Tra i protagonisti del mondiale gravel del fine settimana ci sarà anche Sacha Modolo. Saranno tanti gli italiani presenti alla sfida in Veneto, quel che differenzia un po’ la presenza della Bardiani CSF Faizané è il suo cammino di avvicinamento, privo di appuntamenti specifici a parte il tricolore di Argenta chiuso al secondo posto e passato continuando a fare quel che è il suo lavoro: le corse professionistiche.
Il veneto è reduce dal Cro Race, la gara a tappe croata dove non è certo stato una comparsa ma che gli ha lasciato anche un brutto ricordo: «Mi sono preso un brutto raffreddore che non è la cosa migliore da portarsi dietro a pochi giorni da un mondiale. Niente comunque che non si affronti, ma sarebbe stato meglio non ci fosse stato…».
Sei più salito su una gravel da Argenta in poi?
No, sia perché sono stato impegnato, sia perché avevo notato alcuni problemi alla corona e ai rapporti e così ho lasciato la bici al mio meccanico di fiducia, l’ho ritirata appena tornato dalla Croazia.
Come ti avvicini all’evento iridato?
Come a una gara normale. Se devo basarmi sul tricolore, mi aspetto una gara corsa più come una prova su strada, senza che ci sia selezione subito. Se non ci fossero salite, potrebbe anche esserci una soluzione con volata ristretta.
Ti sei già fatto un’idea di che gara sarà?
No, devo studiare il percorso, ma quando si parla di gravel è sempre un’incognita. Con sentieri stretti e single track sarebbe più simile al fuoristrada, tipo una marathon di mtb. Con strade più larghe è più difficile che la corsa sia subito all’insegna della selezione, che sia una sfida uno contro uno com’è stato ad Argenta.
Come sei arrivato a questa avventura, avevi esperienza nel fuoristrada?
Mai gareggiato nell’offroad. Avevo fatto un po’ di pista quasi dieci anni fa e ricordo che Villa in quelle pochissime uscite mi disse che avevo colpo d’occhio. Se rinascessi farei pista e strada come avviene ora. Ho a casa la mtb, la uso per qualche purtroppo rara uscita con gli amici oppure per allenarmi in alternativa alla strada, quando sento un po’ di rifiuto e quindi preferisco fare qualcosa di diverso.
La Croazia ha detto che la condizione c’è…
Effettivamente stavo bene, infatti me la sono giocata in ogni volata e mi spiace soprattutto per la prima tappa, ma ho trovato un Milan davvero monstre, non c’era nulla da fare. Prima per una ragione o l’altra non andavo mai, infatti mi sono messo a disposizione degli altri come con Fiorelli al Giro. La condizione è arrivata con l’estate, anche a Plouay avevo davvero una gran gamba ma ho forato due volte e non sono riuscito ad emergere e giocarmi le mie carte.
Il campionato italiano gravel che sensazioni ti ha dato, al di là del risultato?
Puro divertimento. Non c’è tattica, non c’è grande gioco di squadra, entri sullo sterrato a tutta e te la giochi con gli altri sulla base di quello che hai. Si fa fatica, questo è sicuro, per questo spero che domenica non sia una gara tirata sin dall’inizio. E’ una specialità dove conta tanto la tecnica: ad Argenta mi sono ritrovato insieme a Colledani, che viene dalla mtb, in discesa la differenza era abissale e infatti recuperava molto.
La gravel secondo te è una specialità più vicina alla strada o alla mtb?
Con chilometraggi da 200 circa più per stradisti, perché alla lunga diventano fondamentali le doti di resistenza, i biker dopo un paio d’ore iniziano a soffrire e quindi quelle differenze tecniche si annullano ed emerge l’abitudine allo sforzo che noi acquisiamo. Dipende molto da che direzione si intende dare alla specialità.
Da questo punto di vista che opinione ti sei fatto?
E’ da capire se s’intende mantenere l’impostazione attuale che è vicina a noi stradisti, se si scelgono distanze più corte per avvicinarle alle prove della mountain bike o se si sceglie una strada propria, come negli Usa con competizioni di oltre 300 chilometri con un sapore più avventuristico ed escursionistico. Io credo che in quel caso si accelererebbe un processo di specializzazione che alla lunga escluderebbe le altre specialità. C’è però un altro fattore…
Quale?
L’evoluzione dello sport insegna che si tende a generare gare sempre più brevi, perché siano più appetibili televisivamente e da parte di chi guarda. La gente, lo vedo anche per la strada, vuole gare che durino meno tempo e avere magari più passaggi dei corridori a cui assistere. Credo quindi che la crescita del movimento seguirà queste linee guida.