Alessio Nieri (a 23 anni) saluta le gare, ma non il ciclismo

24.04.2024
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Un post qualche giorno fa in cui annunciava l’addio al ciclismo, poi un grande silenzio. Un post scritto con sapienza e lucidità, passione e consapevolezza. Così a soli 23 anni Alessio Nieri ha detto basta. O meglio, è stato costretto a dire basta.

Il corridore della Work Service-Vitalcare-Cavaliere era stato vittima di una bruttissima caduta al Giro di Turchia, sul finire della passata stagione. Era finito in ospedale e lasciato solo lì, in attesa di un medico dell’assicurazione che non arrivava mai. E’ stata poi un’amica di famiglia a riportarlo in Italia. 

Alessio Nieri (il primo corridore in basso a sinistra) da questo inverno era con la Work Service
Alessio Nieri (il primo corridore in basso a sinistra) da questo inverno era con la Work Service

Lo stop

Ma se quelle erano state le botte del momento, poi sono emerse quelle a freddo. Anzi a freddissimo.

«Ci si era concentrati soprattutto sui problemi al polmone e alle costole – racconta Nieri – quindi nella zona toracica, ma poi c’era dell’altro. La volta scorsa vi avevo detto che ero risalito in bici, ma avevo ancora qualche doloretto. Andando avanti con gli allenamenti questi dolori si sono fatti sempre più intensi e forti. Così ho fatto altre analisi, altri approfondimenti ed è emerso che in pratica nella schiena, dove appunto erano concentrati questi dolori, ci sono le vertebre lombardi schiacciate ed è uscita anche un’ernia».

Fare 4-5 ore così non era certo il massimo. Anche perché parliamo di un atleta e non di un ciclista che va in bici per stare bene, per non mettere la pancia o per svago.

Dopo la caduta in Turchia, Alessio Nieri ha iniziato il calvario che lo ha portato a dire basta col ciclismo agonistico
Dopo la caduta in Turchia, Alessio Nieri ha iniziato il calvario che lo ha portato a dire basta col ciclismo agonistico

Decisione inevitabile

Va da sé che allenarsi così diventava impossibile per il giovane Nieri. Tra palestra, fisioterapia e quant’altro le cose non miglioravano. Anzi… Alessio faceva un allenamento in bici e poi doveva stare fermo per tre giorni. Non si può essere atleti in questo modo.

«Avevo anche ripreso a correre – spiega – per cercare di tornare pro’. Avevo fatto la Firenze-Empoli, ma poi proprio mentre iniziavo ad intensificare il tutto, le cose sono peggiorate di pari passo. Allenarsi così era impossibile e così un giorno, tornando a casa, ho detto basta. Quel che più o meno avevo capito dentro di me già da un po’ era diventato ufficiale».

Non è facile dire addio ai proprio sogni. Certo, non parliamo di un campione assoluto, ma pur sempre di un ragazzo, di uno scalatore di belle speranze.

Alessio Nieri era salito in bici piuttosto tardi. Era il 2018, allievo di secondo anno. Iniziare a correre su strada a quell’età non sarebbe stato facile. E infatti pochi gli hanno dato dato fiducia, anche perché l’anno successivo sarebbe diventato junior. Chi investirebbe su un ragazzo partito da zero o quasi in questa categoria sempre più importante?

«La Cicli Taddei mi ha dato una possibilità di correre – racconta – ma era in mtb. Ho iniziato con loro. Poi dopo qualche tempo, andavo alle corse da solo. Mi ci portava il “babbo”, Alessandro. Nei primi approcci da junior andavo benino. Ero sempre davanti, ma non ho mai vinto. La vittoria è arrivata da dilettante. Mi prese la Mastromarco-Sensi-Nibali e vinsi una cronoscalata. Poi da lì l’approdo alla Bardiani-Csf Faizanè».

Nieri pedalava anche da bambino, ma le prime vere gare le ha fatte nel 2018 in mtb con la Cicli Taddei
Nieri pedalava anche da bambino, ma le prime vere gare le ha fatte nel 2018 in mtb con la Cicli Taddei

Oltre il ciclismo

Chiaramente la vita di Alessio è cambiata. E lo ha fatto da un giorno all’altro. Quella che era una routine, bella e piacevole, all’improvviso è svanita. Proprio in questi giorni il toscano sta scoprendo una nuova dimensione, una nuova gestione delle sue giornate.

«In effetti è strano. Prima ti svegliavi: colazione, un’occhiata al tempo e via in bici. Tornavi che era pomeriggio. Mangiavi, seguiva un po’ di riposo ed era sera. Adesso è tutto diverso. Anche col mangiare. Sto riscoprendo tante cose».

E tra le tante cose inevitabilmente ci sono anche le idee per il futuro. Nieri ha un sogno: diventare direttore sportivo. E si sta muovendo per trovare lavoro.

«La Federazione – spiega – adesso ha allungato parecchio i tempi per diventare un direttore sportivo per i pro’. Ci vorrà un po’ di tempo, ma quello sarebbe un obiettivo. Vorrei comunque restare nell’ambiente delle corse, che continuano a piacermi molto. Per adesso sto cercando qualcosa come massaggiatore. Mi è sempre piaciuto e ho anche fatto il corso».

Il toscano aveva caratteristiche da scalatore puro
Il toscano aveva caratteristiche da scalatore puro

Nuova vita

Cambiare dimensione significa anche guardare le corse sotto un’altro punto di vista. Anche se resta il giudizio critico e ficcante di chi ha corso fino a poche settimane fa e di quel gruppo faceva parte. L’occhio è ancora quello del corridore.

«Mi sono gustato le classiche – racconta Nieri – e devo dire che Van der Poel mi è proprio piaciuto. E’ lui l’uomo della primavera. Anzi, per me lui è “il” ciclista. Ricordo anche quando correvo di essergli stato vicino in gruppo più di qualche volta. E che dire: è bello in bici. Perfetto stilisticamente. Dà spettacolo quando attacca. Ha una grande squadra per le corse di un giorno e poi è pure grosso. Uno così mica lo sposti facilmente».

Va anche detto che Nieri era uno scalatore da 55 chili o poco più, l’opposto di Mathieu! Ciò non toglie che l’iridato sia una sfinge in sella.

Nieri con Marcellusi, i due sono amici. Ma Alessio ha un ottimo rapporto anche con altri ex colleghi come Colnaghi, Lucca…
Nieri con Marcellusi, i due sono amici. Ma Alessio ha un ottimo rapporto anche con altri ex colleghi come Colnaghi, Lucca…

Marcellusi e non solo

E mentre si godeva le classiche, Alessio è stato travolto dai messaggi di saluto dei suoi ex colleghi.

 «In tanti mi hanno scritto – racconta con un certo orgoglio Nieri – anche gente che non sentivo da tempo e questo mi ha fatto molto, molto piacere. Significa che mi volevano bene. Poi con qualcuno, vedi Marcellusi ci siamo proprio sentiti. Martin, oltre che ex compagno sia alla Mastromarco che alla Bardiani, è un amico vero. Lui sapeva del mio ritiro un po’ prima che dessi la notizia.

«Però, dai… si va avanti. Se guardo il bicchiere mezzo vuoto, fa male il pensiero di dire non poter più seguire il sogno di essere un corridore e che sia successo tutto così all’improvviso. Ma se guardo il bicchiere mezzo pieno, magari in Turchia quel giorno anziché restare sul ciglio del burrone ci sarei potuto fine dentro.

«Per ora so che con della fisioterapia e del lavoro specifico recupererò la parte della mobilità della schiena, cosa che mi serve anche per la vita normale». E questo è quel che conta caro Alessio.

Edoardo Zardini saluta. Ma prima la sua storia

21.12.2022
5 min
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Edoardo Zardini ha appeso la bici al chiodo dopo dieci stagioni da professionista e tutto sommato lo ha fatto che è ancora giovane. Il veronese infatti ha solo 33 anni.

Ma i progetti e il da fare non mancano a Zardini. Lo aspetta infatti l’azienda di famiglia, un etichettificio tra i più importanti del Nord Est. La passione per la bici resta, anche quella per lo sci che faceva da bambino, tanta grinta, ma era arrivato il momento di dire basta.

Edoardo Zardini (classe 1989) ha esordito tra i pro’ nel 2013. Ora eccolo nell’azienda di famiglia
Edoardo Zardini (classe 1989) ha esordito tra i pro’ nel 2013. Ora eccolo nell’azienda di famiglia

Dalla bici alla scrivania

Con Edoardo si parte dalla fine, vale a dire dal suo ritiro. Ritiro che è stato incentivato anche dal fatto che la Drone Hopper-Androni ha chiuso i battenti. Ma tutto sommato, come ci ha detto anche Capecchi, quando si ha già il “piano B”, smettere è più facile.

«L’idea di smettere – ha detto Zardini – ce l’avevo già. E poi il fatto che ha chiuso la squadra un po’ ha influito. Qui c’era un’azienda ben avviata che mi ha fatto prendere questa decisione. Però ammetto che ci avevo già pensato.

«Sapere che quando smetterai hai un’alternativa ti dà tranquillità durante la carriera. Il lavoro è molto importante. Poi non è che durante la carriera, pensavo: “Vado a lavorare nell’azienda di famiglia”. No, facevo il corridore al meglio. Ma ultimamente sapevo che questa opzione era sempre più prossima. Ho cominciato a pensare che forse sarebbe stato meglio capire come funziona l’azienda. Sì, avrei potuto fare qualche altro anno, ma sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato».

Le giornate di Zardini all’improvviso sono più cadenzate come dice lui. Non c’è lo sforzo fisico, ma gli orari sono più precisi. Prima non cambiava niente se usciva in bici alle 9 o alle 11. L’importante era fare il programma.

Ottimo dilettante Zardini ha corso con la Colpack. Sin da giovane andava forte in salita
Ottimo dilettante Zardini ha corso con la Colpack. Sin da giovane andava forte in salita

Dieci anni pro’

Zardini è passato pro’ nel 2013 con l’allora Bardiani-CSF. Di quella squadra facevano parte giovani rampanti come lui, Colbrelli, Pasqualon, BattaglinRagazzi figli di un altro ciclismo, un ciclismo che di lì a poco sarebbe cambiato.

«Eh sì – va avanti Zardini – è cambiato parecchio e per tanti punti di vista. Secondo me le squadre World Tour hanno impresso la svolta, un gap netto tra queste e le professional, almeno quelle italiane. Vedo che però adesso stanno cercando di adattarsi altrimenti è impossibile competere con le World Tour.

«Lo scalino c’è stato dopo lockdown. Lì c’è stato un cambio di marcia. Il gap è aumentato sempre di più. Nel 2014 con la Bardiani abbiamo vinto tre tappe al Giro, oggi è impensabile».

Nel 2014 due vittorie, tra cui quella al Giro del Trentino. «La mia vittoria più bella, quasi a casa»
Nel 2014 due vittorie, tra cui quella al Giro del Trentino. «La mia vittoria più bella, quasi a casa»

Sliding doors?

Due vittorie nel 2014, la convocazione in nazionale nel 2014 a Ponferrada, Edoardo sembrava in rampa di lancio. Un corridore giovane, attaccante, buon scalatore… è destinato a traguardi più importanti. Ma ecco che il destino ci mette lo zampino.

A febbraio 2016, un bruttissimo incidente al Gp Lugano. Tempo da lupi, Zardini finisce in un dirupo e batte violentemente la schiena. Passa diversi giorni in ospedale. E da quel giorno qualcosa si inceppa. Senza quell’incidente avremmo visto un altro ragazzo?

«Di certo – dice Zardini – da lì è cambiato un po’ tutto. Mi dissero che era meglio rompersi una gamba piuttosto che danneggiare le vertebre in quel modo. Si andava oltre l’aspetto meccanico e tanti nervi passano lì, erano coinvolti anche gli organi del corpo. Si inceppa un po’ tutto il meccanismo ed è difficile ritornare a una prestazione come in precedenza.

«Una volta ripresomi, non è che sentissi dolori o avessi impedimenti, però mi sono reso conto che qualcosa nel fisico era cambiato. Non ho più raggiunto certe prestazioni. Mancava sempre qualcosa, magari vai a prendere il 3-4% e quello ti portava alla vittoria».

Nel 2014 Cassani lo porta a Ponferrada. Eccolo in testa al gruppo con Formolo e, appena dietro, c’è Nibali
Nel 2014 Cassani lo porta a Ponferrada. Eccolo in testa con Formolo, appena dietro Nibali

Cambio generazionale

«Il discorso della chioccia vale ancora? Oggi – va avanti Zardini – ai ragazzini non gliene frega niente. Sanno molto. Vanno forte, alcuni sono già pronti, quindi dicono: “Ma cosa vuoi da me? Vado più forte di te, non devo ascoltarti”. La gavetta non c’è più, magari sull’atteggiamento fuori dalla bici puoi dirgli qualcosa. Ma poi conta quanto si va forte.

«Io ricordo che al primo giorno da professionista, ero… spaventato perché non sapevo cosa mi aspettasse. Io poi non avevo fatto degli stage. Né avevo corso con i pro’ come capita oggi ai ragazzi delle continental.

«Il ciclismo è cambiato, ma le difficoltà nel fare questo mestiere sono sempre le stesse. Oggi i corridori sono robot, però è così… Anche l’estro è più controllato. Oggi se non ti pesi un giorno, ti vengono subito a chiedere perché non lo hai caricato sulla piattaforma. Insomma ti senti trattato come uno junior, anche se hai 30 anni. Ma è così, magari loro che ci sono cresciuti lo percepiscono in altro modo. Però tutto è livellato verso l’alto, si va sempre più forte e magari è giusto così».

Questa estate dopo il Giro, Zardini si è sposato con Serena (foto Instagram)
Questa estate dopo il Giro, Zardini si è sposato con Serena (foto Instagram)

Campioni educati

L’estro è più domato, okay, ma quelli forti ci hanno regalato grandi emozioni. Certo, Zardini era abituato ad altri corridori. Corridori come Contador.

«Ne ho visti tanti – racconta Zardini – ma Contador… Bello da vedere in corsa, in tv, attaccante… Lo ricordo al Giro 2015, quando lo attaccarono prima del Mortirolo dopo la foratura. Io ero in fuga e mi riprese nella prima parte della salita. Andava ad una velocità pazzesca.

«Ma la cosa bella di quei campioni, quelli forti, forti, intendo è che sono tutti super educati. In gruppo non fanno mai i fenomeni. Evans, Valverde, il povero Rebellin… mai una parola fuori posto. Mai un atteggiamento da gradasso».

Neanche 21 anni e Trainini dice stop. Ecco la sua storia

12.04.2022
4 min
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Solo 13 mesi fa scrivevamo: “La favola di Trainini, pro’ all’improvviso”. Era un scommessa. Una scommessa ponderata quella di far passare Tomas Trainini tra i pro’ da parte della Bardiani Csf Faizanè e una scommessa del ragazzo stesso. Purtroppo non è andata bene.

Alla fine non si può parlare di una storia triste, né tantomeno di drammi. Ad un certo punto a Tomas si è spenta quella lucina interna che ti spinge a fare i sacrifici e il “gioco” è finito lì. A neanche 21 anni, il bresciano ha una vita davanti. Ed ha già ripreso a costruirla.

Da sinistra: Bruno Reverberi, Trainini e Lorenzo Carera. Poco più di un anno fa si parlava di questo ragazzo preso dagli juniores
Da sinistra: Bruno Reverberi, Trainini e Lorenzo Carera. Poco più di un anno fa si parlava di questo ragazzo preso dagli juniores

Motivazioni sparite

«Non sentivo più la motivazione – racconta con onestà Trainini – quella giusta per continuare a fare il ciclista al massimo. E visto che il team si è sempre comportato super bene con me, non mi sembrava il caso di andare avanti in questo modo. Quindi ho deciso d’interrompere il contratto».

«Chiaramente non è stato facile. Non è stata una decisione presa dalla sera alla mattina. Ci ho pensato a lungo, ma se non avevo lo spirito giusto per ritrovarmi in ciò che stavo facendo sarebbe stato inutile continuare. Per cosa? Alle fine è giusto così: per me, per la Bardiani e perché magari lascio il posto a qualche altro ragazzo».

Anche quest’anno la Bardiani Csf Faizanè lo aveva portato in Turchia per il ritiro (foto Instagram)
Anche quest’anno la Bardiani Csf Faizanè lo aveva portato in Turchia per il ritiro (foto Instagram)

Rossato, la sua coscienza

Tomas parla con serenità della sua situazione. Non sembra avere rimpianti e questa è la cosa più importante.

Stando lui nel gruppo dei giovani della Bardiani Csf Faizanè, era a stretto contatto con il diesse Mirko Rossato. I due hanno parlato molto. E sì che aveva svolto regolarmente la preparazione invernale. Era andato nei ritiri…

«In effetti con Rossato ho parlato parecchio. Mi ha detto tante cose. Mi ha detto di pensarci bene prima di mollare tutto. Perché non capita spesso questa opportunità di essere un professionista e poter fare al tempo stesso l’attività under 23, di crescere senza fretta, specie se si è così giovani come me. Non ci sono molti team che coltivano così il vivaio».

Trainini spiega anche di aver dialogato a lungo con Roberto Reverberi, e persino con Alessandro Donati, l’altro diesse. «Un po’ meno – aggiunge – con Luca Amoriello, ma solo perché fisicamente ci siamo visti poco».

Trainini aveva svolto regolarmente la preparazione invernale (foto Instagram)
Trainini aveva svolto regolarmente la preparazione invernale (foto Instagram)

Sguardo al futuro

A 21 anni, da compiere a settembre, non si sta certo fermi. La vita ricomincia, ma forse semplicemente basterebbe dire che va avanti. E Tomas si è già rimboccato le maniche.

«Per adesso – racconta Trainini – sto guardando all’università meccanica. Io ho fatto una scuola motoristica e si tratta di un tipo di università molto pratica. Per ora però i concorsi e gli accessi sono chiusi. Vediamo…».

«Intanto ho trovato un impiego. Lavoro già in questo settore, presso una fabbrica importante del bresciano che produce pompe idrauliche per i camion. Sono nella catena di montaggio, ma magari non sarà impossibile col tempo passare a reparti superiori».

Junior di belle speranze, la Bardiani si era mossa in anticipo per Trainini che è stato anche azzurro agli europei 2019
Junior di belle speranze, la Bardiani si era mossa in anticipo per Trainini che è stato anche azzurro agli europei 2019

E la bici?

Forse è passato troppo poco tempo per sentire la mancanza della bici e perché la stessa specialissima possa suscitargli chissà quali emozioni, ma è un qualcosa che gli abbiamo chiesto lo stesso. Spesso quando ci si ritira, nei primi periodi, si ha una fase di rigetto.

«Per adesso – spiega Trainini – sono più concentrato su altro, alla bici non penso molto. C’è un mio amico, che anche lui ha corso in passato, con il quale ci siamo ritrovati. Abbiamo la passione per le moto e per esempio domenica scorsa lo ho accompagnato ad una gara in pista a Cremona. Anche questo è un ambiente che mi piace».

«Per quanto riguarda la bici, al momento ho solo la vecchia Canyon con la quale correvo da ragazzo. L’altra, così come il vestiario che non avevo ancora mai utilizzato, l’ho riconsegnata alla squadra. La bici da strada non mi manca per ora, ma esco in Mtb.

«Mi è sempre piaciuta molto, spesso la utilizzavo anche nella preparazione invernale. Appena ho smesso ci andavo tutti i giorni. Facevo il mio giretto con parenti e amici. Mi divertivo così».