Quando Alena Ivanchenko piomba sul traguardo la differenza di velocità si vede ad occhio nudo. La sua bici scorre come un proiettile anche dopo la linea, tra massaggiatori e addetti stampa. Forse perché la russa non riesce neanche a trovare la forza per rialzarsi e frenare.
Le prime tre erano le favorite e così è andata. La cosa curiosa è che i distacchi, della quarta inclusa, ricalcano esattamente quelli delle donne elite di ieri. Dieci secondi tra la Ivanchenko e Zoe Backstedt. Quindici secondi tra l’inglese (figlia dell’ex pro, Magnus) e Antonia Niedermaier. E un minuto tondo, tondo tra la tedesca e l’olandese Anna Van der Meiden.
La Ivanchenko in azione Il podio della crono junior femminile con Ivanchenko, Backstedt e Niedermaier Alena (classe 2003) bissa il successo di Trento 2021 in conferenza stampa
La Ivanchenko in azione Il podio della crono junior femminile con Ivanchenko, Backstedt e Niedermaier Alena (classe 2003) bissa il successo di Trento 2021 in conferenza stampa
Ivanchenko d’oro
Alena viene da San Pietroburgo. Classe 2003 questo poteva essere il suo secondo mondiale, invece causa Covid è il primo. Per lei dunque la stessa esperienza della rivale inglese, che però è una 2004.
Perché Alena era la favorita? Perché lei predilige questi percorsi piatti, perché a Trento aveva dato una prova di forza davvero importante (prima a crono e quinta su strada) e perché è anche una pistard. E in tal senso le richieste fisiche del parquet l’hanno aiutata non poco. Oggi, infatti, contava molto riuscire a girare il rapporto con cadenze elevate, essere dei “martelli battenti” e il colpo di pedale della pista è stato probabilmente quel qualcosa in più della Ivanchenko.
«Sono molto felice – ha detto la russa – davvero soddisfatta. Ho lavorato tanto per questo obiettivo. Strada o pista? Preferisco la strada, soprattutto qui nelle Fiandre, dove c’è una gran bella atmosfera».
Carlotta Cipressi controlla i dati a fine gara… La Pinarello Bolide “Sky” della Cipressi
Carlotta Cipressi controlla i dati a fine gara… La Pinarello Bolide “Sky” della Cipressi
Partenza… “col botto”
Esperienza è la parola chiave delle nostre due azzurre impegnate nella crono iridata di Flanders 2021. Di certo la loro gara va interpretata così e non per i risultati: Carlotta Cipressi ha chiuso al 29° posto e Francesca Barale addirittura al 43°. Però hanno dato il massimo, pur sapendo di non essere sul loro terreno preferito. E soprattutto hanno avuto una vigilia alquanto complicata. In allenamento infatti sono cadute.
«Eravamo a fare una sgambata con le donne elite e gli juniores maschi – racconta la Cipressi – Io e Francesca siamo finite a terra. Mi è finita la ruota in un binario. Guarda che gamba che ho – e indica col mento un grande rigonfiamento nell’anca sinistra – purtroppo questo non mi ha fatto rendere come volevo. Non che sarebbe andata troppo diversamente, ma soprattutto ad un mondiale cerchi, e vorresti, fare di più».
Mentre parla, Carlotta accarezza la sua bici, una Pinarello Bolide con i colori Sky di qualche anno fa.
«Da dove arriva questa bici? Me l’ha passata la Federazione. E sì: bisogna accarezzarla! Mi piacciono molto questa specialità e questa bici, ci esco spesso in allenamento. Magari la cambio anche durante le uscite. Su una bici da crono più ci stai e più la senti tua».
Francesca Barale, si rialza dopo la faticaccia. Per lei subito i sali… Una foto sempre affascinante, unghie azzurre e tricolori per la Barale
Francesca Barale, si rialza dopo la faticaccia. Per lei subito i sali… Una foto sempre affascinante, unghie azzurre e tricolori per la Barale
Barale come Pogacar
E poi c’è la Barale, vera stellina del nostro ciclismo. Francesca è stata davvero chiamata per fare esperienza. E lei ne è ben consapevole. Nonostante ciò ha dato il tutto e per tutto. All’arrivo si getta a terra stremata (foto apertura). Il massaggiatore le passa i sali, ma lei impiega un po’ prima di dare il primo sorso.
«Non era questo il mio percorso – ha detto Francesca – Tuttavia è importante fare crono così lunghe. Sembrava non finire mai. Ed è importante, almeno per me, farle pesando alle corse a tappe e al futuro».
Un bella considerazione. Un qualcosa che, ha sottolineato qualche addetto ai lavori, ha fatto anche Pogacar domenica scorsa. Lo sloveno, che chiaramente in una crono secca e così piatta non avrebbe potuto vincere, ha fatto un’investimento su sé stesso. Si è impegnato in una maxicrono. Alla fine ha chiuso con un dignitosissimo decimo posto, ma quel che conta è il bagaglio col quale torna a casa. Ha raccolto dati preziosi, ha aggiunto un tassello nella gestione dello sforzo e se nel prossimo grande Giro si ritroverà ad affrontare una prova del genere sa cosa aspettarsi.













