EDITORIALE / Quei giovani cresciuti all’ombra dei campioni

29.01.2024
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Ricordate l’editoriale di un paio di settimane fa, in cui definimmo la nazionale della pista come la sola WorldTour italiana? Oggi proseguiamo nel discorso, ispirati da un’osservazione fatta pochi giorni fa da Giulio Pellizzari su alcuni giovani prodigiosi, poi sottolineata da Giovanni Ellena.

«Sicuramente è un fatto fisico e di crederci – ha detto Pellizzari parlando dell’inattesa vittoria del ventenne messicano Del Toro al Tour Down Under – ma secondo me la differenza la fa l’ambiente. A dicembre si è allenato con Pogacar, Ayuso, Hirschi e tutti più forti al mondo e quello secondo me fa tanto. Prendi consapevolezza dei tuoi mezzi, perché dalle voci che girano, in allenamento non era niente meno dei migliori».

«E’ una cosa giustissima – gli ha fatto eco Ellena – Pellizzari ha visto giusto. Il confronto con certi campioni, il fatto di pedalargli al fianco, ti fa scattare una molla: se lo fa lui, lo faccio anch’io. Se invece non sei con loro, chiaramente hai il dubbio e la paura. E’ una questione psicologica».

Moro (in primo piano) e Milan subito accanto sono entrati nel quartetto in modo fulmineo, grazie al lavoro di Montichiari
Moro (in primo piano) e Milan subito accanto sono entrati nel quartetto in modo fulmineo, grazie al lavoro di Montichiari

La sfida dei quartetti

Nella nazionale della pista, sarà pure per caso, ma dal momento in cui si è rimesso in moto il meccanismo dei quartetti, grazie agli allenamenti comuni a Montichiari sono saltati fuori anche giovani capaci di insidiare i titolari più forti. Prima Jonathan Milan e poi Manlio Moro hanno bussato fortissimo alla porta di Villa, al pari di quello che a breve potrebbe fare anche Federica Venturelli.

Non succede invece su strada, proprio perché manca la famosa squadra WorldTour in cui i giovani, pedalando accanto ai campioni, potrebbero imparare più rapidamente qualcosa sui loro limiti (in apertura Cunego e Simoni l Giro del 2005, ndr). Cercare di scoprirli in corsa rende tutto più complicato e lento: come andare all’esame universitario, avendo studiato sul libro del liceo. Allenarsi accanto a un campione di livello mondiale significa provare a prendergli le misure in ogni occasione. E se anche è vero che i giovani del ciclismo attuale sono poco propensi ad ascoltare consigli (questo dipende dal carisma di chi i consigli li vuole dare), la consapevolezza di tenere sempre più a lungo le ruote del numero uno al mondo ha dato certamente a Del Toro (e ad Ayuso prima di lui) la consapevolezza di valere più del minimo sindacale.

La Carrera di Boifava permise a Pantani di crescere e misurarsi accanto a Chiappucci
La Carrera di Boifava permise a Pantani di crescere e misurarsi accanto a Chiappucci

La catena dei leader

Tanto per dare un’idea, proviamo a ricordare il… passa parola che ha permesso ai vari leader del ciclismo italiano di formarsi accanto a campioni inizialmente più grandi di loro.

Gotti è passato professionista accanto a Bugno e ha vissuto sotto lo stesso tetto per quattro stagioni. Casagrande, che pure il Giro non l’ha mai vinto, ha approfittato di una stagione accanto a Franco Chioccioli. Pantani non lasciava passare un solo giorno senza prendere le misure a Chiappucci alla Carrera. Lo stesso romagnolo è diventato poi il riferimento di Garzelli alla Mercatone Uno. Non è stato forse Simoni il metro di paragone per il primo Cunego? Allo stesso modo Nibali, passando alla Liquigas accanto al miglior Di Luca, cercava quotidianamente il confronto. Così Bettini con Bartoli, Paolini con Bettini e anche Bennati, che si è formato guardando da vicino e tirando le volate di Cipollini. L’ultimo a beneficiare di un simile traino fu Aru con Nibali: non a caso i quattro anni trascorsi con il siciliano all’Astana sono stati i migliori della sua carriera.

Confidiamo che gli azzurrini passati nelle continental straniere abbiano la possibilità di allenarsi e crescere dal confronto con Vingegaard, Van Aert, Roglic, Gaudu, Quintana e tutti i campioni con cui potranno misurarsi.

Pozzovivo avrebbe avuto il profilo per ispirare e alzare il livello dei giovani in una professional?
Pozzovivo avrebbe avuto il profilo per ispirare e alzare il livello dei giovani in una professional?

Il coraggio di osare

Sappiamo bene che al cospetto di colossi come UAE Emirates, Visma-Lease a Bike e Bora-Hansgrohe, non ci sono professional che tengano. Alle nostre squadre manca però il coraggio di osare, investire su un corridore di nome, che diventi traino e ispirazione per i giovani del team. D’accordo, difficilmente un uomo di gran nome accetta di lasciare il WorldTour, eppure l’ha fatto Trentin e la Tudor ne trarrà certamente beneficio. Qualche anno fa la Eolo-Kometa aveva pensato a Viviani e poi a Nibali: sarebbe stato geniale. La Bardiani ha provato con Visconti, Modolo e Battaglin, ma non ha funzionato.

La politica di queste due squadre è quella di far crescere in casa i talenti migliori, che senza prospettive superiori diventeranno però appetibili per le squadre più grandi. La scelta di entrambe di non ingaggiare un corridore come Pozzovivo è comprensibile, ma fa riflettere. E’ stata valutato il vantaggio che la presenza di un così grande professionista avrebbe potuto avere sui giovani della squadra? Per Piganzoli o Pellizzari, due nomi a caso, provare a stargli a ruota in ogni santo giorno di allenamento sarebbe stato una scuola interessante. Avrebbe certamente meno senso prenderlo ora, con entrambi i ritiri alle spalle, perché quel che conta in certe operazioni è la quotidianità. Certi ragionamenti probabilmente andrebbero fatti a monte, quando si progetta un’impresa e si devono elencare i passaggi per realizzarla e gli indicatori di verifica per poterne infine valutare gli esiti.