EDITORIALE / Il ciclismo italiano ha bisogno di veri tifosi

12.02.2024
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Un preparatore italiano molto in gamba che lavora in una squadra WorldTour (ovviamente non italiana), durante il ritiro di Calpe ci ha fatto il nome del prossimo corridore di casa nostra che a suo avviso vincerà il Giro d’Italia. Non si tratta di un atleta della sua squadra, perciò quel nome lo abbiamo scritto su un foglio in attesa di scoprire se abbia effettivamente ragione. Sarà una sensazione, ma potremmo essere prossimi alla stagione del raccolto. E se anche non si tratterà di grandi classiche o maglie prestigiose, nell’aria c’è un risveglio che fa ben sperare. Cominciamo a vincere, che non è mai facile: l’appetito e la fiducia verranno semmai mangiando.

Il Team Polti-Kometa ad Antalya ha vinto tre maglie: generale e gpm con PIganzoli, punti con Lonardi
Il Team Polti-Kometa ad Antalya ha vinto tre maglie: generale e gpm con PIganzoli, punti con Lonardi

Ragazzi di carattere

I segnali ci sono tutti. La vittoria di Piganzoli al Tour of Antalya è la conseguenza logica di un inverno diverso e del nuovo morale che si respira nel Team Polti-Kometa. E’ bastato sentire i propri capi ragionare come si fa nelle grandi squadre perché ai ragazzi brillassero diversamente gli occhi. Anche la VF Group-Bardiani sembra aver intrapreso la nuova stagione con più brio di qualche tempo fa. Si lavora per vincere e per la prima volta si comincia a dirlo.

Lasciano il segno le parole di un’intervista di Francesco Busatto a Carlo Malvestìo: «Quelli della mia età vincono, voglio vincere anche io». Leggerle ci ha riportato alla conversazione avuta sabato con Nicola Miceli, corridore negli anni Novanta, a proposito di corridori troppo educati, quando l’educazione diventa a suo modo un limite.

«Serve un corridore italiano capace di inventarsi qualcosa – diceva “Micio” – e che non abbia paura di dirlo. Chi sarebbe stato Chiappucci se non avesse avuto il carattere di attaccare fino a costruirsi una carriera come la sua? Corridori con quell’estro quasi da artisti non sono tanti, ma li abbiamo. Bisogna che anche loro ci credano e che la gente intorno e anche i media lo facciano con loro. Sarebbe bello che il movimento ricominciasse a pensare positivo. Bisogna che i corridori per primi si convincano che si può provare. E’ tutto un fatto di testa, di vedere le cose sotto la luce giusta. Il ciclismo è uno sport duro. Meglio essere maleducati con carattere, che passare la vita ad aspettare il proprio turno».

Segni di risveglio

In attesa di capire quale direzione prenderanno atleti di talento come Belletta e Mattio, che si stanno facendo le ossa nel devo team della Visma-Lease a Bike, annotiamo che Piccolo e Tiberi sono i primi due della lista: hanno numeri notevoli e, se il resto lo fa la convinzione, occorre che ci credano loro per primi. Il livello intorno è pazzesco, non c’è niente di facile, ma hanno entrambi i mezzi per lasciare il segno. Hanno ancora 22 anni e i commenti dei soliti detrattori, rintocchi di campane stonate, portano negatività in un movimento che proprio ora avrebbe bisogno di tifo a favore. Il supporto serve a chi lotta per uscire oppure a chi è già forte e può farne tranquillamente a meno?

Subito dietro Piccolo e Tiberi, se non altro per ragioni anagrafiche, è bello cominciare ad annotare i nomi e le azioni di Piganzoli e Pellizzari, di Milesi e Germani, De Pretto e Pinarello, Zambanini e Fancellu. Sta bene Lonardi e dispiace per Dainese (caduto sul più bello) e Ciccone (costretto a 4 settimane senza bici). Dove sono Aleotti, Colleoni e Conca? Ci aspettiamo un segnale di risveglio anche da loro, cui aggiungiamo con fiducia anche Matteo Fabbro, a patto che siano abbastanza… maleducati da prendersi il loro spazio. Ad Aleotti lo ha detto persino Vlasov: che pensi più a se stesso e meno a tirare per gli altri. La disubbidienza rispetto alle proprie paure e ai limiti imposti è il primo sintomo di carattere. Alle loro spalle, come custodi del confine italiano, Ulissi e Trentin portano avanti l’orgoglio di quella classe 1989 che ancora non si arrende.

Piganzoli e Pellizzari, un anno di differenza. Per il più giovane marchigiano, Antalya si è chiusa con l’11° posto
Piganzoli e Pellizzari, un anno di differenza. Per il più giovane marchigiano, Antalya si è chiusa con l’11° posto

La molla della disubbidienza

Sentiamo spesso la mancanza degli errori del primo Nibali, che sbagliava completamente i tempi dell’attacco e subiva ramanzine feroci dai suoi direttori sportivi. Bisogna sbagliare e avere il coraggio di farlo, per poi prendere le misure e vincere. Vincenzo su quelle fughe ha costruito una carriera infinita. Quel tipo di atteggiamento mentale resta un valore aggiunto. Il gusto di lanciare la sfida, anche quando significa prenderle. Sogniamo un ragazzo italiano che si svegli e infischiandosene dei punti, vada all’attacco.

Noi siamo piuttosto certi di avere in casa dei potenziali campioni, bisogna che loro per primi comincino a crederci. E che con la consapevolezza della forza fisica, gli scatti in testa l’affascinante molla della disubbidienza.