Gambe, testa e squadra: indagine su Van Aert

17.04.2025
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Un campione, uno psicologo e un direttore sportivo al capezzale di Van Aert. Negare che ci sia un problema sarebbe miope, quello che possiamo fare è cercare di capirlo con il contributo di Maurizio Fondriest, Marina Romoli e Giuseppe Martinelli: ciascuno per il suo ambito.

Quarto al Fiandre e alla Roubaix, secondo nello sciagurato giorno di Waregem, il bottino è magro se sei partito per vincere. Van Aert ha lavorato tutto l’inverno per recuperare dalla caduta della Vuelta. C’è riuscito. E’ tornato nel cross. Ha partecipato a due corse a febbraio per dire di esserci. E poi è sparito in altura preparando le classiche del pavé che lentamente si sono trasformate per lui in ossessione. E gli esiti sono sotto gli occhi di tutti.

Vincere: necessità o condanna?

FONDRIEST: «Ha bisogno di vincere, anche una corsa minore. E’ entrato in un loop niente affatto bello. E’ capitato anche a me nel 1995. Secondo alla Tirreno, secondo alla Sanremo, secondo alla Gand-Wevelgem, secondo alla Freccia Vallone. Tutti mi chiedevano di fare come gli anni prima e io invece andavo alle corse e speravo che andasse via la fuga, in modo che non ci fosse più in ballo la vittoria. Van Aert ha bisogno di vincere per sbloccarsi, perché al Fiandre e alla Roubaix non è saltato e non ha perso il talento, solo non ha più lo smalto potente di prima».

ROMOLI: «Qualcuno dice che lo ha visto bloccarsi in gara. Potrebbe avere semplicemente dei pensieri intrusivi in testa. Sei in overthinking, continui a pensare e a ripensare e le tue energie mentali ti distruggono. “Devo vincere a tutti i costi, voglio zittire tutti”: questo ti mette ancora più in difficoltà. Sicuramente ha bisogno di vincere e speriamo per lui che ci riesca il prima possibile, perché più il tempo passa e più i pensieri negativi e svalutativi che ha nei confronti di se stesso si rafforzano. Sicuramente alimentati dalle critiche dei giornali e dei giornalisti che sono molto più pesanti se sei un corridore in Belgio e Olanda».

MARTINELLI: «Deve ritrovare la serenità e correre libero. Alla UAE Emirates hanno capito che lasciando fare a Pogacar quello che gli piace, va tutto meglio. Con questi campioni bisogna avere la forza di lasciarli liberi di fare e lui è uno così. Il giorno che hanno perso a Waregem, anche il più tonto dei direttori avrebbe saputo come mettere in mezzo Powless. Invece Van Aert si è imposto e a quel punto, a meno che il direttore non volesse fare la voce grossa perché la squadra doveva vincere a tutti i costi, hanno fatto bene ad assecondarlo. Voleva vincere, ne ha bisogno. Solo che si sono portati per 10 chilometri a ruota uno forte, non un pinco pallino qualunque. Poteva starci che perdessero e così è stato».

Van Aert non è tanto lontano da Van der Poel, ma si capisce che manchi ancora qualcosa
Van Aert non è tanto lontano da Van der Poel, ma si capisce che manchi ancora qualcosa

L’incubo Van der Poel

FONDRIEST: «Credo che per Wout la rivalità con Van der Poel sia un problema psicologico e non lo ha aiutato il fatto che mentre lui era in altura ad allenarsi, l’altro abbia vinto la Sanremo. Van der Poel ha vinto tre Roubaix, due Fiandre, due Sanremo e 7 campionati del mondo di ciclocross: chiaro che il confronto pesi. In più la stampa la pompa, lo mettono in mezzo e di certo sulla mente di un atleta questo ha un peso. Senza accorgerti, entri in un circolo vizioso. Lui ha bisogno di tornare a fare tante corse come prima, quelle giuste e prima o poi torna, perché Van Aert di certo non è finito. Per questo secondo me hanno fatto bene a dargli fiducia a Waregem, anche se poi è arrivato secondo. Volevano che vincesse, purtroppo gli è andata male».

ROMOLI: «Temo che possa avere l’autostima in pezzi. L’atto di egoismo che ha fatto a Waregem era dato dal fatto che Wout ha la grande paura di non tornare più quello che era prima. Specialmente perché negli ultimi anni è stato deludente per via dei tanti infortuni. Forse tutto questo ha radici profonde e anche i crampi per cui avrebbe perso quella volata potrebbero essergli venuti perché è andato in panico, quindi a livello nervoso. Voleva vincere a tutti i costi e magari non sopportava più tutte le aspettative, nel momento in cui il suo avversario di sempre vive un periodo di grazia. Se poi pensiamo che ora accanto a Van der Poel è arrivato anche Pogacar, è facile capire che la pressione sia aumentata ulteriormente».

MARTINELLI: «Partiamo dicendo che è un campione: non dico come Van der Poel e Pogacar, ma in questo momento non è molto lontano da loro. Però deve ritrovarsi e prendere un po’ di morale. Sarebbe facile dire che deve vincere una corsa, ma spesso le sbaglia con delle tattiche troppo esuberanti. Probabilmente la caduta della Vuelta l’ha condizionato anche nell’inverno. Forse quei due o tre cross che ha fatto hanno accelerato qualcosa? Perché se sbagli d’inverno, poi te lo porti dietro. E secondo me lui lì si è fatto prendere la mano dal vedere Van der Poel vincere tutti i cross. Avrà pensato di andare a vedere di persona se fosse così forte, ma a cosa gli è servito?».

L’inverno nel cross ha tolto a Van Aert il tempo per ricostruire la condizione su strada?
L’inverno nel cross ha tolto a Van Aert il tempo per ricostruire la condizione su strada?

Il ruolo della squadra

FONDRIEST: «Credo che la sua squadra, a differenza di quanto sta facendo Van der Poel, non abbia puntato sul miglioramento graduale. Lui ha fiducia nel progetto, ma se sei Van Aert non puoi andare al Tour a fare il gregario per Vingegaard, tirando quando rimanevano 15 corridori in salita. Aiutare un po’ va bene, ma il troppo è un errore. Tanto che poi arriva agli appuntamenti importanti e li fallisce. Ai mondiali del Belgio era il corridore più forte in circolazione, eppure quel giorno non andava avanti ed era arrivato secondo nella crono. Qualcosa hanno sbagliato nella gestione di gare e allenamenti? E quest’anno può essere accaduto lo stesso?».

ROMOLI: «Deve lavorare su se stesso e cercare le radici profonde di questa mancanza di autostima. E poi deve togliersi la pressione di dosso, tornare a essere uno della squadra. Deve lavorare proprio sul fatto di lasciar andare le cose come vanno. Dare il suo meglio e non guardare agli altri. Deve tenersi stretti i compagni. Dopo la volata sbagliata di Waregem ha chiesto scusa, gliene va dato merito, non so quanti altri sportivi di vertice lo avrebbero fatto. Ma ai compagni, che hanno sempre poche occasioni, sarà bastato? E poi deve tornare a divertirsi, come quando faceva i suoi attacchi anche sconsiderati. Al pari di Pogacar, che magari non vince sempre, ma lo vedi che si è divertito».

MARTINELLI: «Credo che in passato abbiano sbagliato a fare di lui un gregario, per me il campione deve correre da campione. E’ sempre stato così con quelli che ho avuto, da Pantani a Nibali, passando per Contador. Ho qualche dubbio invece su come si è preparato per il Nord. A meno che non abbiano quale strategia sul Giro, era meglio che corresse invece che fare 60 mila metri di dislivello sul Teide. Perché lì si fanno quei numeri, se ogni giorno per tre settimane devi risalire dal mare ai 2.200 metri dell’hotel. Quel tipo di lavoro ti condiziona l’allenamento e quando vai alle corse, ti mancano il ritmo e anche lo sprint. Sarà per questo che ha perso malamente quella volata? Solo che adesso non gli cambierei i piani, anche se una corsa a tappe prima del Giro, fosse anche il Turchia, gliela proporrei. Van Aert deve arrivare in Albania e vincere subito, perché sono tappe adatte a lui. Però deve arrivarci al 100 per cento. Non è Roglic che deve uscire alla fine. In più, arrivarci avendo vinto, sarebbe la cosa migliore».