A tu per tu con l’iridato Hatherly. Che su strada ci sa fare, eccome…

23.02.2025
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Nel 2024 le sfide fra Pidcock e Hatherly nella mountain bike sono state per certi versi il leit motiv della stagione, contraddistinguendo anche la gara olimpica con il britannico primo e il sudafricano terzo. Dopo, però, Hatherly ha completato la sua stagione portando a casa sia la Coppa del Mondo che il titolo mondiale di cross country. Nel frattempo maturava la sua decisione di mettersi alla prova nel ciclismo su strada, accettando la proposta della Jayco AlUla.

Ha fatto quindi un certo effetto rivederlo, a inizio stagione, protagonista all’AlUla Tour sfidarsi proprio con Pidcock, riproporre quel confronto serrato ma con bici diverse. E se la vittoria del britannico poteva anche essere messa in preventivo conoscendo la sua esplosività e la sua fame di vittorie su strada, la prestazione del sudafricano ha sorpreso, con due podi, 6° posto finale e, pochi giorni dopo, la conquista del titolo nazionale a cronometro.

Il podio della Mtb a Parigi con Hatherly terzo insieme all’oro di Pidcock e a Koretzky (FRA)
Hatherly sul podio a Parigi 2024, terzo nella gara vinta ancora da Pidcock, come 3 anni prima

Un esordio inaspettato

Intercettato in Spagna, alla Vuelta a Andalucia (sfortunata e chiusasi in anticipo), Hatherly si è sottoposto di buon grado alla sua prima intervista da “stradista”, partendo dalle sue aspettative dopo un cambio così profondo.

«Mi sono preparato molto bene per questa scelta. Ho riposato meno degli altri anni a fine stagione, proprio perché con la squadra avevamo stabilito di essere subito in gara. E io volevo iniziare col piede giusto, mettermi subito alla prova. E’ andata davvero bene per me, ma sapevo che la potenza c’era. Si trattava più di posizionamento e apprendimento di nuove tecniche, ma se tutto andava liscio, sapevo che un risultato era possibile».

Che cosa ti ha convinto a passare alla strada?

Penso di aver appena raggiunto un punto della mia carriera in cui volevo imparare di nuovo, uscire dalla mia zona di comfort. Era l’occasione perfetta per mettermi alla prova. E penso che questo mi renderà un atleta migliore nel progetto a lungo termine che mi aspetta e che è focalizzato sulla conquista della medaglia d’oro alle Olimpiadi.

Il sudafricano all’AlUla Tour, dove ha colto due podi finendo 6° in classifica. Davanti, ancora Pidcock…
Il sudafricano all’AlUla Tour, dove ha colto due podi finendo 6° in classifica
Avevi già corso gare negli ultimi due anni, ma era un Hatherly diverso da quello di oggi?

Sì, di sicuro. Penso di essermi sviluppato come atleta negli ultimi due anni, solo ora sto raggiungendo l’apice della mia carriera. Penso di avere ancora molto da migliorare, ma il mio motore sta diventando sempre più potente e la strada è fondamentale in questo. Sai, in passato non mi sono concentrato molto sulle corse su strada. E’ stato più un esercizio di allenamento, ma ora ci ho preso gusto, al di là del contratto. Mostrerò ancora di più col passare del tempo.

In mountain bike sei il campione del mondo, su strada che corridore pensi di poter diventare, da classiche o da corse a tappe?

Non so dare una risposta, non saprei indicare una categoria che mi calzi a pennello, ma se dovessi indovinare ora dalle poche gare che ho fatto, mi piace molto la salita e le corse a tappe in particolare. Penso che quel tipo di gara e quel tipo di lavoro di squadra mi si addicano. Ma nonostante tutto, non vedo l’ora di partecipare ad alcune delle gare di un giorno in calendario, come le classiche delle Ardenne. Saranno un bel test per vedere come me la cavo nelle gare di un giorno.

Alan ha trovato grande aiuto fra i compagni di squadra, che hanno subito visto le sue qualità
Alan ha trovato grande aiuto fra i compagni di squadra, che hanno subito visto le sue qualità
Essere un biker ti dà qualcosa di più?

Sì, penso che la maneggevolezza della bici sia davvero elevata. L’esperienza accumulata in mountain bike mi dà un po’ di sicurezza per essere molto preciso e rilassato durante le manovre e penso che forse il più grande vantaggio sia essere davvero esplosivo e in grado di mantenere alta potenza per un lungo periodo di tempo, perché ovviamente nella mountain bike non ci sono tante tattiche di squadra, è uno sport più individuale, quindi penso che quel background mi aiuterà davvero ad andare avanti, in quanto sono in grado di sostenere gli sforzi a lungo ed essere abbastanza esplosivo per farcela.

Sei stato il più grande sfidante di Pidcock lo scorso anno, ora te lo sei ritrovato davanti su strada all’AlUla Tour. Nella vostra sfida hai trovato qualcosa di diverso?

Non poteva essere la stessa cosa, per me la strada è ancora molto nuova. Penso di dover ancora pagare dazio su strada a uno come lui, imparare le basi. Lì la differenza si è vista. Ma penso che il tempo giochi dalla mia parte, presto saremo anche lì ad armi pari. Già nelle prossime gare voglio essere più vicino.

Le sue vittorie stanno riportando attenzione sul ciclismo nel suo Paese
Le sue vittorie stanno riportando attenzione sul ciclismo nel suo Paese
Qual è la situazione del ciclismo sudafricano?

Non ci sono più così tanti corridori nel World Tour. Io, Ryan Gibbons e poi ci sono alcuni ragazzi nelle squadre professsional. Abbiamo molte gare locali, ma quelle di alto livello non sono più così tante in Sud Africa. Penso che siano solo i campionati nazionali a cui si danno punti e il resto è tutto non UCI. Quindi è abbastanza dura trovare spazio, affermarsi, colmare il divario tra le gare sudafricane e quelle internazionali. Quindi sono davvero fortunato ad aver potuto gareggiare a livello internazionale in mountain bike a un livello così alto che la transizione non è stata troppo difficile.

Molti dicono che la mountain bike internazionale è in crisi, pochi soldi e poca attenzione dei media. Tu che cosa ne pensi?

Non sono d’accordo. Penso che si stia sviluppando abbastanza velocemente. Sta diventando molto elitaria, con un approccio più di tipo F1. Ovviamente ci sono stati anche alcuni cambiamenti di regole, ora devi essere tra i primi 100 classificati UCI o nella squadra MTB UCI Elite per gareggiare in Coppa del Mondo. Con meno partecipanti, per la TV potrebbe essere una gara più ricca di azione.

Hatherly in trionfo ai mondiali di mtb 2024. Ora vuole ripetersi in Kansas, ma dopo la stagione su strada
Hatherly in trionfo ai mondiali di mtb 2024. Ora vuole ripetersi in Kansas, ma dopo la stagione su strada
Che cosa ti proponi quest’anno e continuerai a dividerti con la mountain bike?

Sì, il mio obiettivo principale per quest’anno è essere già a un buon livello nelle gare su strada. Voglio davvero ottenere buoni risultati prima di tornare alla mountain bike, che mi accompagnerà da maggio in poi per gareggiare in Coppa del Mondo e concentrarmi per la conferma del mio titolo mondiale di mountain bike in Kansas a fine estate. Su strada vorrei centrare una Top 10 in una gara importante, poi i sogni non hanno confini… Penso che forse con un po’ più di esperienza sarò in grado di farcela, ma non si sa mai. Imparo abbastanza in fretta. Quindi non vedo l’ora di affrontare questa sfida.

Dopo la tua prima esperienza, hai pensato che forse era il caso di cambiare prima verso il ciclismo su strada?

Non mi pongo il problema. E’ stato molto difficile ottenere un’opportunità. La maggior parte delle squadre mi vedevano già troppo vecchio, mettici anche il fatto che non avessi alcuna esperienza internazionale, semplicemente non erano disposte a correre il rischio. Le mie vittorie mi hanno aperto le porte, ora voglio ripagare tanta fiducia.

Cos’è cambiato nelle scelte di Pidcock? Proviamo a capire

03.02.2025
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Prime corse, primi dislivelli degni di nota e Pidcock timbra subito il cartellino. Materiali e bici differenti, ma qualcosa è cambiato anche nel fitting del corridore britannico.

Scott Addict RC e Foil a disposizione (le due vittorie la ha ottenute con la nuova Addict), trasmissione Sram Red e ruote Zipp, tubeless Vittoria. Grazie al contributo del suo meccanico Edgar Coso Ferrer vediamo però cosa (e se) è cambiato rispetto al bikefitting usato fino all’anno passato.

I materiali a disposizione di Pidcock

Appena entrato nell’orbita del Q36.5 Pro Cycling Team, a Pidcock è stata fornita la nuova versione della Scott Addict RC, in una livrea particolare: non la medesima in dotazione alla squadra. Durante i primi ritiri sono arrivate le bici ufficiali e alla Addict si è aggiunta anche la Foil: la prima da usare per le corse con i dislivelli importanti, la Foil per le tappe pianeggianti e vallonate.

Durante i test invernali il corridore britannico ha usato per la maggiore il plateau 54-41 e la scala pignoni 10-33 posteriore, combinazione utilizzata anche all’ALUla Tour. La trasmissione è Sram Red, il power meter Quarq, pedali Shimano e sella Prologo Scratch M5 PAS (forse non ufficiali, ma evidenti, entrambi usati in precedenza sulla Pinarello). Le ruote Zipp 454 NSW, con tubeless Vittoria Corsa Pro da 28 millimetri di sezione. Spicca inoltre il reggisella con il massimo arretramento disponibile e le pedivelle da 165 (in precedenza usava le 170).

Edgar Coso Ferrer, meccanico della squadra svizzera in cui da quest’anno milita Pidcock (foto Team Q36.5)
Edgar Coso Ferrer, meccanico della squadra svizzera in cui da quest’anno milita Pidcock (foto Team Q36.5)
Quando avete messo in misura le bici di Pidcock?

Dal primo di dicembre in avanti abbiamo iniziato sulle bici di Pidcock, immediatamente dopo il suo arrivo ufficiale. Come è facile pensare abbiamo aspettato i telai da Scott. Dal primo ritiro siamo andati a tutta per preparare le bici ufficiali, da allenamento e gara.

Rispetto a quella da lui usata al Team Ineos, avete fatto delle variazioni?

Le misure sono rimaste identiche, solo qualche piccolo aggiustamento legato alle geometrie della bici, differente tra Scott e Pinarello, ma le misure sono quelle anche per richiesta del corridore.

Un arretramento della sella che sembra fuori tempo!

Lui pedala in questo modo, comunque ben centrato sulla bici e sul piantone, ma con una sella molto scaricata verso il retro. Potrebbe usare una bici di una misura maggiore, invece preferisce una taglia più piccola, arretrare la sella e usare un attacco manubrio lungo.

La taglia delle sue bici e quanto pesano?

Taglia XXS per Addict e Foil, potrebbe usare anche una XS, ma preferisce la XXS. La Addict è a norma UCI, 6,8 chilogrammi nella versione pronto gara, con il numero ed il trasponder applicati. La sua Foil è 7,09: entrambe a parità di allestimento con le ruote Zipp 454 NSW.

La lunghezza delle pedivelle che usa Pidcock?

165 millimetri, una delle primissime richieste, forse la prima che ci ha fatto quando abbiamo preparato tutti i componenti per le sue bici.

Ha fatto delle richieste in termini di bike fitting e per il montaggio delle bici?

Non ha avanzato richieste particolari, anche se è lampante il suo essere attento e curioso. Parla poco e sa quello che vuole, ascolta sempre, ma alla fine è lui che decide. Si percepisce che è convinto delle sue scelte, ed è molto professionale. Inoltre chiede molte informazioni sulle bici e sulla tecnica in genere.

Una Addict RC in mezzo alle Foil RC dei compagni
Una Addict RC in mezzo alle Foil RC dei compagni
C’è una delle due bici che considera primaria?

Per lui è la Addict la bici numero uno, la scelta principale. In diverse occasioni ha fatto apprezzamenti sulla reattività, facilità di guida e prontezza della bici, nervosa e scattante come lo è lui.

Boaro e l’ammiraglia: la somma di tante esperienze diverse

19.02.2024
5 min
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Una volta scesi dalla bici ci si accorge che la vita e il mondo del ciclismo sono diversi da come li si è sempre visti. Anzi, assume sfumature differenti: ci si accorge di cose che magari prima erano solamente un contorno sfocato. Manuele Boaro ha terminato la sua carriera a ottobre e un mese dopo era già nei panni del diesse (foto di apertura JCL Team UKYO). La squadra è la continental giapponese JCL Team UKYO della quale vi abbiamo raccontato obiettivi e i progetti. Ma com’è cambiata la vita di Boaro?

«Dalla macchina – ci dice subito – è un’altra prospettiva, qui da noi ci sono atleti che hanno tanta voglia, chiedono e imparano in fretta. In Oman stavamo anche per vincere, peccato abbiano ripreso Earle negli ultimi 150 metri. Devo ammettere che dietro il traguardo avevo il cuore a mille, pensare di vincere alla prima corsa dove ero da solo come diesse mi ha emozionato parecchio. Se mi fermo ancora, mi sale l’adrenalina del momento». 

La prima gara della stagione Volpi e Boaro, a destra dei corridori, l’hanno fatta insieme (foto team JCL UKYO)
La prima gara della stagione Volpi e Boaro, a destra dei corridori, l’hanno fatta insieme (foto team JCL UKYO)
Com’è andata la prima gara?

Bene, per fortuna all’AlUla Tour c’era Volpi che con la sua enorme esperienza mi ha aiutato tanto. Poi io ho fatto del mio meglio, cercando di assimilare il più possibile, ma è un modo completamente nuovo.

Cosa ti ha insegnato Volpi?

Nelle prime gare mi ha aiutato a capire l’ordine delle ammiraglie, come comportarsi con la giuria, le regole… Ci sono da imparare tante cose e molte sono dei dettagli. Alberto è bravo a spiegare sia prima che dopo la corsa. Ho tanta esperienza in gara, ma la mia più grande fortuna è quella di aver avuto diesse e manager che mi hanno passato qualcosa. Questo l’ho notato anche in Volpi.

Al Tour of Oman Boaro si è ritrovato da solo a gestire le dinamiche di corsa: test superato (foto team JCL UKYO)
Al Tour of Oman Boaro si è ritrovato da solo a gestire le dinamiche di corsa: test superato (foto team JCL UKYO)
In che senso?

Alberto ha la sua impronta, come tutti, però ha molte cose che gli sono state passate da Ferretti.

Tu hai qualche diesse che ti ha trasmesso più di altri? 

Bjarne Riis, lui come diesse aveva una marcia in più che mi ha lasciato. Ha trasmesso tanto: il modo di lavorare, di fare squadra e altro ancora. I ragazzi devi cercare di conoscerli anche al di fuori della bici, così diventa facile fare gruppo e costruire qualcosa. 

Hai qualche ricordo particolare di Bjarne Riis?

Aveva la passione, se così possiamo dire (fa una risatina, ndr) di fare dei ritiri particolari e stravaganti. Una scelta che poi tornava utile, perché con certe esperienze la squadra si unisce, si fortifica. Io non sono ancora riuscito a proporre dei ritiri diversi, ma ci penseremo, bisogna chiedere a Volpi (ride, ndr).

Creare un gruppo coeso si sta rivelando semplice, grazie alla curiosità dei nuovi (foto team JCL UKYO)
Creare un gruppo coeso si sta rivelando semplice, grazie alla curiosità dei nuovi (foto team JCL UKYO)
La prima gara da solo è stata in Oman, com’è andata?

Bene, ero un po’ teso ma ho cercato di rimanere sereno e trasmettere tranquillità alla squadra. Ho seguito i consigli di Volpi, ma ho messo anche del mio, soprattutto nelle piccole cose, nei dettagli.

Ad esempio?

Cercavo di non stressare troppo i corridori via radio, oppure nelle riunioni la sera dicevo le cose essenziali, così da tenerli concentrati. Poi ho commesso i miei errori, ma è giusto così, fa parte della crescita come diesse.

Gli insegnamenti passano da tutte le fasi di gara: dallo scegliere la fuga giusta al rifornimento
Gli insegnamenti passano da tutte le fasi di gara: dallo scegliere la fuga giusta al rifornimento
Quali errori hai commesso?

Magari nel passare qualche borraccia o nel dare indicazioni via radio. Ad una tappa ho sbagliato a dare un’indicazione per una curva. Oppure a una delle prime frazioni sono partito con i fogli sul cruscotto, la radio appoggiata e alla prima curva è volato tutto in giro. Cose piccole, ma che si imparano con l’esperienza. 

Com’è approcciarsi alle corse da diesse?

Diverso. Devi preparare tutto a casa: piani, slide e tutto il resto. Così una volta che si è alle corse devi pensare solo alle cose piccole, ai dettagli. Volpi dice sempre che prevenire è meglio che curare. Alle corse devi pensare a tutti: massaggiatori, meccanici, corridori. 

Il gruppo dei giapponesi si dimostra curioso e ha tanta voglia di imparare
Il gruppo dei giapponesi si dimostra curioso e ha tanta voglia di imparare
E’ stato facile creare il gruppo squadra?

In realtà sì. La parte di corridori giapponesi è davvero molto curiosa. Averli insieme e parlarci è un piacere, hanno tanta voglia di fare e imparare. A volte avevano anche troppa fretta di andare in fuga, ho spiegato loro che dovevano avere pazienza. Ci sono tappe dove non ha senso spingere per uscire dal gruppo, meglio risparmiare e provare a quella successiva, che magari è più favorevole. 

Cosa hai capito da corridore che ti porti in ammiraglia?

Che gli atleti sbagliano, è giusto rimproverarli e far vedere dove si può migliorare, ma non si deve creare l’assillo. I miei 13 anni di carriera sono volati, bisogna fare in modo di preservarli e viverli con serenità.

Formolo: l’esordio con la Movistar e un tampone da fare

09.02.2024
4 min
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Dopo quattro stagioni colorate di bianco, nero e rosso con il UAE Team Emirates, vedere Davide Formolo con un’altra divisa fa uno strano effetto. Il veneto da gennaio è un nuovo corridore della Movistar. Squadra storicamente spagnola, che ha spesso aperto le porte anche a corridori italiani. Una nuova avventura per “Roccia”, che a 31 anni ha scelto di provare a giocarsi ancora le sue carte. Il finale di 2023, con due vittorie ravvicinate, deve avergli dato la sensazione che in cima ci sia ancora posto per sporgere la testa. 

Nell’ultima tappa dell’AlUla Tour a Formolo sono mancati 100 metri per restare con i primi
Nell’ultima tappa dell’AlUla Tour a Formolo sono mancati 100 metri per restare con i primi

Esordio nel deserto

L’esordio con la Movistar è arrivato all’AlUla Tour, Formolo si è fatto vedere, ma non è arrivato lo squillo. Poco male, le gambe girano e le corse che contano sono più avanti, la fretta è sempre cattiva consigliera. 

«Sono a casa – ci dice Formolo appena lo intercettiamo – ho appena fatto un tampone per il Covid. Mi sa che me lo sono preso, ma non so bene quando. Mi sono insospettito perché in questi giorni sentivo male ai polmoni mentre pedalavo. Sono tornato dall’Arabia tre giorni fa, la trasferta è andata tutto sommato bene, siamo sempre stati lì davanti. Dispiace non essere riuscito a giocarmi la vittoria fino alla fine (il riferimento è in particolare all’ultima tappa, ndr). Mi sono mancati proprio gli ultimi 100 metri».

Il focus della stagione per “Roccia” saranno i mesi di marzo e aprile
Il focus della stagione per “Roccia” saranno i mesi di marzo e aprile
Facciamo un passo indietro, com’è andato l’ambientamento in Movistar?

Bene, sono rimasto impressionato dall’organizzazione. Ho subito trovato un buon feeling con i compagni e ne sono contento. Ho desiderato molto questo passaggio, mi sono accorto che era l’anno giusto per cercare nuovi stimoli. Anche l’età avanza, quindi volevo cambiare quando potevo ancora essere competitivo. Qui avrò più spazio nelle corse di un giorno. 

In che modo è cambiato il tuo inverno con la squadra nuova?

A livello di preparazione abbiamo deciso di lasciarci dei margini per crescere in vista dell’estate. Tra luglio e agosto correrò Tour e Vuelta, dovrò farmi trovare pronto, sarà il periodo clou. Se guardo ai mesi che arrivano, quindi marzo e aprile, questi sono il mio focus per la stagione. Ci sono tante gare nelle quali voglio fare bene, come Strade Bianche e Ardenne. 

La Canyon è una bici con delle geometrie più votate all’aerodinamica
La Canyon è una bici con delle geometrie più votate all’aerodinamica
Sei comunque andato in ritiro sul Teide a gennaio, eri solo o con la squadra?

Solo. In realtà in compagnia di Valerio Conti. Mi piace andare sul Teide a gennaio, mi posso allenare su salite lunghe e fare percorsi impegnativi. E’ il momento per fare i giusti passi nella preparazione, anche perché poi si inizia a viaggiare e non c’è più tempo. Preferisco andare da solo in ritiro perché riesco ad ascoltarmi di più e capire quando spingere o, al contrario, se devo riposare. 

Cosa ti ha sorpreso di più della Movistar?

L’organizzazione, hanno tutto programmato e anche lo staff ha un’esperienza e delle competenze invidiabili. La bici è molto diversa rispetto alla Colnago che avevo in UAE. E’ stato un bel cambiamento, la Canyon mi sembra più veloce in pianura. Si vede a occhio nudo: ha un telaio più allungato e delle geometrie molto più aerodinamiche. La Colnago, invece, era più leggera. Pensata per la salita. 

Oltre a Formolo (a destra) ci sono altri tre italiani nella Movistar: Cimolai (a sinistra), Milesi (al centro) e Moro che ha debuttato in Australia
Oltre a Formolo (a destra), altri tre italiani nella Movistar: Cimolai (a sinistra), Milesi (al centro) e Moro, che ha debuttato in Australia
Con il gruppo come ti sei trovato?

Bene, fin da subito. Non ho notato grandi differenze rispetto alla UAE. Questo perché entrambi i team hanno un animo latino. Sarà anche per questo che non mi sembra di aver subito il cambio. 

In squadra è arrivato anche Quintana, Mas potrebbe non essere più l’unico leader.

Da quanto ne so Quintana dovrebbe fare il Giro d’Italia e Mas il Tour de France. Poi entrambi saranno alla Vuelta, ma vedremo. Io tirerò per tutti e due, il mio lavoro è farmi trovare pronto.

Ora il programma cosa prevede?

Avrei dovuto fare qualche gara in Spagna, e poi martedì 13 sarei dovuto partire per il Teide. Visto che con il dubbio del Covid non andrò a correre, penso di anticipare il ritiro a sabato (domani, ndr). Poi vedremo, dopo il Tour de France spero di avere il tempo di stare a casa con la famiglia e fare un ritiro. Anche se, con la legge passata ieri (mercoledì, ndr) sulle camere ipobariche, magari mi farò qualche giorno a casa in più. Risparmiando soldi e tempo. Probabilmente è stata mia moglie a fare pressioni affinché passasse questa normativa, così rimango a casa più spesso (conclude con una risata, ndr).

Carboni all’AlUla Tour. Il debutto in mezzo al deserto

04.02.2024
5 min
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C’è voluto un po’ perché Giovanni Carboni si aprisse dopo il cambio di squadra e la nuova avventura che sta vivendo al JCL Team Ukyo. Per tutto l’inverno aveva scelto la via del silenzio, del lavoro, tenendo strette per sé le sue sensazioni e conoscendo la sua storia non si può che comprenderlo. Il corridore di Fano è uno di quelli che ha vissuto sulla propria pelle la disastrosa gestione (da parte dell’Uci in primis) della vicenda Gazprom Rusvelo dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e per mesi è rimasto fermo al palo, trovando un ingaggio in Spagna solo quasi a fine stagione 2022.

Quell’esperienza ha lasciato cicatrici. Alla fine dello scorso anno Carboni ha accettato la proposta del team giapponese fidandosi della competenza e del prestigio di Alberto Volpi, ma c’è voluto tempo per vincere la naturale diffidenza. Poi la stagione è iniziata, il marchigiano è volato nel deserto per fare il suo esordio con la squadra all’AlUla Tour e anche la sua voglia di parlare ha trovato sfogo.

Carboni fra Koishi e Malucelli: il loro esordio stagionale è stato finora promettente
Carboni insieme a Malucelli: il loro esordio stagionale è stato finora promettente
Una gara sicuramente diversa dal solito per iniziare il tuo cammino…

Molto meno semplice di quanto si possa pensare. Certo, non ci sono grandi asperità, le tappe per la maggior parte si concludono in volata, ma le difficoltà non mancano e sono legate soprattutto al vento che da queste parti imperversa.

Come influisce?

Basta una folata che possono crearsi ventagli. Bisogna stare continuamente all’erta, è una corsa che si disputa soprattutto di testa, a livello di concentrazione. Nella seconda e terza tappa ci sono state folate che hanno letteralmente spaccato il gruppo e c’è stato da lavorare per ricomporlo, le squadre dei velocisti hanno fatto un gran lavoro.

Il vento e la formazione dei ventagli sono stati i maggiori ostacoli nell’a corsa egiziana’AlUla Tour
Il vento e la formazione dei ventagli sono stati i maggiori ostacoli nell’a corsa egiziana’AlUla Tour
Che paesaggi avete affrontato?

E’ una gara diversa dal solito, questo è certo. Esci dalle città e ti ritrovi in mezzo al deserto. Strade molto ampie, che non cambiano mai, dove la direzione è sempre la stessa. Se c’è battaglia diventa tutto molto difficile perché si fa fatica soprattutto mentalmente. Non che ci sia da stupirsi, siamo nella nazione tra le più caratterizzate da questo tipo di ambiente.

Giustamente dici che l’ambientazione influisce sull’aspetto mentale. Che effetto fa?

Diciamo che devi abituarti. Poi quando la corsa parte devi concentrati su quel che avviene e non ci si accorge più di tanto di quanto c’è intorno. A me fa molto effetto dopo, durante i trasferimenti. Noti la desolazione, pensi alle difficoltà di chi è nato e vive in un ambiente ostile. E’ davvero difficile, è qualcosa che ti dà da pensare.

Tim Merlier, forse il più famoso dei corridori in gara, vincitore di due tappe
Tim Merlier, forse il più famoso dei corridori in gara, vincitore di due tappe
Trovate pubblico?

Questo è un aspetto interessante. Nei ritrovi di tappa e soprattutto negli arrivi c’è, ma è facile accorgersi che si tratta soprattutto di gente molto abbiente, che ha tempo per assistere, non ha obblighi di lavoro. Altrimenti vedi che la gente normale è quasi disinteressata, troppo presa dalle proprie attività. Lungo i percorsi, poi, non c’è proprio nessuno ma è facile capire il perché…

Tu hai fatto il tuo esordio nel team proprio in quest’occasione. E’ una squadra più giapponese o italiana?

Io direi che entrambe le nature coesistono. Io ho trovato una professionalità e una mentalità prettamente europea, Alberto Volpi e Manuele Boaro hanno dato già un’impronta decisa alla squadra. Al contempo però c’è una forte matrice giapponese: il peso dello sponsor è molto accentuato, c’è un’attenzione al dettaglio quasi maniacale. Io penso che siano due realtà che possono davvero coesistere e far crescere la squadra.

Alberto Volpi è il team manager del team giapponese. Anche per lui è stato un esordio
Alberto Volpi è il team manager del team giapponese. Anche per lui è stato un esordio
Già all’inizio dell’avventura vi trovate a gareggiare contro team del WorldTour. Si vede la differenza?

Non potrebbe essere altrimenti, i budget a disposizione non sono neanche paragonabili. Se parliamo però di attenzione e disponibilità verso i propri corridori, Alberto non ci fa mancare davvero nulla e mette a disposizione tutta la sua esperienza. E’ un valore in più per noi, soprattutto per noi italiani (con Carboni corrono Pesenti e Malucelli, ndr) che conosciamo bene la sua storia e la sua competenza.

Tu sei partito con quale ruolo?

Noi corriamo tutti in appoggio a Malucelli che è il più veloce, con noi ci sono anche 3 giapponesi e l’esperto australiano Earle. Io vengo da un inverno un po’ difficile, tra covid e influenza in pratica ho perso tutto dicembre e questo sulla condizione si fa sentire. L’AlUla Tour non è poi una corsa che si confà alle mie caratteristiche, ma io la sto interpretando un po’ “vecchio stile”, ossia per raggiungere la miglior forma, facendo quel che posso per i compagni.

Carboni alla Gazprom: un’avventura durata poche settimane e chiusa con 6 mesi di sofferenza per trovare un team
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Che obiettivi ti sei posto per questa stagione?

Nessuno in particolare, vivo un po’ alla giornata. Qui come detto l’importante è chiudere con una forma migliore di quella che avevo alla partenza, poi andremo al Tour of Oman che ha percorsi molto più adatti alle mie caratteristiche e dove spero di avere qualche occasione per mettermi maggiormente in mostra.

Che livello hai trovato in questa corsa?

E’ molto buono. Considerate che di squadre continental con noi ce ne sono solamente un paio, le altre sono tutte WorldTour o professional e sono tutte venute con un velocista di punta e un uomo per la classifica. Ciò ha portato la corsa a un valore notevole. Quel che ci voleva per iniziare.