Fluidità, strategia, setup: “Piraz” promuove Nibali biker

29.10.2022
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Non si è ancora placata l’eco dell’esperienza di Vincenzo Nibali alla Capoliveri Legend Cup. Lo Squalo ha preso il via in una delle marathon più belle, suggestive e soprattutto tecniche del mondo. E’ stato un vero debutto di fuoco. Un debutto che Mirko Pirazzoli, grande ex biker agonista e oggi tecnico, ha seguito da dentro.

“Il Piraz”, che certo non ha problemi di manico, commentava in diretta la gara in sella ad una e-Bike. E non era la prima volta che lo faceva. Così gli abbiamo chiesto un giudizio sul Nibali biker e lui ha individuato tre “punti cardine”: fluidità nella guida, una grande lucidità tattica e una buona preparazione tecnica.

Fludità

«Prima di tutto – dice Pirazzoli – trovo bellissimo vedere un campione come lui mettersi in gioco e farlo con tanto entusiasmo. Vincenzo ha grandi margini e se davvero lo vorrà, gli basteranno pochi mesi per lasciare il segno anche in mtb.

«La cosa che mi ha colpito nel vederlo in azione, non è stata tanto la guida in discesa, ma la sua fluidità nel complesso. Fluidità nella guida e nello stare nel gruppo di testa alla prima esperienza internazionale. Nonostante il gruppo di alto livello, Vincenzo si è sentito a proprio agio.

«La vera differenza, ed è forse questo l’aspetto tecnico che più mi ha rapito, è stata la sua pedalata. Un pedalata rotonda che nessun biker ha. E per pedalata rotonda intendo efficiente. Un’andatura redditizia e sicura.

«Nelle discese larghe e veloci staccava il piede interno. Per un biker è quasi un veto: guai a staccare un piede dal pedale. E invece aiuta molto a bilanciarsi e a trovare il punto di corda. Pensate che nelle discese su ghiaia, Vincenzo ha anche provato ad attaccare! E’ successo a metà del primo giro. Mostrando una padronanza da veterano.

«Al tempo stesso però si percepiva un senso di “ansia” nel non aver esperienza. Io sono stato con lui all’interno della corsa e ho notato questo aspetto. Il fuoristrada a questo livello non è ancora nelle sue corde. Deve solo farne tanto e acquisirà quegli automatismi».

La strategia

Pirazzoli parla di una grande voglia di mettersi in gioco come fosse fosse un principiante, con grande umiltà. Ma al tempo stesso con lucidità e presa di coscienza del “problema”.

«A metà percorso – va avanti Pirazzoli – era lui che chiedeva a me dove fosse il rifornimento. Aveva capito che ne avrebbe avuto bisogno, che poteva andare in crisi. E quando senti che hai bisogno di bere e mangiare è troppo tardi, ma lui se ne è accorto con largo anticipo. Ha cercato di porre subito rimedio. Credo che poi si sia staccato per questo motivo». E questo lo aveva ammesso Vincenzo stesso a noi. 

Ma Nibali avrà pur fatto qualche errore. Pirazzoli fa fatica a trovarne.

«Non parlerei proprio di errori… nel suo caso. Alla vigilia mi ha confessato che aveva un po’ paura della prima discesa perché affrontarla in gruppo con la polvere significava non vedere bene dove mettere le ruote. E questo nel suo caso incide molto di più ed è realmente pericoloso. Pertanto non posso definirlo uno sbaglio.

«Per questo il fatto di aver staccato tutti all’inizio è stato giusto. In questo modo ha potuto affrontare la discesa davanti. Io gli avevo suggerito di mettersi su un lato e di lasciarsi sfilare. 

«Ma questa azione violenta all’inizio è stata la concausa che a metà corsa gli ha fatto pagare dazio. Un fuorigiri resta nelle gambe. E quando ha mollato, lo ha fatto su una salita con pendenze che da stradista non affronta. Senza contare che non aveva una biomeccanica ottimale per tali pendenze. Parliamo di oltre il 30%».

Un mtb full, con telescopico, gomme grandi, “salsicciotti”… Pirazzoli ha esaltato il setup scelto dal siciliano
Un mtb full, con telescopico, gomme grandi, “salsicciotti”… Pirazzoli ha esaltato il setup scelto dal siciliano

La tecnica

«Vincenzo – dice Pirazzoli – ha preparato la bici al meglio delle sue possibilità, delle informazioni raccolte e dei suggerimenti che gli sono arrivati dai più esperti del settore. Aveva dunque una bici pronta e al passo coi tempi per essere competitivo. E questo mi fa sorridere: ci sono dei biker pro’ che si ostinano a non sviluppare la bici secondo i componenti che oggi sono più performanti. Nibali invece aveva il telescopico, le gomme giuste e tanti altri dettagli moderni.

«Anche le scelte biomeccaniche erano relativamente azzeccate. Ha lavorato sulla posizione, anche se non ne ha ancora una di un biker di livello. Chiaramente ha usato degli angoli, con degli sviluppi biomeccanici ben prestabiliti. Non ha avuto il tempo per adattarsi. Ha fatto il meglio che poteva. Senza snaturare di punto in bianco la sua posizione su strada.

«Nibali ha “registrato” tutto, ne sono certo. Ha altri obiettivi come la Cape Epic. Se imparerà a gestire bene l’equilibrio in velocità a mio avviso potrà essere un atleta competitivo a livelli internazionali anche nella Mtb.

«Magari in questa prima partecipazione alla Cape, lui e il suo compagno, potranno posizionarsi tra la decima e ventesima coppia. Ma se Vincenzo ci si dedicherà veramente, in un paio d’anni potrà puntare alla classifica generale».

Uno Squalo in mtb. L’avventura di Vincenzo alla Capoliveri

23.10.2022
6 min
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Il giovedì sera di una settimana fa iniziava a girare la voce che Vincenzo Nibali fosse all’Elba. Due giorni dopo si sarebbe corsa la Capoliveri Legend Cup, una delle più belle, dure e tecniche marathon di mtb al mondo. 

Era prevedibile ritrovarsi lo Squalo, che aveva dato l’addio alle corse su strada al Giro di Lombardia, in una gara di mtb. Un po’ lo aveva detto e un po’ era nota la sua passione per la “ruote grasse”, ma non immaginavamo così presto.

La curiosità di saperne di più di questa avventura era troppa. Lo abbiamo intervistato e Nibali ha risposto con vero trasporto alle nostre (tante) domande.

Nibali con l’organizzatore Maurizio Melis alla vigilia della gara
Nibali con l’organizzatore Maurizio Melis alla vigilia della gara
Vincenzo, come è andata? Come è nata l’idea di partecipare alla Capoliveri Legend Cup?

Era da tanti anni che pensavo di fare una cosa così e finalmente si è presentata l’occasione. L’idea della Capoliveri è nata una sera, qualche mese fa, quando mi sono ritrovato in camera con Simone Velasco (per la cronaca Simone è elbano ed ex biker, ndr). Parlando, mi ha detto che gli sarebbe piaciuto farla.

Tu hai un certo feeling con la mtb…

D’inverno ci vado, ma nel corso della stagione capita poche volte. In Ticino esco spesso con Filippo Colombo (biker professionista svizzero, ndr) e Juri Zanotti: in discesa sono una roba allucinante. Loro fanno cross country e nelle marathon non sapevo bene che livello avrei trovato. Avrei voluto farla con Velasco, ma poi lui è stato convocato per la Veneto Classic.

E tu invece sei andato a Capoliveri…

Sono arrivato il venerdì con la famiglia, tra l’altro devo dire che Maurizio Melis e il suo staff mi hanno accolto alla grande. Ma non ero super preparato, pensate che ho corso con le scarpe nuove! Le avevo provate giusto una volta due giorni prima.

La Capoliveri Legend Cup è una marathon durissima e tecnica: 80 chilometri, 3.000 metri di dislivello e scenari pazzeschi
La Capoliveri Legend Cup è una marathon durissima e tecnica: 80 chilometri, 3.000 metri di dislivello e scenari pazzeschi
La Legend Cup poi è una delle più tecniche…

Come detto in Ticino un po’ ci sono abituato a certi percorsi. Lì ci sono dei single track dove ha girato anche Nino Schurter e più o meno sapevo a cosa sarei andato incontro. Alla vigilia poi ho incontrato Failli e Chiarini, due ex compagni di squadra e amici, che corrono da anni in mtb e anche loro mi ha dato qualche dritta.

E come è andata?

Il giorno prima ho provato un po’ il percorso e sinceramente con tutti quei bivi, quei cambi di direzione, quegli strappi… ero un po’ spaesato. Sembrava come la prima volta che si va a fare l’Amstel Gold Race!

Ci racconti la tua gara?

Sono partito forte, perché non volevo perdere il treno dei migliori e magari portarmi un po’ avanti per prendere in testa le prime discese. Ero curioso di vedere il livello dei migliori. In più non volevo prendere la polvere… un po’ perché sono inesperto e un po’ perché volevo vedere bene. Mi sono messo in terza, quarta posizione. E comunque c’erano tanti campioni di questa specialità: da Rabensteiner (tricolore in carica, ndr) a Paez. Fino a che non ci sono stati tratti tecnici ci stavo bene, poi chiaramente in alcuni settori ho sofferto un po’. Ma non tanto per questioni di guida, quanto per l’esperienza che non avevo e poi perché loro rispetto a me erano più forti nella parte alta del corpo. Il problema qual è stato: che in salita facevo fatica, ma anche in discesa facevo la stessa fatica! 

Una “bella” novità!

Per 90′ ho fatto 170 battiti medi! E infatti negli ultimi 20 chilometri sono andato in “bambola”. Avevo un paio di gel in tasca, che ho preso. Ho sfruttato un po’ di assistenza da parte della Cicli Taddei, tra l’altro ho rivisto “Nando” Casagrande e mi ha fatto piacere. Fatto sta che uno è abituato a fare 200-250 chilometri di gara e pensa: che vuoi che siano 80 chilometri. Invece sono state 4 ore sempre a “gas spalancato”. Tra l’altro l’avevo presa un po’ così. Non avevo fatto una colazione importante. Avevo preso un po’ di fette biscottate con la marmellata, invece ci serviva un bel piatto di pasta. L’ho presa con la “tigna” giusta, ma altrettanta leggerezza.

Lo Squalo a ruota di Jury Ragnoli in uno dei passaggi simbolo: il “Muro dei campioni” con punte al 35%
Lo Squalo a ruota di Jury Ragnoli in uno dei passaggi simbolo: il “Muro dei campioni” con punte al 35%
Come l’hai “preparata” Vincenzo?

Tra il Lombardia e la Capoliveri Legend sono uscito giusto un paio di volte per un paio d’ore, più che altro per mettere a punto la bici (una Wilier Urta Slr, ndr). Una volta addirittura avevo in tasca la pompa per la forcella.

Sapevamo che sei un meccanico e un tecnico eccellente su strada, anche con la mtb?

Sì, sì ho fatto tutti i setup da me. Ho sostituito anche un cuscinetto della forcella. Ho montato poi i “salsicciotti”: uno più grande dietro e uno più piccolo davanti, perché comunque era importante che la gomma anteriore lavorasse bene, in quanto bisognava guidare. Volevo un certo feeling, altrimenti sarebbe stata troppo rigida. In più per settare il potenziometro sulla mtb ho fatto dei test e gli ho tolto un 10% di potenza per avere un dato attendibile. L’ho tarato con i pedali Garmin.

Chi ti ha dato qualche dritta tecnica?

Come detto ho fatto parecchio da solo, con Colombo però ho parlato delle gomme. Alla fine ho utilizzato delle Pirelli Scorpion Xc. Mentre le ruote le ho scelte io: le Syncros Silverton Sl, me le sono comprate per conto mio. Non me le hanno passate come immaginava qualcuno. Leonardi invece mi ha fornito la sua guarnitura Racing, in questo modo ho anche provato le pedivelle da 172,5 millimetri. 

Caspita, sei sul pezzo…

Alla fine io sono nato sulla mtb con le ruote da 26” e sono rimasto spiazzato dalle 29”, ma la mtb c’è sempre stata nei miei inverni. Durante il lockdown ci sono andato davvero tanto, in pratica ho usato solo quella. Poi quando è ripresa la stagione ovviamente ho inforcato la bici da strada.

Al netto della colazione cosa cambieresti?

Mi sono accorto che il supporto esterno di un team è fondamentale. In fondo alla discesa di Punta Pareti, per esempio, Paez ha forato e ha perso un sacco di tempo. Samparisi ha rotto il disco posteriore. Ne ho parlato con gli altri dopo l’arrivo e ognuno raccontava dei suoi guasti. A me non è successo nulla e sono stato bravo a stare attento, a guidare pulito. Io avevo dato una coppia di ruote in più a chi mi seguiva per l’assistenza, ma anche per il rifornimento bisognava organizzarsi meglio. All’ultimo ristoro – ride – mi sono fermato a prendere qualcosa .

Anche sul tecnico Nibali se l’è cavata alla grande. Da notare le due borracce, una tra l’altro da 750 ml (foto Instagram)
Anche sul tecnico Nibali se l’è cavata alla grande. Da notare le due borracce, una tra l’altro da 750 ml (foto Instagram)
Come mai ridi, Vincenzo?

Mi chiedevano: «Perché parti con due borracce?». E perché… «Perché non ho assistenza, sono da solo».

In ottica futura cambierai qualcosa? Per esempio farai più palestra per la parte alta?

Se con Ivan Santaromita andremo alla Cape Epic, come sembra, servirà di sicuro. A Capoliveri nel finale sono andato in crisi anche per questo motivo. Dovevi essere sempre attento: radici, buche, salti… ribaltarsi era un attimo. Per non farlo ho calato molto il ritmo. Sono arrivato sfinito. Su strada ogni tanto rifiati, in mtb devi essere sempre concentrato. Quattro ore complete a tutta.

Ci si chiede sempre chi siano più forti: i biker o gli stradisti? Tu cosa hai notato? Come vanno?

Eh, i watt ci sono, li hanno eccome. Come vi ho accennato ho fatto 90′ oltre 170 battiti, poi snocciolando i dati ho fatto 330 watt medi di potenza normalizzata e 280 reali. Direi che è un bell’andare. Tanto che Mazzoleni, dopo aver letto il file della corsa mi ha detto: «Caspita che numeri Vince!». Ho fatto 21 di media oraria, 3.000 metri di dislivello e bruciato oltre 4.000 calorie. E’ stata una bella avventura!

Per la cronaca, Vincenzo Nibali ha chiuso la Capoliveri Legend Cup in nona posizione a circa una dozzina di minuti da Fabian Rabensteiner. In uno dei tratti iniziali è stato anche in testa… facendo sognare gli elbani, i 1.500 biker presenti e tutti i suoi tifosi.