E’ un giorno speciale oggi per Erica Magnaldi. Chiamata all’impegno più importante della sua annata. Non è un impegno in bici, anche se con il ciclismo ha molto a che fare. Erica è a Eindhoven, in Olanda, per sottoporsi a una delicata operazione all’arteria iliaca e rimettere a posto la gamba sinistra che le ha dato molti problemi per tutta la stagione.
A ben guardare, assumono quindi maggior valore i suoi risultati, la top 10 conquistata al Giro d’Italia e, solamente domenica, nel Tour of Scandinavia perché si è portata dietro a lungo questo problema, con il quale hanno combattuto fior di campioni, Fabio Aru tanto per citarne uno, ma di recente anche Nicola Conci e Bob Jungels.
«L’ostruzione me l’hanno diagnosticata a maggio – racconta la cuneese – dopo una infinita serie di consulti e di esami senza che riuscissi a venire a capo di quei dolori e di quell’affaticamento che mi prendeva mentre pedalavo. Avrei dovuto fermarmi, ma significava perdere tutta la stagione, così ho scelto di continuare almeno un paio di mesi per essere a disposizione per Giro e Tour, almeno per quel che potevo».


E a ben guardare non è che hai tirato i remi in barca, considerando l’8° posto in Italia e il 18° in Francia…
I risultati sono stati buoni, considerando anche che correvo a supporto di Mavi Garcia, quindi ho dovuto lavorare in sua funzione. Ma sono sicura che senza questo problema, i risultati sarebbero stati anche migliori. Al Giro non mi aspettavo di finire così avanti, al Tour ho perso addirittura oltre 6 minuti nella tappa con lo sterrato perché ho dovuto cedere la bici a Mavi. Nel complesso sono soddisfatta, ma mi resta quel piccolo rodimento in fondo all’animo legato sempre a quella domanda: e se non fossi stata male?
Il problema come si evidenziava in corsa?
Il dolore emerge solo mentre si pedala oltre certi ritmi, perché non passa abbastanza sangue e considerando che l’arteria è molto profonda, non è neanche facile da diagnosticare e trovare l’ostruzione. Ho dovuto cambiare il mio modo di correre per poter almeno parzialmente ovviare al problema.


In che modo?
Innanzitutto ho cambiato la posizione in bici, alzando un pochino la sella e il manubrio per avere una posizione più eretta che mi dava più sollievo, ma abituarsi non è stato semplice. Ho cambiato anche la preparazione, considerando che quando andavo fuori soglia il dolore era più acuto e quindi avevo minor resistenza.
Questo ha cambiato anche il tuo modo di correre, ha influito sulla tua figura di scalatrice di punta?
Sicuramente. Non tanto nelle salite lunghe, dove andando con il mio passo tenendomi in soglia riuscivo comunque a cavarmela bene. Certamente però non potevo rispondere agli scatti e la Van Vleuten ad esempio ce ne ha riservati un bel po’ tra Giro e Tour… Dovevo continuare sulla mia andatura e questo alla fine mi ha anche insegnato qualcosa su come gestirmi al meglio in certi frangenti.


Come mai l’operazione a metà agosto?
Con la squadra, appurato che garantivo il mio apporto per le due gare principali, abbiamo concordato il periodo migliore. Avrei così chiuso in anticipo la stagione e per questo mi hanno chiesto uno sforzo supplementare per la Scandinavia, dove tra l’altro la squadra era impostata su di me. Per questo quel 10° posto finale mi fa piacere da una parte, ma mi lascia sempre il tarlo di quel che avrei potuto fare se fossi stata meglio perché volevo ripagare ancora di più la fiducia del team.
Il tuo contratto con la Uae Team Adq scade il prossimo anno?
Sì e questo mi ha dato più tranquillità nell’affrontare questo viaggio della speranza. Mi opero in una clinica specializzata, attraverso la quale sono passati molti sportivi, ciclisti per lo più. Ci vorranno un paio di mesi per rimettermi in sesto, quindi potrò affrontare la preparazione invernale con serenità e nel pieno delle forze. Per questo abbiamo scelto di fermarci prima.


In famiglia continuano la loro attività parallela nelle granfondo?
Ci mancherebbe… Mio padre e mio fratello però sono innanzitutto appassionati e nelle tappe principali di Giro e Tour c’erano, si sono fatti trovare all’arrivo. Io questa volta ho potuto supportarli un po’ meno nelle loro scorribande, ma quel mondo dal quale vengo non l’ho certo dimenticato.
Che cosa chiedi allora alla nuova stagione?
Facile: riuscire a recuperare al meglio, tornare in forze e non avere problemi. Ho tempo per rimettermi con calma e liberarmi da questo chiodo fisso che mi ha tormentato per molti mesi. Voglio tornare a quelle gare, ma affrontarle al meglio e possibilmente rimanere con le prime, senza doverle lasciar andare per il troppo dolore.