«Oggi dovevo fare sei ore. Bormio 2000, poi ho fatto i Laghi di Cancano, quindi Foscagno ed Eire». Sonny Colbrelli è in ritiro a Livigno e punta forte sul Tour de France. Avevamo parlato con il bresciano della Bahrain-Victorious all’inizio del Delfinato, ma visto come è andato il suo antipasto della Grande Boucle era doveroso tornare a sentirlo.
Colbrelli ha mostrato uno sprint potente, lunghissimo come poche altre volte si è visto, ed un’eccellente tenuta in salita. Ma il bello è come ha corso. Spesso è stato il regista non solo della sua squadra, ma dell’intera gara. Ha fatto scandire il ritmo, ha fatto chiudere sulle fughe, ha aspettato nei tratti a lui meno congeniali per reagire subito dopo. Insomma, al netto dei risultati, non è stata una gare banale la sua. Il Delfinato 2021 ci ha regalato un corridore vero, un capitano con la “C” maiuscola.
Sonny, ma quanto sei andato forte?
Eh – dice con tono soddisfatto – si fa quel che si può. Per adesso va bene dai. Forse non mi aspettavo neanche io di andare così. Sapevo di stare bene ma non credevo di essere già così pronto e vincente.
Questo Delfinato cambia la tua dimensione?
No, però può darmi più fiducia per i prossimi appuntamenti e non solo in vista del Tour. Comunque vincere dà morale a prescindere.
Hai corso davvero bene. Hai gestito la squadra in prima persona, hai fatto la corsa facendo tirare i compagni…
La squadra ha sempre creduto in me e vedendo come andavo mi ha assecondato molto. Vero, ho fatto lavorare tutti, anche Jack Haig che era il nostro uomo di classifica, cosa che non si fa sempre, ma anche lui aveva fiducia in me. Vedere i compagni che ti seguono è stato importante. Mi sono preso delle belle responsabilità, ma penso anche che poteva andare meglio. Potevo vincere quattro tappe anziché una.
E cosa hai imparato in questa “nuova” veste?
Che devo stare più calmo, non devo avere fretta e di vivere alcune situazioni in modo più semplice. Non agitarmi se non si chiude sulla fuga e confrontarmi coi compagni.
Visto la tenuta in salita che hai mostrato, la maglia verde è l’obiettivo?
Bella domanda! Il mio obiettivo principale è quello di vincere una tappa e poi semmai la maglia verde. Certo, è dispendioso ma non è impossibile e se avrò la gamba ci proverò di sicuro.
Ci pensavi anche prima del Delfinato alla maglia verde o già ci credevi?
No, era in testa già prima del Delfinato perché quest’anno al Tour avrò carta bianca e quindi un pensierino ce lo avevo fatto. Semmai è aumentata la consapevolezza. Anche se va detto che al Delfinato c’erano tanti scalatori e meno velocisti, mentre al Tour ci sarà gente come Van der Poel, Van Aert, Sagan, Bennett... insomma non sarà facile! Intanto abbiamo portato a casa questa del Delfinato. E non è poco.
Ma lo hai detto tu stesso: lì c’erano tanti scalatori e tu arrivavi nel gruppetto dei primi 30-40. Per vincere la maglia verde non basta essere solo velocisti…
No, no… devi andare forte anche in salita, perché devi fare anche i traguardi volanti e quelli spesso sono posizionati dopo le salite. Vediamo, come detto ci proverò. E’ vero, arrivavo con gli scalatori ma senza perdere lo spunto veloce. E questo è importante.
I tuoi compagni, ma anche lo staff, ti motivano? Chi ti sta vicino?
Tutti, nessuno più dell’altro. Ho un ottimo rapporto con Damiano (Caruso, ndr) e ci incoraggiavamo a vicenda quando lui era al Giro e io al Delfinato. Tra coloro che sono esterni al team mi è vicino il mio procuratore, Luca Mazzanti: mi sprona sempre.
Sei a Livigno, ci avevi detto che quando saresti andato lassù in ritiro avresti studiato il percorso della Grande Boucle: allora cosa ci dici?
Eh – sorride – non l’ho ancora visto! Giusto ieri sera ho dato uno sguardo alla prima tappa. Ma qui tra allenamenti e i bambini è sempre un gran bel caos!