La nuova vita di Napolitano, maestro di vita e di ciclismo

27.02.2022
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Un messaggio su Instagram, come probabilmente è stato ricevuto da tanti che hanno poi scelto di copiarlo e incollarlo nella pagina. Lo scriveva Danilo Napolitano, ragusano del 1981, professionista dal 2004 al 2017.

«Ciao, sono Napo come stai?! Spero tutto bene! Ti disturbo – scriveva – perché se hai piacere vorrei un po’ informare i miei “vecchi” tifosi sul mio prosieguo nel ciclismo… Ormai sono già quattro anni (da che ho smesso) che seguo il settore giovanile con la categoria degli Junior. Dalla scorsa stagione sono nel team Giovani Giussanesi, una società della Brianza che fa crescere i nostri giovani dai giovanissimi agli junior, un bel team fatto da persone volenterose e super appassionate a far crescere il futuro del nostro sport…».

Al Giro del 2007, Napolitano batte McEwen e Petacchi a Lido di Camaiore
Al Giro del 2007, Napolitano batte McEwen e Petacchi a Lido di Camaiore

Quasi per caso

Le sue quasi 40 vittorie. Il Giro di Romagna e la Bernocchi. Tappe in corse del Nord e anche quella al Lido di Camaiore al Giro del 2007, quando si lasciò dietro McEwen, Petacchi e Bettini. “Napo” in bicicletta era un toro alto 1,74 per 81 chili, tutto muscoli e grinta. Perciò vederlo oggi in mezzo ai bambini fa quasi l’effetto di un ritorno alle origini. La stessa sensazione trasmessa a suo tempo da un altro velocista, Moreno Di Biase, e dallo stesso Garzelli assieme al quale “Napo” corse all’Acqua&Sapone.

A dire il vero Danilo ci si è ritrovato in modo inaspettato, lui alla Giovani Giussanesi c’era andato per gli juniores, non poteva certo aspettarsi quello che stava per succedere.

Il bike park sul terreno del Comune di Giussano è un grande richiamo per i più piccoli e le famiglie
Il bike park sul terreno del Comune di Giussano è un grande richiamo per i più piccoli e le famiglie
Racconta…

Ho fatto i primi due anni con la Bustese, dove comunque non mi sono trovato benissimo e allora quasi per caso ho scritto un’email a questa squadra, perché avevo sentito che avesse l’intenzione di crescere. Tre giorni dopo il messaggio in cui proponevo di incontrarci, ci siamo ritrovati ed è cominciato tutto. 

Tutto cosa?

Ho il mio carattere. Le cose devono essere dette come stanno e io volevo poter lavorare, non essere interrogato giorno dopo giorno. «Facciamo una stagione – dissi al presidente – se a fine anno mi direte se sono stato promosso, continuiamo insieme. Se invece non vi è piaciuto come ho gestito la cosa, ci dividiamo». Invece, dopo neanche metà stagione, mi richiama il presidente e mi dice ridendo: «Guarda Danilo, non mi è piaciuto molto come lavori, però dovresti gestirmi anche gli allievi!».

Napolitano è arrivato alla Giovani Giussanesi dopo un periodo alla Bustese
Napolitano è arrivato alla Giovani Giussanesi dopo un periodo alla Bustese
E dagli allievi, l’intero settore giovanile…

Per portare i ragazzi al professionismo, si deve partire dai bambini. Perciò lavoriamo per avere una catena unica, dove i ragazzini fanno le cose da ragazzini. Nel senso che non guardiamo il risultato, ma quello che devono imparare. Cioè giocare, l’abilità in bicicletta e cosa vuol dire la bicicletta. In questi due anni è capitato di trovare dei ragazzi che non erano capaci di andare in bicicletta e nemmeno sapevano parlarne. Serve avere cultura della bicicletta, sapere a cosa serva. In tante squadre si guarda solo la capacità del ragazzo, se va forte oppure piano. Invece il Comune di Giussano ci ha dato un terreno in cui siamo riusciti a costruire un bike park. I ragazzi girano con la bici da cross o la mountain bike e facciamo anche lezioni teoriche.

A che età li prendete?

Partiamo dai 7 fino ai 17 anni. Ragazzi di ogni origine sportiva. Quelli di ultima generazione si sono avvicinati tantissimo grazie al bike park. I genitori li hanno portati a girare, gli è piaciuto e sono tornati. In più la squadra due volte fa un open day e invita le famiglie. Nel bike park hanno la possibilità di pedalare al chiuso e così abbiamo recuperato anche i figli degli appassionati che avevano scelto per i figli altri sport, impauriti dai pericoli della strada.

Ritiro vicino Ragusa e foto accanto alla casa di Montalbano
Ritiro vicino Ragusa e foto accanto alla casa di Montalbano
Il tuo ruolo?

Con gli junior sono tecnico e allenatore, invece nelle categorie giovanili faccio da riferimento per le persone che li seguono. Per gestire quelle categorie devi essere predisposto, non può arrivare una persona a caso, perché è veramente difficile e devi saperlo fare. In tutto ci sono tre tecnici dei giovanissimi, uno degli esordienti e due degli allievi. Un bel gruppo, cui vanno aggiunte anche le persone che non hanno la tessera, ma ci aiutano comunque alla domenica. Perché abbiamo 13 junior, gli allievi sono 8, gli esordienti sono 8, e i giovanissimi 30-32 ragazzini.

A che età si smette di giocare?

Negli juniores. Già al secondo anno da allievo, magari nella seconda parte di stagione, inizi a fargli capire che dall’anno dopo dovrà essere uno sport seguito dal lunedì alla domenica. Non si può trascurare nulla, soprattutto ora che le squadre vanno a cercare i talenti proprio fra gli juniores. Arrivano i procuratori, anche fra i più giovani, perché chi bussa prima, meglio alloggia. Però io sono del parere che va bene avere il procuratore, ma da junior mi sembrano troppo piccoli. Anche perché se vai male, la squadra non te la trovano. Se invece vinci, è la squadra che viene da te.

Dopo la preparazione in Lombardia, la squadra è volata in Sicilia
Dopo la preparazione in Lombardia, la squadra è volata in Sicilia
Parli con loro di queste cose?

Assolutamente! A qualcuno dei miei hanno già bussato. Ne abbiamo parlato, però per me è essenziale scegliere bene, perché ti vai vincolare con una persona o con un con un’azienda ed è bene farlo con consapevolezza

E’ facile tenere a bada i genitori?

Più che per l’organizzazione di allenamenti e le gare, il problema c’è appena il ragazzino diventa competitivo. A quel punto il genitore percepisce che suo figlio è un campione, vorrebbe che tutti gli altri sparissero e che l’attenzione fosse solo per suo figlio. Non funziona così. E’ un grosso problema perché devi far capire al genitore che è importante chi vince, ma è importante anche chi ancora non ci riesce. Perché ora si può anche non vincere, ma domani non si sa. Perciò meritano tutti la stessa attenzione.

In questa foto degli esordienti su Facebook, il presidente Rocco D’Aprile, a destra in seconda fila
In questa foto degli esordienti su Facebook, il presidente Rocco D’Aprile, a destra in seconda fila
Chi paga i conti?

La squadra è ben gestita, il presidente ha le spalle larghe! Quest’anno hanno ultimato la nuova sede. Sopra ci sono gli uffici dell’azienda e sotto ci sono 300 metri quadri dedicati alla squadra. Fortunatamente siamo in mani buone. Appassionati come lui dovrebbero durare in eterno, ma ne sono rimasti pochi. Si chiama Rocco D’Aprile. Viene anche lui dal Sud e ha un’azienda edilizia. Sono trent’anni che segue la squadra.

Come mai da ieri siete in Sicilia?

Siamo in ritiro per una settimana nella zona di Ragusa, praticamente nello stesso paese in cui sono nato, grazie a una squadra, l’Equipe Sicilia Multicar Amarù, che ci ospita nell’appartamento che usano per i loro mini ritiri. Vorrei fare un’affiliazione con loro per dare la possibilità anche i ragazzi di qui, dove la situazione è un po’ più critica di quella che abbiamo noi su, di venire quando vogliono correre al Nord. E noi possiamo essere invitati da loro per correre o se c’è da fare dei ritiri.

Napolitano gestisce Integra.Store, negozio di integratori e abbigliamento sul Lago Maggiore
Napolitano gestisce Integra.Store, negozio di integratori e abbigliamento sul Lago Maggiore
Non sono tanti gli ex pro’ che ci provano…

Ci vorrebbe davvero un nuova generazione di tecnici per seguire le categorie giovanili. Hai più possibilità nel momento che a seguire i giovani hai delle persone più competenti che capiscono le vere esigenze di un ragazzino. Altrimenti si resta fermi alla ripicca del direttore sportivo un po’ anzianotto che non ha più la pazienza di accettare certe cose. Due parole dette male e tante volte si smette anche per cose di poco conto. E non credo che possiamo più permetterci di perdere altri ragazzi…

Tre campioni con Vittoria sul cambio ruote del Polonia

18.08.2021
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In ogni gara c’è sempre una squadra in più di quelle regolarmente iscritte: è quella del cambio ruote. L’assistenza neutra al Tour de Pologne era affidata a Vittoria, presente con un team di nove persone distribuito su tre auto e due moto: al volante ci sono gli ex professionisti Francesco Chicchi, Danilo Napolitano e Mario Manzoni assieme agli altri meccanici Fabio Alberti, Massimo Cisotto, Edoardo Fedre, Davide Tombini, Marino Vallarino e la ventitreenne Gloria Manzoni (più volte medagliata su pista da junior), responsabile della logistica.

La loro missione è quella di essere pronti alla necessità che richiede la corsa, anzi a quella del corridore in caso di emergenza. Foratura, guasto meccanico, caduta: loro devono esserci quando l’ammiraglia non può raggiungere un proprio atleta.

Le carriere di Chicchi, Napolitano e Manzoni – che assieme vantano più di 80 vittorie totali tra i professionisti – le conosciamo bene, però come se la cavano con l’assistenza ai loro ex colleghi? Abbiamo provato ad approfondire l’argomento con tutta la squadra, già schierata sul viale dello stadio del Gornik Zabrze per la partenza della settima ed ultima tappa del Polonia.

Ecco la squadra (quasi) completa di Vittoria al Tour de Pologne
Ecco la squadra (quasi) completa di Vittoria al Tour de Pologne
Da quanto tempo siete al cambio-ruote?

Chicchi: «Per me questa è la quarta stagione».

Napolitano: «Io ho iniziato nel 2018, l’anno dopo che ho smesso di correre. Anch’io quindi sono al quarto anno».

Manzoni: «Per me invece è il primo».

Voi che siete stati professionisti per tanti anni pensate di avere un colpo d’occhio migliore rispetto al meccanico tradizionale nel svolgere le mansioni in gara?

Napolitano: «Un po’ di intuito ce l’hai perché ci sei stato dentro e penso che il colpo d’occhio di dove metterti al momento giusto sicuramente ci sia».

Chicchi: «Sono d’accordo con Danilo, indubbiamente essere stati in gruppo fino a poco tempo fa aiuta. Riesci a prevedere se uno si sfila, alza la mano perché ha bisogno e quindi dici al tuo meccanico di stare in campana perché magari c’è bisogno di intervenire».

Manzoni: «Va detto poi che essendo con più mezzi ci dividiamo i compiti. Seguiamo alcuni settori di corsa e può capitare a volte che fai numero, altre che diventi essenziale».  

Fate riunioni pre e post gara fra di voi?

Manzoni: «Sì, lo decidiamo sempre la sera prima chi segue la corsa davanti con la prima e seconda ammiraglia, insieme alle moto, mentre la terza sta dietro a coprire il gruppo. Sappiamo quali sono i nostri ruoli».

Durante questi briefing vi date dei consigli?

Manzoni: «In gara via radio lo facciamo costantemente e ci sistemiamo. Naturalmente servono sempre i confronti costruttivi».

Chicchi: «In realtà no, perché ognuno di noi sa cosa deve fare. Ma è chiaro che se dovesse esserci un problema, la sera ci confrontiamo».

E’ capitato che qualcuno, tra corridori, direttori sportivi o organizzatori, si lamentasse per qualcosa?

Napolitano: «Fortunatamente no in questi miei quattro anni. Quando ti trovi con delle persone che lo fanno o l’hanno fatto di mestiere e sei in giro per settimane, penso che le lamentele vengano meno di quello che uno può pensare».

Chicchi: «Anch’io non ho mai ricevuto lamentele».

Manzoni: «Per evitare queste situazioni è importante avere un meccanico veloce ed un autista altrettanto svelto che sappia già dove mettersi».

Ora siete dall’altra parte della barricata, come cambia il vostro punto di vista sul cambio ruote rispetto a quando eravate corridori?

Napolitano: «A me tante volte capitava che mi desse una mano. Essendo velocista in certe gare, soprattutto quelle di un giorno, avevamo solo una ammiraglia della squadra e quindi l’assistenza mi aiutava con le borracce. Inveito contro un cambio ruote lento quando correvo? No, sono sempre stato buono, sono gli altri che mi vedono cattivo (ride, ndr)».

Chicchi: «Quando correvo non avevo particolare velocità per ripartire, anche se ci metteva 30 secondi in più non era un problema (ride anche lui, ndr). Battute a parte, per quello che mi riguarda ora vedo da vicino anche gli scalatori, che da pro’ non mi era mai successo. Poi ci può stare ogni tanto che quando il meccanico scende, visto che abbiamo set di ruote differenti, possa metterci quei dieci secondi in più del normale».

Manzoni: «Diciamo che fa parte anche del carattere di ognuno, ma se c’è da chiarirsi, si fa il giorno dopo, non durante la corsa. Mi sento di aggiungere, riprendendo quello che diceva Francesco, che una volta si cambiava la ruota e si andava, mentre adesso invece tra freni a disco e tradizionali le modalità sono totalmente diverse».

In effetti avete tanti tipi di bici sopra la vostra ammiraglia. Diversi i freni, diverse le pedivelle, diverse misure, diversi gruppi. Vi fate una lista di tutti i corridori che montano i vari materiali?

Manzoni: «Esatto, poi il meccanico in moto via radio trasmette i gruppi dei corridori in fuga».

Chicchi: «E a quel punto organizziamo le macchine che sono lì davanti, in modo che sappiano già in caso di necessità il materiale che serve».

La moto segnala alle auto la composizione della fuga e le dotazioni dei corridori
La moto segnala alle auto la composizione della fuga e le dotazioni dei corridori
Bisogna essere anche un po’ psicologi o motivatori quando un ragazzo fora, cade o ha un guasto e dovete farlo ripartire?

Napolitano: «Direi di no, tante volte il corridore stesso se cade cerca di rialzarsi e ripartire velocemente senza troppe storie, a meno che non si sia fatto male veramente».

Manzoni: «Non saprei, l’importante è non abbandonarlo perché in quei casi non è molto piacevole quando un corridore sente che dietro di sé non c’è l’ammiraglia o il cambio ruote».

C’è stato in questi anni un aneddoto particolare col cambio ruote?

Manzoni: «Ho iniziato da troppo poco tempo, per fortuna finora solo cose belle».

Napolitano: «Anch’io nulla di strano».

Chicchi: «Per quello che mi riguarda ho avuto una bruttissima esperienza agli europei di Glasgow nel 2018. Il meccanico che avevo allora andò nel panico e non riuscì a cambiare la ruota posteriore. C’era già il freno a disco, ma non c’era ancora l’avvitatore elettrico per il perno passante. Quindi non riusciva a trovare la chiave a brugola giusta e restammo fermi quasi 40 secondi. E’ stato l’episodio più brutto».