Fra i “tre litiganti” il quarto gode. E fortunatamente per il UAE Team Emirates il quarto, Jan Polanc, era uno di loro. Oggi è andata proprio così al Trofeo Laigueglia. Dominio netto, nel risultato e nell’andamento della corsa, da parte della squadra di Mauro Gianetti.
Sono i suoi ragazzi, guidati in gruppo da Diego Ulissi e Davide Formolo, a fare la corsa. Anche quando mancava tanto all’arrivo sono stati loro (e la Ineos-Grenadiers) a chiudere. E sempre loro, a ripetizione, sullo strappo e nella discesa di Colla Micheri hanno fatto il resto.
Stoccata da manuale
Una corsa preparata al dettaglio dal loro diesse Fabrizio Guidi. C’era lui a dirigere l’orchestra dall’ammiraglia, a gestire quel nervosismo nel finale con Alessandro Covi e Juan Ayuso che tenevano a bada un bellissimo Lorenzo Rota. Alessandro e Juan si parlavano, si guardavano, spesso hanno hanno fatto anche delle finte con la radiolina per farci cascare Rota ma niente.
Ad un certo punto, Covi è in testa dopo lo scatto. Rota lo rintuzza. Covi si volta e fa probabilmente finta di parlare alla radiolina, Ayuso si lascia sfilare 5 metri e scatta a tutta per cercare di passarli al doppio. Ma niente da fare. Rota è ancora lì. Piva ce lo aveva detto: «Quest’anno mi aspetto molto da questo ragazzo. Lo scorso anno ha perso San Sebastian per una sfortuna».
Rota è lì, ma lì ci sono anche gli inseguitori. E che inseguitori: Carlos Rodriguez, in primis, e appunto Polanc. Loro a dispetto dei tre davanti su Capo Mele vanno regolari in salita e regolari in discesa. Piombano sul terzetto allo scoccare del triangolo rosso in fondo allo strappo. Senza fermarsi Polanc tira dritto. Si porta dietro la velocità della discesa. Rodriguez tentenna un decimo di troppo. Gli altri si aprono. Gara finita.
Rota c’è…
«Avevo paura di perdere il podio – ci ha detto Rota a mente fredda – come poi è stato. Sono stato onesto con Covi e Ayuso. Ho tirato, pensando ci fosse un tacito accordo, per arrivare a giocarcela allo sprint… anche se in quella situazione era quasi impossibile vincere per me. Che dire: se invece di scattarci in faccia avessimo fatto come dicevo io, saremmo arrivati. Invece nell’ultimo chilometro ci siamo ritrovati fermi in mezzo alla strada e noi che siamo stati i protagonisti della corsa non abbiamo vinto».
«Voglio ringraziare la mia squadra per il gran lavoro svolto e il nostro capitano, Bakelands, che ha fatto un’azione stupenda e ha portato via il gruppetto dei venti. Per il resto, sono soddisfatto della mia condizione. Vengo dall’altura, nelle prime due corse in Francia ho sofferto un po’, ma sento che va sempre meglio. E per questo sono fiducioso… per me e per la squadra che sta andando fortissimo».
Perfetti ma non troppo
Una corsa davvero intensa, una corsa che a tratti è sembrata una partita di scacchi. Quel voltarsi continuo, il tirare di Rota. Il distacco che era buono ma non rassicurante, come poi si è dimostrato… Ma in tutto ciò, il direttore sportivo della UAE Team Emirates fa un’analisi più che intelligente. Non si lascia trasportare dal risultato, anche se chiaramente è contentissimo.
«Farà un po’ ridere – spiega Guidi – perché avendo fatto primo, secondo e terzo non è facile da dire, eppure non siamo stati perfetti. Abbiamo fatto qualche “errorino”, ma i ragazzi sono giovani e ci sta.
«Ayuso continuava a spingere forte perché voleva staccarlo (il riferimento è a Rota, ndr) pensava di farlo e di arrivare in due. Alla fine sapevano che erano più veloci in volata, ma sapete com’è: non si sa mai. Meglio evitarla, specie quando si può.
«Polanc è andato d’istinto. Veniva da dietro e ha tirato dritto. Ma il bello è questo. Non si corre col computer in mano, decidono i corridori. Io posso dargli qualche informazione ma poi la corsa ce la devono avere in testa loro».
Fare tripletta e non essere perfetti. Perché? Perché anziché tirare forte forse era meglio scattare: prima uno e poi l’altro. E infatti, riprende Guidi:«Cosa gli dicevo dalla macchina? Di attaccare! Ma ripeto: sono giovani. L’importante è che anche situazioni apparentemente perfette come questa, diventino occasioni su cui riflettere. Perché non sempre poi le cose vanno così bene. Spesso sono i dettagli che fanno la differenza».
«La cosa buona veramente di oggi è che i ragazzi hanno parlato molto fra loro. E su un percorso così tortuoso, con l’ammiraglia dietro, è importante. Loro devono essere in grado di prendere iniziative, di decidere. Cosa si dicevano? Aumenta, rallenta, mi muovo io, ti muovi te… Ed è tutto qui quel che serve: unità di squadra e comunicazione».
Vigilia proficua
«Ieri – racconta con passione Guidi – avevamo provato il percorso. Conoscere le strade su una gara del genere è importante. Eravamo partiti dallo strappettino del circuito (Colla Micheri, ndr) e poi avevamo fatto il giro grande con il Testico e tutto il falsopiano in cima. Lassù i ragazzi si sono fermati e hanno deciso la tattica. Ma un conto è deciderla da fermi e un conto è farla in corsa».
«Oggi Ulissi, che era il più esperto, ha dato il via a questa tattica. Dopo il primo passaggio sul Testico è venuto all’ammiraglia e mi ha detto: Fabrizio, è il primo giro e già siamo rimasti in 40, andiamo via come abbiamo detto ieri. E infatti al secondo passaggio hanno fatto il forcing verso la cima. Una volta in pianura ci eravamo tenuti due uomini, Suter e Oliveira, per non far rientrare nessuno. A quel punto ci hanno aiutato anche altre squadre e la corsa è andata».
Stato di grazia
Unità di squadra e comunicazione. E’ anche questo, secondo Guidi, uno dei motivi per cui la UAE sta crescendo così tanto e sta vincendo molto. Dall’inizio della stagione già in parecchi hanno gioito: McNulty, Covi, Gaviria, Pogacar e ieri Trentin…
«In UAE si respira un bell’ambiente. Abbiamo fatto già tante gare e alla base c’è lo spirito di vincere della squadra. La voglia di vincere di Mauro (Gianetti, ndr) e la programmazione sempre ben ponderata di Matxin. C’è molta collaborazione fra tutti.
«Anche tra noi diesse. Io per esempio oggi ero collegato con un diesse a casa che vedeva la tv e mi confrontavo con lui. E con questo spirito stiamo crescendo ancora. Poi chiaramente per vincere servono i corridori buoni e con le gambe».