Come abbiamo visto al Tour de l’Avenir il livello era pazzesco. Al via tanti ragazzi che non solo hanno già assaggiato il professionismo, ma addirittura militano in squadre WorldTour. Su tutti i due spagnoli, Juan Ayuso e Carlos Rodriguez. Ma c’era anche un altro corridore che almeno fino a 70 chilometri dalla fine della “piccola Grande Boucle” era nella top ten della classifica generale, a tenere altissimo questo livello: Andres Camilo Ardila.
In bici a 9 anni
Andres è un piccolo scalatore colombiano. Viene dalla zona di Tolima, in un pueblo che si chiama Marequita, a 170 chilometri a Nord Est della capitale Bogotà. Come sempre a notarlo è stato il talent scout per eccellenza, Joxean Fernandez Matxin, meglio conosciuto come Matxin e basta. Ardila ha seguito le orme e la passione di suo papà, Camillo, ed ha iniziato a pedalare molto presto
«Bueno – dice Ardila – ho iniziato quando avevo nove anni. E’ stato mio papà a mettermi in sella, ma la mia prima corsa l’ho fatta quando avevo undici anni e sono arrivato al ciclismo professionistico in Colombia quando ne avevo 18. Poi dall’anno scorso sono entrato nel WorldTour. Ho firmato il contratto con la Uae al Giro d’Italia U23 del 2019 che ho vinto. Matxin ha creduto in me e mi ha dato l’opportunità di essere parte della squadra.
«Cosa mi piace del ciclismo? Mi sento di avere molta libertà. Ho l’occasione di girare il mondo, di conoscere luoghi nuovi e diversi. Conoscere gente e farmi nuovi amici, a prescindere della rivalità. Ma quando sono a casa mi piace stare con la famiglia e godermi gli amici».
Il suo idolo è Nairo Quintana. «E’ lui che mi motivava. Mi ricordo delle sue sfide con Chris Froome al Tour o quando vinse il Giro. Correre qui in Europa con lui, seguire i suoi passi e portare in alto il mio Paese come ha fatto Nairo è la storia più bella che posso realizzare».
Prestazioni okay, regolarità no
Come spesso accade i colombiani sono istintivi e generosi in corsa. Attaccano e contrattaccano. A volte vincono, altre rimbalzano. Ed è un po’ quel che è successo ad Ardila nell’ultima frazione dell’Avenir, la tappa regina con Madeleine, Iseran e Piccolo San Bernardo. Andres ha fatto lavorare i suoi connazionali salendo verso i 2.770 metri dell’Iseran. Era convinto di attaccare. Prima del via si fregava le mani. Aspettava questo “puerto”, come dice lui, ma in realtà la sua azione e quella dei suoi compagni ha spianato la strada allo spagnolo Carlos Rodriguez. Mentre lui è “naufragato”.
Ma ci sta, quando si è giovani ci sono questi passaggi a vuoto. E non bisogna poi guardare ai distacchi per giudicare. Un colombiano di 60 chili (forse anche meno) che resta praticamente da solo con 65 chilometri da fare, 35 dei quali in discesa, è normale che perda minuti a valanga.
«Oggi volevamo attaccare. La squadra ha fatto un ottimo lavoro per tutto l’Avenir. Ho pagato un po’ nei finali delle ultime due tappe di montagna ma erano corte e a me piacciono quelle più lunghe. Non è andata come speravo, però siamo sempre stati nel vivo della corsa ed è un orgoglio per me. E poi posso sempre continuare a lavorare pensando che la prossima volta potrò ottenere un risultato migliore».
Corazzata Uae
In ogni caso la Uae può contare su un altro uomo di grande spessore tecnico, almeno per la salita. E se la punta non dovesse essere Ardila, lui stesso può essere uno dei giovani e preziosi vagoni per i suoi capitani, Pogacar in primis, ma anche Almeida (che arriverà il prossimo anno).
«Sì, nella Uae siamo molti giovani forti – riprende Ardila – Negli ultimi anni ci sono ragazzi che vanno già molto bene e nel caso della mia squadra ancora di più. Abbiamo Pogacar che è un gran “companero”. Tadej oltre che essere un grande corridore è anche una grande persona. E lo stesso Juan Ayuso, ha un grande talento. Quando è così sei molto motivato a crescere. Sono solo due anni che sto correndo in Europa e sto imparando moltissimo. Devo trovare il feeling con questi nuovi ritmi. I modi di correre sono nuovi per me e penso che stiamo facendo un buon lavoro con la squadra».
E a proposito di Ayuso gli abbiamo chiesto qual è stato il suo rapporto in gara con lo spagnolo, anche lui della Uae. «No, all’Avenir non abbiamo parlato molto (anche per Juan si è ritirato dopo quattro frazioni, ndr). Eravamo in squadre diverse. E poi non c’è stato molto tempo visto quanto siamo andati forte!». Infine ha aggiunto una frase che la dice lunga sulla sua grinta e sul carattere dei ragazzi della Uae: «E poi ognuno è venuto qui con una mentalità vincente e ognuno voleva fare la sua corsa».