Quando chiama il WorldTour, bisogna avere la massima ricezione del cellulare per rispondere. E’ andata più o meno così a Barbara Malcotti, altra italiana che migra verso l’estero e la categoria più alta. La scalatrice classe 2000 (compirà 22 anni il prossimo 19 febbraio) dopo tre stagioni nella Valcar-Travel&Service passa al team statunitense Human Powered Health (ex Rally Cycling Women) con cui ha firmato un contratto biennale.
Nel 2022 la trentina di Storo (paesino qualche chilometro a nord del Lago d’Idro nella Valle del Chiese), che ora convive col fidanzato vicino a Conegliano, ha messo nel mirino due obiettivi: la crescita come atleta e la laurea in psicologia il prossimo novembre.
«In questo periodo in cui sono meno impegnata a casa – spiega la Malcotti, che è iscritta all’università di Bergamo – sto lavorando alla tesi. Mi piacerebbe farla su un particolare disturbo alimentare che ho già individuato e che mi ha molto incuriosito. Vi chiedo di non svelarlo per non rovinare la sorpresa ai miei professori. Se riesco vorrei fare una ricerca scientifica adattata al ciclismo femminile e in modo totalmente anonimo. Avrei già qualche contatto che si renderebbe disponibile. In caso contrario, per mancanza di tempo, farei una rassegna di sola letteratura, che ne ho già trovata tanta».
Per lei però – ce lo confida quasi ad inizio della nostra chiacchierata – la priorità ora ce l’ha il ciclismo. L’opportunità di correre e fare bella figura nel WorldTour è troppo grande per non dedicargli la maggior parte delle energie. Approfondiamo quindi il discorso.
Barbara, domanda di rito. Come sei arrivata alla Human Powered Health?
A settembre, dopo l’europeo U23 di Trento (in azione nella foto di apertura, ndr). In realtà ero già stata confermata dalla Valcar Travel&Service. Ma lo scout della squadra statunitense, che stava tenendo sotto osservazione altre ragazze della mia età, mi ha visto nella prova in linea e mi ha chiamata proponendomi l’ingaggio. Sono rimasta sorpresa e spiazzata. Ne ho parlato subito con Valentino Villa (il presidente della formazione bergamasca, ndr) che mi ha concesso di valutare e cogliere questa opportunità. Ho poi parlato anche con i diesse ed il team manager americani. E’ stata una scelta veloce perché loro volevano una risposta prima di inizio ottobre.
Questi tre anni in Valcar come sono stati?
Buoni, ringrazio Villa, Arzeni e tutti quanti per quello che hanno fatto per me. Sono cresciuta molto facendo tanta esperienza. Ho avuto il privilegio di stare con grandi campionesse e correre, ad esempio, con Elisa Balsamo che tutti sanno cos’ha vinto. Mi ha insegnato tanto Ilaria Sanguineti. Lei ha molta esperienza, è la donna-squadra al 100 per cento. Se devi avere un gregario al tuo fianco, lei è una garanzia, così come la è stata Silvia Pollicini.
Personalmente invece sembra che non siano state tutte belle stagioni…
Vero. Nel 2019, al primo anno elite, mi sono rotta il bacino il 25 maggio cadendo in discesa in gara in Spagna (all’Emakumeen Bira, ndr). Sette mesi ferma, recupero lunghissimo nel quale ho perso massa muscolare. Nel 2020, a fine febbraio alla Vuelta Valenciana, mi sono dovuta ritirare per un principio di overtraining. Il lockdown mi ha consentito di riprendermi, ma quando la stagione è ripartita avvertivo cattive impressioni di condizione. Solo alla Challenge by La Vuelta ho ritrovato davvero buone sensazioni. Ma ormai era novembre inoltrato e la stagione era finita.
Quindi nel 2021 come sei partita?
Inizialmente è stata un’incognita, pensavo fosse simile alla precedente. Tuttavia l’aver terminato in crescendo il 2020 mi ha stimolata a fare bene. All’Amstel mi sono staccata subito, ma non mi sono demoralizzata. Alla Liegi ho chiuso in buona posizione e ho preso motivazione per proseguire su quella strada. Mi ero sbloccata a livello mentale. Anche i miei studi mi hanno aiutata in questo, li ho applicati su di me. Prima ero diventata la paziente di me stessa. Sono rimasta delusa invece dal Giro che ho corso. Volevo farlo bene ma non è andata così.
Torniamo alla tua nuova squadra. Cosa sai di loro?
So che il loro obiettivo era formare un gruppo molto giovane con qualche ragazza esperta, presa per insegnarci a correre. Conosco bene solo Henrietta Christie (la neozelandese classe ’02 che quest’anno ha corso nella BePink, ndr), ma so che ci saranno qualche olandese e, fra le tante, la statunitense Kaia Schmid (nel 2021 tra le junior argento iridato su strada, argento nell’omnium o oro nell’eliminazione ai mondiali su pista, ndr).
Hai già fatto un programma indicativo con i tuoi futuri tecnici?
Faremo un ritiro in Algarve dal 16 al 26 gennaio così potremo conoscerci meglio. Abbiamo già tracciato un po’ di calendario. Nella prima parte di stagione correrò al Nord. Freccia Vallone e Liegi su tutte, in cui vorrei fare bene. Poi Itzulia Women e Vuelta a Burgos prima del periodo di stacco in vista di luglio. Per il momento per me è previsto il Tour ma io vorrei correre il Giro Donne che è più indicato alle mie caratteristiche. E perché vorrei riscattare quello di quest’anno. Inoltre dovrei fare la Strade Bianche per la prima volta.
Barbara chiudiamo con uno sguardo al prossimo futuro. Cosa ti aspetti da te?
Nel 2022 l’idea è quella di essere di supporto alla squadra per ottenere riconoscenza in qualche gara di livello. Mi piacerebbe avere un po’ di carta bianca in qualche corsa WT quando ce ne sarà la possibilità. Su di me in generale l’obiettivo è quello, un giorno, di stare ed arrivare con le migliori. Un esempio di crescita e serietà che vorrei seguire è quello di Marta Cavalli. Siamo state compagne, la conosco e sono felicissima per la sua carriera. Diventare un’atleta come lei mi piacerebbe molto.