Egidio Fior, la Zalf e una favola lunga 43 anni

18.05.2025
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C’è voluto tempo, per assorbire il colpo. Anche se l’addio era nell’aria da tanto, mettere la parola fine a 43 anni di storia non è facile, anche per un uomo di lunga navigazione nel mare ciclistico come Egidio Fior, l’uomo che ha portato la Zalf in giro per il mondo facendone una colonna portante del ciclismo giovanile italiano. Fa un certo effetto girare per le varie gare italiane ed estere e non vedere più quelle divise tricolori, quelle scritte ben evidenti, soprattutto quei ragazzi entusiasti che grazie alla sua creatura hanno assaporato il professionismo nelle sue varie epoche.

C’è voluto un po’ per mettere ordine nei ricordi e per accettare di mettersi comodi a parlare, a rimembrare tutto quel che è stato. Oggi c’è l’hotel-ristorante da cui tutto è partito e al quale bisogna dare attenzione, perché quell’impresa dà da mangiare a tante famiglie. La passione ciclistica c’è sempre, ma ora è relegata al semplice ruolo di hobby per il tempo libero.

Egidio Fior (a sinistra) dopo 44 stagioni vissute sulla strada ha deciso di chiudere la sua avventura con la Zalf
Egidio Fior, 78 anni. Dopo 44 stagioni vissute sulla strada ha deciso di chiudere la sua avventura con la Zalf

Metti una sera a cena…

«Il bello è che nacque tutto in maniera abbastanza casuale», racconta Fior. «Una sera si presentò qui al ristorante Giuseppe Beghetto (oro olimpico nel tandem e e tre volte iridato nella velocità negli anni Sessanta, ndr) e parlando mi suggerisce l’idea di creare una squadra per fare pubblicità al ristorante. Io seguivo sì il ciclismo, ma giocavo al calcio e ero più dedito a questo. Qui però passavano tanti ciclisti, quindi pensai che fosse una buona idea. Ne parlai con mio fratello Giancarlo e partimmo.

«Inizialmente ci dedicammo ai cicloturisti, ma vedemmo subito che non avevamo da soli le forze per seguire e far crescere il team, soprattutto se volevamo (e lo volevamo!) dare un’impronta agonistica. Già allora i costi non erano pochi, serviva un forte sostegno da parte di uno sponsor e lo trovammo nel mobilificio Euromobil dei fratelli Lucchetta. Erano quattro fratelli, tutti si dissero entusiasti all’idea, così nel 1984 partimmo con i dilettanti, presentando quella maglia con verde sopra e strisce bianco-rosse sotto che è rimasta fino all’ultimo».

La sala del ristorante Fior, dove sono passati tutti i grandi nomi del ciclismo italiano degli ultimi 40 anni
La sala del ristorante Fior, dove sono passati tutti i grandi nomi del ciclismo italiano degli ultimi 40 anni

Si parte e subito si scala il mondo…

Sin dall’inizio la squadra si distingue nel calendario italiano, ma soprattutto si dimostra una splendida palestra per nuovi talenti. Già nella sua formazione iniziale, composta da 8 ciclisti, ci sono nomi che si costruiranno una carriera di primo piano anche fra i professionisti, come Gianni Faresin e Flavio Vanzella. L’anno dopo la rosa sale a 10 e fra i nuovi spunta un ragazzo trentino che avrà una carriera molto fortunata: Maurizio Fondriest. I successi di quest’ultimo, a cominciare dal titolo mondiale del 1988, calamitano sul team l’attenzione generale.

«Il mio rammarico è che non sono riuscito a seguire quegli anni come avrei voluto – afferma Fior – ai mondiali c’ero, qualche gara la seguivo, ma nel complesso gli impegni di lavoro mi tenevano lontano dalle corse e dai ragazzi. Cercavo di esserci quando avevo spazio. Quelli sono stati anni magici: la vittoria di Mirco Gualdi al mondiale su strada del ’90 ci consentiva di avere nelle nostre fila il campione iridato con la maglia Zalf. Due anni dopo lo stesso fece Daniele Pontoni nel ciclocross. Intanto nel 1991 era arrivato l’ex pro’ Luciano Rui come diesse a dare una nuova impostazione al team».

La prima grande gioia internazionale per Fior: la vittoria di Maurizio Fondriest al mondiale di Renaix, era il 1988
La prima grande gioia internazionale per Fior: la vittoria di Maurizio Fondriest al mondiale di Renaix, era il 1988

La squadra, la casa: una famiglia

Nel ripensare a quegli anni, Egidio si scioglie un po’: «Per me sono stati anni speciali non solo per i risultati. Eravamo diventati una famiglia. Avevamo comprato una casetta a una cinquantina di metri dal ristorante e i ragazzi del team erano sempre qui a mangiare. Noi eravamo un po’ i “surrogati dei genitori”, soprattutto per quelli che erano lontani da casa, per gli stranieri che cominciavano a entrare nel team. Con quei ragazzi si è formato un rapporto che è andato avanti negli anni. Gualdi viene ancora a trovarci, Fondriest e Pontoni sono rimasti in contatto. Significa che avevamo seminato bene».

Quella formula è rimasta valida negli anni e dalle parti della Zalf è passato un po’ tutto il gotha del ciclismo italiano: Salvato, Figueras, Cunego, Salvoldelli, Basso, Scarponi ma l’elenco sarebbe davvero troppo lungo e lo stesso Fior c’interrompe: «Volete sapere quanta gente attraverso di noi è passata professionista? 180 ragazzi. Abbiamo vinto in tutto 8 titoli mondiali e 35 italiani, abbiamo avuto stagioni dove superavamo le 40 vittorie stagionali, roba da UAE, nel 2013 sono state addirittura 59».

Battistella, Dainese e Zurlo, tre dei tantissimi ragazzi proiettatisi verso l’attività pro’ (Photors)
Dainese e Zurlo, due dei tantissimi ragazzi proiettatisi verso l’attività pro’ (Photors)

Il ricordo delle parole di Lanfranchi

Tra tante vittorie difficile trovare quella che l’ha più esaltato, il momento più bello, ma anche in questo caso Egidio ci spiazza: «Un giorno, al Giro d’Italia, eravamo a Jesolo. Paolo Lanfranchi venne intervistato da Adriano De Zan, io ero al suo fianco e Paolo mi lasciò senza fiato: “Vedete questo signore? Devo dire grazie a lui se sono qui, perché se non ci fosse stato Egidio a credere in me, nelle mie possibilità, a quest’ora ero un bravo operaio e guardavo il Giro in tv. Invece mi sto costruendo una vita”. Non c’è vittoria che tenga di fronte a quello che è un successo di vita».

Parlavamo prima di stranieri: «Ne sono passati non pochi, ricordo ad esempio Arvesen, che vinse un mondiale e ora è un affermato diesse del WorldTour, oppure gli sloveni Pavlic e Cerin, quest’ultimo diventato procuratore di ciclisti. Tutti hanno ancora un bel ricordo degli anni trascorsi da noi».

L’ultima vittoria della Zalf sulle strade del mondo, con Zamperini al GP Kranj 2023 (Photors)
L’ultima vittoria della Zalf sulle strade del mondo, con Zamperini al GP Kranj 2023 (Photors)

Il disagio e lo stop

Poi, come tutte le belle storie, arrivano le ultime pagine, fino alla parola “fine”: «Non abbiamo mollato per ragioni economiche. Dopo 43 anni la Euromobil ha deciso di dire basta, di fare altre scelte. Fare l’attività continental costa tanto e ti restituisce molto poco. Ripeto, non sono le ragioni economiche che ci hanno spinto a mollare, è più una sorta di disagio, di inadeguatezza a un ciclismo che è profondamente cambiato e che per vecchie menti come le nostre è ormai troppo lontano.

«A me piaceva di più il sistema di prima: facevi la tua attività da dilettante, se avevi i valori giusti passavi, a qualsiasi età. Ora va tutto di fretta, tutti vogliono andare subito nel WorldTour, non so dove si finirà perché i campioni di oggi mi sembra che brucino tutto troppo presto. A un certo punto ho capito: ho 78 anni, il mio contributo l’ho dato, ora è tempo che ci pensino gli altri. A me restano i ricordi e l’affetto della gente».

La seconda chance di Raccani, tornato a fare ciò che ama

08.07.2024
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Per certi versi la vittoria di Simone Raccani al Giro del Veneto è stata una delle principali sorprese di questo scorcio di stagione. Perché rilancia il nome di un corridore che pur essendo ancora molto giovane (ha solo 23 anni) ha già vissuto una totale altalena di emozioni su due ruote, tanto da essere uscito da questo mondo per poi rientrarci. Cosa decisamente non comune.

Il podio dell’ultima tappa del Giro del Veneto, con Raccani fra Piras e Roganti (Photors)
Il podio dell’ultima tappa del Giro del Veneto, con Raccani fra Piras e Roganti (Photors)

Un successo il suo che cambia molto le prospettive: «Ci voleva davvero, spero di continuare su questa strada anche perché adesso la stagione propone molte gare a me adatte, con arrivi in salita e ci arrivo con la gamba buona, quella che ti capita non così spesso. Il mio obiettivo ora è il Giro del Friuli dove voglio fare classifica e ripetere l’exploit del Veneto, ma chiaramente in un contesto internazionale decisamente più qualificato».

Com’è arrivata la vittoria nella corsa a tappe?

E’ stata una prova molto particolare, con le prime due tappe annullate per maltempo. Nella terza sono andato un po’ in crisi allo scollinamento per poi riagganciare i primi, ma non ne avevo per giocarmi la vittoria. Ero comunque tra i primi e per com’era andata la giornata era già abbastanza. Sapevo che tutto si sarebbe giocato nella tappa conclusiva su una salita che conosco bene, dove avevo già vinto nel 2019 da junior. All’inizio c’è stata subito selezione, a 7 chilometri dal traguardo eravamo rimasti in pochi, i migliori, quelli in lotta per la classifica.

La vittoria a Schio è stata decisiva per la conquista del Giro del Veneto
La vittoria a Schio è stata decisiva per la conquista del Giro del Veneto
E poi?

Io sapevo quali erano i punti duri, dove fare la differenza. Con me sono rimasti Masciarelli e Meris che aveva la maglia di leader, ma a 4 chilometri dal traguardo su un altro punto duro li ho staccati e a quel punto è diventata una sfida contro il tempo, dovevo ribaltare la classifica. Tra l’altro questa vittoria è anche una sorta di ringraziamento mio per la squadra che ha la sede vicino, a Castelfranco, in una tappa è venuto anche il patron ad assistere.

Sei molto legato a lui?

Non potrebbe essere altrimenti. E’ stato proprio Egidio Fior che di sua iniziativa mi è venuto a cercare l’inverno scorso, convincendomi a rimettermi in gioco. Io avevo mollato a settembre chiudendo con la Eolo Kometa, ma non era stato per dissidi o altro. Ho passato un brutto periodo, non c’ero più con la testa, avevo deluso le aspettative che tutti avevano quand’ero passato junior ma che avevo soprattutto io. Non saprei neanche dire perché, c’entra la brutta caduta del GP Industria e Artigianato, ma difficile ripresa, ma non saprei trovare una vera spiegazione. E’ solo che le cose non erano andate come speravo.

Nel 2019 Raccani aveva vinto il titolo regionale junior, precedendo Alessio e De Pretto (Photors)
Nel 2019 Raccani aveva vinto il titolo regionale junior, precedendo Alessio e De Pretto (Photors)
Fior ha trovato le parole giuste?

Sì, mi ha spinto a rimettermi in gioco. Mi sono preso un paio di settimane per riflettere, per capire se potevo davvero onorare un simile impegno perché quando ti arriva una seconda possibilità, sai che non puoi sprecarla, anche perché era stata una sua iniziativa che meritava rispetto. Non è stato semplice, i primi mesi sono stati durissimi, ho fatto davvero tanta fatica, ma ho trovato un supporto eccezionale nella squadra. Se mi sono rimesso in sesto è stato anche grazie a loro.

E’ stato più difficile fisicamente o mentalmente?

Forse a livello di testa. Non correvo da mesi, le prime gare sono state davvero pesanti, non è facile ritrovare il ritmo gara. Oltretutto io sono ormai Elite, ho superato il limite di età e il calendario non propone così tanti eventi per quelli come me non potendo fare le gare regionali. C’è stata anche l’occasione di affrontare i pro’, al Giro d’Abruzzo e non ero andato neanche malaccio, anche se ancora non ero io. Poi al Giro della Provincia di Biella è arrivato il podio che è stato un bel segnale, la vittoria al Memorial Tortoli, altri piazzamenti. Dove correvo riuscivo ad emergere.

La sua condizione era apparsa in crescendo già al Memorial Tortoli, vinto di forza
La sua condizione era apparsa in crescendo già al Memorial Tortoli, vinto di forza
A questo punto che cosa ti proponi?

E’ difficile trovare un obiettivo specifico. Io voglio onorare al meglio questa seconda chance, ovunque si corra, a qualsiasi livello, poi si vedrà. Con la squadra non ci siamo presi alcun impegno per la prossima stagione, qualsiasi cosa me la dovrò meritare con i risultati.

C’è chi ti segue a livello di contratti?

Sì, la GL Promotion e devo dire loro grazie perché non mi hanno abbandonato, anche dopo il mio ritiro, pur sapendo che li avevo messi in difficoltà e che non avevo tenuto fede alle aspettative. Chiunque avrebbe mollato, loro no, hanno continuato a credere in me, nelle mie qualità e li ringrazio per questo.

Raccani è tornato a correre quest’anno nelle file della Zalf, che ha creduto in lui (Photors)
Raccani è tornato a correre quest’anno nelle file della Zalf, che ha creduto in lui (Photors)
Evidentemente, vista la tua vittoria, è stata la scelta giusta…

Anche perché rispetto a quando sono passato U23, è evidente che il livello si è alzato. Vincere a questi livelli fa ben sperare, ora devo solo continuare su questa strada. Quel che conta è che ho ritrovato la motivazione, posso ancora fare bene.