«Abbiamo fatto la storia». In perfetto italiano Mark Cavendish si rivolge a Davide Ballerini pochi istanti dopo aver vinto la sua quarta tappa in questo Tour de France. I due si prendono il volto per le mani. Gioiscono. Volata magistrale. Intorno ai corridori della Deceuninck-Quick Step ci sono più fotografi del solito. Eppure è stato uno dei tanti sprint che Cav ha vinto nella sua prosperosa carriera.
Raggiunto Merckx
Ma questa, come detto, è storica. E’ la vittoria numero 34 di Cavendish alla Grande Boucle, quella che eguaglia un certo Eddy Merckx. E quando si vanno a toccare questi nomi trema il mondo.
«Mark – dice Ballerini – è un ragazzo splendido, sono contento che abbia raggiunto questo traguardo. Noi non ci abbiamo mai pensato a dire il vero, ma lui forse un piccolo pensiero ce lo ha sempre fatto. Ha scritto la storia è vero, ma adesso speriamo di riscriverla!».
Il pensiero di Ballerini (e non solo il suo) è rivolto ai Pirenei, che si stagliano all’orizzonte. In teoria il grande pericolo del tempo massimo dovrebbe esserci solo verso Luz Ardiden, con il Tourmalet e altre salite in precedenza, ma visto come è stata interpretata la corsa sin qui, mai dare nulla di scontato.
«Se Luz Ardiden è rischiosa come Tignes? Di sicuro non è facile, ma noi cercheremo di stare vicino a Cav il più possibile. Però Mark ha una gran gamba e non credo ci saranno grandissimi problemi. Noi di certo faremo quadrato intorno a lui. Dispiace piuttosto per la caduta di Tim Declercq. Siamo preoccupati per lui che è una pedina fondamentale».
Oggi il gigante belga è arrivato ultimo a Carcassonne, da solo, ad oltre 21′ dal suo compagno in maglia verde. Maglia verde che è un obiettivo sempre più concreto.
Volata non scontata
Quella di Carcassonne sembra una volata come le altre. Ma non è così. La squadra di Cav la prepara al dettaglio. “L’orchestra” Deceuninck è perfetta. Talmente perfetta che fanno primo e secondo. Alle spalle dell’ex iridato finisce infatti proprio Michael Morkov, il suo apripista.
I blu di Lefevere tengono i ranghi serrati sin dal mattino. Non è come nei due giorni precedenti. Oggi la corsa resta “chiusa”: deve essere volata, anche perché potrebbe essere l’ultima, incrociando le dita per Cavendish, proprio riallacciandoci al discorso dei Pirenei. E così ecco che a fare la guardia già a molti chilometri dall’arrivo sono due mastini veri: Alaphilippe e Asgreen. Non due qualsiasi.
«Eh – commenta Ballerini – però non eravamo così certi di arrivare in volata. La tappa non è stata facile e negli ultimi 60 chilometri hanno provato in tanti ad attaccarci».
Buco ponderato o no?
Ma sul cammino verso la storia ecco qualcosa che non ci si aspetta. Ai 700 metri Ballerini è in testa con una manciata di metri. Lui svolge il suo compito. Cioè tirare fortissimo per portarsi dietro Morkov che a sua volta deve lanciare Cav. Ma il danese molla quelle due pedalate e crea una sorta di buco. Probabilmente se non ci fosse stato Cortina avrebbe vinto.
«Mah, guardate – ci dice Ballerini – ancora non sono riuscito a parlare con Morkov, ma non era un qualcosa di studiato. Probabilmente Michael ha visto che eravamo un po’ lunghi e quindi ha fatto uscire qualcun altro per colmare quella differenza».
E qui si capisce perché Morkov sia tanto desiderato dagli sprinter. Possibile sia davvero riuscito ad avere quella lucidità in quelle poche frazioni di secondo e con l’acido lattico persino alle orecchie?
«Sì, sì… lui è incredibile – conferma Ballerini – Ragiona in quei momenti, riesce ad avere una lucidità impressionante. Io sono in camera con lui e sono contento perché in qualche modo è una scuola. Ha tanta esperienza. Parliamo delle volate fatte e di quelle da fare». Questa frase spiega il significato delle parole dette dallo stesso Ballerini ai microfoni Rai: «Siamo consapevoli di quello che facciamo».
E Ballero come sta?
Il Tour de France del ragazzo di Cantù nel complesso sta andando bene. Nelle prime tappe si è messo in mostra, ha sempre aiutato i compagni e nel giorno di Pontivy è arrivato quarto.
«Io sto bene dai. Ho avuto una bruttissima giornata nella tappa del Ventoux. C’è mancato un niente che andassi a casa. Avevo un mal di schiena terribile. Devo ringraziare la squadra, compagni e staff, se sono riuscito a portare la bici all’arrivo quel giorno. In un grande Giro c’è sempre un giorno no, ma certo a me è toccato proprio nella tappa più dura! Adesso però il peggio è alle spalle e che dire: sono contento di poter aiutare i miei compagni. Siamo davvero una bella squadra. Guardiamo avanti e speriamo di vincere ancora».
Quel primato assoluto fa gola. Insomma, battere Merckx non è da tutti…