Una volta c’erano i velocisti, che si mettevano di traverso quando la strada iniziava a salire. E se un giovane coraggioso, ingenuo o semplicemente incauto si permetteva di attaccare troppo presto, iniziava il volo delle borracce. Poi questa abitudine è scomparsa, il ciclismo è cambiato, gli sceriffi hanno dismesso certe abitudini e poi si sono estinti, ma ci sono ancora momenti e corse in cui i padroni del gruppo fanno la voce grossa. Sulle stradelle sconnesse del Nord, ad esempio, se ne vedono di cotte e di crude.
Il gruppo vola con i manubri distanti pochi millimetri uno dall’altro. L’arte del limare si impara soprattutto lassù e può capitare di assistere a manovre verso le quali normalmente si punterebbe il dito.
Le prendi e le dai
Vi siete accorti della chiusura di Van Aert ai danni di Trentin sul Muur alla Het Nieuwsblad? Matteo ha ammesso che forse il belga lo ha stretto di proposito per impedirgli di prendere la discesa in testa, ma si è guardato bene dal lamentarsi. Certe cose al Nord sono normali.
«Se vai in Belgio a fare quelle corse – conferma Michele Bartoli, il più fiammingo degli italiani degli anni 90 – di certe cose non ti puoi scandalizzare. Quando si dice “mors tua, vita mea”, lassù è proprio così, semplicemente perché non ci sono altre possibilità. Le prendi e stai zitto. E poi magari impari anche a darle».
Non è tutto lecito
E’ tutto così normale che Michele non aveva neppure considerato irregolare la manovra di Van Aert. Ma con la stessa franchezza ha anche messo l’accento sul fatto che non tutto sia lecito.
«Io ero uno che si lamentava spesso in corsa – sorride – ma al Nord non l’ho mai fatto. Eppure sapete quante volte sono finito contro una transenna? Non si contano. Prima dei muri è normale che ci siano degli scarti bruschi. Sai che se perdi 3-4 posizioni all’inizio della salita, in cima magari ne hai perse venti e la corsa è andata. Perciò ai giovani che vanno lassù consiglio di prenderle e imparare a renderle, sempre nei limiti della sicurezza. Non è che tutto sia permesso, ma i percorsi sono così».
La scuola del Nord
Quel confine è così labile, che diventa difficile anche stigmatizzarne il superamento. Allo stesso modo in cui la stretta di sabato ai danni di Trentin non ha avuto grosse conseguenze, se non quella di rallentarne lo slancio, non si può dimenticare la manovra, uguamente di Van Aert, ai danni di Van del Poel e Alaphilippe nel Fiandre del 2020. Il belga puntò la moto e poi scartò di colpo. L’olandese riuscì a schivarla, il campione del mondo francese rovinò a terra e si ruppe un polso. Tutte le invettive si concentrarono sul motociclista, la manovra venne ritenuta funzionale alla corsa.
Il Nord è la scuola di ciclismo più dura che ci sia ed è un peccato che ai tanti ragazzi che militano nelle nostre professional essa sia preclusa, sia perché non ci sono gli inviti, sia perché spesso non vengono neanche richiesti. Per questo, al pari di Pozzato nei giorni scorsi, facciamo anche noi il tifo per Cassani. E intanto spingiamo idealmente le continental e le professional di casa nostra affinché investano sui ragazzi che indossano la loro maglia. Le salite sono tutte uguali, le stradine del Nord se non le impari da ragazzo, rischi di non impararle più.