Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65

Swiss Side Hadron3 650 Classic, veloci e gratificanti

28.10.2025
7 min
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Abbiamo provato le ruote Swiss Side Hadron3 650 nella versione Classic, ovvero quelle con il profilo da 65 millimetri e con i mozzi che si basano sulla meccanica dei DT Swiss 370.

Chi partiva con qualche remora (giustificata se contestualizzata in un’epoca passata) ora dovrebbe cambiare idea. Le ruote con profili altissimi offrono dei vantaggi non secondari e, prodotti ben congegnati come le Swiss Side, sono divertenti e anche piuttosto facili da guidare. Entriamo nelle specificità della nostra prova, eseguita con una doppia configurazione.

Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65
Quella famiglia di ruote che invitano a fare velocità
Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65
Quella famiglia di ruote che invitano a fare velocità

Hadron3 650 Classic: il dettaglio

La serie Classic di Swiss Side adotta la medesima tecnologia di sviluppo della Ultimate, ma è resa “più democratica” per scelte differenti di alcuni componenti. Ci sono i mozzi in alluminio con meccanica DT Swiss 370 (sempre con Rachet System interno al mozzo posteriore e cuscinetti sigillati con sfere in acciaio), raggi in acciaio (DT Swiss) Aero Comp con incrocio in seconda ed un cerchio full carbon da 65 millimetri di altezza. Il cerchio è quello di ultima generazione: è tubeless ready con uncino (non hookless) ed ha un canale largo 22 (la larghezza complessiva è di 29). Il canale prevede l’impiego del tubeless tape. Un cerchio con questo shape è ottimizzato anche per coperture fino a 32 millimetri di sezione.

Una delle particolarità di queste ruote è il sistema combinato ruota/pneumatico, possibile grazie ad una installazione di fabbrica con i pneumatici Continental/Swiss Side (come nella versione usata per il test). Dietro abbiamo un “classico” GP5000s TR da 30 millimetri, che prevede il montaggio originale con la camera d’aria in TPU (da notare che lo pneumatico è tubeless ready). Davanti c’è un Swiss Side Aero111 da 29, gomma dal disegno e shape particolari, marcatamente aero concept, prodotta da Continental su specifiche Swiss Side. Anche in questo è tubeless ready ed è montata in originale con la camera in TPU. Il peso (rilevato) della coppia con gomme e camere montate è di 2470 grammi. Il prezzo di listino (al netto di eventuali sconti spesso disponibili sul sito Swiss Side) è di 1495 euro.

Test doppio: camere poi tubeless

Proprio così, non ci siamo fermati alla singola prova, ma abbiamo voluto capire come può funzionare una “ruotona” del genere con un setting differenti di pneumatici. Prima la prova in originale, poi con la configurazione tubeless (tolte le camere ed inserito il liquido).

Stesso giorno di lavoro, stesso percorso e medesima bici usata per il test finale dal quale abbiamo estrapolato i dati. 10 chilometri esatti, un vallonato leggero e comunque lineare in modo da minimizzare le variabili ambientali. 30 metri circa di dislivello positivo in modo da sfruttare anche la velocità generata dalle Hadron3. Vento a 3 chilometri orari rilevato per tutto il test e 15° come temperatura esterna.

I numeri del test con le camere d’aria in TPU

2.925 grammi rilevati per le Hadron3 pronte per la messa su strada. Dischi da 160/140, camere in TPU Continental con valvola da 80 (37 grammi ciascuna). 300 watt medi per un rapporto fisso 54/16. Tempo di percorrenza rilevato 15 minuti e 38 secondi. Velocità media di 38,4.

La prova con il montaggio tubeless

Abbiamo rilevato il medesimo valore alla bilancia del montaggio. 2.925 grammi anche per il setting tubeless. Valvole da 80 millimetri e 30 cc di liquido sigillante per ogni gomma. In entrambe le prove la partenza è stata da fermo. Cosa ci dicono i numeri del setting tubeless? Che siamo stati più veloci di 12 secondi con i 1526″ secondi rilevati a parità di tutto. La media oraria è stata di 39 chilometri orari con i tubeless.

Alcune considerazioni relative alle Hadron3 650

Il risparmio di tempo con il setting tubeless è lampante. 12 secondi possono non sembrare molti. Se però andiamo nel dettaglio e quantifichiamo sono poco più di un secondo al chilometro per soli 10 chilometri di test. Se il test fosse stato di 60/80 chilometri il tempo risparmiato sarebbe esponenziale. Non solo, perché ad una velocità più elevata la configurazione tubeless permette un maggiore e migliore controllo, dissipazione aumentata delle vibrazioni che arrivano dal basso. Un maggiore controllo e fluidità della bici soprattutto sull’avantreno, anche e soprattutto in discesa e quando è necessario cambiare traiettoria ad alta velocità.

Il test completo delle Swiss Side da 65 ha previsto anche giornate di utilizzo collinare. Salite e discese, percorsi vari mediamente tecnici, ben coscienti del fatto che un profilo del genere trova la sua massima sfruttabilità ad andature elevate e senza eccessive complicazioni ambientali.

Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65
Sono oggettivamente un bel vestito per la bici
Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65
Sono oggettivamente un bel vestito per la bici

In conclusione

Le Hadron3 650 Classic sono l’esempio di quanto una ruota alta moderna possa essere facile, molto più che in passato, gratificante e anche sfruttabile. Non siamo qui ad affermare che sia un prodotto dedicato a tutti i ciclisti, ma di sicuro abbatte alcune convinzioni che arrivano dal passato e relative a queste categorie di strumenti dedicati alla ricerca della performance. Non obbligano ad arpionare il manubrio quando si cambia direzione e non mostrano effetti negativi sullo sterzo della bici. Aiutano a mantenere una velocità elevata e spingono a dare gas quando la stessa andatura è già alta (comunque oltre i 40 chilometri orari). In discesa quando si oltrepassa il muro dei 55 chilometri orari diventano un boost e si attiva una sorta di effetto volano facile da percepire, quello che non avviene (ad esempio) con profili da 38.

Ovviamente non sono ruote da salita e quando le velocità sono piuttosto basse necessitano di molta energia, forza ed impegno per essere rilanciate nel modo adeguato. Il prezzo di listino. Lo troviamo adeguato, quasi vantaggioso, considerando proprio la versione Classic e la categoria di utenti potenziali, che non hanno il peso ridotto come pallino, ma pretendono velocità ed efficienza.

Swiss Side

Revoloop Race Ultra, 25 grammi e super camera d’aria

08.01.2024
4 min
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Revoloop è uno dei brand leader nella categoria delle camere d’aria in TPU e Race Ultra è la più leggera della famiglia. Non è costruita in butile e neppure in lattice, ma è in poliuretano termoplastico di ultima generazione, il TPU Plus.

Una delle caratteristiche principali di questa camera d’aria è la leggerezza, ma rispetto ai prodotti tradizionali cambiano anche le performance. Entriamo nel dettaglio.

Con una camera TPU gli ingombri si riducono di 1/3
Con una camera TPU gli ingombri si riducono di 1/3

Il TPU applicato al ciclismo

Le camere d’aria Revoloop in poliuretano sono dei prodotti molto particolari. Finalizzano la ricerca di prestazioni massimizzate, per quanto concerne la resa tecnica e naturalmente in fatto di leggerezza. Rispetto alla concorrenza le camere d’aria in TPU dell’azienda tedesca presentano alcune differenze.

Uno su tutti è il punto di ancoraggio della valvola, con i due rinforzi laterali e una termosaldatura con densità differenziata. La camera d’aria si appoggia al cerchio e inevitabilmente crea dell’attrito, ma grazie a queste due soluzioni non si danneggia.

La valvola non è in metallo, è in materiale termoplastico ed ha un diametro di 6 millimetri. La testa (Presta) si può svitare. La valvola così costruita crea un maggiore attrito nel punto di ingresso al cerchio e non fa nessun rumore in fase di rotolamento della ruota, contribuendo inoltre a bloccare l’intera camera d’aria.

Il “tubo” della camera d’aria non è un pezzo unico, perché presenta una giunzione. Rispetto ad una classica camera in butile ha delle proprietà di allungamento inferiori, ma è molto più resistente. La struttura del TPU è completamente differente a quella del lattice e del butile. Il TPU non è fibroso ed è un materiale compatto, poco pastoso, oltre ad essere 100% riciclabile. Ha un range di utilizzo piuttosto ampio (per quello che concerne la sezione degli pneumatici): da 18 a 28 millimetri di sezione. Una Revoloop è quasi impalpabile al tatto. Un altro fattore da considerare è lo spazio ridotto che occupa: meno della metà rispetto alle camere in butile e lattice, aspetto utile quando si portano le camere di scorta durante le uscite.

Non è imperforabile

Considerare una Revoloop imperforabile è un errore. E’ più resistente rispetto al butile, contrasta meglio gli urti e le pizzicature (se montata nel modo corretto): la longevità tecnica della camera è decisamente superiore. Offre dei vantaggi non trascurabili in caso di foratura, perché il buco non si dilata ed il TPU non si lacera (al contrario del butile), contenendo la perdita di pressione. Una camera Revoloop in TPU può essere riparata con delle pezze apposite che adattano al poliuretano (non viene utilizzato il comune mastice che ha l’obiettivo principale di vulcanizzare).

Non è consigliabile l’utilizzo di liquidi anti-foratura che contengono ammoniaca. Il poliuretano cambia colore con l’andare del tempo, si ingiallisce, questo però non modifica le caratteristiche di base della camera d’aria. E’ facile da montare, perché non crea attrito tra lo pneumatico ed il cerchio, limitando il rischio di pizzicare la camera in fase di montaggio (a nostro parere bagnare la gomma per farla scivolare è sempre una soluzione da considerare).

Rapporto qualità/prezzo

Il prezzo di listino di una camera Revoloop è elevato: 29,95 euro di listino non sono pochi. Al tempo stesso non è da considerare una nicchia ed è comunemente disponibile sul mercato. Si rivolge ad un’utenza che guarda con particolare interesse il risparmio di peso di ogni singolo componente e vuole limare quanti più grammi possibili (e farlo sulle masse rotanti offre dei vantaggi non da poco).

Cambiano anche le prestazioni. Volendo fare un accostamento con le classiche camere d’aria in butile, a parità di pneumatico, una ruota equipaggiata con Revoloop risulta più secca e pronta nelle risposte. E’ quasi perentoria nelle accelerazioni e parecchio reattiva, anche se il comfort di marcia è inferiore rispetto ad una configurazione tubeless. Al tempo stesso, se gonfiata con la pressione adeguata, fa lavorare molto di più lo pneumatico anche su tratti di strada in stato precario, quasi a distribuire su una superficie maggiore le imperfezioni della strada.

Ciclo Promo Components

Tubeless, clincher e tubolari, la scelta dipende da più fattori

21.06.2022
5 min
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Il primo semestre della stagione agonistica 2022 ha palesato una crescita di consensi verso i tubeless. Sono davvero pochi gli atleti che non li utilizzano. Chi non li adopera in gara li usa in allenamento, li prova ed esegue dei test.

Le preferenze di ogni singolo atleta, dipendono da più fattori: il feeling soggettivo con i materiali, le abitudini e l’excursus sportivo, ma anche le forniture degli stessi componenti.

Le gomme da 28, sempre più utilizzate anche grazie ai cerchi più grandi
Le gomme da 28, sempre più utilizzate anche grazie ai cerchi più grandi

Ci saranno sempre più tubeless

Tutti i team, non solo quelli World Tour, hanno utilizzato, usano abitualmente e utilizzeranno le ruote tubeless e gli pneumatici dedicati. La stagione in corso sembra essere “solo” un momento di transizione, dove i “vecchi” cerchi per i tubolari, all’interno dei camion officina delle squadre, si mescolano con le ruote tubeless, che come per le trasmissioni, arrivano a singhiozzo.

«I corridori possono scegliere il tipo di ruota – la considerazione di Mauro Adobati espressa durante la presentazione della bici di Stuyven – e di conseguenza la tipologia di copertura, tubeless oppure clincher. Ma la categoria tubeless ricopre un ruolo sempre maggiore e i corridori sono curiosi di provare. Oggi nel camion officina abbiamo il 50% di ruote tubeless e il restante 50 di ruote tubolari, ma le ruote in arrivo sono tubeless».

I tubeless Schwalbe Pro One
I tubeless Schwalbe Pro One

Tubolari in gara, tubeless in allenamento

Suona come una sentenza, ma è una frase che è ridondata in più di un’occasione: «L’ultima parola è quella del corridore e se lui fa quella scelta, la direzione deve essere quella».

«I tubeless li utilizzo e mi trovo bene – spiega Pozzovivo – sono confortevoli e hanno un’ottima scorrevolezza, ma in gara preferisco usare i tubolari. Preferisco sentire una certa secchezza nelle risposte. Nel mio caso, considerando i problemi al braccio è anche un paradosso, perché un numero inferiore di vibrazioni potrebbe giovarmi. E’ anche una questione di feeling. Una gomma tubeless deve essere accompagnata nelle traiettorie, mentre il tubolare lo trovo più diretto ed io preferisco così».

La considerazione di Pozzovivo trova conferme in una dichiarazione di Ivan Velasco, responsabile tecnico del Movistar Team.

«I corridori più giovani – dice – salgono sulla bicicletta senza preoccuparsi di nulla. Per loro è normale pedalare su una bicicletta con i freni a disco, con i tubeless da 28 e magari con le ruote hookless. Mentre alcuni atleti del vecchio corso sono ancorati alle abitudini di tanti anni di attività, con i tubolari, pressioni alte delle gomme eccetera».

«Con le ruote Cadex abbiamo una doppia fornitura, per tubolare e per tubeless – dice Fausto Oppici, meccanico del Team Bike Exchange – quest’ultima prevede i cerchi hookless. Di solito i corridori utilizzano i tubolari in gara, mentre in allenamento usano gli hookless con i tubeless, anche se non c’è una regola ben precisa. Gli atleti più giovani usano e hanno usato i tubeless anche in gara, poi dipende dalle caratteristiche del singolo. Abbiamo anche il team femminile – prosegue Oppici – che utilizza al 90% le ruote hookless».

Con i tubeless più manutenzione

«Da quando utilizziamo solo i tubeless, ruote DT Swiss e pneumatici Schwalbe – racconta Jaques Horn-meccanico del Team Tirol-KTMle operazioni di controllo sono aumentate. Lo sono nelle fasi di preparazione, di montaggio e di gestione, perché con i tubeless è fondamentale essere meticolosi con le pressioni di esercizio e con il liquido anti-foratura. Siamo molto fortunati ad avere una combinazione ruota/pneumatico eccellente».

«Per rendere al meglio – prosegue Horn – lo pneumatico tubeless deve essere gonfiato con dei canoni ben precisi. Si tiene conto del corridore e del suo peso, delle caratteristiche tecniche della ruota e delle condizioni dall’asfalto. E poi c’è il liquido: il rischio è che si creino dei depositi, se una ruota rimane ferma per troppo tempo, quindi è fondamentale tenerle sempre in movimento. Anche se devo dire che la longevità tecnica del prodotto è molto elevata e i corridori più giovani apprezzano la soluzione tubeless in gara».

In DSM solo tubolari, ma è pur vero che ci sono materiali di vecchia generazione
In DSM solo tubolari, ma è pur vero che ci sono materiali di vecchia generazione

Copertoncini rivalutati

Non uno, ma diversi corridori utilizzano i copertoncini con le camere d’aria super leggere in TPU, soluzione che abbiamo documentato in diverse occasioni. Ad esempio Almeida al Giro d’Italia, con una nuova coppia di ruote Campagnolo. Oppure alcuni atleti del Team AG2R-Citroen al Tour of the Alps, con gomme Pirelli e camere d’aria Smart Tube. I tre motivi principali sono: un risparmio di peso sulla massa rotante rispetto ad un tubeless di pari categoria e di sezione, la fornitura dello sponsor e anche le preferenze dell’atleta.

Copertoncini Pirelli e camere d’aria super leggere in TPU con valvola gialla
Copertoncini Pirelli e camere d’aria super leggere in TPU con valvola gialla

In conclusione

Trovare una risposta precisa, su quale tecnologia delle gomme sia migliore e quale pneumatico offra le performances migliori è difficile anche in ambito pro’. Non esiste un solo fornitore di gomme e non c’è solo un tipo di ruota, le soluzioni sono tante, diverse tra loro e solo oggi siamo testimoni di un ingresso della tecnologia hookless in ambito strada, che cambierà ulteriormente la resa tecnica (e l’approccio di corridori e meccanici).

Le scelte dei corridori non si basano solo sui dati e sui numeri. Trovano dei riscontri grazie alle “sensazioni” e al percorso che ogni atleta ha fatto (e sta facendo) in carriera. Ci sono quelli più sensibili, cui piace sperimentare (spesso utilizzati dalle stesse aziende come tester) e quelli che invece preferiscono rimanere nella zona comfort.

La differenza è fatta ancora dall’uomo, che sia meccanico oppure atleta. C’è chi è in grado di fornire dei feedback precisi, chi è capace di argomentare le scelte nel dettaglio e non si è fermato ai soli numeri, ai risultati delle “prove a banco” e alle prime impressioni. C’è una categoria di corridori e meccanici capace di prendersi del tempo (talvolta parecchio) per capire a fondo su cosa stia lavorando. A nostro parere non è un fattore secondario e potrebbe essere d’aiuto anche al ciclista appassionato.