Il giorno dopo di Girmay, fra stupore e voglia di casa

29.03.2022
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Dopo l’argento di Leuven nel suo Paese era già caldo, ma dalla storica vittoria nella Gand-Wevelgem, Girmay non è più uno sconosciuto neppure in Belgio. Incontro con i giornalisti all’indomani della grande vittoria (nella foto Intermarché in apertura, una pizza e una birra nella sera del trionfo). Sarah Ingelbrecht, addetta stampa della Intermarché-Wanty-Gobert, racconta che di mattina i ragazzi sono usciti per una sgambata e si sono fermati a prendere un caffè nella Grote Markt di Bruges. Ogni tanto bambini e persone si presentavano sulla terrazza del bar in cui Biniam era seduto con Kristoff, Pasqualon e Petit per chiedergli un autografo o un selfie. E pare che a un certo punto il vincitore della Gand abbia chiesto a Kristoff se andrà così ancora a lungo. E il norvegese, per rassicurarlo, gli avrebbe detto: «Passerà, a patto di non continuare a vincere. Quindi nel tuo caso temo che non passerà». E si è fatto una risata…

Il giorno dopo

I racconti del giorno dopo sono i più belli e danno l’idea di quanto sia genuino il personaggio che domenica si è affacciato alla gloria sul traguardo di Wevelgem.

«Mille messaggi – ha raccontato – e continuano ad arrivare. Avrò presto tempo per rispondergli. Questo pomeriggio mi recherò a Parigi, dove pernotterò e domani volerò prima ad Istanbul e poi ad Asmara. Finalmente a casa. Un viaggio di 11 ore, ma non vedo l’ora».

Regali per tutti

Ancora l’addetta stampa racconta che nella valigia ha messo vasetti di biscotti tipici del Belgio e dei regali per la figlia di un anno che si chiama Layla e per la moglie di venti che si chiama Salem. Ovviamente con lui torna a casa anche il trofeo della Gand-Wevelgem. 

«Sono più consapevole – ha ammesso – di quello che è successo. Non ci sono molti corridori di 21 anni che vincono una classica. Sono rimasto sbalordito dalle reazioni dei media, dai grandi corridori che erano già venuti a congratularsi con me dopo il mio quinto posto di Harelbeke. Dopo il traguardo non potevo crederci. Dentro ho pianto di gioia».

Già dopo l’argento di Leuven fra gli U23, Girmay era stato portato in trionfo nelle vie di Asmara (foto Instagram)
Dopo l’argento di Leuven fra gli U23, Girmay in trionfo nelle vie di Asmara (foto Instagram)

I piedi per terra

Eppure tante attenzioni lo hanno turbato. Tanto ama essere al centro dell’attenzione Remco Evenepoel, che ha tre mesi più di lui, quanto è schivo e in imbarazzo Girmay per le tante attenzioni.

«Non mi piace essere al centro dell’attenzione – ha detto – sono pagato per vincere, ma non voglio essere il tipo famoso che viene ripreso continuamente dalla telecamera. Non credo di essere pronto per qualunque cosa mi accada in questo senso. So da dove vengo. Sono un ragazzo tranquillo che per natura non è abituato al trambusto di questa parte del mondo. Mi dà anche un po’ di pressione, ma cercherò di conviverci».

Con la vittoria di Wevelgem, Girmay è il primo corridore eritreo ad aver vinto una grande classica
Dopo la Gand, Girmay è il primo eritreo ad aver vinto una grande classica

Appuntamento al Giro

Il corridore improvvisamente più famoso d’Africa si aspetta un grande benvenuto all’aeroporto di Asmara, dopo quello successivo all’argento nel mondiale U23 di Leuven.

«Domenica Hanok Mulubrhan (corridore di 22 anni che corre nel team continental Bike AD, ndr) ha vinto il campionato africano – ha spiegato – con la maglia dell’Eritrea. Perciò ci sono due motivi per brindare. Quando sono arrivato dopo l’argento, c’erano centinaia di migliaia di persone in piedi mentre andavo in giro per la Capitale su un’auto scoperta. Anche se la Gand-Wevelgem è più importante di quella medaglia, voglio prima festeggiare con i miei cari. La famiglia è molto più importante della bicicletta. Dopo tre mesi, ora voglio andare a casa, questa vittoria non mi cambia come persona. Sto tornando nel mio Paese che amo. Continuerò a lavorare sodo per vincere ancora di più, restando fedele al mio programma. Per ora sono il primo africano ad aver vinto una classica, ma nemmeno io mi vedo come un modello. Sono lo stesso ragazzo di domenica mattina a Ypres. Perciò – ha salutato i media – ci vediamo a Francoforte e poi al Giro d’Italia».

Tesfatsion, una bella storia sulla strada del Giro

28.04.2021
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«Chiamatemi Natalino», sorride Tesfatsion. Come a dire che non sarà questo a cambiargli la vita. E’ stato Stefano Di Zio, massaggiatore della Androni Giocattoli-Sidermec, a coniare il diminutivo, perché Natnael non riuscivano a dirlo.

Natnael Tesfatsion ride e con orgoglio ci guida nella sua storia, iniziata in Eritrea 21 anni fa. I capelli ricci legati sopra e l’inglese per farsi capire. In Europa non ha ancora ottenuto grandi risultati, per cui di fronte alla richiesta di un’intervista deve aver pensato che fosse motivata soltanto dalle sue origini. In realtà, l’idea di approfondire il discorso è scattata dopo aver parlato con Daniele Nieri. Il direttore sportivo del Team Qhubeka continental a un certo punto dell’articolo iniziò a raccontarci di quanto siano forti gli eritrei che negli ultimi tempi sono transitati per la sua squadra e aveva puntato il dito su due in particolare. Tesfatsion della Androni e Ghebreigzabhier della Trek. Per questo siamo qui.

Re del Rwanda

Natalino è arrivato alla Androni proprio quest’anno, dopo due stagioni nella continental sudafricana. Nel suo palmares spiccano soprattutto la classifica generale del Tour of Rwanda del 2020 e il secondo posto dell’anno prima ai campionati nazionali, battuto dall’amico Natnael Berhane della Cofidis. Un metro e 75 per 58 chili, la scheda parla di uno scalatore. Il Giro d’Italia sarà un bel banco di prova, ma sarebbe prematuro pretendere la luna: si tratta pur sempre di un neoprofessionista di 21 anni

Al Tour of Rwanda 2020, per Tesfatsion tappa e maglia a Rubavu
Al Tour of Rwanda 2020, per Tesfatsion tappa e maglia a Rubavu
Quando sei salito per la prima volta su una bicicletta?

Avevo 13 anni, ad Asmara. La mia città, la capitale dell’Eritrea. Un amico aveva cominciato a correre e quando vidi che c’erano dei grandi campioni eritrei, come Daniel Teklehaimanot, Merhawi Kudus e Natnael Behrane, è venuta la voglia anche a me. In più mio padre era molto appassionato di ciclismo e mi portava a vedere le gare. Insomma, prima giocavo a calcio ed ero anche bravo. Poi è arrivata la bicicletta. Nella prima corsa arrivai sesto.

Ricordi la prima bici?

Era bianca e nera, una mountain bike. In Eritrea cominciamo tutti sulla mountain bike, la bici da strada è arrivata a 16 anni. Adesso uso la mountain bike per andare a fare la spesa.

Com’è il mondo intorno Asmara?

Ci sono tante salite, c’è anche pianura, a una quota è di quasi 2.400 metri. Per me non è difficile correre e allenarmi a quella altitudine, perché ci sono nato. Di solito tornavo a casa ogni tre mesi, ma questa volta a causa della pandemia non vado da novembre. Ho due fratelli e due sorelle, da noi le famiglie sono più numerose che in Europa. Anche mio fratello più piccolo ha cominciato a correre. Quando sono giù ho amici corridori con cui allenarmi. I miei tre migliori amici sono tutti corridori.

Presentazione delle squadre, ultima tappa al Tour of the Alps: ora il Giro
Presentazione delle squadre, ultima tappa al Tour of the Alps: ora il Giro
E’ vero che in Eritrea si parla ancora l’italiano?

Diciamo che dopo il tigrino e l’arabo c’è l’italiano. Ho scoperto venendo in Italia che i termini tecnici della bicicletta si dicono allo stesso modo. La ruota, il telaio, la sella…

Come ci si allena in Eritrea?

Meglio che in Europa, secondo me, grazie alla alta quota. E se non fosse per qualche problema con il visto, sarebbe ottimo anche andare a farci dei training camp. Ma se non hai la possibilità di venir fuori, meglio sfruttare l’occasione e partire.

Sul fatto di allenarsi a in Eritrea, il diesse Ellena racconta che il grosso problema di quanto Tesfatsion si trova ad Asmara è l’assenza di connessione internet. Se devono parlargli, il ragazzo va presso un hotel e ne sfrutta la connessione, ma quando hanno provato a fare videochiamate per spiegargli il sistema Adams, la linea non faceva che cadere.

Ci sono tanti giovani corridori ad Asmara?

Tanti e anche forti. Con Daniele Nieri abbiamo anche parlato per provare a portarli da juniores, perché il ciclismo in Eritrea è diverso da qui e per gli juniores non ci sono tante chance di venir fuori. Cresciamo guardando tutte le grandi corse in televisione. Io sono arrivato per la prima volta nel 2019 con la Dimension Data e ricordo che le prime volte rimasi colpito dal numero dei corridori, dalle discese, dalle curve, dalla velocità. E capii che per fare il corridore bisogna anche essere molto svelti. I due anni nella continental sono stati un bel modo di imparare come stare in corsa, la tecnica, il rispetto per i rivali.

Hai vinto il Tour of Rwanda.

E’ diverso, le salite però sono dure. Le strade sono grandi e ben fatte. Magari non ci sono tanti corridori forti, ma per vincere devi andare forte lo stesso.

La crono è un terreno su cui Tesfatsion dovrà lavorare molto
La crono è un terreno su cui lavorare molto
Hai lasciato casa con un sogno?

Il mio sogno è vincere il Tour de France… Anche il Giro d’Italia, sono tutte grandi corse. Se è possibile riuscirci? E’ possibile, se lavori duramente e se Dio mi darà una mano. Con il duro lavoro e con l’aiuto di Dio, niente è impossibile.

Hai tanti tifosi in Eritrea?

Tutti i tifosi di ciclismo tifano per tutti i corridori eritrei. E noi siamo amici, sentiamo molto questa appartenenza. Per cui magari nelle corse in Africa si fanno preferenze, ma quando siamo in Europa tutti tifano per tutti.

Vivi a Lucca come quando eri nella continental?

Esatto, vivo assieme a Ghebreigzabhier della Trek e Berhane della Cofidis, mentre altri due corridori della Qhubeka, anche loro eritrei, vivono a due chilometri. Mi piace vivere in Italia, il cibo è buono. Quando non mi alleno, magari vado a fare un giro, ma il più delle volte restiamo a casa.

Alla Tirreno, il primo assaggio di WorldTour accanto ai veri big del gruppo
Alla Tirreno, il primo assaggio di WorldTour accanto ai veri big del gruppo
Sei musulmano o cristiano?

Sono cristiano ortodosso, credo molto.

E’ vero che per questo alcuni cibi non puoi mangiarli?

Non poi così tanti. Non mangio prosciutto (Ellena ha aggiunto che evita anche la carne di ovini, per quello che le zampe ungulate rappresentano nella Bibbia, ndr). Quando sono a casa preparo anche un po’ di cucina eritrea, soprattutto quando posso portare qualcosa da casa. Il mio preferito si chiama injera, un piatto unico. A Lucca non ci sono ristoranti eritrei, ma a Milano o Bolgna sì. Il nostro cibo è simile a quello dell’Etiopia.

Come è andata al Tour of the Alps?

Ho portato a casa un bel mal di gambe, ma per me è stata una grande corsa, ottima per accrescere la mia condizione e le mie performance, giorno dopo giorno. Mi sono sentito meglio sulle salite e nei piccoli sprint di gruppo. A Innsbruck mi sono piazzato nono alle spalle di Moscon. Ma non chiedetemi cosa mi aspetto dal Giro. Per il momento potrei soltanto parlarvi delle mie emozioni…

E’ cresciuto ad Asmara, però manca da novembre. La città sorge a quasi 2.400 metri
E’ cresciuto ad Asmara, però manca da novembre. La città sorge a quasi 2.400 metri

Quanto vale Natalino?

L’ultima parola la chiediamo al suo tecnico Giovanni Ellena, perché è raro imbattersi in un neopro’ che ti racconti di voler vincere il Tour.

«Lui vale molto – conferma il piemontese – lo sa, però a volte se lo dimentica. Ha dei momenti in cui cerca di capire da che parte stare. Ha molte piccole problematiche che si stanno risolvendo una ad una. Aspetti fisici, tecnici e altri legati alle abitudini e alla cultura del ciclismo. Perché in Eritrea per fortuna o per sfortuna è diversa dalla nostra, anche se i termini tecnici riguardo alla bici sono uguali ai nostri. Però ha un potenziale enorme, impressionante. Ed è una persona eccezionale. Deve crescere, ma ha tutti i mezzi per farlo. Non so quanto sia pronto per una corsa a tappe di tre settimane, però è giusto che anche lui faccia parte della partita».