Oro per la Ivanchenko, per le nostre fatica ed esperienza

21.09.2021
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Quando Alena Ivanchenko piomba sul traguardo la differenza di velocità si vede ad occhio nudo. La sua bici scorre come un proiettile anche dopo la linea, tra massaggiatori e addetti stampa. Forse perché la russa non riesce neanche a trovare la forza per rialzarsi e frenare.

Le prime tre erano le favorite e così è andata. La cosa curiosa è che i distacchi, della quarta inclusa, ricalcano esattamente quelli delle donne elite di ieri. Dieci secondi tra la Ivanchenko e Zoe Backstedt. Quindici secondi tra l’inglese (figlia dell’ex pro, Magnus) e Antonia Niedermaier. E un minuto tondo, tondo tra la tedesca e l’olandese Anna Van der Meiden.

Ivanchenko d’oro

Alena viene da San Pietroburgo. Classe 2003 questo poteva essere il suo secondo mondiale, invece causa Covid è il primo. Per lei dunque la stessa esperienza della rivale inglese, che però è una 2004.

Perché Alena era la favorita? Perché lei predilige questi percorsi piatti, perché a Trento aveva dato una prova di forza davvero importante (prima a crono e quinta su strada) e perché è anche una pistard. E in tal senso le richieste fisiche del parquet l’hanno aiutata non poco. Oggi, infatti, contava molto riuscire a girare il rapporto con cadenze elevate, essere dei “martelli battenti” e il colpo di pedale della pista è stato probabilmente quel qualcosa in più della Ivanchenko.

«Sono molto felice – ha detto la russa – davvero soddisfatta. Ho lavorato tanto per questo obiettivo. Strada o pista? Preferisco la strada, soprattutto qui nelle Fiandre, dove c’è una gran bella atmosfera».

Partenza… “col botto”

Esperienza è la parola chiave delle nostre due azzurre impegnate nella crono iridata di Flanders 2021. Di certo la loro gara va interpretata così e non per i risultati: Carlotta Cipressi ha chiuso al 29° posto e Francesca Barale addirittura al 43°. Però hanno dato il massimo, pur sapendo di non essere sul loro terreno preferito. E soprattutto hanno avuto una vigilia alquanto complicata. In allenamento infatti sono cadute.

«Eravamo a fare una sgambata con le donne elite e gli juniores maschi – racconta la Cipressi – Io e Francesca siamo finite a terra. Mi è finita la ruota in un binario. Guarda che gamba che ho – e indica col mento un grande rigonfiamento nell’anca sinistra – purtroppo questo non mi ha fatto rendere come volevo. Non che sarebbe andata troppo diversamente, ma soprattutto ad un mondiale cerchi, e vorresti, fare di più».

Mentre parla, Carlotta accarezza la sua bici, una Pinarello Bolide con i colori Sky di qualche anno fa.

«Da dove arriva questa bici? Me l’ha passata la Federazione. E sì: bisogna accarezzarla! Mi piacciono molto questa specialità e questa bici, ci esco spesso in allenamento. Magari la cambio anche durante le uscite. Su una bici da crono più ci stai e più la senti tua».

Barale come Pogacar

E poi c’è la Barale, vera stellina del nostro ciclismo. Francesca è stata davvero chiamata per fare esperienza. E lei ne è ben consapevole. Nonostante ciò ha dato il tutto e per tutto. All’arrivo si getta a terra stremata (foto apertura). Il massaggiatore le passa i sali, ma lei impiega un po’ prima di dare il primo sorso.

«Non era questo il mio percorso – ha detto Francesca – Tuttavia è importante fare crono così lunghe. Sembrava non finire mai. Ed è importante, almeno per me, farle pesando alle corse a tappe e al futuro».

Un bella considerazione. Un qualcosa che, ha sottolineato qualche addetto ai lavori, ha fatto anche Pogacar domenica scorsa. Lo sloveno, che chiaramente in una crono secca e così piatta non avrebbe potuto vincere, ha fatto un’investimento su sé stesso. Si è impegnato in una maxicrono. Alla fine ha chiuso con un dignitosissimo decimo posto, ma quel che conta è il bagaglio col quale torna a casa. Ha raccolto dati preziosi, ha aggiunto un tassello nella gestione dello sforzo e se nel prossimo grande Giro si ritroverà ad affrontare una prova del genere sa cosa aspettarsi.