L’anno esplosivo della Intermarché-Wanty. Un viaggio con Piva

28.12.2021
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La Intermarchè-Wanty Gobert è stata la “Cenerentola” del WorldTour in questa stagione 2021. Entrata quasi in punta di piedi, la squadra belga si è saputa difendere alla grande… tra le grandi. E una certa fetta di merito è sicuramente anche di Valerio Piva, diesse di lungo corso.

Piva era stato in squadre di livello mondiale come la T-Mobile e la BMC e ha saputo mettere la sua esperienza al servizio anche di questo “giovane” team.

Primo ritiro della stagione in Spagna sotto gli occhi di Valerio Piva (Petilli in primo piano)
Primo ritiro della stagione in Spagna sotto gli occhi di Valerio Piva (Petilli in primo piano)
Valerio, archiviate un buon 2021…

Siamo contenti, se mi avessero detto ad inizio stagione che sarebbe andata così ci avrei messo la firma. Chiaramente non è stato facile ma ci abbiamo creduto. E dire che l’inizio non è stato buonissimo.

Perché?

Soprattutto nelle classiche delle pietre ci aspettavamo qualcosa di più. Le cose sono iniziate ad andare meglio dalle Ardenne in poi e al Giro d’Italia è definitivamente cambiata la fisionomia del gruppo e della stagione. La vittoria di Taco Van der Hoorn ha inciso molto. Da lì in poi, e soprattutto a fine stagione, siamo sempre stati presenti e protagonisti.

Cosa non ha funzionato nelle classiche delle pietre?

Non abbiamo raccolto quello che speravamo. Non che volessimo vincere il Fiandre e la Roubaix, ma volevamo far vedere di più. Essere più protagonisti, entrare in qualche fuga importante. Poi chiaramente siamo consapevoli che non avevamo le qualità umane ed atletiche per poter primeggiare. Il nostro leader era Thomas De Gendt che ha avuto qualche problema alla Tirreno. E lo stesso Danny Van Poppel ci ha messo un bel po’ a riprendersi.
Potevamo avere più fortuna nella prima classica, l’Het Nieuwsblad: ne avevamo quattro in fuga e ci aspettavamo una buona volata da Pasqualon, ma una caduta ha compromesso tutto e abbiamo perso un’ottima occasione per partire con il piede giusto… Insomma, tra malattie e sfortune non abbiamo raccolto molto all’inizio.

Però nelle Ardenne già è andata meglio…

Abbiamo fatto un’ottima Freccia con Quinten Hermans. E siamo stati protagonisti alla Liegi con Vliegen e Rota. Noi sappiamo che per essere nel vivo dobbiamo anticipare, anche se penso che il prossimo anno con Rota possiamo iniziare a giocarcela diversamente. Lorenzo ha dimostrato di esserci. A San Sebastian sarebbe arrivato coi primi se non gli fosse caduto davanti Honorè. E anche alla Tre Valli Varesine è andato molto bene. Io mi aspetto tanto da lui nella prossima stagione.

Hai detto che al Giro è cambiato il vento. Come mai? Avete aggiustato il tiro voi direttori o è stato un qualcosa che è venuto da solo?

No, ci abbiamo lavorato. Sin dall’inizio della stagione abbiamo posto degli obiettivi ed abbiamo parlato con i corridori. Per esempio alla vigilia della Freccia del Brabante, mentre era in ritiro in altura, mi ha chiamato proprio Taco. Mi chiese cosa ne pensassi di lui al Giro. Io gli dissi che non avevamo un leader per la classifica generale. E che una volta aiutati Pasqualon e Minali per le volate avremmo dovuto anticipare, attaccare. E in questo lui è stato molto serio. In passato già avevo corso così con altri team. Avevamo visto bene le tappe dove poter fare qualcosa. Vincere alla terza frazione ti salva e ti rende tranquillo per il resto della corsa. Infatti poi tutti hanno provato e i ragazzi hanno corso con lo spirito giusto.

E si è visto, avete corso con cognizione di causa, non siete venuti in Italia a “portare a spasso” la bici…

Sono occasioni che noi non possiamo lasciarci sfuggire. Non abbiamo l’uomo di classifica e neanche il velocista che poteva vincere. Magari quest’anno con Thijssen e qualche altro giovane cambierà qualcosa e potremmo correre per vincere le volate. Così come con Kristoff avremo qualche opportunità in più nelle classiche. Le correremo in un altro modo o quanto meno con altre gerarchie.

Valerio, portaci nel metodo Wanty. Avete dei preparatori vostri o lasciate fare ai corridori? Come vi organizzate?

Abbiamo un gruppo di allenatori già buono, che è stato anche potenziato. Il nostro capo performance è Aike Visbeek, l’ex diesse di Dumoulin quando l’olandese vinse il Giro d’Italia. È lui che fa i programmi dei ragazzi. Chiaramente ci riuniamo tutti quanti. Già per questa stagione ci siamo incontrati tre volte. E a breve riprenderemo il tutto nel ritiro di gennaio. C’è Frederik Veuchelen, ex corridore della Wanty. C’è Ioannis Tamouridis, un greco che lavorava alla Seg. In più ci appoggiamo ad un gruppo tra Belgio e Olanda che si chiama Cycling Lab. Poi qualche ragazzo ha l’allenatore personale ma noi chiediamo a tutti i nostri atleti di utilizzare Training Peaks, così che possano essere sempre controllati dai nostri preparatori. Per il resto ogni direttore sportivo ha i suoi 6-7 corridori di riferimento. Abbiamo una nutrizionista che fa parte dell’università di Gand. Siamo andati in galleria del vento e in pista per migliorare posizioni e materiali.

Tutto questo lo facevate anche in passato o da questa stagione?

Da questa stagione, da quando siamo diventati una WorldTour. Chiaro che essendo arrivato tutto di colpo non si poteva fare tutto insieme. Abbiamo iniziato con le cose indispensabili e man mano stiamo facendo sempre qualcosa di più. Per esempio lo scorso anno abbiamo fatto dei ritiri solo in alcuni momenti chiave della stagione, quest’anno cercheremo di farne qualcuno in più. Dobbiamo utilizzare al meglio il budget che abbiamo a disposizione che non è certo lo stesso di Ineos, UAE o Jumbo.

Cosa ti aspetti dal 2022? Sarai contento se…

Ah, ah – ride Piva – Sarò contento se faremo meglio di quest’anno! L’obiettivo, con 18-20 squadre, è quello di restare nel WorldTour. Noi la licenza l’abbiamo acquistata dalla CCC, ma vogliamo mantenerla. E dal prossimo anno per mantenerla bisognerà fare i punti per restare in classifica. Quest’anno siamo stati quattordicesimi, ma per restare nel WorldTour contano i punteggi degli ultimi tre anni, pertanto bisognerà fare ancora meglio.

Wanty protagonista anche alla Vuelta. Per Taaramae una tappa e due giorni di maglia roja
Wanty protagonista anche alla Vuelta. Per Taaramae una tappa e due giorni di maglia roja
Una sfida non facile…

No, non è facile ma con Kristoff qualche ambizione in più ce l’abbiamo. Come ripeto, da Rota mi aspetto molto. E c’è Ghirmay. Lui può essere la sorpresa del prossimo anno, è già arrivato secondo al mondiale, ha vinto e ci crediamo molto. Per me è un talento.

La Wanty ha riscosso molta simpatia in Italia per il modo con cui ha interpretato il Giro. E per voi in squadra è stata una sorpresa la corsa rosa?

Vi dico questo, il Belgio è forse la nazione numero uno al mondo per il ciclismo. Lo è per i team, ha tre WorldTour, ma anche per i tifosi. Qui ogni giorno c’è il ciclismo alla TV. Per esempio mentre sto parlando con voi stanno dando un cross. Quindi su una squadra come la nostra c’è molta attesa. Il Giro è molto seguito in Belgio, non dico come il Tour, che te lo danno dalla sera alla mattina, ma neanche è il “brutto anatroccolo”. Non potevamo non essere pronti. Per quel che riguarda l’Italia c’è sempre molto interesse. Pensiamo al cibo, ai vini, alla moda… e poi al Giro ha vinto Merckx in passato. Tra Italia e Belgio c’è un legame stretto.

«Io – aggiunge Piva – Al prossimo Giro ci sarò. Da italiano ci metto del mio per far sì che la squadra possa andare forte».