I pericoli del nuovo ciclismo. Le proposte di Hansen

14.04.2024
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L’impatto mediatico generato dalla terribile caduta all’Itzulia Basque Country, con Vingegaard, Evenepoel e Roglic fuori causa per chissà quanto tempo ha riproposto il tema della sicurezza nelle corse ciclistiche a livelli inusuali. Sembra di essere tornati indietro nel tempo di tanti anni, quando nella Formula 1, dopo la scomparsa di Ayrton Senna, sin parlava solo di come rendere le monoposto più sicure. I progressi in quel campo sono stati evidenti e hanno avuto un ricasco anche nelle auto di tutti i giorni. Per le bici tutto sembra però più difficile.

La terribile scena dei corridori a terra all’Itzulia Basque Country. Vingegaard, a sinistra, è esanime
La terribile scena dei corridori a terra all’Itzulia Basque Country. Vingegaard, a sinistra, è esanime

Da più parti sono arrivate proposte legate soprattutto alla diversa regolamentazione delle corse e della loro organizzazione. Proposte arrivate anche dai corridori stessi. Al presidente della loro Associazione, l’australiano Adam Hansen da poco eletto, abbiamo quindi sottoposto una serie di domande per capire come i principali protagonisti dell’attività possono porsi di fronte a un problema che coinvolge tutto il futuro dello sport stesso.

Rispetto a quando correvi tu, noti che l’attività è più pericolosa e perché?

Non penso che sia più pericolosa. Penso che ci sia la stessa quantità di incidenti. Tuttavia, oggi ci sono attrezzature e pneumatici più veloci, bici più dinamiche e i ciclisti consumano più carboidrati che mai, quindi hanno molta più energia extra. Quindi stanno andando più veloci per questo motivo. Ma ci sono sempre stati incidenti gravi, i dati dicono che la quantità è la stessa.

Evenepoel e Vingegaard davanti al gruppo all’Itzulia Basque Country, corsa maledetta per loro
Evenepoel edavanti al gruppo all’Itzulia Basque Country, corsa per lui maledetta
I ciclisti vanno molto più veloci, soprattutto in discesa: vedendo cadute come quella di Evenepoel qualche anno fa al Lombardia o quella terribile dell’Itzulia Basque Country, non pensi che gli organizzatori dovrebbero rivedere i propri percorsi, magari adeguandoli con protezioni come nella downhill di mtb?

E’ interessante. Ma di difficile attuazione, se pensiamo che ci sono gare come in Francia dove i chilometri di discesa sono tanti. Come fai a proteggere tutta la strada? Qualcosa però per i punti nevralgici, come quello dove il gruppo si è schiantato va pensato. Ma è sempre difficile farlo dopo. Gli organizzatori avevano messo segnali per avvertire della pericolosità di quella curva, del fatto che era molto stretta. L’indicazione c’era, non è stata colta. Se si guarda il video al rallentatore, in realtà i primi due corridori sono passati, il terzo ha sbagliato e gli altri sono andati dietro. E’ stata una reazione a catena e gli altri sono caduti con lui. A quel punto era difficile prendere la curva, Evenepoel non aveva più margine ed è caduto. Io vedo che gli organizzatori stanno facendo molto adesso per proteggere il più possibile, ma penso che sia molto più difficile. Penso che ognuno dovrebbe semplicemente assumersi la responsabilità quando sbaglia.

Van Aert, caduto alla Dwars door Vlaanderen, dovrà saltare il Giro d’Italia
Van Aert, caduto alla Dwars door Vlaanderen, dovrà saltare il Giro d’Italia
Oliver Naesen ha recentemente proposto di riprendere il sistema di penalizzazioni del calcio, con cartellini gialli e rossi per i corridori: è un sistema che ti piace?

Non è un’idea nuovissima. In realtà, l’abbiamo valutata l’anno scorso e ne abbiamo discusso nell’Associazione. Quest’anno lanceremo questa iniziativa con una fase di prova. Abbiamo lavorato parecchio su questo, come anche sulle proposte di chicane in alcuni punti.

A tal proposito molti, sentendo questa idea, hanno detto che così si svilisce la tradizione del ciclismo: che cosa rispondi?

Qui il problema è la velocità. E’ questa che ha causato i brutti incidenti. Ho proposto la chicane perché entrare nella foresta di Arenberg a gran velocità è molto pericoloso, volevamo che i corridori rallentassero. C’è stato un grande polverone mediatico riguardo alla chicane che rallentava la velocità del ciclismo e distruggeva lo sport. Ma dobbiamo guardare oltre, al ciclismo nel nuovo secolo, con nuovi mezzi, prendendo le giuste contromisure. Le chicane sono la cosa che rende i ciclisti più lenti. E anche se alla gente Arenberg non è piaciuto, ha funzionato. Nessuno è caduto andando ad Arenberg e penso che sia stata una delle prime volte in cui ho visto che non c’è stato un solo incidente. Quindi le chicane funzionano e abbiamo bisogno che alcune cose come questa siano messe in atto per rallentare la velocità.

La chicane all’entrata per Arenberg, contestata da molti puristi del ciclismo
La chicane all’entrata per Arenberg, contestata da molti puristi del ciclismo
Non pensi che questa continua ricerca della velocità vada poi a scapito del puro talento del corridore, portando il ciclismo a essere un po’ come la formula uno, chi ha il mezzo migliore vince?

Forse un po’, ma penso che siano sempre le gambe che contano alla fine. Penso che ci siano differenze nelle bici, ma c’è una differenza più grande che è data dal talento di ognuno, dalla sua preparazione, dalla sua inventiva. L’innovazione fa parte dello sport, penso che sia molto buona. Lo mantiene bello e attivo, il pubblico si entusiasma per i nuovi prodotti. Ma dobbiamo controllare l’aspetto della sicurezza. E’ proprio quello in cui credo.

Perdere nello stesso periodo Van Aert, Evenepoel, Roglic e Vingegaard sta penalizzando l’immagine del ciclismo?

Non credo. E’ triste perdere tanti campioni in poco tempo, ma chi c’è fa spettacolo. Le imprese di Van Der Poel, la sua incredibile performance a Roubaix restano lì, nella storia a prescindere da chi c’era. Tutti vorrebbero vederlo vincere con 1 centimetro su Van Aert e viceversa. Quando manca un campione è sempre un peccato. Il brutto spettacolo è stato quello in Spagna, quel caos simile a una zona di guerra. Non è una buona immagine per lo sport. Non spinge i genitori a incoraggiare i propri figli a correre in bicicletta. Questo è ciò che dobbiamo ricordare e che deve spingerci a cambiare.

Contratti, cartellini, sicurezza: Hansen, il capo dei corridori

09.04.2023
7 min
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Alla vigilia della Sanremo, Adam Hansen è diventato il nuovo presidente del CPA, raccogliendo il testimone da Gianni Bugno. Australiano di Cairns, 41 anni, Adam vive in Repubbica Ceca ed è stato pro’ dal 2003 al 2020. Suo il record di partecipazione ininterrotta ai grandi Giri: 20 partecipazioni dalla Vuelta 2011 al Giro 2018. Gli abbiamo dato qualche settimana per ambientarsi, poi ci siamo presentati con le nostre domande. Che cosa fa il neo-eletto presidente mondiale dei corridori?

«Ci sono tanti argomenti – sorride Hansen – e soprattutto diversi. Non voglio chiamarli problemi, ma istanze che hanno tutti i corridori e che dobbiamo esaminare nei vari settori. Per cui ad esempio ci sarà un incontro con le donne per capire quali esigenze abbiano e le condizioni in cui lavorano. Si tratterà di discutere con gli organizzatori sulle transenne, la sicurezza e su ciò che gli piacerebbe fare…».

Audrey Cordon Ragot ha rotto il contratto con la Zaaf denunciando di non aver preso stipendi da gennaio
Audrey Cordon Ragot ha rotto il contratto con la Zaaf denunciando di non aver preso stipendi da gennaio
Tante materie diverse…

Abbiamo avuto un incontro sui dati sensibili dei corridori e chi li controlla, dato che le leggi dell’Unione Europea sono molto diverse dal resto del mondo. Questo aspetto deve essere implementato. E poi dobbiamo fare anche l’Accordo Congiunto, cioè il contratto collettivo tra i corridori e le squadre, che deve essere approvato dall’UCI. Ogni team WorldTour e anche professional deve aderirvi, ma dobbiamo assicurarci che sia scritto molto bene, affinché protegga i corridori ad esempio sul fronte assicurativo. Dobbiamo assicurarci che le condizioni siano tutte in regola per lo svolgimento della professione. Sono davvero argomenti diversi.

Hai parlato di sicurezza: cosa pensi della maxi caduta del Fiandre?

In uno degli ultimi incontri, ironia della sorte, abbiamo parlato di qualcosa del genere prima che la caduta accadesse. Abbiamo detto che vorremmo un sistema di cartellini rossi e gialli, proprio come nel calcio. Se un corridore si comporta in modo inappropriato, riceve un cartellino giallo o rosso a seconda di ciò che ha fatto. Ne abbiamo bisogno per alcuni motivi. E’ normale che i corridori passino sempre sul lato della strada e cerchino di guadagnare terreno. Lungo quella strada c’erano un’area di parcheggio e un sentiero pedonale. Maciejuk ha avuto la sfortuna si trovare erba e acqua e ha perso il controllo della bici. Non era sua intenzione fare questo. Ho potuto vedere la situazione. Non è stato l’unico che lo abbia fatto, ma l’unico che ha pagato per le condizioni di quel tratto di strada.

Ecco la caduta del Fiandre, provocata dalla manovra incauta del corridore della Bahrain Victorious
Ecco la caduta del Fiandre, provocata dalla manovra incauta del corridore della Bahrain Victorious
Come lo gestiresti?

Dovrebbe ricevere uno di questi cartellini, giallo o rosso. Il sistema non deve servire solo a punirlo per le sue azioni. Abbiamo bisogno di qualcosa per cui i corridori siano consapevoli che se fanno qualcosa, verranno puniti, perché attualmente un sistema non c’è. Il senso non è punire lui per proteggere gli altri ciclisti. Però si potrebbe pensare di squalificare il corridore per la successiva gara WorldTour. Se qualcosa del genere fosse messo in atto, allora si penserebbe due volte prima di fare certe azioni.

E’ stato sfortunato o ha esagerato?

Il ciclismo non è come la Formula Uno, in cui il mondo sta fuori dalla pista e i piloti possono fare quello che vogliono. Il ciclismo si corre sulle strade, puoi trovarti un tifoso sulla strada. Il settore di percorso su cui sono passati non era proprio un tratto pulito, era una corsia per il parcheggio. Normalmente sulle strade ci sono due corsie e delle corsie pedonali, ma quel tratto aveva un fondo differente.

In che modo i cartellini eviterebbero una caduta così?

Porterebbero regole più chiare. Si può arrivare a stabilire che si può correre solo sulla strada e basta. E se vai fuori strada riceverai un cartellino. Per un incidente come quello del Fiandre, potrebbe essere un rosso. Puoi finire nella corsia del parcheggio perché un’oscillazione del gruppo ti spinge da quella parte: in questo caso non devi essere penalizzato. Se invece lo spostamento è fatto di proposito per trarne vantaggio, allora potrebbe esserci una penalizzazione. Ma prima di ogni cosa, mi piacerebbe chiedere ai corridori cosa ne pensano.

Al Giro del 2020, Adam Hansen è con Mauro Vegni, cercando di chiarire lo sciopero di Morbegno dovuto alla pioggia
Al Giro del 2020, Adam Hansen è con Mauro Vegni, cercando di chiarire lo sciopero di Morbegno dovuto alla pioggia
In che modo parli con loro?

Questo fine settimana sono stato a tre corse e ho iniziato a distribuire un piccolo sondaggio ai corridori, chiedendo loro di rispondere a una serie di domande. Questa è una di quelle. Inoltre vorrei avere il loro punto di vista, perché sono cose che fanno tutti: lo aveva fatto anche Tim Wellens prima della caduta. Bene, in alcune situazioni non è un problema. Spero però che tutti i ciclisti capiscano che dobbiamo avere un qualche tipo di regola, in modo che non aumentino i comportamenti stupidi. Al momento invece la situazione è che chiunque può fare quello che vuole e nessuno ha paura. Questa volta lo hanno visto tutti in televisione, altre volte nessuno ha visto niente e il responsabile è passato inosservato.

Sapere che ci sono sanzioni a cosa serve?

Se i ciclisti sono consapevoli della possibilità di essere presi, forse le cose cambiano. Oggi non c’è assolutamente alcuna regola, quindi non ci pensano due volte. Lo fanno e basta, vanno davanti a tutti i costi. Però forse se c’è qualche tipo di penalizzazione e ci tengono a correre la prossima gara, forse prima di muoversi aspettano fino a quando la strada diventa più ampia e non corrono il rischio.

Sagan ha detto che lo stress in corsa è aumentato a causa di Velo Viewer e delle tante comunicazioni radio: cosa ne pensi?

E’ davvero una domanda difficile. L’uso delle radio è importante soprattutto per un fatto di sicurezza, per segnalare ad esempio che sta sopraggiungendo un’ambulanza nel senso opposto. Si chiama direttamente radiocorsa e i corridori possono spostarsi. E’ vero però che i direttori sportivi conoscono tutte le situazioni pericolose e ugualmente spingono i corridori a essere nella parte anteriore e questo provoca più stress. Ma succedeva anche quando correvo io, prima di VeloViewer. Le squadre migliori mandavano un’ammiraglia davanti perché avvisasse i corridori dei vari pericoli. Quindi non incolperei VeloViewer per questo, perché il fenomeno è parte di questo sport.

Il tempo di denunciare lo stress e l’eccesso di cadute e Sagan ha chiuso il suo ultimo Fiandre con un ritiro
Il tempo di denunciare lo stress e l’eccesso di cadute e Sagan ha chiuso il suo ultimo Fiandre con un ritiro
Lo chiederai al gruppo?

Mi piacerebbe parlarne con loro e vedere cosa ne pensano. Se la maggior parte di loro è davvero contro questo o contro le radio, affrontiamo il problema, perché alla fine io faccio quello che dicono loro. Molto dipende anche dall’uso che si fa di certi dispositivi. Quando ancora correvo, c’erano alcuni corridori che si toglievano la radio, perché volevano solo correre in pace. Invece ce ne sono altri che la portano sempre. Il fatto è che non potrai mai controllare che i team non abusino della radio.

L’aumento della pressione dipende dall’uso sbagliato delle radio o dall’agonismo?

E’ una buona domanda che potrei aggiungere al questionario. Non chiederò più se gli piace avere le radio o non averle, ma vorrei capire se dal loro uso derivi troppa pressione o cosa succede se non ascoltano tutte le chiamate

Per il tuo nuovo ruolo, farai nella maggior parte delle gare che puoi o come lavorerai?

Così venerdì sono stato ai Paesi Baschi e ho parlato con un po’ di corridori. Alla Milano-Sanremo, sono salito su sei pullman. Purtroppo siamo arrivati un po’ tardi per un problema con gli accrediti, ma sono stato in grado di parlare con tutti i ciclisti delle sei squadre. I corridori si stavano preparando, qualcuno prendeva il caffè, qualcuno metteva in tasca i rifornimenti, altri si vestivano. Non dovevano andare da nessuna parte, così hanno potuto ascoltarmi e io mi sono messo a disposizione. Vuoi parlare? Parliamo. 

Un modo molto pratico di gestire i rapporti.

Voglio essere molto più efficiente nella mia comunicazione quando sono alle gare. Dopo i Baschi sono venuto alla Parigi-Roubaix e ieri ho visto anche la gara delle donne. Vorrei vedere più corridori possibili e per questo girerò. Non serve stare due settimane, perché vedrei sempre gli stessi corridori. Voglio vederne tanti, ma tutti diversi fra loro.

Stefano Oldani, Giro d'Italia 2020

Oldani, la prima volta e quella chat…

27.10.2020
3 min
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Stefano Oldani è un libro da sfogliare. Il milanese di 22 anni, che dal 2020 corre con la Lotto Soudal, ha appena concluso il primo Giro d’Italia e nel momento in cui gli abbiamo chiesto come si sentisse, se fosse contento di tornare a casa, ha risposto con un candore illuminante.

«Sono contento perché sono riuscito a finirlo – ha detto – ma ho un po’ di malinconia perché dopo così tanto tempo con i compagni e il personale della squadra, andare via e pensare di non vederli per qualche mese è un po’ triste».

Stefano si è prima messo in luce con il Team Colpak, poi è passato alla Polartec-Kometa e al Giro di Val d’Aosta del 2019, dopo un secondo posto di tappa, assieme al suo procuratore Manuel Quinziato, ha scelto di firmare per la squadra belga che più delle altre si è fatta avanti con decisione. Oltre a parlarci di sé, tuttavia, Stefano racconterà un dettaglio molto interessante (e inedito) sullo sciopero di Morbegno: lettura da consigliare ai vertici di Rcs e a coloro che hanno sostenuto di aver saputo delle richieste dei corridori soltanto all’ultimo momento.

Stefano Oldani, Giro d'Italia 2020
In fuga a San Daniele del Friuli: primo Giro condotto con un buon piglio
Stefano Oldani, Giro d'Italia 2020
In fuga verso San Daniele del Friuli
Come è stato il primo Giro?

Me lo aspettavo duro, ma in alcune fasi è stato oltre ogni immaginazione. Lo Stelvio è stato una dura prova fisicamente e mentalmente. Più di testa che di gambe, perché ho passato la giornata nel gruppetto e davvero non passava più. E quando siamo arrivati ai piedi della montagna, eravamo già tutti stanchi. In più, due giorni prima ero stato in fuga, e avevo addosso ancora quella fatica.

Qual era il tuo obiettivo?

Finirlo, che per un neopro’ non è scontato. Sapevamo di non avere un leader, quindi potevamo giocare le nostre carte. Io mi sono buttato in qualche sprint, ho centrato due piazzamenti nei dieci e alla fine sono soddisfatto. Qualche dubbio di arrivare in fondo l’avevo, ma ero preparato a fare fatica e non riuscivo a immaginare di ritirarmi.

Come ti sei trovato in gruppo?

Bene, ho parlato con tutti e intanto marcavo a uomo Guarnieri per non andare fuori tempo massimo. Dove c’era Jacopo, c’ero io e stavo tranquillo,

E’ vero in primavera ti sei allenato spesso con Bennati?

Confermo. La mia ragazza si chiama Lavinia e abita dalle stesse parti, così mi è capitato di allenarmi con lui. Lo avevo conosciuto in Spagna, nella stessa corsa in cui cadde e si fece male alla schiena. Gli ho chiesto consigli, è diventato un punto di riferimento cui rubare i segreti del mestiere. Ci sentiamo spesso. La dritta più importante è stata quella di trovare il mio equilibrio. «Non impazzire dietro alle diete e alle preparazioni strane – mi ha detto – come accadde a me prima di un Tour, in cui ero magrissimo ma non avevo forza. In bici devi stare bene, altrimenti non rendi». E io vivo così, vado avanti a sensazioni e non peso il cibo.

Il Giro ti ha detto che corridore sarai?

Sapevo di essere abbastanza veloce, ora ho capito che me la cavo anche in salita. Per cui, quando avrò la forza necessaria, potrò giocarmi le classiche dure che magari si chiudono in volata.

Sei nella Lotto, la squadra additata per aver scatenato lo sciopero di Morbegno. Come è andata?

Sapevo poco. Da diversi giorni, sulla chat del Cpa i ragazzi dicevano di voler accorciare la tappa. Lo so bene perché ero in camera con Adam Hansen, che è il rappresentante dei corridori nel Cpa. Lo chiamavano da giorni, non so se abbiano avvertito prima Rcs, ma a quanto ho capito nessuno ha mosso un dito.

E poi?

E poi… volete ridere? Hansen quel giorno voleva andare in fuga, ce lo diceva da una settimana, perché sarebbe piovuto e a lui piace la pioggia. Così siamo andati alla partenza ed eravamo allineati in venti, ma all’improvviso Adam è stato chiamato ed è dovuto andare a parlare con Vegni per il ruolo che riveste. Mi dispiace per lui, ha dovuto farlo, ma avrebbe preferito andare in fuga.

I vertici del Cpa sono nella chat, quindi sapevano cosa si scriveva da giorni?

Immagino di sì.

Chiudiamo questa porta: cosa farai quest’inverno?

Bisognerà vedere le chiusure Covid. Non avrei fatto vacanze, preferisco starmene a casa. E per fortuna Lavinia è venuta su, quindi alla peggio resterà mia prigioniera a casa mia, a Busto Garolfo, in Lombardia.