Nimbl Eros Capecchi

Nimbl per Capecchi: la scarpa che celebra l’Inter!

25.05.2021
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Il corridore della Bahrain Victorious, Eros Capecchi è uno dei numerosi testimonial Nimbl. Il giovane marchio di scarpe annovera numerosi corridori fra le sue fila: Jungles, Coquard, Barta, Bonifazio, Konovalovas, Lusvigsson, Dombrowski, Hausler, Zabel e Greg Van Avermaet. Tutti atleti che quest’anno impiegano in gara ed in allenamento le calzature prodotte, rigorosamente a mano in Italia, dallo stesso brand.

Eros Capecchi con le sue Nimbl personalizzate
Eros Capecchi con le sue Nimbl personalizzate
Eros Capecchi
Eros Capecchi ha ricevuto un paio di Nimbl Exceed personalizzate con i colori dell’Inter

Un paio di Exceed per lo scudetto

E proprio al corridore umbro, grandissimo tifoso interista, Nimbl ha recapitato un paio di Exceed personalizzate con i colori a strisce, o meglio a zig zag della maglia dell’Inter di quest’anno. Inoltre, è stata aggiunta la scritta “Amala”, che rappresenta la sintesi del sentimento che i tifosi nutrono verso il club campione d’Italia 2020/2021.

A forma di vassoio

Exceed è una calzatura leggera di appena 215 grammi, per puntare a prestazioni davvero top. La vestibilità, la struttura e il comfort sono decisamente di grado elevato per queste scarpe. L’esclusiva suola in carbonio ultra rigida, a forma di “vassoio”, un brevetto originale Nimbl, consente un supporto ottimale dell’intero piede, fornendo una rigidità superiore per massimizzare il trasferimento di potenza, il comfort e l’efficienza della pedalata. La tomaia è in microfibra ad alta densità per raggiungere uno standard elevatissimo in termini di traspirazione, idrorepellenza e durabilità della calzatura stessa. La chiusura è garantita da un doppio rotore che crea una pressione uniforme attorno al piede eliminando tutti i punti di pressione. Risultato? Il massimo della comodità.

Produzione tutta italiana

Tutte le scarpe Nimbl sono fatte a mano in Italia presso lo stabilimento di proprietà di Porto Sant’Elpidio, nelle Marche, proprio nel cuore del distretto mondiale della calzatura di altissima qualità. L’intero ciclo di lavorazione è pertanto interamente artigianale, e questo permette di mantenere il controllo dell’intero processo produttivo. Le scarpe Nimbl – e lo saranno presto “grazie” ad Eros Capecchi anche queste esclusive Exceed celebrative del 19mo scudetto della storia interista – sono collaudate in gara. Nell’ultimo anno i corridori del WorldTour insieme a numerosi campioni del mondo su pista hanno difatti sottoposto queste calzature ad un banco di prova severissimo e davvero esigente.

nimbl.cc

Capecchi, cosa puoi dirci dei tuoi scarpini Nimbl?

08.05.2021
4 min
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Nimbl è un’azienda artigianale italiana che produce scarpini per ciclismo su strada. Ha sede nel distretto calzaturiero delle Marche e già questo basterebbe per raccontare la passione e i contenuti che riassumono. La sua particolarità più bella è appunto quella di realizzare scarpini a mano. In versione standard, oppure fatti su misura laddove ce ne fosse bisogno.

Corridori entusiasti

«Il rapporto con i corridori – dice Francesco Sergio, Sport Marketing dell’azienda – si basa sulla fiducia. Abbiamo capito che apprezzano molto il nostro metodo di lavoro. Lo dimostrano anche i fatti, chi pedala con i nostri scarpini gode di molti vantaggi. Sono realizzati completamente a mano e non sono il prodotto di lavorazione industriale. Questo significa che non possiamo produrne una quantità troppo elevata. A goderne però è la qualità – continua – perché noi offriamo un prodotto che è stato realizzato con passione, impegno e dedizione. Ecco perché i corridori si dimostrano entusiasti. Se c’è la necessità di fare uno scarpino su misura fissiamo un appuntamento. Ci incontriamo di solito in laboratorio, ma va bene anche in una corsa. Prendiamo le misure necessarie per la realizzazione. E’ un metodo di lavoro che trasmette fiducia».

Gli scarpini Nimbl sono realizzati in microfibra
Gli scarpini Nimbl sono realizzati in microfibra

Mastro Verducci

Parole importanti arrivano da Luigino Verducci, specializzato nella produzione di scarpini di ciclismo da ormai 10 anni

«Ci sono tanti dettagli che vengono esclusi dalla produzione industriale degli scarpini – racconta Verducci – per un corridore che ambisce a ottenere grandi risultati penso che sia importante pedalare in comodità. I nostri scarpini sono realizzati in microfibra. Inizia tutto da una preforma, una vaschetta che bisogna lavorare a mano, da cui viene realizzata una tomaia a sacchetto, cioè sagomata sulla forma del piede. Questo è possibile solo con lavoro artigianale. La nostra filosofia non prevede una collaborazione con i team. Puntiamo sui singoli perché riteniamo scorretto che chi non si trovi bene con i nostri scarpini debba utilizzarli per forza. Pensateci così facendo ci creeremmo un nemico, non è così? Noi vogliamo che gli atleti – continua – si trovino bene e siano contenti del nostro operato. Le qualità principali dei nostri scarpini? Rigidità, leggerezza e trasmissione di potenza. La suola è in carbonio, sottile e al tempo stesso molto resistente. Possiamo ritenerci solo che soddisfatti dei nostri risultati».

La suola è in carbonio, la tomaia è morbidissima
La suola è in carbonio, la tomaia è morbidissima

E Capecchi cosa dice?

Per approfondire il discorso ci siamo rivolti anche ad Eros Capecchi, esperto corridore del team Barhain Victorius, che è ben felice di correre con scarpini Nimbl.

Come è nato il rapporto con Nimbl?

E’ nato l’anno scorso, vedevo alcuni corridori del mio team che utilizzavano gli scarpini Nimbl. Mi sono incuriosito, ho chiesto informazioni e mi sono fatto avanti. Ho parlato con Francesco Sergio e tramite una videochiamata ci siamo accordati.

Quali corridori utilizzavano gli scarpini?

Heinrich Haussler e Marcel Sieberg. Ho chiesto informazioni a loro, così è nata la mia curiosità.

Il tallone è fra i punti nevralgici: si può personalizzare
Il tallone è fra i punti nevralgici: si può personalizzare
Le tue prime impressioni come sono state?

Soddisfacenti. Devo dire mi sono trovato subito bene. Ho avvertito immediatamente la calzata molto confortevole. La caratteristica principale che stimo degli scarpini è la rigidità equilibrata.

Che differenza c’è tra gli scarpini artigianali e quelli commerciali?

Il prezzo non cambia moltissimo. Io personalmente ho ricevuto un trattamento straordinario. Inoltre posso modificare gli scarpini a mio piacimento, loro sono sempre disponibili per fare qualsiasi modifica che io ritenga opportuna. Personalmente ho notato differenze particolari nel comfort, questo è dovuto all’alta qualità dei materiali con cui gli scarpini sono realizzati.

Eros Capecchi Vision Metron 6D

Vision Metron 6D: ce lo spiega Capecchi

09.03.2021
3 min
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Come abbiamo detto in altri articoli, i punti di contatto fra ciclista e bicicletta sono soltanto tre: sella, pedali e manubrio. Proprio quest’ultimo è stato oggetto di un’evoluzione molto accentuata. Abbiamo voluto approfondire con Eros Capecchi, corridore professionista del Team Bahrain Victorious, quali siano le qualità del suo manubrio Vision Metron 6D.

Inclinazione

I corridori del team possono contare su un’ampia scelta di manubri, grazie alla ricchezza del catalogo Vision.
«Io monto il Vision Metron 6D – inizia Capecchi – anche se ho provato gli altri modelli». Ma in base a quali criteri si sceglie un manubrio piuttosto che un altro? «Il Metron 6D ha un angolo di inclinazione di 0 gradi, mentre il Metron 5D ha 10 gradi di inclinazione in avanti. Io preferisco avere il manubrio piatto, visto che devo andare forte anche in salita mi trovo meglio con questo tipo di inclinazione. Magari un velocista preferisce avere il manubrio inclinato, anche perché sta poco con le mani nella parte alta del manubrio. E’ una questione di trovare il miglior comfort anche in base alle proprie caratteristiche».

Vision Metron 5D Bahrain Victorious
Ampia scelta per la Bahrain Victorious, qui il manubrio Metron 5D
Vision Metron 5D Bahrain Victorious
Ampia scelta per i corridori della Bahrain Victorious, qui vediamo il Vision Metron 5D

Tradizione o novità?

Capecchi usa soprattutto la Merida Scultura, che è il modello più indicato per la salita. Capita di vedere sulle biciclette da salita di alcuni corridori i manubri con attacco separato e con un design più tradizionale.
«I corridori che usano il manubrio con l’attacco separato – ci spiega Capecchi – preferiscono la forma di quella curva oppure preferiscono la forma più stretta e tondeggiante della presa alta, che è più tradizionale. Per quel che mi riguarda io sto molto comodo con l’appoggio piatto del Metron 6D».

Eros Capecchi misure
Eros Capecchi mentre “misura” la sua Merida Scultura
Eros Capecchi misure
Eros Capecchi mentre “misura” la sua Merida Scultura dotata di manubrio Vision Metron 6D

I vantaggi

Capecchi sottolinea una serie di vantaggi nell’usare il manubrio integrato.

«A me piace molto il manubrio integrato perché avendo quattro biciclette diverse è più semplice avere la stessa identica posizione su ognuna. Il manubrio integrato non avendo viti di chiusura è anche più rigido e leggero».

Manubrio Vision Metron 6D
Il Vision Metron 6D con sezione superiore piatta
Manubrio Vision Metron 6D
Il Vision Metron 6D con sezione superiore piatta

Rigido e leggero

Il manubrio Metron 6D di Vision è interamente realizzato in carbonio, e come ci ha detto anche Capecchi, ha una sezione superiore dalla forma piatta e con un angolo di 0 gradi. La costruzione rinforzata di Vision gli conferisce una grande rigidità e anche un ottimo rapporto resistenza/peso. Proprio quest’ultimo dato si attesta sui 415 grammi nella misura con 110 millimetri di lunghezza di attacco e 420 millimetri di larghezza manubrio. Ovviamente il Metron 6D permette il passaggio interno dei cavi per favorire ulteriormente l’aerodinamica. Fra le caratteristiche c’è anche un offset di 5 millimetri per le code della curva manubrio, in modo da favorire una presa più stabile in presa bassa.

Giada Borgato, Francesco Pancani 2020

Giada Borgato, due passi da Imola alla Liegi

03.01.2021
5 min
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Era di sabato, Anna Van der Breggen aveva appena vinto anche il mondiale in linea e Giada Borgato era contenta per aver portato a casa la diretta Rai. La chiamata per le gare delle donne a Imola era arrivata già come un exploit inatteso, per il quale si sentiva tuttavia sufficientemente serena, avendo corso fino al 2014 con quelle ragazze e avendone poi raccontato il Giro e altre prove dal 2016.

Si va in Belgio

«E mentre sono lì che rifletto – racconta e sorride Borgato, in apertura con Pancani (foto Monguzzi) – mi chiama Fabretti (responsabile del ciclismo di Rai Sport, ndr) e mi propone di andare a fare l’opinionista tecnica accanto a Pancani alle classiche del Nord. Bennati infatti non sarebbe più andato e avrebbe fatto il Giro, mentre a me… A me per poco non viene un colpo. Era sabato, la Freccia Vallone ci sarebbe stata il mercoledì e questo significava che avrei avuto solo tre giorni per prepararmi. Ma non era neanche questo il punto. Erano davvero sicuri di mandare una ragazza? Che cosa avrebbe detto il pubblico del ciclismo? Ero agitatissima. Però sia Pancani sia Fabretti mi hanno risposto che se fossi stata preparata, non ci sarebbero stati problemi. E così ho accettato. Certo che ho accettato. E tutto sommato è andata anche bene».

Silvia Valsecchi, Giada Borgato, Marta Bastianelli, campionato italiano 2012
Tricolore 2012 a Pergine Valsugana, Giada Borgato batte Silvia Valsecchi e Marta Bastianelli
Silvia Valsecchi, Giada Borgato, Marta Bastianelli, campionato italiano 2012
Tricolore 2012, Borgato su Valsecchi e Bastianelli

L’idea di Severini

Giada viene da Padova, è figlia di corridore e dal 2008 al 2014 è stata anche lei un’elite, vincendo nel 2012 il campionato italiano con la maglia della Diadora-Pasta Zara di Maurizio Fabretto.

Il WorldTour delle donne non c’era ancora. Alle corse, anche in Belgio, si andava due giorni prima sul furgone. Le gambe in alto per 10 ore. Poi la gara, la doccia e via di nuovo a bordo per tutta la notte. Che quando arrivavi a casa, ti servivano tre giorni per recuperare davvero e riprendere ad allenarti.

Lo sguardo vivace e il sorriso dolce, Giada racconta che il primo gancio per arrivare a un microfono della Rai è Piergiorgio Severini, che a quel tempo seguiva il ciclismo femminile assieme a Gigi Sgarbozza. Nel 2014 il giornalista marchigiano va da lei, che ha appena annunciato il ritiro, per girare un video di saluto. E Giada, scherzando, si offre di dargli una mano. Fortuna o intuito, succede che nel 2015 Sgarbozza non può commentare la gara di Plouay. Severini si ricorda e le propone di provare. Lei accetta ed evidentemente piace, se è vero che dall’anno successivo diventa la voce tecnica del ciclismo femminile.

Secondo Pancani

Pancani di lei dice che è «veramente educata, sorridente e vispa. Basta dirle una cosa e la recepisce. Ha voglia di imparare e questo le dà autorevolezza. In certi momenti era così precisa che mi sembrava di avere accanto Martinello. E’ stato bravo Fabretti ad averci creduto».

Sulla crono ai mondiali delle donne, il toscano sottolinea l’episodio della caduta di Chloe Dygert, quando fu Giada per prima ad accorgersi che l’americana nell’affrontare la curva non aveva staccato le mani dalle protesi. E’ stato anche grazie a quella sicurezza che Fabretti ha deciso di provare.

E così è arrivata la Freccia Vallone…

Ci ho messo un po’ a ingranare, ma Francesco è stato un vero maestro e mi ha messo nelle condizioni di capire. Non lo conoscevo prima dei mondiali, lo avevo visto una sola volta alla Sanremo dell’anno precedente. Mi ha detto come fare, quali nozioni avrei dovuto avere. E poi ha una parlata che tranquillizza.

Che cosa hai studiato in quei tre giorni?

Le squadre e i singoli. Il ciclismo maschile lo seguo da sempre, ma dovevo imparare che cosa avessero fatto i corridori in carriera e nella settimana precedente. Per cui appena è venuto fuori l’elenco degli iscritti mi sono messa al lavoro per farmi le schede. Solo che a un certo punto Francesco mi ha detto che in una diretta lunga non avrei potuto snocciolare solo dati dei corridori e mi ha suggerito di studiare la storia delle corse.

Il Giro U23 con Rizzato le classiche con Pancani…

Hanno due caratteri completamente differenti. Con Stefano il rapporto è più amichevole, ma devo dire che con Pancani ci siamo ritrovati a Liegi e sembrava ci conoscessimo da una vita. Rizzato è super organizzato, una macchina da guerra, Francesco è più tradizionale, ma da entrambi si impara tanto.

Hai mai riascoltato i tuoi commenti?

E’ capitato. Mi accorgo subito se faccio un errore e ho sempre paura che sia evidentissimo. In realtà anche Rizzato mi ha fatto notare che quando poi lo riascolti, quasi non si sente. Me la sono cavata, quello che mi ha fatto piacere è stato ricevere i complimenti di ex professionisti, persone che ne sanno parecchio. Certo poi sui siti c’è chi continua a chiedersi come io possa commentare il Fiandre se non l’ho mai corso oppure la Liegi. In realtà il Fiandre l’ho pure fatto, ma non è questo il punto. Quello del ciclismo è un mondo ancora piuttosto tradizionalista, ma credo che lavorando ci sia la possibilità di fare bene.

Ci farai compagnia anche il prossimo anno?

Non si sa ancora, i calendari devono arrivare. Ci spero, poi che vada come deve andare.

L’ultima domanda la dedichiamo a Eros: ti ha aiutato in qualche modo?

A lui ho chiesto qualcosa, ma non più di tanto. Stare con un corridore aiuta, perché ti ritrovi immersa in quel mondo, sei aggiornata su tutto. E mi ha aiutato nei contatti. Avevo bisogno di un’informazione tecnica e mi ha girato al volo il numero di Ronny Baron. Se mi serve un aggancio, grazie a lui è più facile.

Il dettaglio lo abbiamo lasciato volutamente alla fine. Come probabilmente si sa, Giada è la compagna di Eros Capecchi, ma non c’è nulla di quel che sta diventando che non venga dalle sue abilità e dalla sua capacità di rischiare. Per questo è piaciuta, perché si è rimboccata le maniche e non ha vivacchiato sul bell’aspetto e le conoscenze. Per la gente del ciclismo che detesta raccomandazioni e scorciatoie, questo conferisce un’autorevolezza anche maggiore.

Eros Capecchi 2020

Capecchi si rilancia fra la bici e il trattore

29.12.2020
4 min
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Il 2020 doveva essere per Capecchi l’anno del debutto alla Bahrain-McLaren, del Giro e poi del Tour e della collaborazione con Rod Ellingworth, il tecnico britannico che aveva lasciato il Team Ineos per rifondare la squadra del Principe. A distanza di un anno, è meglio non guardarsi alle spalle. Il debutto c’è stato, ma si è fermato allo Uae Tour. Al Tour sono andati altri. Al Giro nemmeno per un giorno ha trovato sensazioni accettabili. E sul più bello, Ellingworth se ne è tornato al nido. Così Eros si è rimboccato le maniche e si è messo a lavorare. Sulla bici e sul trattore, a Case Sparse, posto incantato fra l’Umbria e la Toscana. Nell’azienda di famiglia creata da suo nonno, 40 ettari di vivaio cui si dedica di persona da quando è rientrato da Monaco.

«Sono nato su un trattore – disse quando andammo a trovarlo per la prima volta nel 2011 – in mezzo alle piante e agli animali. Per questo non me ne andrei mai, anche se ho comprato casa a Cortona per starci più fresco d’estate. A Milano Marittima preferisco il mare delle Marche. Le città non mi attirano».

Eros Capecchi, cronometro Palermo, Giro d'Italia 2020
Eros Capecchi è un cronoman, ma nella prova di Palermo si è piazzato 84° a 1’37” da Ganna
Eros Capecchi, cronometro Palermo, Giro d'Italia 2020
Capecchi, cronometro di apertura del Giro
Nel frattempo è passata tanta vita…

Per quegli stessi ragionamenti, sono rientrato a vivere qua, nella casa in cui ho vissuto per i primi sei anni della mia vita. L’azienda va bene, siamo contenti.

Poteva essere un anno da incorniciare.

Invece ci è toccato questo lungo stop. Io non ero mai stato fermo per tre mesi. Puoi fare una sosta così per infortunio, è stato come fare una rieducazione. Alla fine del 2019 avevo staccato per un mese. Poi ho fatto tutta la preparazione. Ho debuttato allo Uae Tour e poi… a casa. Si è buttato tutto il lavoro fatto prima e ripartire non è stato banale.

Non siete mai stati fermi, in realtà.

Non uscivamo su strada, ma si facevano i rulli due volte al giorno e poi tutto il lavoro a corpo libero. Poi sono venute fuori le piattaforme virtuali e le squadre si sono ingegnate. Insomma, il sudore che ho versato sui rulli era roba vera. Quando ci hanno permesso di ripartire, è stato come un sogno. Strano per uno che ha fatto tanti anni in bicicletta.

Si è detto che il nuovo avvio è stato più difficoltoso dopo i 30 anni…

Ho sofferto. Avevo i valori migliori, il peso a posto, ma a inizio Giro, già sull’Etna, avevo sensazioni strane. Sono bastati due giorni un po’ storti e addio colpo di pedale. Anche perché se non eri al 100 per cento, era difficile recuperare.

E’ tanto più difficile trovare la forma a 34 anni?

Al Giro del 2010 caddi nella tappa di Montalcino. Mi fermai per il dolore alle costole e restai fermo quasi per tre settimane. Era ormai giugno, eppure rientrai al Delfinato e poi andai al Tour, facendo anche bene in montagna. Adesso forse non ci riuscirei.

Che cosa è cambiato nella quotidianità di Capecchi?

La risposta del fisico, il ciclismo e i metodi di lavoro. E io sono fortunato perché non ingrasso. Ho ripreso da un mese e mezzo, andando in palestra e uscendo fra strada e mountain bike e ho soltanto 2 chili oltre il peso forma. Se così non fosse, sarebbe dura, perché la vera differenza la fanno il peso e quanto si impiega per smaltirlo.

Eros Capecchi, Sestriere, Giro d'Italia 2020
Nella tappa di Sestriere, la penultima del Giro d’Italia, ha concluso in 87ª posizione
Eros Capecchi, Sestriere, Giro d'Italia 2020
Nella tappa di Sestriere, Capecchi in 87ª posizione
Scarso appetito o Madre Natura è stata buona con te?

Altro che scarso, ho molto appetito. Ma il fattore cibo si scatena quando lo vedi, se sei dentro casa a non fare nulla e magari apri il frigo ogni volta che ci passi davanti. Io quando non mi alleno sono sul trattore e tante volte mi dimentico anche di mangiare.

Cambia anche l’allenamento?

Fino a qualche anno fa c’era la convinzione che si dovessero aumentare le ore, distanze incredibili. Io ho scoperto che la resistenza l’ho acquisita con gli anni e piuttosto ho bisogno di richiamare doti che con gli anni si perdono, come brillantezza, esplosività, ritmo gara e condizione gara. Prima facevo una distanza, un giorno di potenziamento e uno con un po’ di salite. Ora faccio lavori specifici per 5 giorni a settimana. E la sera a casa, sono parecchio stanco.

Che cosa vorresti dal 2021?

Una buona condizione e non soffrire come l’anno scorso. Se fai tutto bene e in corsa non vai, lo stimolo mentale viene meno. Per fortuna è stato così per molti.

Che idea ti sei fatto della partenza di Ellingworth?

Non me la sono fatta. Sembrava ci credesse, si è dedicato al team anima e corpo. In ogni caso è nato un gruppo forte. Nonostante fosse appena arrivato e dovesse adattarsi, Landa con Caruso accanto ha fatto un bel Tour. E se non fosse stato per il giorno dei ventagli, sarebbe stato più vicino al podio.

Miholjevic prenderà il posto di Ellingworth.

Mi ha chiamato proprio lui per dirmi la novità e per chiedere a noi più esperti di dargli una mano. Abbiamo parlato un po’. Gli ho detto che secondo me è un ruolo che potrà svolgere bene. Si riparte il 16 gennaio con il ritiro di Altea e poi si torna allo Uae Tour. E speriamo che stavolta si tiri dritto.