«Nel WorldTour femminile c’è un problema legato al salario minimo. Non si può pagare 60.000 euro un’atleta che non è in grado di gareggiare. Una cifra difficile da giustificare». Si è un po’ smorzata l’eco delle parole di Patrick Lefevere, uno che ogni volta che parla smuove le acque o solleva un polverone.
Per la verità il 68enne general manager della Soudal-Quick Step e del team continental femminile AG Insurance ha usato bastone e carota nel trattare un argomento che lo riguarda da vicino. Nel corso delle sue dichiarazioni rilasciate in Belgio, Lefevere ha infatti affermato di credere appieno nel potenziale del movimento femminile tanto da aver cambiato idea sul tema rispetto ad un paio di stagioni fa, decidendo di investire budget importanti. Sulla scia di queste affermazioni abbiamo voluto sentire il parere di Luca Guercilena, general manager della Trek-Segafredo, che ha fortemente voluto la parità di trattamento sia per uomini che donne nella sua squadra e che ha lavorato con Lefevere fin dai tempi della Mapei.
Luca cosa ne pensi di quello che ha detto il tuo ex collega?
Secondo me bisogna fare una valutazione come premessa. Dal 2019 ad oggi il ciclismo femminile è cresciuto in maniera esponenziale. Ha avuto tanta attenzione mediatica, spinta anche da messaggi etici, come l’uguale considerazione con gli uomini in questo sport. Negli ultimi anni possiamo dire che la situazione sia esplosa e il movimento, o parte di esso, è stato costretto a fare delle scelte.
Intendi proprio quelle di tipo economico?
Sì, ma non solo. Siamo tutti consapevoli che il volume di cicliste di alto livello non fosse molto grande prima. Normale quindi che ci fossero ragazze che venissero pagate oltre la media. Adesso c’è quasi un centinaio di atlete competitive, perché tutte possono allenarsi come si deve proprio perché percepiscono un salario minimo, che permette loro di vivere. L’anno scorso, ad esempio, tra Giro Donne, Tour Femmes e Vuelta abbiamo visto una buona qualità media per questo motivo. Alla fine è stata una scelta che ha dato dei frutti. Le gare sono belle da vedere, anche se ancora qualche tattica può essere rivedibile.
Quindi lo stipendio minimo di cui parlava Lefevere è giustificato?
E’ giusto che tutte vengano pagate in modo adeguato o proporzionale perché le carriere ormai sono sempre più veloci. Vi do alcuni parametri. La base salariale lorda prevede circa 27.000 euro per le neopro’ dipendenti e 44.000 euro per le neopro’ autonome. Mentre sono circa 32.000 euro per le elite dipendenti e circa 52.000 euro per le elite autonome. Detto questo, il movimento economico attorno al ciclismo femminile è ancora in crescita. Per me da qua a tre anni si posizionerà al livello di quello maschile. Non mi stupirei se una atleta venisse pagata un milione di euro. In gruppo ce ne sono già che lo valgono. E penso a Van Vleuten, Wiebes o Balsamo. Da noi alla Trek-Segafredo, come sapete, le atlete partono dal mimino salariale previsto per gli uomini, ovvero 65.000 euro.
Secondo te le cicliste come possono aver reagito alle affermazioni di Lefevere?
Posso dirvi che con le mie ragazze ne ho chiacchierato spesso. Loro sostengono giustamente che ci voglia un minimo salariale anche sotto il WorldTour. D’altronde si sa che ci sono squadre che pagano poco o nulla. Tuttavia le mie stesse ragazze sono consapevoli che mancando una categoria cuscinetto come le U23, le giovani vengono catapultate in realtà troppo grandi per loro.
L’UCI potrebbe fare una ulteriore riforma nel femminile su questo aspetto?
Andando avanti ci sarà sempre più la corsa ad avere le licenze WT per poi andare ad allestire un development team magari legato al territorio. E lì a quel punto potrai far crescere le giovani di cui parlavamo prima. Credo che sarà inevitabile questo passaggio.
Anche per la Trek-Segafredo?
Sì, ci stiamo pensando sul medio termine. Stiamo buttando un occhio in giro e vedere che opportunità ci sono per trovare ragazzine talentuose. Dal 2024 potremmo fare un devo team in cui fare crescere con tranquillità.
Voi vi siete sempre contraddistinti per la parità di trattamento, ma c’è mai stato tra maschi e femmine un atleta che Luca Guercilena si è pentito di aver pagato troppo?
No, mai. La Trek-Segafredo è sempre stata una fautrice dell’ingaggio minino uguale perché noi ragioniamo come una squadra unica tra uomini e donne. Certo ci sono ragazzi in generale che hanno reso di più o di meno come capita spesso, ma siamo soddisfatti al 100 per cento di tutti quelli che sono stati con noi. Siamo sempre stati fortunati ad aver avuto atleti di alto livello. Magari mi sento di dire che alcuni aspetti regolamentari si possono indicizzare. Chi resta a casa per la maternità non la si può sostituire se non prendendo una ciclista dalle continental. Oppure la figura del procuratore che non ha una associazione propria andrebbe regolamentata.
Molte caratteristiche del WorldTour femminile si legano fra loro. Ce ne sono alcune che possono cambiare ancora?
Bisogna trovare il giusto mix tra il buono del maschile e quello del femminile. Bisogna prendere le misure alla crescita ed evitare che il calendario diventi iper fitto. Che poi porta le logistiche ad impazzire. Ad esempio, credo che il format da dieci giorni delle grandi gare a tappe sia più che soddisfacente, anche perché bisogna tenere conto dell’aspetto fisiologico della donna. Poi non si possono avere Giro e Tour a luglio. Oppure la Vuelta a maggio dopo tutta la campagna delle classiche considerando i roster attuali. Se a medio-termine li porteranno a venti atlete, allora si potrà pensare a gare di due settimane o più lunghe come chilometraggio. Ma io vorrei che si evitassero gli errori del maschile.