«Finalmente sta finendo, quest’estate di m….». Sopracciglia aggrottate, poca voglia di parlare, anzi se fosse raffigurabile in un fumetto, si vedrebbe la nuvoletta piena di fulmini e teschi a mostrare una serie di parolacce irriferibili che attraversavano la sua mente. Alla partenza della settima tappa del Tour de l’Avenir, quella dominata da Cian Uijtdebroeks, l’umore del suo connazionale e compagno di squadra Lennert Van Eetvelt non era certo dei migliori.
La febbre che lo ha costretto al ritiro era solo l’ultimo capitolo di una china discendente intrapresa certo non per sua volontà. E pensare che sino a poche settimane prima tutto sembrava volgere al bello, anzi di più. Il giovanissimo talento della Lotto Soudal U23 aveva dimostrato al Giro d’Italia di categoria di avere stoffa, di continuare quella strada intrapresa a inizio stagione e passata per tanti risultati di spicco, tra cui il secondo posto alla Liegi e soprattutto la vittoria alla Corsa della Pace. Al Giro solo l’eccezionale Leo Hayter con la sua impresa a Santa Caterina Valfurva gli aveva impedito di cogliere un altro trionfo in un grande giro, ma in Francia era pronto a prendersi la rivincita. Invece…
Classiche o corse a tappe?
Caduta agli europei di categoria, poi il Covid che lo ha estromesso dal Giro della Valle d’Aosta, infine il malanno de l’Avenir. Il proverbio dice che non c’è due senza tre e Van Eetvelt lo spera ardentemente, per riallacciare il filo prima di passare nella squadra dei “grandi”. Queste disavventure non hanno infatti di certo intaccato la fiducia riposta su di lui. In attesa di capire di che pasta è fatto Evenepoel come specialista dei grandi giri, proprio su Van Eetvelt e Uijtdebroeks sono riposte le speranze del ciclismo belga, tanto forte nelle classiche d’un giorno quanto in attesa da tempo immemore di specialisti per le sfide da tre settimane.
Van Eetvelt i suoi passi li sta facendo, senza fretta. Paragonarlo al grande Remco sarebbe ingeneroso, il 21enne di Tienen è corridore che ha bisogno dei suoi tempi per scoprirsi, per capire. «Io cerco di evolvermi – affermava alla vigilia della sua seconda stagione nella categoria – non so dire se emergerò come scalatore o passista, come specialista di corse a tappe o di classiche d’un giorno. Certamente non sarò mai uno sprinter» chiosava ridendo di gusto.
Grande voglia di tricolore
Ci sono alcune gare che hanno certamente avuto più peso di altre nell’evoluzione giocoforza ancora parziale di Van Eetvelt. Una è il successo al campionato nazionale a cronometro nel 2021: «E’ la mia più grande vittoria, perché avevo fatto 5° alla crono del Giro alla mia prima uscita dell’anno nella specialità e lì avevo capito che potevo puntare a qualcosa di grosso. La maglia tricolore lo è, la sognavo fin da bambino. Ho focalizzato l’obiettivo è l’ho colto, questo è qualcosa di speciale».
John Lelangue, che gestisce tutto l’universo Lotto Soudal e che già aveva compreso le capacità di quel ragazzino tesserato per la formazione di categoria, non ci ha pensato due volte a allungargli il contratto, anzi gli ha garantito già due anni nella prima squadra, a partire dall’1 gennaio 2023. «Il team mi ha voluto dare sicurezza – ammette il corridore belga – Mi hanno fatto correre senza stress e questo mi è stato di grande aiuto».
Fauniera, sulle orme dei grandi
Un altro momento fondamentale nell’affermazione di Van Eetvelt è proprio la scalata del Fauniera, un momento di svolta forse nella sua carriera. Quel corridore che cercava di capire a che cosa poteva ambire, quel giorno, su rampe che hanno incoronato fior di campioni, si è esaltato e ai suoi occhi non è tanto la vittoria di tappa o la situazione di classifica che lo ha colpito, quanto la sua facilità a emergere anche in una montagna “vera”: «Io voglio diventare uno scalatore vero – affermava qualche tempo prima del Giro – non solo per strappi da 10 minuti. Non ho mai affrontato una salita davvero lunga, impegnativa, continua, ma dovrei essere in grado di farlo e voglio mettermi alla prova».
Anche Van Eetvelt, anche se non lo dice, è fra i tanti che ha l’ossessione del Tour. Quella corsa che ai vicini di casa dei francesi sfugge dai tempi di un certo Eddy Merckx. Un’ossessione nata da bambino: «Ero davvero piccolo quando con i miei coetanei guardavamo le tappe del Tour e poi uscivamo con le nostre piccole bici e imitavamo questo o quel campione. Poi a 8 anni ho cominciato a gareggiare sul serio e ogni volta mi veniva sempre più voglia di provarci. Una voglia che aumenta ancora oggi».
Quella curva presa male…
Prima de l’Avenir, Van Eetvelt sognava: centrare il podio anche nella terza grande corsa a tappe U23 sarebbe stato il miglior lasciapassare per il professionismo. Si era preparato al Tour de l’Alsace, dove ha fatto vedere che anche in un arrivo ristretto può cavarsela, finendo secondo nella seconda tappa dietro lo svizzero Thalmann, «ma solo perché ho sbagliato ad affrontare l’ultima curva lasciandogli un po’ troppo spazio. Più che la seconda piazza nella classifica generale non mi è andato giù quel risultato, perché potevo davvero vincere».
Ora, tornando a casa, Van Eetvelt ha ancora più fame di vittorie e magari chissà che si prenda la sua rivincita agli antipodi, provando a far saltare il banco mondiale…