E se fosse Dumoulin il faro straniero per il prossimo Giro d’Italia? La presentazione della Jumbo-Visma del 23 dicembre è stata cancellata a causa dell’impennata dei contagi e rinviata all’11 gennaio ad Alicante, quando saranno presentati colori e programmi. Eppure questa suggestione e l’idea stanno prendendo forma. Allo stesso modo in cui è chiaro che l’olandese potrebbe non andare con Roglic al Tour. Fra i due è nata un’insolita amicizia, basata sulle reciproche, incolmabili differenze.
«Una cosa è certa – ha detto Dumoulin – in alcune corse continuerò a lottare per la classifica generale, ma probabilmente non al Tour. Nella nostra squadra abbiamo problemi di abbondanza nell’effettuare le varie scelte».
Programmi e strategie
Se ne parlava nelle scorse settimane di come il team olandese avrebbe suddiviso i suoi uomini. Se mandando Roglic, Dumoulin, Kruijswijk e Vingegaard tutti al Tour, oppure scegliendo per il più giovane danese il palcoscenico italiano. Ma la Grande Boucle partirà dalla Danimarca e Vingegaard già da tempo ha raccontato che una tappa passerà davanti casa sua. E allora la suggestione di Dumoulin che torna sulle strade che lo incoronarono nel 2017 prende forme e piace. Perché Tom in Italia ha tanti estimatori, che lo hanno visto invincibile nel 2017, poi fragile nel 2020.
«Ho trascorso gran parte della stagione 2020 mentalmente e fisicamente stanco – ha raccontato Dumoulin a L’Equipe – non riuscivo più a riprendermi e quando sono arrivato all’inizio del 2021, ero come in trappola. Non avevo altra scelta che smettere. Per diverse stagioni, avevo preso l’abitudine di adattarmi alle richieste degli altri, non riuscivo a superarlo e ho dovuto prendere la decisione di smettere. Solo così avrei trovato il giusto punto di vista e il modo per cambiare la mia vita e tornare a guidarla in prima persona».
Un addio inatteso
La svolta c’è stata nel raduno di gennaio di quest’anno, come ci raccontò anche Affini, appena arrivato nella squadra olandese. Lo videro arrivare e poi, di ritorno da un allenamento, gli fu detto che avesse lasciato il ritiro e la squadra.
«Ricordo quell’incontro, davanti a cinque persone – ha raccontato Tom – in cui mi suggerirono di prendermi un periodo di riposo. E’ stato un momento difficile per me, doloroso. Non è facile ammettere di doversi fermare, mi sentivo in colpa. Ma dopo qualche giorno ho scoperto che avevo bisogno di questo periodo. Essere un ciclista professionista può rendermi ancora felice?».
Questa la domanda che in quei mesi lontano dalla bici, in cui si rincorrevano voci sugli studi in Medicina e vari avvistamenti di ciclisti nella zona di Maastricht che gli somigliassero.
«Ho cominciato a vivere senza costrizione – ha ricordato – per la prima volta nella mia carriera, non avevo obblighi, niente più stress. Facevo passeggiate con il mio cane, con gli amici e poco a poco mi sono reso conto che negli ultimi tempi avevo smesso di guidare in prima persona la mia carriera, le mie scelte. Finché un giorno ho visto passare sulla strada l’Amstel Gold Race e ho avuto la rivelazione. Volevo ancora andare in bicicletta. Non usarla per fare passeggiate, ma per dare il meglio di me».
L’amicizia con Roglic
In questo quadro si inserisce appunto l’insolita amicizia con Roglic, di cui sembrava fosse diventato ormai gregario, come seguendo quel corso di eventi da cui ora Dumoulin vuole prendere le distanze. Al punto che fra i prossimi passi – non subito, ma nel 2023 – si sussurra possa esserci il passaggio al Team Bike Exchange.
«Dice che ha l’impressione che io sia fuori dal mondo – ha confidato lo sloveno – ma anche io non sono stato risparmiato dalla sfortuna. Anche io mi faccio molte domande. Anche io ho dei dubbi e a volte sono stato sul punto di arrendermi. Non è questo non è il problema principale».
E’ probabilmente un fatto di sensibilità. Tanto era sensibile Dumoulin alle aspettative dei tifosi e dell’ambiente, quanto lo sloveno è capace di non lasciarsene condizionare, con quella specie di armatura che gli permette in apparenza di non risentirne.
Una nuova storia
E proprio parlare con Roglic ha permesso a Dumoulin di individuare una nuova chiave per interpretare questa seconda parte di carriera, rinata sulla strada della crono olimpica di Tokyo.
«Se avessi potuto scegliere da chi essere battuto – ha raccontato – avrei scelto Primoz. Lui è una specie di esempio per me. Non sembra preoccupato per i problemi della vita. Adoro confrontarmi con lui. Quando gli parli dei tuoi problemi, ti ascolta davvero. Non l’ho mai visto giudicare nessuno. Rivela i suoi sentimenti, parla della sua esperienza e quello che mi ha detto mi aiuterà a vivere il resto della mia carriera. Voglio vederla come un’avventura, una storia che scrivo, per me e solo per me. Qualcosa che hai la fortuna di vivere una sola volta nella vita e di cui devi accettare il meglio e il peggio».