«Questa non è la prima edizione. Questa è l’edizione zero». Massimo Ghirotto, presidente della commissione fuoristrada della Federazione ciclistica italiana, come sempre usa parole sagge, mentre sul traguardo di Argenta attendeva con noi l’arrivo di Samuele Zoccarato. Al termine delle premiazioni, lui, i giudici e l’organizzatore si sono riuniti per un debriefing, con il quale mettere subito a fuoco cosa avesse funzionato e cosa no (in apertura foto @mario.pierguidi).
Quel confronto contribuisce (e contribuirà) a redigere nel tempo un regolamento sempre più preciso per questa disciplina, almeno nella sua accezione agonistica. Sarà inserito nel “calderone” dei regolamenti. Il gravel nasce come avventura, ma avventura e gara e non possono essere messi sullo stesso piano.
La via, dunque, va tracciata.
Massimo, ad Argenta abbiamo assistito ad una gara molto veloce, poco tecnica, ma con molto sterrato. Proprio parlando di tecnica e percorsi state valutando anche altro?
Già stiamo valutando altro, magari percorsi con più dislivello, come abbiamo visto a Quattrodio, per la Monsterrato. E chiaramente è aperta anche la questione del regolamento. Magari la prossima volta avremo un tricolore con più salita, o una gara a circuito. Un anello di 25 chilometri, così da mettere un solo punto di ristoro. Oppure un anello da 40 chilometri: si presidia più facilmente e con due punti di ristoro sei a posto. Perché poi bisogna valutare anche queste cose.
Anche Furlan ci parlava che per sicurezza e presidio occorre molto personale…
Tantissimo. E l’ipotesi di un percorso a circuito può agevolare non poco. Non solo, ma con una logistica più snella si potrebbe ipotizzare di fare due gare separate tra uomini e donne. Fare magari il sabato le donne e la domenica gli uomini.
Certo, in questo modo la gara femminile non risentirebbe della presenza degli amatori uomini…
Esatto, ma come ripeto, e come è stato detto nel debriefing, è qualcosa che stiamo imparando. Abbiamo parlato di sicurezza, logistica, service in partenza e arrivo. La presidente di giuria ha redatto una relazione favorevole. Lei stessa ha parlato di edizione zero e di una disciplina da capire.
Voci fondate ci dicono che i pro’ su strada interessati a queste gare gravel vorrebbero l’assistenza al seguito: è qualcosa che è nel calderone delle vostre discussioni?
Per il momento assolutamente no. La nostra linea guida è il regolamento UCI. Se l’UCI andrà a rifare questo regolamento anche noi vedremo cosa fare. Non vogliamo ingerenze fra il regolamento nazionale e quello internazionale. Ad ora nell’offroad non è ammessa l’assistenza in corsa. E’ anche una questione di sicurezza. Un conto sono i tratti della Strade Bianche e un conto è un percorso che per oltre l’80% è su sterrato.
Tu stesso ad Argenta ci hai detto di quanto fosse bello che il corridore dovesse fare da solo. Essere autonomo. Pensi che il gravel si evolverà su questa filosofia?
C’è da capire come interpretare la questione, perché un conto è il “gravel adventure” e un conto è il “gravel race”. E mi riallaccio proprio a quanto successo a Zoccarato. Ad un certo punto lui ha avuto i crampi. Ha smesso di pedalare, ha staccato la gamba dal pedale e se l’è dovuta cavare da solo. Non aveva l’ammiraglia pronta a dargli acqua, supporto morale e quant’altro. No, si è dovuto ascoltare, ha superato da solo anche quel momento di “crisi psicologica”. A me piace perché è un ritorno alle origini. Poi credo che il gravel già adesso stia avendo uno sviluppo molto veloce. E sono sicuro che dopo il mondiale qualche pro’ ci penserà di più a provare.
In questa evoluzione quanto incideranno gli sviluppi delle bici? Per esempio in Mtb, nel cross country si è visto un radicale cambio di percorsi: sono diventati più tecnici e così le bici…
Ritorno al discorso dell’UCI, che in questo caso ha dichiarato il gravel come “ciclismo per tutti”. E infatti alla Monsterrato, per esempio, si è vista gente con la bici da strada e altra con la Mtb. Ma chi vuol vivere l’evento con uno spirito competitivo ha una gravel. Oggi queste bici sono già ad altissimo livello. Rispetto ad una bici da strada hanno la forcella e il carro più larghi perché ci possa stare una copertura più grande, geometrie più inclinate… ma di base sono molto simili alla bici da corsa. Io ho preso in mano quella della Guarischi, per esempio, ed era leggerissima.
Quindi in che direzione potrebbero evolvere?
Più che nelle geometrie, adesso mi sentirei di dire che potrebbero evolvere in termini di meccanica: penso ai monocorona specifici, al discorso delle forature con gomme più robuste e performanti, ma non vedo stravolgimenti.
A proposito di forature, ma secondo te i pro’ le avrebbero sapute riparare le gomme? Perché, non ce ne vogliano, ma con il fatto che hanno i meccanici nei ritiri e in corsa, d’interventi ne fanno davvero pochi…
Eh – ride Ghirotto – do una risposta diplomatica! Dico loro che è meglio che facciano delle prove: potrebbero ritrovarsi a dover sostituire un copertone al volo.