Paolo Simion

Dall’Everest alla pista, il ritorno di Simion

24.12.2020
5 min
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Paolo Simion è un personaggio, ragazzi. Un atleta davvero interessante. Fresco laureato in scienze motorie, ex (e di nuovo) pistard, stradista, viaggiatore “estremo” quando stacca dalla bici. Dietro ai suoi occhiali dalla montatura quadrata, Paolo racconta la sua storia, la passione che lo lega a questo sport e a questo ambiente, tanto da aiutare i ragazzini delle squadre giovanili di casa nei ritagli di tempo.

Il ritorno

Villa ci ha detto che Simion aveva chiesto di rientrare e che lui la porta l’avrebbe lasciata aperta, specie a chi ci mette impegno. Inoltre un elemento in più avrebbe fatto comodo al gruppo.

«Sono qui con Villa – dice Simion – perché avevo lasciato il discorso della pista cinque anni fa. Ho dato a Marco la mia disponibilità per essere utile alla causa. Se manca qualcuno posso dare il mio contributo negli allenamenti, più siamo e meglio è. Ti alleni di più, ci sono più stimoli. Nella pista siamo una nicchia ed essere in buon numero conta».

Paolo Simion
Il veneto in cammino verso il campo base dell’Everest lo scorso anno
Il veneto in cammino verso il campo base dell’Everest lo scorso anno

Tuttavia Simion non fa parte del gruppo che sta lavorando per Tokyo.

«Ma è logico! Non sono tornato per rubare il posto a nessuno. A Tokyo non ci penso. I ragazzi hanno lavorato tanto e il livello della pista è elevatissimo, mi servono anni per tornare a quei valori. Io voglio ripartire da capo. Parigi 2024 può essere un obiettivo. La pista non sono mai riuscito a farla bene come dico io. Stefano Giuliani (il nuovo team manager della Giotti Victoria Savini Due, il club dove militerà, ndr) mi supporta in questa mia scelta. Lui è stato anche nella Mtb e approva il discorso di fare più discipline». 

Trainer di se stesso

«Dopo essere stato alla Bardiani CSF seguivo una tipologia di allenamenti e volevo dare una svolta totale dopo il passaggio a vuoto nella squadra cinese.

«E’ vero, mi preparo da solo. Visto quello che stavo apprendendo negli studi viste le mie esperienze ho deciso di fare per conto mio. Di sperimentare e di mettere in pratica quello che studiavo. Mi sono laureato a settembre, anche un po’ prima dei tempi previsti. Così ho preso le nuove metodologie e già a febbraio quando ho capito che non ci sarebbe stato nulla da fare tra squadra cinese e covid ho iniziato a fare i rulli in un certo modo. Molta intermittenza a grandi intensità. L’obiettivo era di richiamare molte fibre muscolari e questo mi ha consentito di riportare su il mio picco di watt negli sprint che a forza di fare allenamenti lunghi era sceso molto. Ho preso questa strada anche in previsione di tornare in pista. Quando la lasciai l’addio fu doloroso».

Paolo Simion
A Formia anche allenamenti in palestra
Paolo Simion
A Formia anche allenamenti in palestra

Dall’Everest alla pista

Per quest’anno nessuna avventura esotica dopo il termine della stagione, tra impegni e covid era meglio evitare.

«Eh sì mi piace viaggiare. Venti giorni a fine anno li faccio sempre. Due anni fa sono andato in Sudafrica, Lesotho, Swaziland e l’anno scorso ho fatto il trekking dell’Everest Base Camp dal lato nepalese. Un’avventura incredibile. Io non sentivo troppo la quota, ma dopo i 3.800-4.000 metri cambiava tutto. Di notte avevo 90 battiti quando di solito ne ho 40. Ma è stata un’esperienza unica e l’Everest è enorme. Quando ci sei sotto sono oltre 3.000 metri di parete, come una Marmolada… ma partendo da Venezia! E’ gigantesco. Quest’anno, come detto, non ho viaggiato e dovrò recuperare».

Una personalità così non può essere banale e il fatto di essere tornato in pista per Villa è un valore aggiunto.

«E poi a me piace voltare pagina. Quel che ho fatto negli ultimi cinque anni non conta. Ogni anno io ripartivo da zero, anche quando le cose andavano bene. Non stavo a dire ho vinto questo o quello».

Un lustro, una nuova era

In cinque anni di assenza dal parquet deve essere cambiato molto. E Simion non solo ne è consapevole, ma lo conferma.

«La mia ultima apparizione internazionale sulla pista risale al 2014. In cinque anni è cambiato tutto. Nell’ultimo quartetto che feci girai con il 54×14, adesso la corona più piccola che ho utilizzato è il 60. Prima c’era la Pinarello Matt, adesso la Bolide… è un altro mondo. Sul lanciato già faccio gli stessi tempi di quando ero al top, per dire quanto si siano evoluti i materiali.

«Anche l’allenamento è cambiato molto. Oggi la forza è fondamentale. Serve potenza. Mi ricordo che nel quartetto si girava in 15”, cioè a 60 all’ora, adesso ci si gira nell’inseguimento individuale».

Simion (28 anni) ha corso cinque stagioni alla Bardiani CSF
Paolo Simion
Simion (28 anni) ha corso cinque stagioni alla Bardiani CSF

L’olio sulla scarpa

Il veneto ritrova quindi i suoi amici di sempre. Ha iniziato a 10 anni, perché pesava 80 chili e la mamma decise di fargli fare sport. Prima gara da G5, poi man mano che perdeva peso andava sempre più forte e sono arrivate le prime vittorie.

«Mia mamma parlò con il papà di un mio compagno di scuola che era il ds del Martellago, la squadretta locale. All’inizio facevo anche un po’ di Mtb, poi la strada e da esordiente è arrivata la prima vittoria. Sono stati Sergio Bianchetto e Cipriano Chemello a portarmi in pista. Ci mettevano dietro moto. Eravamo in 7-8 e i quattro che restavano attaccati facevano parte del “quartetto A” del Veneto. Che tempi! Me la ricordo ancora quella moto, una Cagiva che perdeva olio dalla marmitta. Ogni volta che tornavo a casa dalla pista dovevo ripulire subito la scarpetta destra sporca di olio. Il bello è che quei quattro eravamo sempre noi: Liam (Bertazzo, ndr), Scarte (Scartezzini, ndr)… e certe storie ancora vengono fuori».