Gregario: in un libro la carriera e le storie di “Ale” Vanotti

04.05.2025
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Ecco un estratto del libro “Gregario – Una vita a servizio dei campioni” che ripercorre la carriera di Alessandro Vanotti, scudiero di tanti campioni recenti tra cui Vincenzo Nibali, Ivan Basso e Danilo Di Luca. In queste righe, il racconto del Giro d’Italia 2013. Nibali è saldamente in maglia rosa, Vanotti lo segue come un’ombra. Ma all’improvviso…

Il 18 maggio la quattordicesima tappa arrivava a Bardonecchia. Pioggia, vento, freddo e anche la neve in quota convinsero l’organizzazione a modificare il percorso cancellando il Sestriere. Era un Giro disegnato benissimo, ma ancora una volta il maltempo ci stava mettendo lo zampino. A metà tappa purtroppo io forai e fui costretto a fermarmi per cambiare la ruota. Allo stesso tempo anche Vincenzo si fermò per un bisogno fisiologico e me lo ritrovai tra le ammiraglie mentre stava risalendo.

Cade Battaglin

L’asfalto era molto scivoloso, il caos della coda del gruppo non ci aiutava e la visibilità era ridotta. Riuscii a prendere due borracce e lo guidai verso la testa, anche se facevo fatica a tenerlo a ruota proprio per via della bagarre. Eravamo tutti sul lato destro della strada quando, pochi metri davanti a me, Enrico Battaglin impattò contro uno spartitraffico. La bicicletta volò da una parte, lui sbattè violentemente a terra proprio davanti a me.

Io stavo arrivando a tutta velocità, non ci fu nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo. Con la ruota anteriore lo andai a colpire sulle costole, la mia bicicletta inchiodò e io venni catapultato in avanti.

Spalla lussata, addio Giro

Rovinai a terra sbattendo la spalla destra e la schiena. Provai subito a rialzarmi per rientrare, ma un dolore lancinante mi bloccava. Spalla lussata, il ritiro fu inevitabile.

Stavo conducendo il Giro in controllo, con Nibali in maglia rosa e ora mi ritrovavo fuori dai giochi in un attimo. Mi portarono al pronto soccorso locale mentre Nibali, nella bufera di neve, staccava tutti i diretti avversari e arrivava al traguardo secondo, rinforzando la leadership in classifica.

In ospedale venne a prendermi Alexander Shefer, il primo direttore sportivo del team. Mi assistette come fosse un infermiere, mi vestì, mi allacciò le scarpe, mi caricò in auto e mi riportò in hotel. Prima di partire, mi guardò fisso negli occhi e mi lanciò un’idea folle, ma strategicamente straordinaria.

«Vanotti, tu sei troppo importante per Vincenzo. Se te la senti, resti con noi fino alla fine del Giro, stai in camera con lui, stai in gruppo, sei fondamentale». Come avrei potuto dirgli di no?

L’altro Giro di Vanotti

Iniziò così un mio secondo Giro, non senza difficoltà: i dolori erano davvero forti e affrontarli anche nella quotidianità, senza sforzi, fu complicato. Avevo però un vantaggio: essere con la squadra mi consentì di sottopormi subito a terapie mirate insieme allo staff medico per velocizzare il mio recupero.

Si rivelò un’esperienza meravigliosa. Salutavo la squadra alla partenza e la ritrovavo all’arrivo. Aspettavo ogni giorno Vincenzo in camera avendo avuto tutto il tempo per sbrigare ogni incombenza necessaria per lui ancor meglio del solito, con più tempo, più calma, più meticolosità.

E’ il 26 maggio 2013: Vincenzo Nibali conquista il suo primo Giro d’Italia
E’ il 26 maggio 2013: Vincenzo Nibali conquista il suo primo Giro d’Italia

Nibali che vola

Non seguivo le tappe in ammiraglia, ad eccezione della cronoscalata da Mori a Polsa, diciottesima tappa del Giro. Fu un’esperienza da fiato in gola, perché Vincenzo letteralmente volò. E mi resi conto, vedendolo da questo punto di vista inusuale, quanto stesse andando forte, quanta potenza avesse, quanto impulso riuscisse a dare alla sua pedalata.

Vinse quella cronoscalata e vinse anche sotto la nevicata fitta delle Tre Cime di Lavaredo, impreziosendo il trionfo finale. Aveva lasciato Rigoberto Uran a quasi 5 minuti, aveva conquistato il suo primo Giro d’Italia.

Sul podio di Brescia, Vanotti guarda verso il suo capitano che ha conquistato il Giro
Sul podio di Brescia, Vanotti guarda verso il suo capitano che ha conquistato il Giro

Il podio con la squadra

Sul podio finale di Brescia salii pure io insieme a tutta la squadra: i compagni vestiti da corridori, io con la divisa di rappresentanza. Mi sentivo totalmente parte di quel gruppo, di quella vittoria. Alzai il trofeo, guardai Vincenzo, guardai i miei compagni, mi commossi. Ringraziai con il cuore il team Astana per quell’idea.

In serata a Villa Fenaroli, a Rezzato, scoppiò la festa di squadra insieme a tutte le famiglie: un evento meraviglioso, grandioso, eravamo dentro a un sogno. Rientrato a Bergamo, altra festa con il mio fan club per il terzo Giro vinto da gregario e, dopo pochi giorni, partimmo per il Kazakistan per un’altra festa nel Paese della squadra.

A Villa Fenaroli, nella serata di Brescia, la grande festa in onore della maglia rosa
A Villa Fenaroli, nella serata di Brescia, la grande festa in onore della maglia rosa

In Kazakhstan da eroi

Furono giorni incredibili anche lì. Ci accolsero come eroi, la gente scese per strada ad acclamarci, le istituzioni ci omaggiarono, c’erano gigantografie di Nibali in ogni angolo del Paese. Le tv di Stato ci seguirono passo dopo passo: eravamo delle star.

Tornammo da quella sbornia di festeggiamenti e ripartimmo subito per un blocco di lavoro al Passo San Pellegrino perché c’era da preparare la Vuelta a cui Nibali puntava forte.

LA SCHEDA

Titolo: Gregario – Una vita a servizio dei campioni

Autore: Federico Biffignandi

Editore: Bolis Edizioni

Pagine: 200

Prezzo: 16 euro

“Un primo, sessanta secondi”. Il lungo viaggio di Visconti

01.05.2023
8 min
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Il 15 maggio arriverà nelle librerie “Un primo, sessanta secondi”, viaggio intimo e sorprendente nella vita e nella carriera di Giovanni Visconti. Un percorso letterario che inizia dal momento drammatico e catartico del ritiro e poi torna alle origini in Sicilia, in un mondo che per tanti lettori risulterà lontano e inaspettato (in apertura, il siciliano con i genitori Rosi e Nino alla Coppa Sabatini del 2006, vinta in maglia Milram).

Quello che segue è un piccolo estratto: il terzo capitolo che racconta gli esordi da ciclista, con la regia e la preparazione rigida gestita dal padre Antonino. Il corridore bambino. Il libro, scritto a quattro mani con Enzo Vicennati, è pubblicato da Mulatero Editore e fa parte della collana Pagine Al Vento. 

“Un primo, sessanta secondi” è pubblicato da Mulatero Editore nella collana Pagine Al Vento: 171 pagine al prezzo di 21 euro
“Un primo, sessanta secondi” è pubblicato da Mulatero Editore nella collana Pagine Al Vento: 171 pagine al prezzo di 21 euro

Il corridore bambino

La vita da corridore in Sicilia, che poi da bambini è anche sbagliato chiamarla così, dovrebbe essere un gioco, ma per me non lo è mai stato. E’ piuttosto una guerra tra genitori. Non dico solo tra mio padre e mio zio: quella si potrebbe anche capire. Io e mio cugino Agostino siamo compagni di squadra, ma anche avversari e a vincere è sempre lui. Io arrivo secondo, è una rivalità che sento proprio tanto. Proprio per questo, quello da giovanissimo è uno dei periodi più duri della mia vita. Se non altro, a livello di fatica.

Primo perché non mi vivo niente dell’infanzia e poi dell’adolescenza, ma niente davvero. Secondo perché faccio davvero tanta fatica. Mi alleno tutti i giorni: non come un giovanissimo, ma come se fossi uno junior. E non mi alleno solo in bici. C’è la palestra, c’è la piscina, c’è la corsa a piedi e c’è anche il ciclocross… Mischio tutto, non sto mai fermo.

Mi allena mio padre e la sera arrivo a casa stravolto. Mio cugino è fortissimo. Siamo due bambini della stessa età, ma lui è più sviluppato, anche muscolarmente. Usciamo da scuola, mangiamo qualcosa e ci portano su quello stradone a Brancaccio che fa una specie di cerchio, in cui si può pedalare fuori dal traffico e dove possiamo sentirci un po’ più liberi.

La prima bici è una Olmo bianca e azzurra. Le gare a Palermo richiamano gente sulle strade, ma spesso sono motivo di lite fra genitori
La prima bici è una Olmo bianca e azzurra. Le gare a Palermo sono spesso motivo di lite fra genitori

Mio cugino Agostino

Quando sono in bici con mio cugino, anche se abbiamo 8-9 anni, a meno di 30 all’ora non si va, con i nostri rapportini e tutte quelle pedalate. La fatica che faccio per stare con lui è pazzesca. E la fatica diventa stress mentale: già da bambino sono pieno di paure. Per cui la domenica corro, do sempre il massimo e dopo le gare vomito sempre, sempre, sempre. Non c’è una gara in cui io non vomiti.

Insomma, è dura per entrambi, ma io forse faccio uno sforzo superiore a quello che sono in grado di sostenere. In più mi pesa, perché so che c’è questa lotta tra i genitori. Ho paura di arrivare secondo, la paura di perdere e di vedere anche mio padre sempre un gradino sotto… Sicuramente tutte queste cose compongono un quadro impegnativo per un bambino come me. Una questione fisica e poi anche di testa.

Fra me e Agostino c’è un bel rapporto. In quei periodi si usa stare parecchio in famiglia. Non dico tutte le sere, ma i fine settimana siamo sempre da mia nonna Orsola giù al fiume. Chiamiamo così la sua casa perché effettivamente abita vicino al corso dell’Oreto. Andiamo da lei e ceniamo tutti insieme. Siamo in tanti, tra nipoti e i vari parenti.

Con Agostino giochiamo e facciamo di tutto, tranne che parlare di bici. Da più piccoli abbiamo giocato con le macchinine nella terra, ma ora che siamo più grandi diamo calci al pallone, anche se poi arrivano i nostri padri, si immischiano e rompono le scatole: non si può giocare, dicono, perché fa male alle gambe. Ci controllano nel mangiare, soprattutto mio zio nei confronti di mio cugino. Mi ricordo che tante volte se Agostino vuole mangiare un dolcino, deve farlo di nascosto. Mio padre è un po’ meno duro, però quando sono lì e c’è zio Angelo, anch’io mi sento di dover fare le sue stesse cose. 

Fatica e vomito

Non credo però che mio cugino vinca di più per la vita che fa. E’ semplicemente più forte. Io ci metto più tempo a sviluppare muscolarmente. Sono proprio un bimbetto e nei bambini la differenza la fa lo sviluppo: sarò così fino ai dilettanti. In più, lui fa anche tanta fatica negli allenamenti. La stessa mia, però con quel fisico così sviluppato vale doppio. Quindi per arrivare semplicemente con lui in volata e fare secondo o terzo, muoio ogni volta e vomito, mentre lui vince facile.

Comunque, dopo tanti di questi episodi nei giovanissimi, mio padre mi porta a fare una visita. Andiamo vicino allo stadio di Palermo e questo dottore, in tutta tranquillità, gli dice che evidentemente non sono in grado di sostenere certi sforzi e che è meglio mollare. Fare ciclismo come sport va bene, ma in tranquillità e basta. Dice che secondo lui non ci sono rimedi, è solo che io non ce la faccio. Così continuo a vomitare, finché passa da sé. Probabilmente è tutto legato allo sviluppo, ai mega sforzi, alla fatica per seguire mio cugino e a quello stress psicologico, perché poi di colpo passa da sé. Invece Agostino continua a vincere, anche se pure lui soffre questa rivalità tra genitori e lo stress che c’è sin da bambino.

In qualche modo sento che a me tutto questo serve. Ogni santa domenica, devo cercare quantomeno di arrivare in volata con lui e alla fine diventa il mio stimolo. Agostino è un tipo introverso, sembra un duro, ma in realtà è cattivo solo quando sale sulla bici e si trasforma.

Giovanni Visconti con la maglia del GS Boccadifalco, negli anni cui si riferisce questo capitolo
Giovanni Visconti con la maglia del GS Boccadifalco, negli anni cui si riferisce questo capitolo

La settimana tipo

La settimana tipo non esiste, esiste la vita tipo. Fissa, continua, sempre quella. Cambia solo in base ai periodi. Magari se siamo in inverno, mio padre mi porta su a Pioppo: un paesino sopra Monreale, per camminare in salita. Salite ripide e pareti spelacchiate. Da quelle parti le montagne sono parecchio scoperte, non ci sono boschi e sono il terreno delle mie camminate avanti e indietro. Quando torno, vado in bici e poi in palestra. Però prima di entrare, mio padre mi dice di fare 2 chilometri di corsetta a piedi.

Sono sempre un bambino di 9 anni, ma non fa niente. Due chilometri, una ventina di minuti a piedi. Pam, pam, pam. Torno. Vado in palestra per un’ora e poi passo subito in piscina al piano di sotto. Faccio 40 minuti di nuoto, 80 vasche. E così arriva la sera. Alle 20,30 sono a casa e tutte le sere mi metto a tavola, così morto che non ce la faccio a versarmi l’acqua. E allora chiedo a mia madre, che mi guarda e non dice niente: «Ma’, mi dai l’acqua?». Ce l’ho davanti al naso, ma non riesco a prenderla… 

Mia sorella Ursula

Mia sorella non è gelosa, non c’è mai stato questo tipo di problema a casa mia. Sin da bambina, Ursula ha la testa sullo studio e nel suo mondo. A volte anche lei mi prende in giro, perché sembro viziato. Ed effettivamente lo sono, perché ogni giorno sono stanco morto e non muovo un dito. Però lo stesso, mi aiuta a fare i compiti, perché io non ho tempo e mio padre le chiede di darmi una mano. 

In qualche modo certi giorni la aiuto anche io con lo studio. Mi metto disteso sul divano con la testa sulle sue gambe, lei mi fa le carezze, mi tira indietro i capelli, io mi rilasso e intanto mi ripete la sua lezione. Non c’è mai stata gelosia, perché Ursula è più grande e ben più matura di me. Si rende conto della fatica che faccio e magari pensa che per me possa essere la strada giusta per un futuro diverso.