Quella mezza maratona di Wurf dopo la Roubaix…

21.04.2023
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Si è parlato non poco del post Roubaix di Cameron Wurf. E giustamente ci verrebbe da dire! Il corridore della Ineos Grenadiers infatti dopo essersi sciroppato 256 chilometri (di cui 55 sul pavé) ha pensato bene di aggiungere alla sua attività sportiva una mezza maratona. Qualcuno gli ha dato del folle, in realtà è stato molto meno folle di quel si possa pensare. Vediamo perché.

Anzi non una “mezza”, ma 400 metri di più per essere precisi. L’australiano infatti ha corso a piedi per 21,6 chilometri. Ma perché? Wurf è (anche) un triatleta. Tempo fa aveva smesso di essere un pro’. Al termine della stagione 2014, per sei anni è stato un triatleta a tutti gli effetti. Ha ripreso a correre nel 2020. Nel 2016 ha disputato il suo primo Ironman e non a caso è rientrato con la Ineos Grenadiers, squadra che da sempre cura molto la cronometro.

La doppia attività di Wurf postata su Strava: prima la Roubaix, poi la mezza maratona a piedi (passo 4’06” al chilometro)
La doppia attività di Wurf postata su Strava: prima la Roubaix, poi la mezza maratona a piedi (passo 4’06” al chilometro)

Wurf e l’Ironman

Ma facciamo però chiarezza sul tema dell’essere triatleta. Cameron infatti è uno dei migliori nell’IronMan, vale a dire il triathlon originario: quello che ha dato il via a questa disciplina, 3,8 chilometri di nuoto, 180 in bici e la maratona (42,195 metri) di corsa. E solitamente chi primeggia in questo tipo di triathlon non fa parte di coloro che puntano alle Olimpiadi (1,5 chilometri di nuoto, 40 in bici, 10 di corsa). Quello è un altro mondo. Un po’ come le marathon e il cross country in mtb.

«Sto cercando di migliorare la mia condizione in vista dei mondiali di Ironman – ha detto Wurf a Sporza – dopo la Roubaix avrei voluto correre un po’ di più, ma ormai si era fatto buio».

Wurf, ironicamente, aveva poi commentato sui suoi canali social: “Ora ho fame”. E poi aveva pubblicato su Strava la sua “mezza”.

Buon nuotatore, super ciclista (è suo il record della frazione in bici dell’Ironman), Cameron è anche un ottimo podista (foto Instagram)
Buon nuotatore, super ciclista (è suo il record della frazione in bici dell’Ironman), Cameron è anche un ottimo podista (foto Instagram)

Professionalità massima

Qualcuno ha criticato questa impresa istrionica. L’accusa? Poteva fare di più per Ganna. Se finisce una Roubaix e poi ha la forza di correre evidentemente non ha dato tutto.

In realtà lo stesso Wurf ha spiegato che prima di tutto ha corso per Pippo. Ha cercato di proteggerlo e di portarlo avanti. Poi quando la corsa è esplosa e Ganna era al sicuro, davanti con i big, Cameron ha iniziato la sua Roubaix.

«Negli ultimi 80 chilometri – ha continuato Wurf – ho iniziato a pensare al mio allenamento a piedi. Dopo la Foresta di Arenberg il mio compito era finito. Senza contare che proprio davanti a me c’è stata la caduta di Wright e Van Baarle. Da lì sarei stato comunque tagliato fuori. Arrivare al velodromo non dico che sia stata una passeggiata, ma neanche ho dovuto forzare al massimo».

Alla fine il trentanovenne della Tasmania, dove il triathlon è qualcosa di “sacro”, ha chiuso la Parigi-Roubaix nelle retrovie a 22’44” da VdP.

Obiettivo Nizza

Cosa può davvero ottenere Wurf all’Ironman iridato di Nizza del prossimo 10 settembre? Cameron viene da un undicesimo posto. Il suo obiettivo è migliorare, ma nel triathlon come il ciclismo l’asticella si è alzata parecchio. Americani, sudafricani e molti suoi connazionali appartengono a team semiprofessionistici. O meglio, grazie a degli sponsor personali riescono ad allestirsi degli staff per fare la vita da atleti a tempo pieno ed essere di fatto dei pro’.

«Lo scorso anno – ha detto Wurf – sono stato al di sotto delle mie aspettative e per questo cerco di fare questo tipo di allenamenti estremi. Voglio alzare il mio livello. Il mio obiettivo è quello di centrare una top cinque. E quanto fatto la domenica della Roubaix è abbastanza simile ad un Ironman».

Tra gara e mezza maratona in allenamento, Cameron è stato in attività per circa sette ore e mezzo. La durata media di un Ironman per un atleta del suo livello è di circa otto ore, molto dipende poi dalle condizioni meteo, del mare, dalle caratteristiche del percorso (specie in bici)… Per questo possono esserci anche differenze di 20’, in più o in meno per atleta, a parità di condizioni fisiche dello stesso.

A conti fatti dunque Wurf e la Ineos – ricordiamolo che in tempi di marketing nulla è vano – non sono stati poi così folli.

Un viaggio di 10 ore per portare le ruote a Van der Poel

01.07.2021
6 min
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Sui media olandesi da ieri sera gli eroi sono due: Mathieu Van der Poel che ha conservato la maglia gialla e un certo Mark Putter che si è sciroppato un viaggio di 10 ore per consegnargli le ruote necessarie e che assieme a sua moglie Elma gestisce un lodge sui Pirenei, dal nome Les Deux Velos. Questa è la storia di un viaggio incredibile, per come si è potuto ricostruirla sommando quello che abbiamo saputo di prima mano al contributo de L’Equipe e di Het Nieuwsblad.

Prima telefonata

Il team manager della Alpecin-Fenix si chiama Christoph Roodhooft e lo scorso anno durante una sorta di reality organizzato da Alpecin, ha conosciuto Meindert Klem, rappresentante di Princeton CarbonWorks, le stesse ruote usate da Ganna e la Ineos, di cui vi parlammo lo scorso anno al Giro.

Klem è pure lui olandese, molto noto in patria per essere stato canottiere alle Olimpiadi di Pechino e con Alpecin si è allenato per partecipare all’Oetztaler. Roodhooft lo chiama quando Van der Poel prende la maglia gialla. Gli dice che Shimano è d’accordo perché si faccia uno strappo alla regola e gli chiede di trovare una coppia di ruote per la crono della quinta tappa.

«La chiamata – ricorda Klem – è arrivata lunedì mattina. Mi chiede se ho da fornirgli un set di ruote Princeton Blur 6560, perché anche Canyon che fornisce le bici è d’accordo che Mathieu provi a difendere il primato».

Le ruote di Ganna

Il guaio è che quel set di ruote non esiste e così si accordano per assortire una combinazione fra la Wake 6560 da 60 millimetri per l’anteriore e la Blur 633 Disc per il posteriore. Entrambe le ruote nascono per l’uso con copertoncino e si punta sui Vittoria Corsa Speed.

Il problema, come avevamo raccontato, è che la ruota Blur è prodotta in quantità davvero limitata e la possibilità di trovarla in Europa in epoca Covid è prossima allo zero. Il modo migliore, suggerisce Klem, è farsi dare una coppia da un corridore della Ineos, ma figurati se la squadra britannica darebbe mai un vantaggio del genere a un rivale. Senza considerare il fatto che anche loro si trovano al Tour con materiali limitati e che soprattutto a Van der Poel serve una ruota per freni a disco e Ineos al Tour le ha soltanto con freni normali.

Si mette così in moto la solidarietà fra canottieri. Infatti Klem pensa subito a Cameron Wurf, a sua volta canottiere prima di diventare ciclista. L’australiano vive ad Andorra e ha le ruote che servono (già, un corridore della Ineos ha ruote con i dischi: ne riparleremo), si tratta solo di portarle a Rennes. E qui entra in scena Mark Putter: vi ricordate di lui? Ne abbiamo parlato in apertura…

Doppio freno a disco: le aveva Wurf, la Ineos si prepara al passaggio?
Doppio freno a disco: le aveva Wurf, la Ineos si prepara al passaggio?

Seconda telefonata

Lunedì sera, sua moglie Elma riceve una telefonata “strana”. L’uomo al telefono è, neanche a dirlo, Meindert Klem, che per una serie di strani incroci ha alloggiato nel loro lodge cinque anni prima. 

«Mi chiede se possiamo prendere le ruote da un corridore che vive in Andorra – ricorda Mark – e portarle a Rennes da Van der Poel. Io sono pazzo per il ciclismo e quello che ha fatto Mathieu nei giorni precedenti è incredibile. Sarebbe grande se potessi aiutarlo a tenere la maglia portandogli quelle ruote, per cui dico di sì e martedì mattina alle 8 sono già alla porta di Cameron Wurf».

Le ruote viaggiano nell’abitacolo e dopo quasi 900 chilometri e 10 ore di strada, ecco l’hotel della Alpecin-Fenix.

Di corsa a casa

Mark dorme nell’hotel dei meccanici e visto che quello di famiglia è strapieno, avendo peraltro riaperto da poco, si rimette subito in viaggio verso casa. Non riesce a seguire la cronometro e non sa che mentre lui guida immaginando di raccontare la straordinaria avventura ai suoi amici, chiedendosi se gli crederanno, la radio e la stampa olandesi stanno facendo di lui l’eroe della gloriosa difesa di Van der Poel.

Van der Poel ha affrontato la crono con l’impeto del cacciatore di classiche
Van der Poel ha affrontato la crono con l’impeto del cacciatore di classiche

Senza allenamento

Alla vigilia della crono, sul tema viene chiamato in causa anche Adrie Van der Poel, padre della maglia gialla. Il vecchio olandese sa bene che Mathieu non ha fatto alcun tipo di preparazione sulla bici da crono: pare che nemmeno ce l’abbia a casa e l’abbia usata in gara soltanto alla Tirreno-Adriatico e due volte al Giro di Svizzera. 

«Non ha tempo di allenarsi per quello – dice Adrie e non si sa se ne sia contento – se potesse dedicare il tempo trascorso in mountain bike alla bici da cronometro, sarebbe diverso. Ma sono curioso come chiunque altro. Non sarebbe la prima volta che ci sorprende…».

Alla Tirreno aveva ancora la bici 2020: la nuova Canyon Speedmax CFR Disc ha debuttato al Giro
Alla tirreno sulla bici 2020: la nuova Canyon Speedmax CFR Disc ha debuttato al Giro

Un giorno in più

E la sorpresa arriva. Dopo aver tagliato il traguardo, Van der Poel corre verso l’ammiraglia per abbracciare Christoph Roodhooft che non sta nella pelle.

«E’ stato davvero incredibile. Dice alla televisione francese – martedì sera abbiamo lavorato sulla bici fino a mezzanotte per la posizione ed essere aerodinamici. E’ stato uno dei giorni più belli della mia carriera ciclistica. E’ incredibile con questa maglia in Francia, con il pubblico che mi ha davvero supportato, è stato enorme. Quando ho detto che non sarei stato in grado di mantenere la maglia, era davvero quello che pensavo. Stamattina, quando ho fatto la ricognizione, ho capito invece che il percorso mi andava bene. Sono molto felice di tenere la maglia per un giorno in più. In montagna chiaramente non ci riuscirò. Quello che ha fatto Pogacar è enorme, tanto di cappello per lui».

Dopo l’arrivo, sfinito, Van der Poel ha tenuto la maglia gialla per 8″
Dopo l’arrivo, sfinito, Van der Poel ha tenuto la maglia gialla per 8″

Tecnologia e passione

In realtà delle due ruote alla fine è stata utilizzata soltanto la posteriore, la Blur. Ma questa è la dimostrazione di come il ciclismo diventi magico quando la tecnologia si unisce alla passione degli uomini. Non abbiamo capito se a capo di quel suo viaggio così folle, Mark Putter abbia incontrato Van der Poel oppure no. In ogni caso, l’olandese ha un enorme debito di riconoscenza nei suoi confronti e siamo certi che lo salderà. E forse questo bagno di passione lo aiuterà dopo Tokyo nella sua scelta di campo fra strada e mountain bike.