Fabbro prende le misure, con grinta e un po’ d’astuzia

22.04.2021
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Se vi capita di parlare di Fabbro con Roberto Bressan, team manager del Cycling Team Friuli in cui Matteo si è fatto grande, parlando del suo ex pupillo userà parole che è meglio non ripetere, ma descrivono con precisione il cocktail di grinta, cattiveria e lucidità che albergano in quel metro e 67 di nervi e muscoli. Così quando l’anno scorso sull’Etna anche i meno attenti si accorsero delle trenate del biondino della Bora-Hansgrohe, in Friuli bastò uno scambio di occhiate per avere la conferma che il ragazzo aveva imboccato finalmente la strada giusta.

Grandi miglioramenti anche nella cronometro
Grandi miglioramenti anche nella cronometro individuale

Svolta a fine anno?

Il 2021 è una stagione cruciale. Tutto il buono lasciato vedere nel 2020 è da confermare e questo avrà la doppia utilità di far crescere Matteo di un altro step e allo stesso tempo gli permetterà di guardarsi intorno. Il contratto con la Bora-Hansgrohe è in scadenza, una bella schiera di squadre WorldTour è alla sua porta e forse nella sua testolina bionda si sta facendo largo il pensiero che a 26 anni potrebbe essere arrivato il momento di giocare le proprie carte e non essere impiegato ogni volta come gregario di capitani ancora sulla porta di grandi vittorie. Eppure parlandone con il diretto interessato, non una parola viene fuori al riguardo. E al contrario, il Fabbro con cui parliamo al Tour of the Alps, è molto ligio ai compiti che gli vengono ogni volta assegnati.

«L’anno scorso – dice – si è visto un nuovo Matteo Fabbro e sono molto contento di questo. Al prossimo Giro ci arrivo quest’anno con la consapevolezza che posso fare delle belle cose e, perché no, anche puntare a qualcosa in più. Aver messo in mostra delle belle qualità mi ha dato tanto morale e questo conta tanto, conta per tutti».

Una nuova sicurezza e la solita grinta in corsa dopo gli ottimi exploit del 2020
Sicurezza e la solita grinta in corsa dopo gli ottimi exploit del 2020

Uomo squadra

Nel ciclismo italiano che va alla spasmodica ricerca di uno scalatore capace di restare coi migliori, il suo nome potrebbe essere spendibile, ma l’impressione è che nella squadra tedesca sia ormai difficile che possa togliersi di dosso l’etichetta del gregario. Importante, ma pur sempre al servizio degli altri.

«Sul Giro ho certamente le mie fantasie – sorride – ma so bene che sarò lì per Buchmann e non mi farò pregare quando lui avrà bisogno. Se però devo indicare delle tappe che mi piacciono, dico quelle friulane, che mi stuzzicano. Non ho mai fatto lo Zoncolan dal versante di Ovaro e quando ci passò il Giro avevo 8 anni. Sarà diverso, perché è una salita più pedalabile, ma l’ultimo pezzo è tremendo».

Sul traguardo di Prati di Tivo alla Tirreno, con la gamba ancora imballata per l’altura
Sul traguardo di Prati di Tivo, imballato per l’altura

Altri attacchi

Per fare questo, per farsi cioè trovare pronto alla partenza del Giro, il suo percorso di avvicinamento è stato metodico e redditizio, fatto di lavoro, grinta e convinzione, almeno a vederne le prove sin dai primi giorni di corsa al Tour of the Alps.

«Sono stato tre settimane in altura prima della Tirreno – dice – e sono tornato ugualmente dall’alta quota alla vigilia del Tour of the Alps. Vediamo come sarà la condizione e come alla fine avrò reagito all’altura, ma penso che per il Giro stia filando tutto liscio. Considerato che l’ultima corsa l’ho fatta alla Tirreno, nei primi giorni mi è mancato un po’ il famoso ritmo gara. Quando vieni giù da certe quote, si ha la sensazione di essere un po’ fiacchi, ma alla fine siamo qua per correre. L’ho presa così, come test e per ritrovare il ritmo. E per vedere come sarà la condizione, senza troppo stress: Per questo ho provato più volte la gamba e più volte ancora ci riproveremo».