I grandi del ciclismo russo… Konyshev sfoglia i ricordi

11.12.2021
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Campioni famosi ed altri meno famosi ma molto forti, con Dmitri Konyshev andiamo alla scoperta degli assi che hanno caratterizzato il ciclismo russo.

Un viaggio che non è solo un ricordo di campioni, ma è anche una “finestra” su chi voleva andare in bici ai tempi dell’Unione Sovietica. Un viaggio che evoca anche la storia di Konyshev stesso. Oggi Dimitri è uno dei tecnici della Gazprom-RusVelo. È stato pro’ per 18 stagioni, militando sempre in squadre molto importanti, e ha trasmesso questa passione a suo figlio Alexander, pro’ alla BikeExchange.

Sergej Sukhoruchenkov in azione. Il russo era un vero fenomeno, da molti era considerato un Merckx…
Sergej Sukhoruchenkov in azione. Il russo era un vero fenomeno, da molti era considerato un Merckx…

Sukhoruchenkov, il più grande

«Il più forte in assoluto è stato Sergej Sukhoruchenkov – attacca a raccontare Konyshev -Solo che lui quando è passato era già “vecchio”, aveva 34 anni. Poteva essere davvero un grande corridore, ma probabilmente già aveva fatto il suo tempo. Io sono convinto che avrebbe vinto anche con i grandi.

«Sergej era un ragazzo molto serio, forse troppo. Un grande lavoratore. Non so se definirlo fanatico sia il termine giusto, però per fare un esempio lui al mattino si svegliava facendo ginnastica, faceva una vita da atleta totale».

Sukhoruchenkov vinse le Olimpiadi nel 1980, era fortissimo dappertutto, non era un velocista puro ma… «Non si staccava in salita e poi ti batteva in volata – riprende Dmitri – Una volta doveva venire a gareggiare con i professionisti in Europa. Non ricordo quale gara fosse, ma al via ci doveva essere anche Bernard Hinault e si dice che il francese rinunciò per evitare di confrontarsi con lui».

In quegli anni nonostante l’Unione Sovietica, Konyshev dice che gareggiavano spesso anche all’estero: le corse della Pace, qualche gara in Inghilterra e in America latina non mancavano. Ma Sukhoruchenkov era conosciuto soprattutto tra i confini nazionali, come del resto era una volta, almeno tra i dilettanti. E di fatto non ha mai goduto di grande fama tra i “non addetti”.

La grinta di Abduzhaparov. Eccolo trionfare sulle strade del Tour
La grinta di Abdoujaparov. Eccolo trionfare sulle strade del Tour

Abdoujaparov, che personaggio

Ma tra i primi grandissimi ciclisti sovietici di livello internazionale, Konyshev mette Djamolidine Abdoujaparov.

«Abdu è stato davvero un grande – dice Konishev – lui era un personaggio davvero particolare, unico al mondo, direi. Pensate che quando si avvicinavano le volate non voleva aiuto. Ci diceva: non mi state intorno, non rischiate, lasciatemi fare da solo».

Abdoujaparov fu tra i primi a riscuotere un certo interesse mediatico in Russia. Di sport non se ne parlava moltissimo in tv, o almeno non c’era uno sport dominante come il calcio da noi.

«Sui giornali c’era molto hockey. E poi sci, ginnastica artistica, biathlon, atletica… Si parlava di chi vinceva. E Abdoujaparov aveva vinto delle corse importanti. Alimentava l’interesse su di sé anche con quel suo modo di essere, con le volate sempre al limite con Cipollini, quando lo volevano squalificare per quel suo ondeggiare la bicicletta.

«Però sapeva vincere anche arrivando da solo, come accadde una volta il Tour de France. Ma era davvero un mastino. Un’altra volta in una crono lunghissima (73 chilometri, ndr), sempre al Tour, fece settimo».

Tonkov: “il” corridore

Konyshev sostiene di non avere una grande memoria. Dice che per colpa o per fortuna lui vive nel presente e va verso il futuro, però l’album dei ricordi va avanti. E quando gli chiediamo di un altro campione russo Dmitri dice che ne deve ricordare altri due.

«Evgeni Berzin e Pavel Tonkov. Più Tonkov che Berzin. “Eugenio” alla fine è stato all’apice due o tre anni, mentre Pavel è stato un corridore vero. In più ho avuto la fortuna di correre con lui alla LPR a fine carriera e devo dire che ho scoperto una bella persona».

«Nel 1998 fu dura correre contro un russo, contro di lui. Pensate che io ero in squadra con Pantani! Pavel parlava poco e anche adesso non è cambiato. Parla così poco che dopo tanti anni in Italia parla male anche il russo!».

«Il primo ricordo che ho di Tonkov credo risalga al 1988, o comunque in quegli anni. Eravamo ad un ritiro con la nazionale e lui era giovanissimo. Aveva vinto, se ben ricordo, il mondiale juniores dell’anno prima. Aveva una grandissima voglia di mettersi in mostra. Allora gli dissi: guarda che in salita non mi stacchi e poi in volata ti batto io! S’impegnò moltissimo, perse poco terreno in salita e in discesa rientrò su di noi, mostrando subito un bel carattere».

E Konyshev?

Però tra i grandi del ciclismo russo c’è anche Dmitri stesso. Corridore di classe, che sapeva vincere e aiutare. Per lui una quarantina di vittorie tra cui tappe in tutti e tre i grandi Giri, la classifica a punti al Giro d’Italia e un Giro dell’Emilia. La sua formazione sportiva è lo specchio di una Russia, quella del regime comunista, che (immaginiamo) si sta perdendo, come accade nel mondo occidentale. Mentre un tempo le società dell’Est erano strettamente legate allo sport, questo era parte integrante della società.

«Io ho fatto sempre molti sport – racconta Konyshev – Soprattutto tra i 12 e i 14 anni. Come in Italia i bambini giocano a calcio fuori casa, noi giocavamo ad hockey. Andavamo nel parcheggio sotto casa e giocavamo fino a che la mamma non ci chiamava. Ma io ho giocato molto anche a pallamano. Seguivo mia mamma che a sua volta faceva basket e in palestra avevo sempre una palla in mano».

«In bici ci sono salito perché mio papà era l’allenatore di una squadra locale. Feci un paio di uscite con loro. Mi staccavano e mi incavolavo. Così ho insistito per non farmi staccare più. Avevo 14 anni e di fatto poi non ho più smesso di pedalare».

La prima volta che Konyshev arrivò in Italia era il 1987. «Facemmo il Palio del Recioto, il Liberazione, il Giro delle Regioni… Vincemmo quasi tutto. L’anno dopo vinsi il Giro d’Italia dilettanti e l’anno dopo ancora passai professionista all’Alfa Lum. Con me c’erano Tchmil, Abdu, Ugrumov, Sukhoruchenkov…».

E da allora il ciclismo russo ne ha fatta di strada…

Ugrumov Riccione 2021

Remco, un Berzin con più testa. Parola di Ugrumov

23.05.2021
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C’era una volta uno scalatore venuto dal freddo di Riga, quando ancora la Lettonia era parte dell’Unione Sovietica. A cronometro non era niente male, così si concentrò sui grandi Giri, diventando presto uno dei massimi interpreti, solo che quello era il periodo di gente come Miguel Indurain e Marco Pantani, così Piotr Ugrumov divenne l’eterno piazzato: 2° al Giro ’93, 2° al Tour ’94, 3° al Giro ’95, ben 7 volte nella Top 10 di una corsa di tre settimane.

Finita la carriera, Piotr Ugrumov, che nel frattempo si era innamorato dell’Italia più che della Spagna dove pure aveva corso da professionista, prese casa a Rimini e ha iniziato a lavorare con i più giovani, per trasmettere tutta la sua vasta conoscenza: «Lavoro con i ragazzi dell’Euro Bike Riccione – dice nel suo italiano dove l’accento russo ormai si confonde con quello romagnolo – ma è solo l’ultimo capitolo di un lungo viaggio».

Sei sempre rimasto in Romagna?

No, ho iniziato a Salò con i più giovani passando poi per Padova, Rimini, per 7 anni sono anche stato dirigente alla Katusha, dove coordinavo il lavoro dei direttori sportivi. Ma niente è più divertente di lavorare con i ragazzi, spiegare loro la posizione in bici, insegnargli a guidare, vedere che a inizio anno non finiscono neanche le corse e alla fine arrivano sempre nei primi 10. Vale come una vittoria…

Ugrumov Rosslotto 1997
Ugrumov ha corso da pro dal 1989 al ’99: qui con la Rosslotto nel 1997. 9 le sue vittorie
Ugrumov Rosslotto 1997
Ugrumov ha corso da pro dal 1989 al ’99: qui con la Rosslotto nel 1997. 9 le sue vittorie
Hai nostalgia del ciclismo professionistico?

Ho vissuto di ciclismo agonistico per 25 anni, facevo qualcosa come 32 mila chilometri l’anno, ho fatto più di 20 grandi Giri, insomma è stata una parte importante della mia vita. Ma ora è un ciclismo molto diverso dal mio.

Perché?

Basta guardare le bici. Ai miei tempi avevi i manettini al telaio, come alla mia Bianchi del ’95, un pacco pignoni da 7-8, ora ci sono 11 rapporti, ora misurano le bici che non devono pesare più di 6,8 chili, la mia ne pesava 9 e ci facevo Giro e Tour.

Ugrumov Mondiali 1993
Ugrumov con Indurain ai Mondiali del ’93: in quell’anno fu 2 al Giro e 7° al Lombardia
Ugrumov Mondiali 1993
Ugrumov con Indurain ai Mondiali del ’93: in quell’anno fu 2 al Giro e 7° al Lombardia
Tu eri abituato a fare almeno due grandi Giri a stagione: credi sia possibile anche al giorno d’oggi, puntando alla classifica in entrambi?

Io dico di sì, forse anche per fare doppietta come Pantani nel ’98. Serve innanzitutto fortuna, non avere problemi tecnici e di salute per tutto l’anno, ma se fisico e testa reggono si può ancora fare. Secondo me è prima di tutto una questione psicologica.

C’è qualcuno nel ciclismo attuale nel quale ti rivedi?

Io ero uno scalatore puro che andava forte anche a cronometro, direi che Bernal è quello che mi assomiglia di più, ma la domanda è un’altra: i giovani campioni di oggi avranno la durata che avevamo noi? Noi rimanevamo sulla breccia anche per un decennio. In questo senso chi mi impressiona di più è Valverde che a 41 anni va ancora così forte, quello è davvero un grande campione. Quelli di oggi dureranno altrettanto? Solo il tempo potrà dare una risposta

Ugrumov Giro 1995
Ugrumov e Berzin, compagni e avversari al Giro ’95, vinto da Rominger (il primo a sinistra)
Ugrumov Giro 1995
Ugrumov e Berzin, compagni e avversari al Giro ’95, vinto da Rominger (il primo a sinistra)
Restiamo in tema di paragoni: tu correvi con un certo Evgeni Berzin, che fece saltare il banco al Giro del ’94. Trovi delle somiglianze con Remco Evenepoel?

Sì, il paragone è giusto. Berzin a 20 anni era già stato campione del mondo di inseguimento, quindi entrambi sono emersi molto presto. Il belga è un fenomeno fisico, secondo me, ma resta sempre l’incognita se questo rendimento così alto da giovanissimo lo esaurirà prima del tempo. Si diceva la stessa cosa di Cunego, ricordo.

Perché sei così scettico sui giovani odierni?

E’ come una macchina nuova: se la porti subito a giri elevati e la spingi sempre al massimo, si logora prima. Credo che per costruire la carriera di un corridore sia anche importante saperlo dosare, gestire al meglio. Tornando a Berzin ed Evenepoel, Evgeni era uno che voleva tutto e subito, spero che Evenepoel sia consigliato meglio, ma sembra un ragazzo concentrato e che sa ragionare. Staremo a vedere…