Le voci di Huy, Niewiadoma mette tutte d’accordo

17.04.2024
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HUY (Belgio) – «A essere onesti, mi piace questo processo – dice Kasia Niewiadoma, vincitrice della Freccia Vallone – il percorso della mia carriera. Non è così difficile essere me e mandare giù tanti piazzamenti. Penso che vincere sia davvero speciale, ma credo anche nello sviluppo personale. E ogni volta che sento di poter fare la differenza o di poter far progredire le mie compagne di squadra, per me è sempre positivo. Alla fine la vittoria è solo un risultato. A volte è meglio sentirsi in forma pur non avendo vinto, che rendersi conto di aver commesso un errore. Si tratta solo di mantenere alta la fiducia e sapere che se ti impegni, lavori duro e sorridi, allora la vittoria prima o poi arriverà».

Fuori inizia ad imbrunire quando Kasia Niewiadoma arriva per raccontarsi. Quest’anno la Freccia Vallone delle donne è partita più tardi: erano le due del pomeriggio e c’era ancora il sole. Lo hanno chiesto le ragazze, per evitarsi la sveglia alle quattro e mezza del mattino e risparmiare una notte insonne al personale delle squadre. Poi pare che l’arrivo posticipato consenta alla televisione di trasmetterlo in diretta, mentre in passato lo si è sempre visto in differita.

Al mattino c’era il sole: qui la BePink di Walter Zini in posa con un tifoso speciale
Al mattino c’era il sole: qui la BePink di Walter Zini in posa con un tifoso speciale

Cinque anni di digiuno

Kasia sorride e illumina la stanza. Polacca di Limanova, trent’anni da compiere a fine settembre, la maglia della Canyon-Sram.  L’ultima vittoria risale al mondiale gravel dello scorso autunno, ma su strada non alzava le braccia dal 2019. Eppure ci ha sempre provato. Chi segue il ciclismo femminile è abituato a vederla attaccare ed essere ripresa. Ha sognato in grande al Tour de France Femmes, quando attaccò sul Tourmalet mettendo la maglia gialla nel mirino, ma fu ripresa da Vollering e dovette accontentarsi del secondo posto di tappa e il terzo finale.

«Questa Freccia Vallone – racconta – significa molto per me. E’ passato così tanto tempo dalla mia ultima vittoria e per questo sono super orgogliosa della mia squadra, di me stessa, dei miei sostenitori, dei miei fan che non hanno mai smesso di credere in me. Dopo tutti quei secondi, terzi, quinti e ottavi posti, tutti hanno continuato a darmi fiducia. Non ho mai ricevuto un messaggio negativo da nessuno. Questo mi ha sicuramente fatto credere che la vittoria fosse a portata di mano e dovessi solo essere paziente.

«Con il mio allenatore abbiamo provato o simulato più volte le corse su strappi come questo, quindi ero abbastanza fiduciosa di poter mantenere una potenza elevata negli ultimi 20-30 secondi di gara. Oggi mi sono svegliata convinta che questo fosse il giorno. Vincere in queste condizioni è speciale, non vedo l’ora di tornare sul pullman e poi in hotel e festeggiare con le mie amiche».

Una splendida Freccia. L’ultima vittoria di Kasia Niewiadoma era stata una tappa al Womens Tour del 2019
Una splendida Freccia. L’ultima vittoria di Kasia Niewiadoma era stata una tappa al Womens Tour del 2019

Longo-Realini: cambio in corsa

Elisa Longo Borghini è soddisfatta. La Freccia Vallone negli anni aveva finito col metterla da parte: troppi piazzamenti e poche soddisfazioni, al punto da convincersi che non fosse la sua corsa. Questa volta però il meteo l’ha resa ancora più dura, spostando il fuoco dall’esplosività alla resistenza. E quanto a quella, la piemontese non teme troppi confronti.

«Le condizioni meteorologiche – spiega la recente vincitrice del Fiandre – erano davvero difficili e anche un po’ inaspettate per essere aprile. Ho avuto la fortuna di avere compagne di squadra intorno a me, che mi portavano vestiti caldi e anche del tè caldo. Per tutto il giorno hanno avuto un occhio in più per me e per Gaia. Lei è molto minuta e quando fa così freddo, fatica anche a prendere le cose dalle tasche, anche per il tipo di corridore che è. Le cose sono poi cambiate negli ultimi chilometri. Ha continuato a dirmi di andare perché non stava bene, aveva freddo. A volte si fa quello che si vuole e altre volte si fa quello che si può. Oggi ho fatto quello che potevo e lei lo stesso. Ho patito il freddo anch’io che di solito mi ci trovo bene, quindi non riesco ad immaginare come stia adesso “Gaietta”».

L’attacco perfetto

Sulla gara e la sua vincitrice, Elisa ha parole di stima e indirettamente arriva la conferma che il successo di Kasia Niewiadoma abbia fatto piacere. Più di quanto sarebbe stato con l’ennesima vittoria di Demi Vollering.

«Penso che Niewiadoma sia partita nel punto perfetto – dice – perché guardando le precedenti edizioni, sia maschili che femminili, la grande differenza si è fatta negli ultimi 150 metri. Oggi è stata la più forte e ad essere onesti, sono felice che abbia vinto. E’ sempre una brava atleta, qualcuno di cui ho molto rispetto e meritava di vincere. Il mio sprint invece non so se potrei chiamarlo così. Più di uno sprint è stato una morte lenta. Ho resistito finché ho potuto, poi ho iniziato a spegnermi».

Un buon 9° posto per Marta Cavalli, al rientro dopo l’ennesimo infortunio e un periodo in altura
Un buon 9° posto per Marta Cavalli, al rientro dopo l’ennesimo infortunio e un periodo in altura

Il ritorno di Cavalli

La luce si è spenta appena un po’ prima per Marta Cavalli. La cremonese non aveva neanche iniziato la stagione a causa della caduta in ritiro. Si era appena affacciata al Trofeo Binda, poi è sparita sul Teide assieme a Evita Muzic. Tre settimane di lavoro, la discesa la scorsa settimana e finalmente il ritorno in gruppo. Le Ardenne e poi la Vuelta, che non era nei piani, ma è stata aggiunta in extremis.

«E’ stata una gara dura più che altro per il meteo – spiega – perché vengo da un inverno in cui ho sempre pedalato al caldo e quindi il freddo non è tra le mie condizioni preferite. Oggi ero molto motivata e quindi ho stretto i denti, cercando conforto con le mie compagne. Sapevamo che avrebbe smesso dopo metà gara e quando abbiamo iniziato a vedere il sole, ho cominciato a essere un po’ più positiva. Sull’ultimo muro sono mancate quelle gambe che si ottengono una volta ogni cinque anni per fare il risultato grosso, però in generale sono contenta delle mie sensazioni. Non ero proprio una delle favorite quando abbiamo imboccato il muro, ho dovuto cedere un po’. Però dai, domenica ce n’è un’altra…».

La Liegi bussa alle porte e anche Niewiadoma e Vollering hanno fatto sapere che l’ultima ardennese è fra i loro desideri. L’Amstel è stata accorciata. La Freccia idem, perché per farla partire più tardi hanno inciso pesantemente sul percorso: se non avesse fatto freddo, la selezione sarebbe stata ben inferiore. Ma la Liegi sarà una sorta di resa dei conti. E pare che anche domenica il tempo non sarà dei migliori.

Muro d’Huy vs San Luca: l’analisi di Marta Cavalli

29.09.2023
5 min
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Aspettando di assistere al Giro dell’Emilia, che domani vedrà impegnati le donne e poi gli uomini sul circuito di Bologna, si è fatta avanti una curiosità. In realtà avremmo potuto dipanarla da soli col semplice ragionamento, ma volete mettere il gusto di parlarne con un’atleta? Che differenza c’è tra il Muro d’Huy e la salita di San Luca? Com’è finire una classica su quelle due salite?

Il Muro è lungo 1.400 metri, il San Luca (noto anche col nome di Colle della Guardia) ne misura 1.900. Il primo ha pendenza media del 9,7 per cento e massima del 18, il secondo ha una media del 10,5 per cento e la massima del 18 per cento. Ma qual è la differenza fra i due arrivi?

Prima le donne e poi gli uomini (nella foto): il Muro di San Luca sabato li abbraccerà tutti
Prima le donne e poi gli uomini (nella foto): il Muro di San Luca sabato li abbraccerà tutti

Quasi 3 minuti di differenza

Lo abbiamo chiesto a Marta Cavalli, che nel 2022 vinse la Freccia Vallone e poi, rientrando proprio dopo la caduta del Tour, si piazzò sesta nella corsa italiana, che la vedrà al via domani.

«Secondo me – esordisce Marta – fare il paragone è difficile, perché non hanno la stessa lunghezza. Il muro di Huy si fa in 4 minuti, più o meno, invece San Luca in 6’47”, quindi quasi il doppio. E poi perché il Muro all’inizio è una falsa salita, ha gli ultimi metri proprio impegnativi e spiana per 100-150 metri quando sei in cima. San Luca invece parte subito con una rampa secca, spiana un po’, poi altra rampa secca alla “S” delle Orfanelle, mentre in cima ci sono più di 400 metri in cui tende a scendere leggermente. Perciò c’è una specie di volata, in cui le carte si rimescolano».

Cavalli sesta all’Emilia del 2022: per lei il rientro dopo la terrificante caduta del Tour con cui ancora fa i conti
Cavalli sesta all’Emilia del 2022: per lei il rientro dopo la terrificante caduta del Tour con cui ancora fa i conti
Altre differenze?

Alla Freccia, il Muro d’Huy si fa tre volte, ma è distribuito in tutta la gara. Quindi ne fai uno subito, uno dopo tre/quarti di gara e uno alla fine. Invece quest’anno al Giro dell’Emilia ci sarà il San Luca due volte di seguito, ma penso che il tempo di recupero tra uno e l’altro sarà meno di 3-4 minuti al massimo. Per questo venerdì (oggi, ndr) andremo a provare il finale.

E’ diversa anche la gestione dello sforzo?

Per il San Luca non ci si può gestire tanto nella prima parte, perché si arriva a forte velocità. C’è una bella lotta per le posizioni, mentre alla Freccia di solito il gruppo è già scremato. Si arriva al Muro che hai già affrontato più di 2.000 metri di dislivello, invece all’Emilia avremo un dislivello pari a zero. Quindi il San Luca nella prima parte sicuramente non si gestisce, perché c’è da difendere le posizioni per prendere la prima curva sulla sinistra in posizione ottimale: soprattutto se la lotta per la posizione non è andata bene, quella è l’occasione per riguadagnare posizioni. Dopo si si può rifiatare un po’, giusto prima delle Orfanelle. Poi si va a tutta per la rampa più impegnativa. Mentre nel finale spiana, quindi solitamente negli ultimi metri di salita ci si guarda un po’, ci si studia, anche perché poi è una volata

In questa fase della stagione, Marta Cavalli si sente più a suo agio sulle salite lunghe, che sugli strappi
In questa fase della stagione, Marta Cavalli si sente più a suo agio sulle salite lunghe, che sugli strappi
Quindi secondo il tuo gusto, meglio la Freccia o l’Emilia?

Forse in questo momento il Giro dell’Emilia è un po’ più adatto, perché la salita è più lunga, quindi posso spalmare lo sforzo in un tempo maggiore. Allo stesso tempo non ho un vero e proprio metro di paragone, perché tutti gli anni arrivavo all’Emilia molto stanca, sia fisicamente che mentalmente e quindi non ho mai reso come a inizio stagione. Quest’anno invece mi sembra che stia andando un po’ diversamente. Avendo fatto una stagione leggermente sottotono, ho ancora parecchia motivazione. Mi sento anche di stare abbastanza bene, tranquilla. Sono quasi curiosa di vedere come potrà andare una gara così, con un approccio differente e con più freschezza.

Con quali rapporti si fanno le due salite?

Io personalmente preferisco sempre il rapporto un po’ più lungo. L’agilità va bene, certo, ma non troppo, perché non porti a casa metri: li lasci tutti nelle pedalate. Diciamo quindi che magari l’Emilia, il San Luca è un po’ più aperto allo scalatore nel senso classico del termine, mentre in Belgio serve uno che sia anche un po’ esplosivo.

Sulle pendenze elevate, come Huy e San Luca, Cavalli preferisce rapporti non troppo agili, per non perdere metri
Sulle pendenze elevate, Cavalli preferisce rapporti non troppo agili, per non perdere metri
Quando vincesti sul Muro, la facesti praticamente tutta in piedi. Il San Luca?

Sicuramente nei tratti più impegnativi, come possono essere le Orfanelle, lì sicuramente sei sui pedali. La prima parte è di slancio, la prima rampa sicuramente sui pedali dall’inizio per cercare di essere più esplosivi. Poi ci si siede anche un po’. Nel caso dovesse esserci una volata breve, si fa sui pedali, perché si arriva con le gambe totalmente in acido lattico e quando sei in acido, fai fatica a spingere sui pedali. Il fatto che il finale spiani e sia in leggera discesa potrebbe favorire anche il rientro da parte di qualcuno che non è troppo distante. Per questo si tira su il rapporto, il 52 oppure il 54. Invece sul Muro giochi con i rapporti dietro: ne tiri giù un paio, non di più.

Anche il Muro d’Huy nel finale molla un po’…

Un po’ spiana, ma è apparente, perché comunque rimane una salita del 4- 5 per cento. Solo che lo si percepisce piatto, perché rispetto al 18 per cento precedente è meno impegnativo. Invece San Luca in cima è proprio zero per cento.

Vollering a mani basse. Ma dietro spunta a tutta Realini

19.04.2023
7 min
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«Gli ultimi 800 metri sono talmente ripidi che questo muro ti guarda in faccia». Così parla del mitico Muro d’Huy, Gaia Realini. La portacolori della Trek-Segafredo è alla prima esperienza nelle corse del Nord e ha subito colto un podio.

La Freccia Vallone Donne se l’è presa – quasi da programma – Demi Vollering. Troppo più forte, troppo più in condizione in questo momento. Questa mattina vi avevamo proposto l’intervista con Elena Cecchini. Ebbene quel che ha detto la friulana si è verificato: sia il successo di Demi, sia il rilancio della Trek-Segafredo.

Vollering dominatrice

Nel fresco mattino di Huy, ad un’orario insolito, prende il via la Freccia Vallone Donne. La corsa si rivela un filo meno combattuta di quel che ci si poteva attendere. Forse proprio in virtù dell’orario alquanto mattutino.

Nel finale sembra quasi che ad essere decisiva possa essere la penultima cote, quella di Cherave. Scappano via in quattro, ma poi il Muro è il Muro e nessuna tira con convinzione. Si presentano sotto l’impennata finale, tra fumi di barbecue e bicchieroni di birra di chi è a bordo strada, una ventina di atlete. Ci sono tre italiane: Gaia Realini, appunto, la sua compagna Elisa Longo Borghini e Silvia Persico.

Vollering anticipa un po’. «Era questo ciò che voleva fare», ci confida la Cecchini dopo l’arrivo. Voleva togliersi dai guai, impostare il suo ritmo. E comunque ne aveva molta di più. 

E dietro? Dietro Niewiadoma sembra tenere e le altre non si muovono. Eppure c’è quello scricciolo bianco, azzurro e nero che si vede pedalare bene. Che danza sui pedali. E infatti dopo la terribile “S” al 20 per cento eccola che esce come una freccia. L’abruzzese rimonta veloce ed è terza.

Demi Vollering (classe 1996) vince la Freccia Vallone. Ora la Liegi, sapendo di essere super marcata come ha detto dopo l’arrivo
Demi Vollering (classe 1996) vince la Freccia Vallone. Ora la Liegi, sapendo di essere super marcata come ha detto dopo l’arrivo
Gaia, anche Longo Borghini ci ha detto che eri leader oggi. Come si reagisce di fronte a queste responsabilità? Si dorme la sera prima?

Sì, sì! Da quando sono arrivata in questa squadra c’è la pressione, ma la pressione giusta. Quella buona. Credono in me, nelle mie potenzialità. Mi hanno detto: «Tu domani sarai leader, si farà la corsa per te». Io all’inizio ho detto: «No, ma dai, sono nuova. Sono giovane, sono inesperta del mestiere. Non datemi questa responsabilità». Ma tutte le altre mi hanno detto che avevo fatto vedere buone potenzialità in salita e quindi si sarebbe corso per me.

E per fortuna! 

Le ragazze hanno fatto un gran lavoro. E’ indescrivibile quello che sono riuscite a fare per me. Mi hanno tenuto sempre coperta. Ho avuto un problema al penultimo giro, ho bucato e sono rientrsata grazie a loro che mi erano vicine. Ho sprecato il minimo delle energie e sono riuscita a finalizzare quello che è stato fatto. 

All’arrivo le tue compagne erano davvero contente. Ti hanno abbracciato e chiesto come fosse andata, Elisa Longo Borghini prima di tutte. Che consigli ti ha dato?

Elisa mi è stata molto vicina (in conferenza stampa Gaia ha aggiunto anche quanto sia felice di essere compagna di colei che è stata un suo mito, un riferimento che vedeva alla tv, ndr), ma anche le altre ragazze. Devo un grande, grande grazie a “Lizzie” Deignan.

Perché?

Era alla prima gara, al rientro sei mesi dopo la gravidanza. Lei mi ha guidato in tutto e per tutto. Si girava in continuazione per cercarmi e io cercavo lei. Davvero un bel feeling. Ma ripeto, anche con le altre ragazze.

A fine corsa l’abbraccio con Elisa Longo Borghini. In generale abbiamo notato grande solidarietà fra le italiane, specie tra le più giovani
A fine corsa l’abbraccio con Elisa Longo Borghini
Che impressione ti ha fatto il Muro d’Huy?

Eravamo venuti a provarlo la settimana scorsa e diciamo che in questi 800 metri finali hai la strada davanti agli occhi. Però il Muro mi piace, è duro e ho capito che in fondo mi sarei potuta giocare le mie carte.

Ci racconti come lo hai approcciato? Abbiamo visto che Vollering lo ha anticipato, non hai pensato di seguirla?

Lei ha accelerato fin dall’inizio, però ieri riguardando anche le gare degli anni passati, Elisa Longo Borghini mi ha consigliato di non prenderlo subito di petto, perché poi piano, piano quelle che lo aggrediscono fin da subito spesso rimbalzano (si veda giusto Niewiadoma, da 2ª a 11ª, ndr). E così mi ha detto: «Prendilo del tuo passo. Cerca il tuo ritmo. Non strafare fin dall’inizio». Io così ho fatto. E infatti sono riuscita a recuperare la terza ragazza proprio negli ultimi 100 metri.

Quindi eri in spinta fino alla fine?

Sì, in spinta. La gamba era buona e sono contenta per questo. Non posso che godermi questo terzo posto per me e per la mia squadra.

Guardiamola invece dall’altro lato: cosa ti manca per chiudere questo gap?

L’esperienza – replica diretta Realini – sicuramente l’esperienza incide tanto. Ma piano piano, sia io sia il mio allenatore e tutta la squadra ci arriveremo.

Rimpianti? Anche no

Prima di chiudere il capitolo Freccia Donne, merita una considerazione il fatto che Gaia Realini abbia finito il Muro in crescendo, ancora in spinta. Questo è un punto per noi fondamentale, specie in ottica futura.

Ma partiamo da oggi. Se si arriva in cima con tanta forza, è anche lecito chiedersi se invece si poteva dare di più. La risposta sta nel mezzo. Gaia è una scalatrice pura e forse potrebbe averlo preso un po’ più di petto rispetto a quel che le aveva suggerito Longo Borghini, ma sette secondi (tanto ha preso dalla Vollering), non sono pochi. Di certo non avrebbe vinto. Anche perché l’atleta della Sd Workx nonostante abbia anticipato ha guadagnato costantemente, poco, ma costantemente per tutto il muro.

Poi perché serve esperienza, come ha ribadito Gaia stessa. Bene dunque ha fatto Elisa Longo Borghini a suggerirle di andare di passo. Magari spingere anche solo 20 watt in più per 5 secondi prima avrebbe cambiato l’esito della sua scalata.

E poi la verità è che le misure, quelle vere, le può capire solo la protagonista. E’ lei e solo lei che può dosare lo sforzo in base alla distanza e quel che ha in corpo. E questo, specie da queste parti, lo si fa solo con l’esperienza. E di solito chi finisce il muro in spinta di solito la Freccia Vallone la vince. Chiedete a Valverde.