Van Aert spalle al muro risponde colpo su colpo

23.09.2023
6 min
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Alla vigilia dei campionati europei di Drenthe su strada, dopo la crono chiusa al terzo posto (su 20 podi del 2023, le vittorie sono state “solo” 5), Wout Van Aert ha parlato con la stampa nell’hotel della nazionale belga. In questo finale di stagione, in cui l’europeo ha preso il posto del mondiale e si fa fatica a trovare le motivazioni, al campione di Herentals sono arrivate domande su quattro grossi temi. Il ritiro forzato di Nathan Van Hooydonck, cui è stato impiantato un defibrillatore come lo scorso anno a Colbrelli. La squadra che vola nei Giri e meno nelle classiche. Le poche vittorie a fronte dei tanti piazzamenti. Infine la Vuelta della Jumbo-Visma, vissuta da spettatore mentre era al Tour of Britain.

Van Hooydonck e Van Aert hanno diviso corse su corse: lo stop al compagno ha lasciato il segno
Van Hooydonck e Van Aert hanno diviso corse su corse: lo stop al compagno ha lasciato il segno

Su Van Hooydonck

Nathan Van Hooydonck si è sentito male mentre era alla guida della sua auto. I soccorsi sono stati immediati, il ricovero in ospedale ha permesso di rintracciare le cause della perdita di coscienza, ma la carriera del gregario belga si è subito interrotta, al pari di quello che accadde a Colbrelli, che sui social gli ha espresso la totale vicinanza.

«Non ho mai pensato di annullare questa trasferta – ha detto Van Aert – così come per fortuna le cose sono andate diversamente rispetto a quando assistemmo alla morte di Mader. Non conoscevo personalmente Gino e ho legato il suo incidente al fatto di essere un ciclista. Anch’io avevo appena fatto la discesa in cui è caduto e a un certo punto ho pensato che sarebbe potuto accadere a me. Nathan si è sentito male in macchina, non in un momento di sforzo. Con lui conta soprattutto l’aspetto personale: è un amico, conosco la sua famiglia.

«Nathan è un ragazzo molto dolce, pensa agli altri più che a se stesso. Inoltre è un professionista in tutto e per tutto. Siamo sempre stati compagni di stanza anche in nazionale, l’unica cosa che non sopporto di lui è quel guardare in continuazione le telecronache di golf (ridendo, ndr). Quando ho saputo che avrebbe dovuto chiudere la carriera ho pensato che è ingiusto. Deve essere un duro colpo per lui non poter portare avanti la sua passione. Sembra brutale. Spero soprattutto che guarisca completamente. Lui e la sua compagna hanno già dovuto affrontare troppi problemi. Spero che la nascita del loro bambino sia l’occasione per essere felici».

Roubaix e Fiandre mancano al palmares di Van Aert, per sfortuna e per atleti più in forma coma Pogacar e VdP
Roubaix e Fiandre mancano al palmares di Van Aert, per sfortuna e per atleti più in forma coma Pogacar e VdP

Sulle classiche

Nel 2023, la Jumbo-Visma ha vinto i tre Grandi Giri, ma nessun monumento. Tanti piazzamenti, corridori spesso protagonisti, ma nei finali si è sempre spenta la luce. Perché l’approccio tanto magnificato nelle corse a tappe non funziona nelle classiche?

«E’ qualcosa cui ho pensato spesso anche io – ha riflettuto Van Aert – anche se a mio avviso abbiamo fatto grandi passi avanti nel preparare queste corse. Sono consapevole anche del fatto che saremmo qui a fare altri discorsi se non avessi bucato alla Roubaix o se non ci fossimo imbattuti in qualcuno più forte, come Pogacar al Fiandre e Van der Poel alla Sanremo. Forse questi corridori, cui sommo anche Evenepoel a Liegi, hanno più talento nelle classiche maggiori. Se invece ci sarà da cambiare qualche programma per arrivarci più fresco, si dovrà valutarlo con la squadra. Potremmo parlarne a lungo.

«Siamo stati spesso vicini alla vittoria, non esserci riusciti potrebbe essere dipeso anche dalla sfortuna? Se così fosse, si potrebbe tenere lo stesso calendario e sperare che le cose vadano meglio. E’ il destino del corridore che arriva secondo. E’ il primo cui viene chiesto che cosa non abbia funzionato e cosa potrebbe cambiare l’anno dopo. Io credo che cambiamenti ci saranno, ma per piccole cose. Magari si potrebbe ridurre l’impegno nelle corse minori, ma io se ho buone gambe, non mi tiro indietro. Forse potrei imparare a risparmiarmi un po’ dopo aver fatto la selezione. Questo è un tema sul tappeto…».

Van Aert dice che non otrebbe mai correre il Tour in preparazione del mondiale come ha fatto VdP
Van Aert dice che non otrebbe mai correre il Tour in preparazione del mondiale come ha fatto VdP

Sulla specializzazione

Il guaio è che a lasciarlo fare, Van Aert brilla su tutti i terreni. Gli manca la pista, ma per il resto vince nel ciclocross, in volata, nelle crono, sui muri e va fortissimo in salita. E’ così fuori categoria che finora nessuno gli aveva chiesto di fare delle scelte, invece il 2023 è stato il primo anno in cui si è mostrato battibile. E questo ha aperto il fronte rei ragionamenti.

«Al giorno d’oggi – ha detto – spesso si vince con azioni solitarie, ma molte classiche si decidono allo sprint di un piccolo gruppo. Io sono semplicemente versatile. Potrei provare molte più soluzioni contemporaneamente, ma non lo faccio consapevolmente. Quest’anno ad esempio non ho lottato per la classifica alla Tirreno-Adriatico. Forse non mi concentrerò troppo sulle crono a inizio stagione, perché le ore di allenamento che richiedono sono effettivamente energia sprecata rispetto alle classiche.

«Invece non sono d’accordo sulle critiche dopo il mondiale per aver sprecato troppo al Tour. Stiamo parlando del Tour, la corsa più importante dell’anno. Non penso che potrei mai farlo solo come preparazione. Non sono uno da 90 corse all’anno, per cui tante le farebbe in preparazione. Io corro per vincere e quando attacco il numero sulla maglia, do valore al mio impegno. Spero che la gente mi apprezzi anche per questo. Personalmente la vedo come una grande forza che non vorrei mai gettare a mare. Penso che con il mio modo di correre, puntando sempre al massimo su tanti obiettivi diversi, lascio il segno più che con una vittoria specifica. Fiandre e Roubaix darebbero molto al mio palmares, ma se non arrivano, non sarà un fallimento. Non è questo il punto di partenza con cui voglio correre per il resto della mia carriera».

Il finale della Vuelta ha reso Van Aert orgoglioso del suo team e felice per la vittoria di Kuss
Il finale della Vuelta ha reso Van Aert orgoglioso del suo team e felice per la vittoria di Kuss

Sulla Vuelta

Infine la Vuelta, vissuta con gli occhi dello spettatore, senza essere perfettamente consapevole delle dinamiche interne, ma sapendone abbastanza per averne un’idea precisa.

«Kuss, Roglic e Vingegaard – ha detto – mi sono davvero piaciuti. Sepp è la persona più educata che conosco. Nello stress della gara, lui sorride sempre. Si diverte, trova tutto bello, mostra sempre apprezzamento per il lavoro degli altri. E’ fantastico che abbia appena vinto la Vuelta. Lui e i suoi suoceri spagnoli pensano che questo sia il grande Giro più importante dell’anno. Certo Roglic ha detto di avere una sua opinione diversa sulla tattica della squadra e magari non è stata l’affermazione più saggia, perché ha solo alimentato la confusione. Primoz ha un background da atleta individuale (lo sloveno proviene dal salto con gli sci, ndr) e talvolta questo affiora. Ma la cosa più importante è il modo in cui sono riusciti ad arrivare in fondo.

«Sono orgoglioso di far parte di una squadra del genere, anche se capisco che la gente ci guardi con circospezione. Capisco che sia un argomento di conversazione, ma le domande devono essere motivate. Quando ne parlo con gli altri corridori e spiego come lavoriamo, nessuno ha cose da dire. Alcune domande invece provengono dal passato di questo sport, ma io resto fedele al mio punto di vista: se per definizione mettessimo in discussione ogni grande prestazione, continueremmo a non trovare la strada».