Lutsenko riprende da dove aveva lasciato: sterrato e vittoria

15.02.2022
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Come aveva chiuso, ha riaperto. Lo stesso terreno che aveva lasciato, Alexey Lutsenko l’ha ritrovato. Il kazako vince la prima edizione della Clásica Jaén Paraiso Interior, nuova corsa andalusa con gli sterrati. Oltre confine l’hanno già ribattezzata la Strade Bianche di Spagna.

Una grande cavalcata tra gli uliveti più grandi della penisola iberica. Da queste immense coltivazioni arriva quasi il 30 per cento dell’olio spagnolo. Tante colline, molti strappi, un bel po’ di vento…

Clásica Jaén Paraiso Interior: una nuova corsa nella regione andalusa della Spagna
Clásica Jaén Paraiso Interior: una nuova corsa nella regione andalusa della Spagna

Assolo da paura

Lutsenko era al debutto stagionale. Il kazako si era ben preparato durante l’inverno. Ma forse neanche lui si aspettava di andare così forte alla prima apparizione. Con il diesse Stefano Zanini riviviamo la sua corsa.

«E dire – racconta Zazà – che non era partita benissimo. Anzi, direi proprio un inizio bello sfigato. Presto abbiamo perso Davide Martinelli e altri ragazzi. Solo Miguel Angel Lopez e Lutsenko sono riusciti a ripartire subito. E poco dopo Grudzev, è stato l’unico a riagganciarsi a loro due. Poi la corsa si è un po’ stabilizzata.

«Ad un certo punto, su un tratto in sterrato sono rimasti in 14 al comando e il drappello si è spezzato. Lutsenko si è ritrovato davanti e se ne è andato. Presto. Troppo presto! Mancavano quasi 60 chilometri alla fine. Poi è stato ripreso. Ed è ripartito nuovamente… Aveva la gamba che gli scappava!».

L’uomo gravel

Due indizi non fanno ancora una prova… ma quasi. Lutsenko aveva vinto, anzi dominato, la Serenissima Gravel, la sua ultima gara del 2021. E ha ripreso vincendo la Clásica Jaén Paraiso Interior. Di certo meno tecnica, ma pur sempre con 30 chilometri di sterrato. E’ un format che piace particolarmente al kazako? E perché?

«Mah – spiega Zanini – Alexey approccia questo genere di gare come le altre, ma forse riesce a dare qualcosa in più. Gli piacciono. Ma di base le vince perché è forte e va forte. Alexey uomo gravel? Per adesso possiamo dire di sì! In ogni caso il programma resta lo stesso, non andremo alla ricerca di gare gravel o con sterrato. La sua prossima corsa sarà la Ruta del Sol, come da programma».

L’anno della svolta

Che ci punti o no, Lutsenko si candida ad essere uno dei favoriti della Strade Bianche. Tanto più che la corsa spagnola era a dir poco impegnativa: 187 chilometri e quasi 3.000 metri di dislivello, numeri più che confrontabili con la gara senese. Per vincere quindi devi stare bene. E tanto. Specialmente se sei protagonista di assoli così importanti.

Lutsenko è un campione vero. Non si vince per caso un mondiale U23. Da quando è passato pro’ è sempre andato in crescendo, ma non ha mai dominato. Questo potrebbe essere l’anno della svolta.

«Ormai Lutsenko è un professionista vero – dice Zanini – Ha l’età (29 anni, ndr) giusta per fare le cose fatte bene e deve sfruttare questi anni per vincere. Adesso sa arrivare pronto alle gare. Lo abbiamo visto anche oggi, al debutto stagionale. Significa che ha lavorato bene. E ha vinto perché era pronto. Ha vinto perché era davvero dura».

«E poi si sa gestire. Non ha paura. L’attacco di oggi forse è avvenuto presto, ma poi ha controllato alla grande. Anche dopo che è stato ripreso. Tanto più che noi, Giuseppe Martinelli ed io, in ammiraglia non siamo potuti andargli subito dietro. Siamo arrivati su di lui solo ai 15 chilometri dall’arrivo. Per radio gli davamo i distacchi e qualche indicazione sulle curve. Ma per alimentazione e tutto il resto ha fatto da sé».

Il podio finale con Lutsenko, Tim Wellens e Loic Vliegen. Tutti si sono dichiarati stremati al termine della gara
Il podio finale con Lutsenko, Tim Wellens e Loic Vliegen

Sterrato… Filante

L’Astana Qazaqstan Team corre con bici Wilier. Lo scorso autunno in Veneto avevano sfoggiato la nuovissima gravel Rave Slr, e Lutsenko aveva dominato la Serenissima con quella bici. Ieri invece aveva la Wilier Filante.

«Sì, bici normale – conclude Zanini – alla fine i chilometri di sterrato non erano tantissimi e il fondo era molto compatto. C’erano dei sassi e delle ondulazioni dove passavano i trattori, ma in generale erano sterrati veloci. In più il settore finale, quello che si faceva tre volte, lo avevamo visionato in ricognizione. Quindi eravamo abbastanza preparati. Le coperture? Tubolari da 26 millimetri, gonfiati a 6,8 bar all’anteriore e a 7 bar al posteriore».