Fate piano, guardate qua: è nata la Maglia Rosa…

19.04.2021
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Novant’anni di maglia rosa. Dal Giro d’Italia del 1931 è diventata l’oggetto del desiderio di qualunque corridore al via della corsa che attraversa lo Stivale per tre settimane. A introdurla fu Armando Cougnet, penna de La Gazzetta dello Sport. Il primo ad indossarla fu Learco Guerra, il 10 maggio di quell’anno. Ma a conquistarla al termine della diciannovesima edizione fu il piemontese Franco Camusso.

Un altro piemontese, Filippo Ganna, sogna di vestirla di nuovo il prossimo 8 maggio a Torino. Quel giorno sarà messa in palio per la prima volta la maglia 2021 ideata dall’azienda italiana Castelli, che dal 2017 realizza anche gli altri capi per i leader della classifica dei giovani (bianca), di miglior scalatore (azzurra) e a punti (ciclamino).

La fase ideativa è conclusa, bozzetti approvati: si entra in fase realizzativa
La fase ideativa è conclusa: si entra in fase realizzativa

Brainstorming

A raccontarci il dietro le quinte ci pensa Laura Zambon, Apparel Product Developer del marchio di abbigliamento che fa base a Fonzaso, in Veneto.

«La Maglia Rosa 2021 – dice – nasce come sempre da un brainstorming interno. Si parte dalla lettura della “Styleguide” che Rcs prepara ogni anno, poiché la maglia rosa ha una forte immagine ed è importante che comunichi in modo coerente. Al brainstorming interno, partecipiamo io, il brand manager Steve Smith e i graphic designer che si occuperanno del progetto».

Ogni singolo pezzo compone la maglia e le dà la giusta vestibilità
Ogni singolo pezzo compone la maglia e le dà la giusta vestibilità

Bozzetti e dettagli

Sono sempre i piccoli dettagli a fare la differenza. Come la frase scritta all’interno del colletto della maglia rosa 2021, “Disposto a salir a le stelle”. E’ l’ultimo verso della Cantica del Purgatorio della Divina Commedia di Dante Alighieri. Un omaggio al Sommo Poeta, a 700 anni dalla sua scomparsa. Laura ci racconta come si passa alla fase successiva.

«I graphic designer – dice – propongono quattro o cinque bozzetti. In parallelo, io mi occupo del design e dello sviluppo degli accessori come la tirazip con la forma del Trofeo Senza Fine, le etichette o altre applicazioni. Poi, insieme a Steve Smith e a Sitip, che è la partner del progetto, scegliamo i tessuti. A quel punto sta a me supervisionare tutta la fase di messa a punto della vestibilità. Ci sono molte ore di lavoro per l’industrializzazione del capo e riguardano diversi settori aziendali, perciò quantificarle è difficile».

L’impatto ambientale dei capi per i leader della Corsa Rosa 2021 sarà ridotto grazie all’utilizzo di filati riciclati al 100%, prodotti dall’azienda italiana Sitip.

Marchi e loghi sono stati stampati, il passo successivo è la cucitura
Marchi e loghi sono stati stampati, il passo successivo è la cucitura

Quasi mille

I bozzetti vengono visionati internamente e poi ricevono l’approvazione di Rcs. A questo punto l’ultima approvazione è quella degli sponsor delle singole maglie leader. E la Maglia Rosa comincia così a prendere forma.

«Questa è la parte è più bella – racconta Laura – perché la Maglia Rosa viene letteralmente plasmata sotto i miei occhi. Nonostante sia già il quarto anno che la facciamo, è sempre una grande emozione quando la confezioniamo nel nostro atelier interno. Per Rcs è prevista un’intera collezione di 8 prodotti che viene messa a disposizione dei detentori delle maglie di leader. Li vestiamo per tutte le condizioni atmosferiche o di gara. Ci sono le nostre famose Perfetto e Perfetto Long Sleeve. Il gilet Vest antivento. La maglia Premiazione e il body Crono, fino ai manicotti e, dall’anno scorso, anche la mascherina per la premiazione. In totale, forniamo a Rcs circa un migliaio di capi della collezione, per coprire il fabbisogno di tutta la durata del Giro».

Si fa tutto a mano: è nata la Maglia Rosa 2021
Si fa tutto a mano: è nata la Maglia Rosa 2021

Sfumature di rosa

Le sfumature di rosa sono davvero parecchie. «Le differenze tra i capi della collezione dipendono dal loro utilizzo. La maglia Premiazione, per esempio, ha una vestibilità più abbondante, per essere indossata quando l’atleta è sul podio sopra la maglia della propria squadra. La maglia Leader è pensata sia nei tagli, distribuzione dei tessuti e fit, per essere performante. Il body per le cronometro che noi chiamiamo Bodypaint 4.0 TT Suit sintetizza tutto il nostro know-how in fatto di performance e aerodinamicità. Mentre nelle prime due maglie citate i tessuti sono gli stessi, nel Bodypaint abbiamo privilegiato tessuti con modulo elastico maggiore per essere più aderente possibile e super lisci».

Tao Geoghegan Hart, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
E’ il momento più bello: la Maglia Rosa ha scelto il suo padrone: qui Tao Geoghegan Hart nel 2020
Tao Geoghegan Hart, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Il momento più bello: la Maglia Rosa ha scelto il suo padrone

Fitting speciale

E’ una delle curiosità che assale ogni cicloamatore che voglia vestirsi di rosa: che taglie vestono i corridori?

«Le più usate sono le S e le M, ma ad esempio il nostro “TopGanna” indossa una L. La vestibilità delle maglie Leader è determinata da tutta la nostra esperienza in fatto di corporatura del ciclista professionista medio. Essere fornitori del Team Ineos ci agevola in questo. In alcuni casi però, vengono fatti degli interventi prima di alcune gare, per esempio per le cronometro. Qualche atleta che non aveva mai indossato i nostri capi ha avuto bisogno di una sessione di fitting speciale (verifica di vestibilità). In questi casi siamo noi dell’ufficio R&D a raggiungerlo nelle località di tappa. Oppure i colleghi che seguono la gara verificano per conto nostro e ci mandano le informazioni. In pochissimo tempo, siamo in grado di ricreare nel nostro atelier un capo da far avere all’atleta».

La Maglia Rosa 2021 è pronta, ce ne sono di tutte le taglie e da mercoledì 21 aprile sarà possibile preordinarla sul sito www.castelli-cycling.com, così da cominciare a entrare in clima Giro.

Bora Hansgrohe, Sportful, 2021

Sportful con Sagan, a caccia di futuro

21.12.2020
6 min
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Sarà che Sagan per primo è un attore nato, ma certo ogni volta che il lancio di un prodotto Sportful riguarda lui, non è mai un lancio banale. A ben guardare il marchio veneto, riconducibile alla stessa Manifattura Valcismon che detiene anche Castelli, ha intrapreso da qualche tempo una rotta ben determinata. Se i “cugini” della maglia azzurra sono sinonimo di alte prestazioni, ricerca, Ineos e velocità, Sportful coniuga mirabilmente le qualità precedenti con un approccio “fun” al ciclismo. Meno compassato, ma non per questo meno efficace. Anzi.

Per capire meglio la situazione ci siamo rivolti a Devis Barchi che, nella sua qualità di Brand Manager, sa esattamente dove Sportful si trovi e dove voglia arrivare.

«Con Bora-Hansgrohe – dice – stiamo facendo un lavoro importante, perché riusciamo a conciliare benissimo quello che viene da noi e quello che parte da loro. Il risultato sono i prodotti che poi mettiamo sul mercato e si chiamano Aqua Pro Jacket e il nuovo Fiandre. I tedeschi sono molto attenti. Tu gli dai il prototipo e loro lo provano. Per Sportful che ha sempre lavorato con sportivi di vertice, avere un team WorldTour è importante».

E anche per Sagan quest’anno sarà Natale…
In azienda convivono l’anima dello sci nordico e quella del ciclismo. Ci sono punti di contatto?

Ci sono sicuramente linguaggi differenti, in base agli ambienti. Però in alcune situazioni ci si incrocia. In bici l’impatto con l’aria è molto più alto che sugli sci di fondo, ma la gestione del calore è molto simile. In entrambi i casi abbiamo atleti che spingono a tutta e hanno un elevato battito cardiaco, quindi hanno bisogno di capi che favoriscano la traspirazione e che garantiscano una buona ventilazione. E poi ci sono le forme. Devono essere capi confortevoli, senza tagli che limitino i movimenti. E poi c’è l’aerodinamica…

Anche nello sci?

Certo, la tuta di Chicco Pellegrino (campione del mondo 2017 nella sprint, vincitore di una Coppa del mondo e dell’argento olimpico nel 2018, ndr) passa ugualmente per la galleria del vento. E alla fine il punto di contatto c’è anche perché parecchi fondisti si trovano bene con i capi da bici che fa parte del loro programma di allenamento.

Tutti gli atleti riescono a sviluppare i prodotti?

E’ come per le bici, è un fatto di sensibilità individuale. In squadra ce ne sono alcuni che in precedenza correvano in squadre più piccole e quando ricevono la dotazione, sembrano aver scoperto il paese dei balocchi. Con loro al momento del fitting va fatta anche una spiegazione, perché magari non sanno come si usi tutto quello che gli diamo. E se invece in certe giornate di pioggia vedete atleti usare capi diversi dal loro sponsor, è perché ci sono squadre che non ritengono di dover puntare su certi capi o aziende che non li producono.

E poi c’è Sagan.

Che sembra disinteressato, ma è attentissimo. Quando gli diamo un prodotto, lo studia. Ed è poi uno di quelli che dice grazie perché la giacca che gli abbiamo dato, gli ha impedito di avere freddo fino all’arrivo della corsa. Per noi queste sono soddisfazioni che ripagano la passione che mettiamo nel lavorare con loro.

Freddo e caldo sono due gatte ugualmente da pelare?

Col freddo il problema è percepibile più rapidamente, ma anche il caldo è da gestire. Abbiamo introdotto i calzoncini in rete con un sistema di traspirazione che riguarda anche il fondello e per il Tour di solito si tira fuori il kit più leggero. Ma bisogna anche stare attenti a non esagerare e bisogna fare anche il trattamento anti UV che aumenta il potere schermante dei tessuti nei confronti delle radiazioni solari dannose per l’epidermide. Ricordate la foto di Froome con la schiena arrossata a forma di rete? Sono le cose che vogliamo evitare. Primo perché se sono costretti a usare creme protettive, si incide sulla traspirazione. E poi perché certi capi poi vanno sul mercato e la gente comune potrebbe bruciarsi di più.

Con Sagan realizzate anche una linea personalizzata, come mai?

Esatto, la Peter Sagan Line, con la nuova collezione ormai in rampa di lancio. E’ stato l’incrocio fra il suo desiderio di esprimersi e la nostra voglia di fare qualcosa di particolare. Parte da quello che lui usa normalmente e lo rielabora. Peter ha un’incredibile quantità di fan. Ci stupiamo ogni volta, ad esempio di come rispondano dagli Usa. Un 30 per cento degli ordini viene dall’America. E’ una collaborazione che nasce dal rapporto molto stretto fra lui e la famiglia Cremonese. Ha pedalato molto con noi, ma è qualcosa che va al di là della squadra.

Anche Oss si è prestato per il lancio del nuovo kit da gara Sportful della Bora-Hansgrohe
Anche Oss testimonial della campagna Sportful
Peter significa anche un’immagine più sbarazzina…

Abbiamo cercato di evolvere la comunicazione di Sportful, per differenziarci da Castelli e per individuare nuovi margini di crescita. E proprio per distinguerci, non avrebbe avuto senso puntare su immagini di Sagan in galleria del vento, non funzionerebbero. Allora si esce dalla comunicazione più classica e si punta su qualcosa di più libero. Trovare un testimonial che spontaneamente va sul podio con la maschera da motocross crea il perfetto abbinamento tra il divertimento e la passione che generano la vittoria. Perché non dimentichiamoci che Peter non è secondo a nessuno quanto ad allenamento e cura dei dettagli.

C’è qualcosa di studiato insieme oppure è ancora tutto spontaneo?

Certi atteggiamenti credo appartengano al suo essere. Quando firma un libro in salita al Tour de France, oppure fa un bunny hop o si attacca alla macchina dei tifosi perché ha perso la strada dell’albergo, quello è proprio lui e per questo è credibile.

Bora Hansgrohe, Sportful, 2021
Per ogni corridore, un bel mucchio di scatole come questa: che il 2021 abbia inizio
Bora Hansgrohe, Sportful, 2021
Ecco la maglia da gara Sportful: che inizi il 2021
Questo vi permette anche di varcare i confini del disegno, puntando su capi in qualche modo più trasgressivi?

Il mondo strada lo conosciamo, ma da poco abbiamo cominciato a spingere sul gravel, che guarda molto all’experience. Si sta aprendo un nuovo mondo e si possono confezionare capi diversi per materiali e concezioni nuove. Si sperimenta. E anche su strada, accanto alla linea top di gamma del team, abbiamo inserito una linea Monocrom, tingendo direttamente il capo una volta cucito. Senza stampa e altro. Il prodotto così cambia faccia, pur essendo tecnologicamente evoluto. E ci stiamo divertendo facendolo utilizzare ai ragazzi del team. Anche per questo è utile avere una squadra.

Hanno già ricevuto tutto?

Saranno al completo per le prime gare di stagione. La maglia è stata presentata qualche giorno fa, con un cambiamento del colore di fondo che punta sul grigio di base. E per il resto manteniamo la dotazione dei capi 2020, che sono appena usciti e hanno bisogno di un altro anno di comunicazione per essere ben conosciuti. Il 2020 è stato una stagione frenetica. Eravamo tutti contenti di andare alle corse per rivedere gli amici, ma non credo che il pubblico abbia avuto il tempo di vedere tutto. Speriamo che il 2021 gliene dia la possibilità.

Tao Geoghegan Hart, Ineos-Grenadiers, Milano, Giro d'Italia 2020

Castelli e Ineos, matrimonio top di gamma

03.12.2020
6 min
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La prima volta che Filippo Ganna ha indossato un body Castelli, gli chiesero di fare il manichino per Ryder Hesjedal. L’anno prima, il canadese aveva vinto il Giro e la prassi dell’azienda veneta, non volendo scomodare il campione, era ed è ancora cercare atleti dalla conformazione simile cui far testare i capi a lui destinati. Ganna ai tempi era campione italiano juniores della crono, era alto lo stesso e teneva giù la schiena allo stesso modo. Come compenso per quel compito, dato che parve molto interessato al lavoro, lo portarono in galleria del vento e per la prima volta qualcuno mise a punto la sua posizione per la crono. Mai compenso fu scelto meglio…

Chris Froome, Vuelta Espana 2020
Per Froome, capi confezionati su misura
Chris Froome, Vuelta Espana 2020
Chris Froome, Vuelta Espana 2020

Un americano a Fonzaso

Steve Smith ride ancora al ricordo. Americano dell’Oregon, 54 anni, è il Brand Manager di Castelli. E’ arrivato in questo angolo di Veneto che respira già le Dolomiti nel 2000, dopo 10 anni alla Nike, occupandosi di Sportful. Da 15 anni è in Castelli ed è la figura perfetta per raccontare in che modo l’azienda collabori con il team Ineos-Grenadiers. Nel quale, sette anni dopo, quel ragazzino alto e magro che somigliava a Hesjedal ha conquistato il mondiale della crono e un vagone di altri successi.

«C’è tanto da dire e da lavorare – debutta – più che per le aziende che fanno le bici e se la cavano con le solite cose. A dire il vero però le richieste della squadra sono abbastanza poche, siamo noi a stressarli con le novità e nuove soluzioni. Funziona che ogni anno il giovedì prima della Sanremo, poi prima e dopo del Fiandre, facciamo dei focus group. Quattro o sei atleti per volta, che tanto sono già divisi tra chi fa il Giro, il Tour, le classiche, quelli che vivono a Nizza e gli altri. Sentiamo i loro commenti e discutiamo dei nuovi prodotti».

Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020
Tao Geoghegan Hart al Giro con l’intimo intermedio, una rete misto lana
Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020
Geoghegan Hart al Giro con l’intimo intermedio
C’è scambio con gli atleti?

E’ continuo e informale. Ci mandano whatsapp per dare suggerimenti o se qualcosa non va. Per lo sviluppo del prodotto serve tutto.

A proposito di sviluppo, cosa resta di quel body con il tessuto come palline da golf che fu vietato perché secondo l’Uci concedeva troppi vantaggi?

Ci era costato un anno di studi da parte degli aerodinamici e poi centinaia di prove su come cucire il tessuto. Ero fuori dalla porta dove la squadra litigava con l’Uci e i francesi. Sono d’accordo sul fatto che vengano rintracciati gli stratagemmi che concedono vantaggi irregolari, ma non era quello il caso. Ed è apprezzabile che l’Uci abbia cambiato il regolamento, anche se nessuno lo legge mai. Hanno cambiato lo spirito di quell’articolo, togliendo la clausola che vietava l’innovazione, purché si rimanga nelle regole. Giusti i paletti, giusta l’innovazione. La regola che la vietava era troppo vecchia.

Cosa si impara lavorando con un gigante come Ganna?

Che più sono grossi e meno impatto hanno. Nel senso che producono un buco enorme con le spalle e spingendo 550 watt riescono ad avanzare alla grande. E’ un piacere lavorare con Filippo. E’ sempre alla ricerca del miglioramento e quando ha un’idea, la condivide. E’ esigente, ma con una gentilezza quasi imbarazzante. In questo è tale e quale a Viviani, sono ragazzi buoni. Capiscono che domandare da arroganti non porta risultati.

Strada e pista sono due mondi diversi?

Abbastanza, se non altro perché in pista vanno fissi a 60-64 all’ora, mentre in una crono su strada ci sono più variazioni, quindi il body deve avere anche una vestibilità migliore.

Salvatore Puccio ci ha raccontato che siete capaci anche di correzioni rapidissime dei tagli.

Diciamo che gli aggiustamenti dipendono dal corridore che hai davanti. I grandi campioni hanno lavorazioni su misura, mentre magari al neoprofessionista senza risultati chiediamo di accontentarsi. A parte le battute, il singolo body su misura costa tante ore e tanti euro di lavoro. I prodotti che usa la squadra sono quasi tutti in produzione tranne i body da crono. Ma da prossimo anno avremo in catalogo un body da strada che sarà pure acquistabile.

Castelli Cycling, disegno modelli (foto Mauro Ujetto)
Il disegno dei capi studiati in galleria del vento (foto Mauro Ujetto)
Castelli Cycling, disegno modelli (foto Mauro Ujetto)
Il disegno passa per la galleria del vento (foto Mauro Ujetto)
La grafica dei capi è produzione interna Castelli?

I primi anni con Sky facevamo tutto noi. Con Ineos invece c’è un creativo che fa da assistente e consulente su tutto per Jim Ratcliffe. Dalla casa allo yacht, fino ai suoi sette aerei privati. Ci è stato mandato un disegno, ma qualche dettaglio lo abbiamo sistemato. Per quanto bravo, uno che si occupa di arredo di aerei non può sapere cosa serve a un corridore.

In che modo i corridori scelgono i capi che useranno?

Nella squadra c’è una persona che coordina le dotazioni. Poi c’è quello che usa il body e non la maglia e viceversa. O quello che preferisce un intimo rispetto a un altro, fra i modelli in dotazione. Il 90 per cento di quello che forniamo è standard e concepito per uso professionistico. Ma siccome i corridori di Ineos sono quasi tutti magrissimi e alti, abbiamo dovuto inventarci la taglia S-Long che allunga il pantaloncino di 3 centimetri.

Quali campioni vestono su misura?

Abbiamo eliminato tanti capi custom, ma uno che doveva per forza essere su misura è Froome. Ha le spalle strette da taglia S, una capacità polmonare fuori dal comune da L, le braccia come grissini, il bacino largo e la coscia da L rispetto agi standard dei professionisti. A uno fatto così, se gli dai una misura standard, rischi di vedere tanto tessuto che sventola. E poi c’è il problema del peso…

Addirittura?

Quando prendiamo le misure, sappiamo che hanno un paio di chili di troppo e ne teniamo conto. Mi pare che dopo l’ultimo Tour vinto, dal quale era uscito provato, rivedemmo Froome a ottobre e aveva messo su 8 chili. Ma è vero che i carichi di allenamento che gli abbiamo visto sopportare, li fanno in pochi.

Come si vestono d’inverno: gambali o calzamaglia?

Devo dire che rispetto a una volta si stanno spostando verso la calzamaglia. Fino a 10-15 gradi usano i gambali, ma devo dire che l’inverno è una bella gatta da pelare. Una volta, 10-15 anni fa, facevamo giacche pesanti, con cui però restavano bagnati dentro. Poi si è cominciato a ragionare di usare giacche meno spesse e più aderenti. Capi come la Gabba e simili, così il tessuto è più a contatto con la pelle e non passa aria che possa far gelare il sudore addosso.

Chris Froome, galleria del vento
E alla fine, dopo l’uso di vari modelli, il test con gli atleti
Chris Froome, galleria del vento
Il test con gli atleti per completare il discorso
Ma si può fare solo se l’intimo è di qualità…

Stavo per dirlo. Abbiamo un modello felpato per l’inverno. Uno leggero per l’estate. E un intermedio, una rete misto lana, che Geoghegan Hart ha usato sullo Stelvio. Tiene tanto caldo senza scaldare. E quando è arrivato sullo Stelvio, gli è bastato chiudere la maglia e buttarsi giù.

Con così grandi investimenti sull’abbigliamento, come avete vissuto lo sciopero di Morbegno causato dalla pioggia?

Bene, perché i nostri volevano partire. Capisco che volessero risparmiarsi quella tappa, ma i nostri capi sono collaudati qui a Fonzaso, dove piove sempre. Li proviamo noi. Io per primo una volta sono andato a fare un giro ad Arabba con 4 gradi e pioggia battente. La sola differenza è che loro avrebbero fatto lo stesso giro spingendo 300 watt per ore. Io invece piano piano…

Come farete a consegnare il materiale quest’anno che non vanno più in ritiro?

Siamo fortunati, perché Ineos non cambia colori, visto che hanno rifatto tutto alla vigilia del Tour. Comunque le forniture sono già partite. E magari in questo momento, mentre noi stiamo parlando, un corriere sta suonando alla loro porta…