Uno scatto secco che sembrava non bastare a Santiago Buitrago. Leemreize lo aveva tenuto. Nel momento in cui il colombiano si stava sedendo, la stessa cosa faceva l’olandese. Solo che il corridore della Bahrain Victorious aveva ancora una cartuccia in canna. Quella decisiva.
Ed è scappato via verso Lavarone. Cinquanta metri per Leemreize sono diventati 50 chilometri. Un abisso. In un attimo due bici di vantaggio sono diventati 20”.
Occasione colta
E alla fine è così: è il duello. E’ l’essenza del ciclismo. Certo non è stato per la vittoria del Giro d’Italia, ma c’era pur sempre in ballo una tappa.
Anche oggi Buitrago è andato in fuga. E’ la terza volta in questo Giro.
«Giusto lasciare spazio ad un ragazzo che stava bene – ha detto a fine corsa Gorazd Stangelj, uno dei diesse della Bahrain Victorious – l’idea era di mettere un uomo in fuga per averne uno davanti, nel caso fosse servito aiuto a Mikel Landa. Ma abbiamo visto che nel finale lui stava bene e che Poels ha svolto un lavoro incredibile, ben oltre le attese».
«A quel punto gli abbiamo dato il via libera. Abbiamo aspettato ancora la discesa del Vetriolo e l’inizio della salita che non ci fossero necessità. Santiago ci ha detto che stava bene e lo abbiamo lasciato andare».
Fondriest spaesato
Il Menador di Buitrago è stato affrontato da scalatore puro. Ma anche con un sangue freddo che di solito non è caratteristica propria dei colombiani. Ha lasciato sfogare gli avversari e poi ha aumentato sempre di più. Aveva un rapporto più lungo e quando negli ultimi tre chilometri e mezzo la pendenza è aumentata, sono stati quasi gli altri a venirgli vicino.
Fino al momento dello scatto.
«Dall’ammiraglia – spiega ancora Stangelj – gli abbiamo detto solo di rifiatare un po’, ma anche che avrebbe dovuto staccarlo assolutamente prima del Gpm, altrimenti non ce l’avrebbe più fatta. E così ha fatto».
Intanto dietro l’arrivo la comunità dei colombiani si fa sentire. E’ presente anche sulle verdissime alture dell’Alpe Cimbra. Incrociano le dita. E chi incrocia le dita e ha lo sguardo quasi sperso nel vuoto è Maurizio Fondriest.
Il trentino, insieme a Paolo Alberati, è il procuratore di Buitrago.
«Eh, cosa gli ho detto? Gli ho detto di stare tranquillo, di dosare bene le energie – racconta Fondriest – Ho visto che stava bene col passare dei giorni, ma lui è anche molto d’istinto. Gli ho spiegato che questa terza settimana era davvero dura. Che doveva avere pazienza.
«Così come oggi. Gli ho raccontato un po’ di questa salita e che si sarebbe deciso tutto negli ultimi 3,5 chilometri.
«Ha 22 anni, lo abbiamo portato in Italia che era un ragazzino e soprattutto lo abbiamo portato da sconosciuto. Adesso eccolo».
Capeza fria
E poi c’è Buitrago. Su queste montagne deve aver pensato di essere a casa sua, Bogotà. Magistrale nella gestione dello sforzo e nel mantenere la calma dopo la caduta nella discesa dal Giovo. Una caduta tra l’altro per un errore tutto suo.
«Ho cercato di restare calmo – ha detto Buitrago immediatamente dopo l’arrivo – Nell’ultima salita serviva pazienza e “capeza fria” (testa fredda). Sapevo che Van der Poel aveva un minuto e mezzo. Stavo bene, recuperavo e ho chiesto a Franco (Pellizotti, ndr) se potevo provare… Poi quando ho staccato Leemreize ho capito che potevo arrivare da solo».
Da Cogne a Lavarone
Domenica scorsa Buitrago piangeva salendo verso Cogne. Forse perché non aveva colto il momento dello scatto di Ciccone, forse perché non aveva avuto gambe a sufficienza, ma il suo morale era davvero basso. Era sconsolato.
Oggi quelle lacrime sono riapparse nell’ultimo chilometro, ma questa volta non erano amare, tutt’altro. Erano dolci. Per uno scalatore staccare tutti in salita e arrivare da solo è come per un attaccante dribblare tutti e segnare. E’ la perfezione, è la missione.
E infatti sull’arrivo, nonostante lo speaker e la tanta gente, si è sentito il suo urlo. Un urlo che sapeva di rivincita.
«Sono super emozionato – dice con la voce tremolante – E’ la mia prima vittoria al Giro ed è qualcosa di grandissimo. Ho cercato più volte la fuga in questo Giro e finalmente è andata bene. Ringrazio la squadra che mi ha dato lo spazio, nonostante noi siamo qui per la classifica generale».
«Sono felice per me, per i tifosi colombiani e per la mia famiglia. Mio papà andava in bici ed è stato lui il mio primo allenatore. E ringrazio anche il Team Cinelli che nel 2019 mi ha dato la possibilità di correre in Italia. Ma questa vittoria, oggi, è per la mia squadra».