amante della bicicletta, nonché responsabile di Ortopedia all’ospedale di Sant’Omero: il dottor Vittorio Di Cesare. E guardando la risonanza, lui mi ha detto che con la calcificazione si era formato uno strato duro superiore ed era da togliere. In realtà me l’aveva detto anche il dottor Corsetti agli europei, dicendo che non si sarebbe riuscito ad aspirare, ma ormai era da asportare.

Questo il gomito a fine stagione, prima dell’intervento
Perché non l’hai fatto subito?

Perché inizialmente ho pensato che potevo aspettare. Poi, quando finalmente è finita la stagione e ho fatto la risonanza, è arrivata la diagnosi giusta.

Non ti faceva un male cane?

Avvertivo fastidio aprendo e chiudendo il braccio. Era più forte facendoci pressione con il peso e allora mi dava scosse e faceva male. Ad esempio quando poggiavo il gomito sui braccioli in macchina, oppure quando non riuscivo a tenerlo sul tavolo. Per il resto, in bici ad esempio, non era così insopportabile. Sennò il giorno dopo non arrivavo seconda.

Alla fine però hai capitolato…

Negli ultimi tempi qualcosa mi ha portato a dire basta. Hanno iniziato a farmi male i tendini, quindi ho capito che c’era da fare qualcosa. Però dal punto di vista della bici, riuscivo a fare quasi tutto. Noi corridori siamo particolari. Quando ci dicono che non è rotto, stringiamo i denti e tiriamo dritti. Passerà? La speranza è sempre quella, solo che questa volta non è passato. Mentre io, convinta che non fosse rotto, continuavo a fare tutto come al solito.

Dopo la risonanza, è arrivato l’intervento.

Esatto, giovedì mattina. E se adesso ne parlo è per ringraziare tutta questa categoria di persone fondamentali per il nostro lavoro, specialmente gli ortopedici. Tra clavicole rotte e vari altri incidenti, ci aspettano sempre a braccia aperte, soprattutto durante la pausa invernale, quando siamo tutti da aggiustare.

Il giorno dopo la caduta, Bastianelli ha avuto le gambe per sprintare dietro Marianne Vos
Il giorno dopo la caduta, Bastianelli ha avuto le gambe per sprintare dietro Marianne Vos
Hai fatto tutto in day hospital?

Sono andata in ospedale la mattina presto e mi hanno fatto l’anestesia locale. Un po’ mi hanno anche sedata, proprio perché non sentissi davvero nulla. A fine giornata sono uscita. Sicuramente ora dovrò aspettare un po’ per pedalare sul serio. Vediamo nei prossimi giorni come andrà il dolore e poi valuteremo insieme al dottore. Nel dubbio mi hanno fatto una fasciatura abbastanza importante, in modo che se dovessi anche fare una camminata, non mi dia fastidio. 

Come va col dolore?

Un po’ fa male. Ovviamente adesso che si è risvegliato dopo l’anestesia, dà fastidio, ma era così anche prima dell’intervento. Ormai era diventato normalità. Perciò adesso speriamo che torni tutto a posto per ricominciare bene la preparazione.

Domenico Pozzovivo, gomito fratturato, Giro d'Italia 2020

Gomito rotto: si guarisce? L’esempio del Pozzo

02.12.2020
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«Quando sono in bici – ci disse Pozzovivo dopo i primi 10 giorni del Giro – stringo i denti. Il corpo tende ad adattarsi, ma se la sera non lavorassi a lungo con osteopata e massaggiatore, sarei nei guai».

Subito dopo la corsa rosa, tuttavia, il lucano che anche nel 2021 correrà nella Qhubeka-Assos, è dovuto correre a operarsi ugualmente al gomito sinistro. Al Tour infatti era caduto, battendo proprio quello già operato nell’estate del 2019. La sua diagnosi – parola più, parola meno – racchiudeva in un solo incidente fratture scomposte pluriframmentarie ed esposte e di ulna, olecrano e omero distale con perdita di sostanza.

Ma quanto fa male la frattura del gomito? Quanto è frequente? Come se ne esce? E poi torna tutto come prima? Abbiamo messo insieme le nostre domande e le abbiamo rivolte ad Andrea Gadda, fisioterapista, laureato in Scienze Motorie, che opera presso il Centro Fisioradi di Pesaro.

Frattura del capitello radiale (foto MSD)
La frattura del capitello radiale (foto MSD)
Frattura del capitello radiale (foto MSD)
Frattura del capitello radiale (foto MSD)
Dottor Gadda, quella del gomito è una frattura ricorrente in chi fa sport?

Può accadere in sport di contatto quali rugby, football americano e arti marziali. Ma risulta molto frequente anche nel pattinaggio, lo skateboarding e nel ciclismo.

Quale tipo di caduta la genera?

Tipicamente avviene per impatto diretto sul gomito o, con più frequenza, con la tipica caduta a terra “in protezione” sul palmo della mano, con il gomito in estensione.

E’ dolorosa come sembra?

Dipende dalla tipologia della frattura, la sua localizzazione articolare e dal grado di gravità.

Quanti tipi ce ne sono?

In effetti sono molteplici. Possiamo riassumerle in tre tipologie. Frattura composta/scomposta, poi chiusa/esposta e frattura completa/incompleta (infrazione, ndr). Mentre la gravità viene classificata in Tipo di frattura, da uno a tre. Infine si ragiona sulla localizzazione anatomica. E allora abbiamo la frattura sovracondiloidea dell’omero, frattura del capitello radiale, frattura dell’olecrano e frattura dell’epitroclea. Ma mi rendo conto che questi sono termini medici che al lettore potrebbero dire poco. Almeno se non ci è passato…

Riabilitazione frattura al gomito (foto Roberto Barbieri)
La riabilitazione va iniziata tempestivamente (foto Roberto Barbieri)
Riabilitazione frattura al gomito (foto Roberto Barbieri)
La riabilitazione deve essere tempestiva (foto Roberto Barbieri)
E’ sempre raccomandato l’intervento chirurgico?

Per la maggior parte delle fratture (quantomeno per quelle non scomposte) un gesso di almeno 30 giorni, che immobilizza la parte lesa, sarà più che sufficiente per recuperare in modo rapido ed efficace.

Allora quando si deve operare?

In caso di lesione epitrocleare o olecranica. Se un frammento di osso si è spostato in modo pericoloso, deve necessariamente essere fissato con l’ausilio di un chiodo metallico (nel caso della epitrocleare) oppure con un filo di Kirschner (per la olecranica). Il filo di Kirschner è una sottile asta di acciaio inossidabile, che può essere facilmente lavorata dal chirurgo con l’impiego di particolari pinze.

La funzionalità dell’articolazione può essere compromessa?

Potrebbe provocare dei problemi anche nel medio, lungo periodo. Parliamo di instabilità cronica, con il rischio di soffrire di fastidiose lussazioni. Artrosi, che può portare a stati degenerativi e dolorose infiammazioni. Rigidità della giuntura, che compromette la flessione e l’estensione del gomito.

Visto l’appoggio del braccio sul manubrio, quali sono i requisiti minimi per poter riprendere l’attività?

Sicuramente la ripresa della piena mobilità articolare e della forza muscolare.

In riabilitazione quali sono gli ostacoli più frequenti?

Il gomito è una delle articolazioni più complesse da trattare. La riabilitazione deve iniziare subito dopo la rimozione del gesso o l’eventuale operazione. La complessità sta nel calibrare la giusta intensità. Un approccio moderato può rallentare i tempi di recupero facilitando situazioni di rigidità. Un iter più deciso può allo stesso tempo agevolare la formazione di calcificazioni anomale con dolore.

Tutore per la frattura del gomito
In alcuni casi può essere necessario l’uso di un tutore
Tutore per la frattura del gomito
In alcuni casi, serve anche un tutore
Su cosa si lavora?

Su movimenti di flesso-estensione, fondamentale per i gesti della vita di tutti i giorni come mangiare, lavarsi le mani o pettinarsi. Poi la prono-supinazione importante per far sì che questi gesti siano armonici.

Quanto è dolorosa la riabilitazione?

Come detto prima, anche qui dipende dalla tipologia di infortunio e dal trattamento. Il dolore può variare, pur rimanendo soggettivo.

Quanto tempo serve per la calcificazione dell’osso e per riprendere la funzionalità?

Mediamente la riparazione di una frattura avviene tra i 20 e i 40 giorni. Detto questo, anche se la riabilitazione da frattura di gomito avviene immediatamente dopo l’immobilizzazione da gesso o nel post chirurgico, le tempistiche per la ripresa della funzionalità del gomito sono sicuramente più lunghe.

Quali precauzioni vanno comunque adottate, tipo tutori o protezioni, alla ripresa della attività sportiva?

Alla ripresa dell’attività sportiva, l’utilizzo di una protezione o di un tutore, aiuta più a livello psicologico che a livello pratico.